08-03-2012
- GINEVRA DI MARCO live @ SpazioMusica -
Pavia (PV)
A cavallo tra l'adrenalinico live dei Litfiba di due giorni prima e quello altrettanto energico, ma ancora a venire, di Giorgio Canali coi suoi Rossofuoco, ci ritagliamo per la data dell'8 marzo una serata intima e accogliente. Arriva infatti Ginevra Di Marco, dotatissima vocalist toscana che, partita da quella irripetibile, unica e imprescindibile esperienza targata C.S.I., ha sviluppato negli ultimi anni un interesse sempre più radicato per generi "alternativi" a quanto proposto dalla band madre, affondando le radici del nuovo percorso nella canzone d'autore e in quella popolare. Sono passati ben cinque anni dall'ultima occasione in cui le Stazioni Lunari dell'interprete fiorentina presero terra in quel di Arona, cittadina turistica con sguardo piemontese sul lago Maggiore; durante una piovosa serata di metà giugno, all'interno della Fiera dei libri da viaggio, Ginevra incantò tutti con un live trascinante per intensità e contenuti. La certezza perché anche a Pavia la scena si possa ripetere è pari all'attenzione rivolta alle novità in scaletta. Dunque alta. Accompagnata oggi come allora dal geniale Francesco Magnelli e dal più schivo Andrea Salvadori, la Di Marco sceglie di iniziare lo spettacolo con un omaggio ai propri trascorsi optando per una raccolta Intimisto che cattura all'istante il numeroso pubblico accorso. Saranno molti i tributi rivolti questa sera a musicisti e interpreti qualitativamente superiori. Primo fra tutti La Sposa in cui la sempre poco celebrata Giuni Russo rivive per qualche istante circondata dal religioso silenzio che ben caratterizza questa prima parte di concerto. Con le sofferte Storia Del 107 e Sidun, la prima canzone popolare toscana, la seconda ça va sans dire tratta dal repertorio di De André, la tensione e la commozione per le vicende narrate sono palpabili nell'aria.
Con le sue vibranti note orientaleggianti sale in cattedra lo tzouras di Salvadori a enfatizzare la drammaticità per la fine di Sidone. Cosa resta sotto le macerie e i roghi della guerra? Brace. Brace rovente. Fuoco sotto cenere, pericoloso e vivo, intento a divincolarsi, a cercare una combustione che è gioco antico, utile per divampare alto e intenso a squarciare il velo della cecità. Altro episodio tratto dall'ultimo lavoro in studio, quel CANTI E RICHIAMI D'AMORE che, a detta della stessa Di Marco, "concentra il fuoco sull'uomo, sulla sua vita, sulla sua necessità di cercare di superare il proprio limite senza [comunque] riuscirci mai in maniera definitiva", è Tumbalalaika, canto ebraico in lingua yiddish su musica tradizionale russa. Prendimi l'anima canta Ginevra a significare come nel disco venga concentrata davvero "una manciata di canzoni che raccontano proprio la vita e questa continua ricerca dell'uomo, tra il Limite e l'Infinito", tra "dolori, cadute e rinascite". Di tutto questo incessante percorso, componente molto spesso rilevante è un misticismo che apre le porte ad una meditazione profonda e rivelatrice; L'Ombra Della Luce, tra le pagine più intense di Franco Battiato, giunge a pacificare (semmai ce ne fosse bisogno) uno stato d'animo generale sempre più raccolto e assorto che ha contagiato gli astanti. All'epifania di Nuena Nuena spetta il compito di aprire una nuova fase della serata.
Sempre contenuta nell'ultimo cd di cui sopra, la canzone scritta da Enzo Avitabile diventa occasione per un coinvolgimento del pubblico che col passare dei minuti si farà sempre più crescente. Ginevra cambia registro di voce e si fa strumento fra strumenti; l'incanto si compie e si rinnova con Ederlezi, tradizionale balcanico già ascoltato dalla sua voce fin dai tempi degli ultimi C.S.I. prima della loro naturale benché sofferta trasformazione in PGR. E se con questo brano, reso famoso da Goran Bregović, del Consorzio vengono alla mente gli sviluppi successivi l'abbandono di Massimo Zamboni, un tuffo nel loro passato fedele alla linea avviene con Amandoti, sedicente cover dei CCCP proiettati nell'ultima decade dello scorso millennio che funge altresì da dedica questa sera alla piccola Alice, terzogenita della coppia Di Marco-Magnelli, a otto mesi dalla sua nascita. Per quanto la ripresa di qualche tempo fa ad opera di Gianna Nannini abbia dato maggior visibilità a questo lavoro di Ferretti e compagnia musicante contenuto in origine nel monumentale EPICA, ETICA, ETNICA, PATHOS, Ginevra regala una performance ben più calda di quella offerta in studio dall'artista senese, capace di ravvivare il pubblico ora anche più sciolto rispetto agli istanti iniziali. Il Canto Del Filangieri, canzone di malavita della tradizione orale, recupera nella rielaborazione del De Simone la strafottenza e l'arroganza tipica del picciotto protagonista del brano che, mariuolo impunito, si fa spallucce della legalità. Gli fa seguito Fel Shara, componimento "scritto da tutti quei popoli che si affacciano sul Mediterraneo. È un testo di amore molto semplice, composto da parole greche, turche, italiane, spagnole, francesi, slave"; una sorta di esperanto fra diverse culture musicali riunite sotto l'egida della Musica.
Gran lavoro all'acustica per Salvadori nella successiva Les Tziganes, tributo a Leo Ferré e alla sua lotta contro il razzismo che emerge prepotente e poetica nelle parole veloci, rapide, concitate, che si inseguono frenetiche lungo il percorso tracciato dalle altrettanto indiavolate note suonate. Con Le Figliole, tradizionale campano che fa bella mostra di sé anche su DONNA GINEVRA, il coinvolgimento del pubblico si fa sempre più intenso e divertito, con una risposta davvero convinta e naturale che sorprende lo stesso trio sul palco. Ad Agata Salvadori, giovane erede di Andrea, viene dedicata una magistrale Gracias A La Vida, intensa interpretazione del classico di Violeta Parra, cantautrice e poetessa cilena morta suicida pochi mesi dopo la composizione di questo struggente e appassionato insieme inno alla vita, lei stessa cardine di quel movimento culturale che va sotto il nome di Nueva Canción Chilena e che continua ad avere per protagonisti gli storici Inti Illimani e l'indimenticabile Víctor Jara. La presentazione della band ci segnala come il tempo sia tiranno e corra veloce verso la fine della serata. Il palco dello SpazioMusica da sempre non consente "fughe" in camerino ai musicisti prima dei rituali bis per cui, dopo un rapido consulto direttamente col pubblico, Ginevra, Francesco e Andrea si preparano per gli ultimi fuochi. Il repertorio della canzone popolare è talmente vasto che in qualche modo si premiano le richieste giunte dagli spettatori.
Si parte sostenuti con un altro canto tradizionale, uno dei primi canti del proletariato moderno non ancora costituito in gruppi organizzati, e conosciuto come La Leggera, in ricordo di quel treno fatto di disoccupati e stagionali che nel secolo scorso con un misero bagaglio, leggero appunto, venivano condotti in Maremma per lavorare duramente nei campi. A ruota ecco l'altrettanto sarcastica Il Crack Delle Banche, sempre attuale nonostante i centosedici anni di storia alle spalle, e la celebre ninna nanna La Malcontenta. Luce sul pubblico e la parola a Magnelli: "...facciamo ancora due 'anzoni insieme. Siete pronti? Siete capaci di fare 'ste 'anzoni in piedi, con noi?" "Partiamo con un coro lento e poi si parte con la 'anzone, eh?! Queste son le ultime due, diamo un'ultima stilla al sudore!" Coadiuvata dalle voci dei circa centocinquanta presenti, Monna Ginevra si lancia nell'atteso bis di Malarazza, dettando i tempi e acconsentendo poi al suggerimento di farne ancora una; "una, una vergognosa, però...", incita il buon Magnelli. Così, spetta alla goliardica Il Grillo E La Formica chiudere le danze dopo novanta minuti abbondanti di spettacolo in cui l'alternanza tra il nuovo cd, venduto in buona quantità dal fido Sergio Delle Cese in coda all'esibizione, e un repertorio consolidato, ma più aperto all'iterazione con il pubblico, come abbiamo avuto modo di verificare di persona a partire da metà live, garantisce una sicura resa tanto qualitativa quanto di partecipazione. Soddisfatto e anche un poco sorpreso dall'ottima risposta dei presenti, al trio di musicisti non resta che accomiatarsi così come comparso in scena; in punta di piedi, ma tra gli applausi scroscianti di tutti. Le Stazioni Lunari hanno preso terra a Pavia, in quel nord Italia che non ti aspetti.
Andrea Barbaglia '12
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