FERMOIMMAGINE
ERO
- Zetafactory - 2012
A tutti gli orfani degli impareggiabili Coldturkey che a metà anni '00 seppero realmente emozionare con un cd meritevole di miglior sorte come ASSALTACUSTICO l'invito è quello di non disperare. Nulla si distrugge. Semplicemente tutto scorre. E cambia. ERO è infatti la nuova creatura di Simone Magnani, il frontman di quell'imprevedibile duo che, perseverante, ora si mette al servizio di una nuova formazione dal taglio decisamente più rock, ma con variegate contaminazioni e mutevoli umori musicali alla base di un crossover maturo e poetico. Sì, perché Magnani non ha perso il dono della scrittura in questi anni di silenzio, ma anzi l'ha affinato ulteriormente. E per raccontarlo ci piace andare controcorrente partendo dal finale del cd, da quella Se, piano-ballad lunare da brividi, capace di mettere in evidenza la sensibilità musicale del giovane cantautore carpigiano e occasione per ritagliarsi un momento unico di sognante intimità amorosa dopo le tante occasioni, riuscite, di convulsa energia che pervadono il resto del lavoro. FERMOIMMAGINE è infatti una rigenerante caduta in quella spirale che folgorò decine di migliaia di persone sulla strada del Rock; quel rock con la R maiuscola, dal potenziale dinamitardo. Mai domo. Fiero. Difficile da disinnescare. Si prenda l'esplosione chitarristica de Il Santo, con gli axemen Enrico Gherli e Luca Righi decisamente sugli scudi, o il vortice grunge de La Macchina Del Tempo con quel nervoso innesto blues di armonica, perfetto contraltare sonoro alla rabbia vocale di Magnani. Le polaroid scattate all'esistenziale dubbio cosmico di Tina sono l'ennesima conferma alla bontà del progetto: cantautorato metropolitano dai bagliori British e performance strumentale niente affatto scontata in cui anche la sezione ritmica di Mattia Crepaldi (già con l'interessante progetto Angus Mc Og) e Marco Manfredini riesce a prendere il sopravvento prima di tracciare la strada in Non Ne Vale La Pena. Semplicemente eccezionale X: con i Temple of The Dog nel cuore e i Pearl Jam di TEN nelle orecchie la mèta finale del viaggio non può che essere Seattle per quello che è un omaggio alle proprie radici musico-culturali. Cambio di rotta invece con il funky soul grintoso de L'Epitaffio, solo un poco mitigato dalle essenziali linee di tromba che Enrico Pasini, collaboratore di lungo corso dell'indiavolata Beatrice Antolini, tratteggia tra un wah-wah e l'altro. Photophobia è contagiosa, con le sue atmosfere kafkiane rese al meglio dall'interpretazione vigorosa di un sempre più sicuro e deciso Magnani qui sostenuto da un altrettanto robusto hard rock. Giunti alla (jazzata!) title track, ennesimo must del cd, plachiamo per qualche istante l'antico ardore, ci facciam cullare dalla tromba e, accompagnati dalle sei corde, riposiamo nelle prime ore del pomeriggio all'ombra di una quercia secolare, protetti dal cocente sole che batte impietoso sulla pianura padana. Sono i Cocci Sparsi di una vita sincera spesa fra alti e bassi nei paesi, lontano dalle grandi città dove i giochi di potere sono all'ordine del giorno, tra la via Emilia cantata dai Nomadi e la East Coast di un John Frusciante solitario e serenamente irrequieto dopo i fasti redhotchilipeppersiani; là dove è la Natura a prendere a volte il soppravvento (La Scossa, caratterizzata dai vocalizzi della diciannovenne Alice Sacchi) e l'uomo resiste grazie alle sue passioni (Sali E Scendi). Capitani coraggiosi. Visionari illuminati.
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