15-11-2012
- MATTEO TONI live @ Magnolia -
Segrate (MI)
Eh già. Matteo Toni non è affatto un bluff. Seduto con, sulle ginocchia, la sua fidata Weissenborn, che abbiamo imparato ad apprezzare nell'album SANTA PACE, e con una pedaliera di tutto rispetto ai suoi piedi, ci attende questa sera in quel del Magnolia, alle porte di Milano, opening act per la data milanese del fu Moltheni, già Pineda ed ora semplicemente Umberto Maria Giardini. Per la verità non molta gente si incontra nel locale alle 22:00, ma siamo in una giornata infrasettimanale e l'orario di inizio per il live di Toni è quantomeno inatteso. Annunciato inizialmente come seconda proposta del bill dopo il propositivo cantautorato alternativo di Adele e il Mare proveniente direttamente da Lambrate, l'ex frontman dei sUngria si troverà infatti un poco a sorpresa (almeno per noi) ad aprire la serata, forse anche per consentire a lui e al fidato Giulio Martinelli un rapido spostamento in vista della data fiorentina l'indomani sera. In definitiva, con un manipolo di astanti presenti e l'attenzione che poco per volta viene catturata anche agli avventori abituali del bar, la premiata ditta Toni-Martinelli occupa il palco principale all'interno della struttura su cui successivamente performerà lo stesso Giardini con la sua nuova band. Si parte programmaticamente lenti con Melodià, primo estratto dal disco di debutto. Il brano di per sé mostra già il campionario tecnico e il bagaglio artistico del duo emiliano, ma l'acustica del locale questa sera è decisamente pessima. Forse perché il palco interno poco concede a una strumentazione rock. La batteria "frigge" e la voce arriva confusa. In cabina di regia l'esperto e navigato Antonio "Cooper" Cupertino, uno che ne ha viste di cotte e di crude da anni sui palchi italiani, si fa in quattro insieme ai tecnici della struttura per limitare i danni e consentire, ai musicisti prima e alla cinquantina di paganti poi, una riuscita accettabile della serata.
Matteo, pur consapevole dei bisticci sonori che limitano la bontà del suo set, pare non preoccuparsi troppo delle difficoltà cui sta andando incontro. Imperterrito, continuerà a suonare, come una locomotiva a vapore che, messasi in moto, poco per volta aumenta di intensità, sbuffa e accellera, fino a raggiungere una velocità costante di marcia lungo l'attraversamento dell'ambiente circostante, che cambia intorno a lei chilometro dopo chilometro. Fino alla destinazione finale. La sincopata Isola Nera, con i suoi ritmi stoppati, è la prima fermata del viaggio. Blues accattivante che cresce ascolto dopo ascolto, ha la buona ventura di far smuovere le prime testoline che poco per volta si avvicinano al palco mentre le conclusive trame slide di Weissenborn mettono in chiaro la bontà del musicista. Tempi rilassati, un'armonica a bocca e sound caraibico-giamaicano in levare per Santa Pace: in pochi minuti ci si trova spiaggiati su un'amaca a sorseggiare pigramente un drink. Si respira internazionalità tra una accellerata blues e un rimando black, come se Ben Harper, Jack Johnson e Xavier Rudd avessero la visione di Bob Marley e decidessero di raggiungerlo per una jam collettiva. Il viaggio procede con i ritempranti ricordi dell'infanzia de I Provinciali Di Nuoto forse non l'episodio più riuscito del cd, almeno per chi scrive, ma pur sempre un altro discreto biglietto da visita nell'economia del progetto, un po' Pearl Jam senza codici, un po' folk e melodia italiana insieme, e con un Martinelli preciso e secco metronomo umano. Certo, per quanto si sia assestata su livelli sufficienti, ribadiamo che un'acustica migliore avrebbe reso giustizia in ben altro modo alla coppia modenese e penalizzato decisamente meno le orecchie degli ascoltatori. Resta davvero incomprensibile la scelta di non aver utilizzato il palco esterno, ma tant'è. Procediamo.
Dietro di noi Marco Marzo "Maracas", il professor Giovanni Parmeggiani e
Cristian Franchi, ¾ della prog band Accordi dei Contrari che di lì a breve accompagnerà il buon Giardini, assistono in silenzio alla performance. Il programma prevederebbe a questo punto la cheta Acqua Del Fiume, penultimo estratto da SANTA PACE, ma i tempi stretti, le già più volte rimarcate non perfette condizioni audio e la decisiva voglia di accellerare in vista dello sprint finale modifica strategicamente la scaletta. A ricordare l'esordio di QUALCOSA NEL MIO PICCOLO ecco arrivare Fluir, seconda traccia dell'ep prodotto due anni fa, guarda un po', dall'allora Moltheni. Qui l'originale composizione uptempo viene ampiamente sviluppata e raddoppiata nel minutaggio, regalando fin dall'apertura un continuo susseguirsi di digressioni e improvvisazioni slide, ora sognanti ora più interlocutorie. Finale quindi col botto nell'infinita sfida di Bruce Lee Vs Kareem Abul Jabbar, con una chitarra a questo punto davvero calda e arroventata, che sfrigola, accellera, diventa ulteriormente incandescente, butta fuori sudore, sprizza energia e, indemoniata, non trova volutamente requie, seguita come un'ombra dalla batteria quadrata di Martinelli, quasi mai sotto le luci della ribalta, ma potente e presente, a percuotere le pelli e battere il ferro finché caldo. Così si conclude il set di Matteo Toni anche questa sera: in un vortice sonoro capace di recuperare tutta la tradizione ancestrale del blues, farla propria e filtrarla attraverso la passione per sonorità altrettanto carnali, ma di matrice differente che vanno a combaciare con quell'immancabile gusto italiano per ritmo e melodia tipicamente cantautorali. Duecentodieci minuti di nutriente e saporita carne al fuoco. Carburante energetico. Dinamico. Inarrestabile. Avanti così.
Andrea Barbaglia '12
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