Non cancellare il passato, ma saperlo recuperare e rinnovarne le tradizioni è quanto di più auspicabile l'uomo possa fare per mantenersi in contatto con le proprie origini ed essere in grado di fornire nuovi stimoli futuri per sé e i suoi simili. Tutto ciò è stato un lento processo messo ormai in atto da più di una decina di anni presso l'ex cortile interno delle Officine Olivetti, una volta sede della nota azienda italiana e oggi interessante spazio sottratto alle incurie e all'abbandono, destinato a spettacoli artistici di diversa natura volti a valorizzare il territorio eporediese e piemontese tutto.
Grande merito per quest'opera a suo modo encomiabile va attribuito all'Associazione Culturale La Terza Isola, alla guida dell'Officina H per il terzo anno consecutivo e multiforme forza promulgatrice in questi anni di asfittiche proposte culturali. A ben guardare, le stesse finalità che auspicavamo per il recupero e la ridefinizione del passato possono tranquillamente essere attribuite per meriti sul campo anche alla band di Novellara, questa sera protagonista assoluta dell'Auditorium e capace di radunare poco meno di un migliaio circa di spettatori per un quasi sold out come spesso è in grado di fare anche in spazi più ampi. Come per ogni tour teatrale che si rispetti la serata si articolerà in due tempi, inframezzati da un quarto d'ora accademico di pausa che consentirà ai musicisti di rifiatare e ai fans, giunti principalmente dal nord ovest, di scambiarsi le prime opinioni in merito alla scaletta dei propri beniamini.
L'attacco è affidato ad un classico di questo tour, infatti l'ariosa La Dimensione abbraccia simbolicamente, grazie alla calda voce di Danilo Sacco, le due ali di folla che siede in platea preparando il terreno al ripescaggio de La Coerenza, accolta da un misto di gioia e stupore e interpretata congiuntamente da Sacco e Massimo Vecchi, da anni grintoso sostituto dell'originaria voce di Francesco Gualerzi che si può ascoltare su QUANDO CI SARAI. I siparietti tra Cico Falzone e l'amico Danilo sono proverbiali; uno di questi precede i ritmi latini di Lo Specchio Ti Riflette che si fa notare per una coda strumentale leggermente allungata anche se la prima canzone memorabile della serata è l'attualissima La Storia, anno di pubblicazione 1977, la quale nell'arrangiamento attuale rivela, grazie a Vecchi, una carica rock solo sfiorata trentaquattro anni prima.
A gentile richiesta del pubblico Sergio Reggioli accenna un brevissimo motivo zigano con il suo violino prima che i sei tornino a fare sul serio con la sempre brillante Due Re Senza Corona, poderosa e affascinante interpretazione di un brano di per sé già molto riuscito e amato. Reggioli al canto fornaciaresco e alla chitarra acustica è successivamente indice che la cover di Zucchero Hey Man è il prossimo brano in scaletta pronto a strappare convinti applausi vista la sentita interpretazione di Danilo Sacco. Mantenendo il violinista all'acustica, torna, dopo qualche tempo, Amore Che Prendi Amore Che Dai, attesissima dalle prime file e come sempre cantata a squarciagola in supporto a Massimo Vecchi mentre Beppe Carletti si concede una fantasia alle tastiere. Dopo una manciata di messaggi letti sul palco, ecco un altro classico che non fa prigionieri: su Dove Si Va la voce di Sacco viene quasi sovrasta dai cori dei novecento paganti mentre nell'altro anthem Pugno Di Sabbia è Falzone a sottolineare con un bel passaggio di chitarra l'acuto del suo frontman. I due hanno poi tutto il palco a loro disposizione nella magica L'Eredità, provata peraltro precedentemente anche in sedi soliste e per la quale l'affiatamento è così elevato che non sfugge agli occhi dei più attenti la sincera stretta di mano tra cantante e chitarrista al termine del brano come a congratularsi per l'ottima esecuzione regalatasi.
Sacco viene ora raggiunto da Carletti e Reggioli per l'intensa Qui che suscita come sempre applausi a scena aperta ben prima del suo termine: il vibrato di Danilo è sincero ed emozionante, il violino di Reggioli toccante e commovente mentre Carletti orchestra il tutto con le note emozionanti del suo pianoforte. Standing ovation. Per movimentare la serata è tempo de Il Vento Del Nord: il nuovo arrangiamento, fresco e latino, consente a Falzone di esibirsi in un pregevole assolo finale di indubbia classe e offre uno scambio di testimone vocale a Danilo, Massimo e Sergio, le tre voci che si alternano difatti su altrettante strofe della canzone. Sono le 21:44. Ecco la pausa. Il ritorno on stage è battezzato da Il Nulla, meno coreografata rispetto a precedenti uscite teatrali, ma sempre di impatto e riarrangiata in chiave acustica con Reggioli ora al flauto, rispetto alle programmazioni e al computer del cd.
Io Voglio Vivere: fortunatamente niente coriandoli oggi anche perché la botta di vita che esplode ogniqualvolta si esegue questo brano, la Io Vagabondo per l'attuale formazione dei Nomadi, arriva comunque prima di affidarsi alle acque chete di Mediterraneo. Capolavoro assoluto l'assolone di Cico su Mamma Giustizia: finalmente liberata, la creatività del chitarrista ha modo di esprimersi senza vincoli nei sei minuti abbondanti lungo cui si articola la canzone: grandissimo. Altro classico proposto con il consueto pathos è Auschwitz seguita dall'omaggio a Marco Pantani de L'Ultima Salita. Un battesimo nomade formato maxi-extra-papale precede la grintosa, eppure un pò troppo logora, Marinaio Di Vent'Anni, sempre accattivante per carità, ma scontata a questo punto dello spettacolo nonostante i ricami finali di Carletti alle tastiere.
Di altra pasta l'ottima L'Uomo Di Monaco con Beppe che passa con disinvoltura alla fisarmonica mentre scorre nelle parole di Augusto Daolio interpretate da Danilo la storia dell'ex SS ormai vecchio e alla fine dei suoi giorni. Secondo e ultima cover estratta da RACCONTIRACCOLTI, Vent'Anni è l'eccezionale apoteosi del concerto grazie al prolungato acuto di Sacco davvero da brividi: il prezzo del biglietto passa anche da queste parti. "Oh, oh, intenditori..." si lascia scappare serafico il cantante piemontese mentre il pubblico gli tributa i giusti onori consapevole che potrebbe in qualunque momento rivaleggiare anche con Massimo Ranieri. E siamo quasi arrivati al termine dell'evento: le gucciniane Canzone Per Un'Amica e Dio È Morto, quest'ultima sempre molto vigorosa con le sue sfumature rock, sono infatti il classico preambolo alla conclusiva e corale Io Vagabondo, non prima certo di aver ringraziato le centinaia di persone accorse e i fans club presenti, da sempre sicura fonte di sostentamento e motore ben oliato della macchina nomade che macina chilometri in lungo e in largo per tutto lo Stivale italiano da quasi quarantotto anni.
Spetta in realtà al Te Deum far calare definitivamente le luci e il sipario sull'ennesima serata di festa che ha saputo catalizzare l'attenzione e la soddisfazione sia dei molti appassionati sia dei semplici curiosi, amici di vecchia data della band, impossibilitati magari a seguirla nei mesi estivi, che si sbracciano per acclamare e salutare i propri beniamini. Non immalinconisce più il clima uggioso che ha accolto tutti e che ci riaccompagna a casa: gli spazi dell'Officina H sono stati e restano una sicurezza di professionalità e calda accoglienza. Guardando l'orizzonte sull'autostrada si scopre con un sorriso sincero quanto la primavera sia ormai alle porte.
Andrea Barbaglia '11
un ringraziamento per la professionalità e la cordialità dimostrate all'amica Chiara Feliciotti e all'associazione La Terza Isola tutta.
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