17-04-2011
RAGE live @ Rock'n'Roll Arena
Romagnano Sesia (NO)
Pare che per i Rage ci siano stati diversi problemi di carattere logistico con la struttura che questa sera ospita il loro live; così almeno ci informano alcune persone all'arrivo presso la Rock'n'Roll Arena avvertendoci di come lo stesso Peavy Wagner non sia particolarmente di buon umore dopo il nervosismo tardo-pomeridiano. Si verrà successivamente a sapere che le noie riscontrate dai teutonici vertevano più su alberghi e catering vari, argomenti che poco interessano a quanti hanno messo nel mirino questa serata nel Novarese. Cosa possiamo fare noi alter? Entriamo! E giungiamo giusto in tempo perché di lì a cinque minuti, persi gli opener Bejelit e il support act Golem, il trio tedesco sale sul palco e sprigiona tutta la sua rabbia nella scarica dinamitarda di Edge Of Darkness, primo estratto dall'ultimo STRINGS TO A WEB che questa sera verrà più volte omaggiato, con un Victor Smolski in ottima forma e subito in tapping per la delizia di fans e appassionati accorsi questa sera nella provincia novarese. Prime parole di un tutto sommato rilassato Peavy col pubblico giusto per sincerarsi che i volumi siano ok anche nel parterre visto l'anomalo abbassamento dello stesso a causa della location della serata: "So my friends, are you ready? Are you fuckin' ready?" Incitati a dovere, ma di per sè già belli carichi, la risposta affermativa non tarda ad arrivare così come è immediata la scelta da parte della band di proporre l'ormai classica Soundchaser la cui effige aracnideizzata troneggia sul fondale alle spalle della batteria. Pugni alzati, teste in headbanging e via per la prima sfuriata meccanica della serata inframezzata dagli arpeggi e dai solo del già citato Smolski, sottovalutato guitar hero, autore di una prova maiuscola, avvezzo a sostenere ormai da anni il doppio ruolo di chitarrista ritmico e solista.
Eppure i cori sono ancora tutti per il corpulento vocalist-bassista a cui comunque nessuno crede quando afferma di trovarsi di fronte al miglior pubblico che abbia mai avuto ("...really... and it's not a lie..."); fortunatamente il momento di empasse viene all'istante dimenticato e dato in pasto ad Hunter And Prey, tra i momenti migliori dell'ultima fatica in studio, su cui è il nuovo batterista Andre Hilgers a pestare duro senza fin qui far rimpiangere il veterano Mike Terrana. Nuovamente Wagner prende la parola per spiegare i problemi incontrati nel pomeriggio e ammettere i dubbi da parte della band nel dover affrontare uno show definito fino a qualche ora prima "curious and weird"; perplessità sfumate invece grazie alla partecipazione delle prime file, magari non numerose, ma pur sempre sul pezzo come nella seguente Into The Light, power metal di classe, anthematico ed efficace. Prendendo la parola, pure Smolski conferma di come anche per lui si tratti di un "tough show..." e che "...it's not fun but, ok, I'll give my best!"; così facendo anche i cori di incitamento per il chitarrista bielorusso sono a questo punto garantiti. Problemi con la batteria, si domanda un sarcastico Peavy? Non facciamone un dramma: nel caso "potremmo suonare unplugged!?".
Impossibile credergli quando le prime note della tonante Drop Dead! avanzano bellicose, supportate dai sempre più calorosi kids sotto il palco, ed eseguite con il basso Yamaha a cinque corde ben in evidenza. Ricordando come i Rage siano stati la prima heavy metal band a registrare e a suonare dal vivo con un'orchestra intorno alla metà degli anni '90, precedendo così Metallica, Kiss, Scorpions e via dicendo, Peavy anticipa come nei mesi a venire la band abbia intenzione di pubblicare ben due album, uno più classicamente metal e l'altro nuovamente legato agli stilemi affrontati in passato con la Lingua Mortis Orchestra. In omaggio alle proprie "radici classiche" ecco la suite Empty Hollow che purtroppo deve obbligatoriamente fare ricorso all'uso di basi orchestrali preregistrate e venire accorciata per esigenze di scaletta di oltre la metà. Epica come le migliori performance passate, spiace non sentirla eseguita nella sua interezza, ma sono pur sempre minuti intensi quelli che ci separano dall'attesa e celeberrima Higher Than The Sky, uno dei momenti topici degli show dei Rage da quasi vent'anni a questa parte e a cui anche il pubblico di questa sera inneggia, raising its fists and yelling. Superlativo una volta ancora Smolski e divertente il siparietto funk metal sui cori conclusivi.
Tempo di celebrare uno striscione mandato sul palco dalle prime file e già l'incendiaria Set This World On Fire affonda l'ennesima stilettata tra cori da stadio, assoli smolskiani e prestazione convinta di un imprescindibile Peavy prima di lasciare spazio al fulmicotone di War Of Worlds, presentato, trattenendo una risata, come ultimo brano della serata e ulteriore opportunità sfruttata da Victor per deliziarci con la sua chitarra mentre Hilgers continua con le sue accellerate dietro i tamburi. Hope to see you all again? Direi di sì visto che è passata solo un'ora e tutti aspettano i bis. Smolski è il primo a tornare sul palco improvvisando in solitaria una seminale lezione di shredding, arpeggi e tapping manco fossimo ad una clinic, per poi essere raggiunto dai suoi due compagni di palco per attaccare con un altro classico gigantesco: Black In Mind risulta così il brano più datato della setlist proposta questa sera con i fan della prima ora ben consapevoli di come sarebbe stato difficile per lo storico vocalist raggiungere le note più alte di altrettanti classici pre-1995. Continua l'interazione con la gente: "I have got a question: are you going Down with me?" Presi per mano eccoci risucchiati dallo speed cupo e corposo del primo singolo di UNITY, rivitalizzante album del 2002 e preludio per gli ultimi gloriosi fuochi d'artificio. E che fuochi!?! "What's up my friends? You want more? Do you fuckin' want more???"
Incitati fino all'ultimo da un sempre più affabile Peavy, decisamente meno rigido e ben più disinvolto rispetto ai primi brani, i circa duecento paganti si ritrovano prima a supportare l'intro di batteria di Run To the Hills, poi a cantare il ritornello di We're Not Gonna Take It, quindi ad accogliere con un boato l'attacco di batteria di Painkiller e il susseguente riff di chitarra di Hell Bent For Leather per concludere con una riuscita versione di Highway To Hell che non necessita presentazione alcuna, quasi ci trovassimo ad una jam session riservata per pochi amici. È davvero tempo dei saluti e di una manciata di commenti con fans e addetti ai lavori in attesa del trio, che ci viene detto essere "barricato nel camerino", per i consueti autografi e foto di rito. E benché di lì a poco l'invito ad uscire dal locale sia rivolto con fermezza ai pochi rimasti, il manipolo di aficionados resiste e attende finalmente l'uscita dei tre, con Peavy letteralmente assediato per firmare alcune discografie complete dei Rage, mentre Victor e Andre muovono di corsa sul pullmino che li riporterà in albergo nella vicina Borgomanero. Parlare di una buona e sempre convincente prestazione del combo tedesco, con un audio comunque accettabile, è il minimo che si possa fare. Solo ci chiediamo a che livello avrebbero potuto portare lo spettacolo qualora avessero avuto a disposizione strumentazione e impianto adeguati ai loro usuali live outdoor. Per avere una risposta basterà attendere il prossimo tour: l'Italia li aspetta sempre a braccia aperte.
Eppure i cori sono ancora tutti per il corpulento vocalist-bassista a cui comunque nessuno crede quando afferma di trovarsi di fronte al miglior pubblico che abbia mai avuto ("...really... and it's not a lie..."); fortunatamente il momento di empasse viene all'istante dimenticato e dato in pasto ad Hunter And Prey, tra i momenti migliori dell'ultima fatica in studio, su cui è il nuovo batterista Andre Hilgers a pestare duro senza fin qui far rimpiangere il veterano Mike Terrana. Nuovamente Wagner prende la parola per spiegare i problemi incontrati nel pomeriggio e ammettere i dubbi da parte della band nel dover affrontare uno show definito fino a qualche ora prima "curious and weird"; perplessità sfumate invece grazie alla partecipazione delle prime file, magari non numerose, ma pur sempre sul pezzo come nella seguente Into The Light, power metal di classe, anthematico ed efficace. Prendendo la parola, pure Smolski conferma di come anche per lui si tratti di un "tough show..." e che "...it's not fun but, ok, I'll give my best!"; così facendo anche i cori di incitamento per il chitarrista bielorusso sono a questo punto garantiti. Problemi con la batteria, si domanda un sarcastico Peavy? Non facciamone un dramma: nel caso "potremmo suonare unplugged!?".
Impossibile credergli quando le prime note della tonante Drop Dead! avanzano bellicose, supportate dai sempre più calorosi kids sotto il palco, ed eseguite con il basso Yamaha a cinque corde ben in evidenza. Ricordando come i Rage siano stati la prima heavy metal band a registrare e a suonare dal vivo con un'orchestra intorno alla metà degli anni '90, precedendo così Metallica, Kiss, Scorpions e via dicendo, Peavy anticipa come nei mesi a venire la band abbia intenzione di pubblicare ben due album, uno più classicamente metal e l'altro nuovamente legato agli stilemi affrontati in passato con la Lingua Mortis Orchestra. In omaggio alle proprie "radici classiche" ecco la suite Empty Hollow che purtroppo deve obbligatoriamente fare ricorso all'uso di basi orchestrali preregistrate e venire accorciata per esigenze di scaletta di oltre la metà. Epica come le migliori performance passate, spiace non sentirla eseguita nella sua interezza, ma sono pur sempre minuti intensi quelli che ci separano dall'attesa e celeberrima Higher Than The Sky, uno dei momenti topici degli show dei Rage da quasi vent'anni a questa parte e a cui anche il pubblico di questa sera inneggia, raising its fists and yelling. Superlativo una volta ancora Smolski e divertente il siparietto funk metal sui cori conclusivi.
Tempo di celebrare uno striscione mandato sul palco dalle prime file e già l'incendiaria Set This World On Fire affonda l'ennesima stilettata tra cori da stadio, assoli smolskiani e prestazione convinta di un imprescindibile Peavy prima di lasciare spazio al fulmicotone di War Of Worlds, presentato, trattenendo una risata, come ultimo brano della serata e ulteriore opportunità sfruttata da Victor per deliziarci con la sua chitarra mentre Hilgers continua con le sue accellerate dietro i tamburi. Hope to see you all again? Direi di sì visto che è passata solo un'ora e tutti aspettano i bis. Smolski è il primo a tornare sul palco improvvisando in solitaria una seminale lezione di shredding, arpeggi e tapping manco fossimo ad una clinic, per poi essere raggiunto dai suoi due compagni di palco per attaccare con un altro classico gigantesco: Black In Mind risulta così il brano più datato della setlist proposta questa sera con i fan della prima ora ben consapevoli di come sarebbe stato difficile per lo storico vocalist raggiungere le note più alte di altrettanti classici pre-1995. Continua l'interazione con la gente: "I have got a question: are you going Down with me?" Presi per mano eccoci risucchiati dallo speed cupo e corposo del primo singolo di UNITY, rivitalizzante album del 2002 e preludio per gli ultimi gloriosi fuochi d'artificio. E che fuochi!?! "What's up my friends? You want more? Do you fuckin' want more???"
Incitati fino all'ultimo da un sempre più affabile Peavy, decisamente meno rigido e ben più disinvolto rispetto ai primi brani, i circa duecento paganti si ritrovano prima a supportare l'intro di batteria di Run To the Hills, poi a cantare il ritornello di We're Not Gonna Take It, quindi ad accogliere con un boato l'attacco di batteria di Painkiller e il susseguente riff di chitarra di Hell Bent For Leather per concludere con una riuscita versione di Highway To Hell che non necessita presentazione alcuna, quasi ci trovassimo ad una jam session riservata per pochi amici. È davvero tempo dei saluti e di una manciata di commenti con fans e addetti ai lavori in attesa del trio, che ci viene detto essere "barricato nel camerino", per i consueti autografi e foto di rito. E benché di lì a poco l'invito ad uscire dal locale sia rivolto con fermezza ai pochi rimasti, il manipolo di aficionados resiste e attende finalmente l'uscita dei tre, con Peavy letteralmente assediato per firmare alcune discografie complete dei Rage, mentre Victor e Andre muovono di corsa sul pullmino che li riporterà in albergo nella vicina Borgomanero. Parlare di una buona e sempre convincente prestazione del combo tedesco, con un audio comunque accettabile, è il minimo che si possa fare. Solo ci chiediamo a che livello avrebbero potuto portare lo spettacolo qualora avessero avuto a disposizione strumentazione e impianto adeguati ai loro usuali live outdoor. Per avere una risposta basterà attendere il prossimo tour: l'Italia li aspetta sempre a braccia aperte.
Andrea Barbaglia '11
Nessun commento:
Posta un commento