ManzOni
- Garrincha Dischi - 2011
Il primo pensiero non può che correre ad Alessandro. Ma nel vasto albero genealogico della famiglia lombarda compaiono altri uomini di cultura e spessore artistico. Piero è uno di questi. Morto giovanissimo a nemmeno trent'anni per un infarto, l'autore delle celeberrime Merde D'Artista e dei suoi concettuali Achrome diventa nume tutelare a distanza di quasi mezzo secolo per la band di Chioggia capitanata da Gigi Tenca. E proprio l'enorme "O" che cappeggia rossa sulla copertina dell'omonimo esordio non è altro che una "O" di stupore da parte del quasi esordiente vocalist di fronte ad un'opera dello stesso fondatore della rivista Azimuth. Come suonano dunque i ManzOni? Poetici. Nient'altro che poetici. E di questi tempi ci vorrebbe non un applauso, ma una standing ovation vera e propria di fronte a componimenti artistici musicati come l'opener Cosa Ci Sarà, rock scarno e circospetto cantato da un Tricarico meno allampanato e più sofferente, cadenzato dal drumming di Mattia Boscolo, unico ospite reale del cd e proveniente dalla bottega di Alessandro Grazian, o l'ottima Palloncini Rossi, quel fiato d'artista veicolo ultimo per raccontare la quotidianità di questi cazzo di anni zero senza il rancoroso disincanto de Le Luci Della Centrale Elettrica, ma con lo stesso suo lucido sguardo di chi ha capito come vanno le cose. Lo spettro di un altro Piero compare in almeno un paio di occasioni: è quello di Ciampi, livornese doc morto nel 1980, pugnace e melanconico bohemien suo malgrado, che guida la band in Confessione supportato da un suono desertico e minimale che fa invidia ad artisti del calibro di Hugo Race o Cesare Basile, e in Ho Paura, irata percezione di peggioramento superata da una propensione alla luce che vince sul buio denso come morositas nere. Ad occuparsi delle musiche due vecchi compagni di avventure musicali di Tenca, Carlo Trevisan ed Emilio Veronese, coadiuvati da Ummer Freguia e Fiorenzo Fuolega. Ciò che stupisce è l'armamentario del quintetto: quattro taglienti chitarre ed una semplice batteria, ad uso e consumo del duo Trevisan-Fuolega, addetto pure ai loop che affiorano sempre misurati e mai eccessivi nei 45' scarsi del disco, nel modellare la realtà del vivere che plasmabile non è. "Dove saremo noi quando cadrà la luna? ...cosa faremo noi quando cadrà la luna?" ci si interroga in Astronave; semplicemente "lavoreremo come sempre tutti presenti nessuno in ferie e per l’ennesima volta...l'ultima si accetterà la sorte...". Accettazione e tenacia dunque, ma anche rabbia. Tu Sai è un disperato bisogno di rivendicazione d'amore passionale e assolutamente umano, tra sferzate elettriche e clangori metallici. Nell'impetuoso crescendo di ...E Scrivo osserviamo da vicino il manifesto programmatico del Tenca autore, il bisogno, la necessità impellente e vivifica di riversare il pieno dentro sé attraverso la parola, scritta o cantata, quasi una visione complementare e speculare a quella artistica tout court, e pittorica nello specifico, del mai dimenticato Augusto Daolio: il mondo interiore che preme, sgomita e spinge per uscire, per essere riversato su un foglio o una tela, inestinguibile bagaglio di tutta la vita. E proprio ai quadri e alla pittura guarda la natura morta descritta nella conclusiva I Resti, walzer di pietra dall'incedere circolare, poco adatto al ballo per le feste di paese. Affascinati, chiudiamo gli occhi e riposiamo. …e intanto in cielo…torna la luna…
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