giovedì 23 febbraio 2012


SON OF THE DUST
Movie Star Junkies
- Outside Inside Records & Wild Honey Records - 2012

Dieci nuovi pezzi per i rinnovati alfieri italiani del rock polveroso di matrice tex mex e Americana. C'è molto Urge Overkill e Bad Seeds qui, nel terzo album della band torinese. Meno potenti e rabbiosi dei più compatti e desertici Juan Mordecai, a tratti più sbilenchi degli storici Santa Sangre, i Movie Star Junkies imbastiscono una trama sonora incalzante ed estremamente cinematografica che ci accompagna dalla prima all'ultima nota nei meandri più reconditi della nostra immaginazione, raccontandoci, visionaria, di mondi e luoghi quasi ancestrali. Abbandonati certi eccessi rumoristici che ne avevano impedito forse una maggiore fruibilità presso un numero più ampio di possibili ascoltatori, fin dal primo singolo These Woods Have Hears incombe un alone spettrale nelle vicende polverose raccontate dal quintetto piemontese, rinnovato nei suoni e, crediamo, nello spirito. Che di fondo si avvertisse anche nei suoi lavori passati un amore per certe atmosfere care al Nick Cave delle MURDER BALLADS è ora più evidente che mai. Ci si muove febbricitanti tra assolati deserti southern, arsi dal caldo e per nulla appagati da whiskey e margaritas, procedendo verso una meta che non c'è. Lungo il viaggio (Cold Stone Road) ci fanno compagnia personaggi improbabili e creature sciamaniche; incrociamo poeti e malviventi, avvoltoi e coyotes. Leonard Cohen e Neil Young. Iron & Wine e i Calexico. Tutto è possibile in questo anomalo ombelico del mondo. Ma il viaggio è lungo e il giorno cede il passo alla notte (End Of The Day). Viene freddo. Fuochi fatui si alzano al cielo mentre un falò prova a rischiarare le tenebre. Tutto intorno è silenzio. Dobbiamo muoverci, non c'è molto tempo. All'indomani eccoci in marcia verso la prima cittadina abitata. Si raccontano strane dicerie su questo piccolo agglomerato di costruzioni in legno, dei suoi trascorsi poco chiari e delle sua storia (Son Of The Dust). Gli abitanti ci scansano, hanno ben poca voglia di rivolgerci la parola. Ci guardano di traverso. E tirano dritto bofochiando qualcosa. Ciotoli e vetri rotti sul selciato che conduce alla drogheria del posto. Un pozzo sorge dietro la chiesa. Sembra fosse l'unica fonte di abbeveraggio per gli autoctoni, almeno fino a qualche decennio fa; poi l'inizio della brutta stagione (In An Autumn Made Of Gold), la maledizione (A Long Goodbye) e i lutti (The Damage Is Done). Rimangono una croce e un piccolo simulacro sulla collina; impossibile saperne di più (How It All Began). There's A Storm: senza grossi rimpianti ci rimettiamo in viaggio. Nella testa un rock primordiale e i racconti portati dal vento. Le leggende di un popolo sono antiche come le montagne.

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