08-12-2011
- ERIC SINGER PROJECT live @ Rock'n'Roll Arena -
Romagnano Sesia (NO)
Unica data italiana per il trio delle meraviglie Singer-Kulick-Corabi. Nomi altisonanti al di qua e al di là dell'oceano che non di rado si regalano una capatina nel vecchio continente per proporre un set ricco di classici immortali e qualche sempre gradito ripescaggio dalle loro prolifiche discografie. Per anni in molti li hanno visti solamente tramite riviste di settore o, con l'avanzata della tecnologia, su siti web e video amatoriali. I più fortunati, probabilmente, con Kiss, Mötley Crüe ed Alice Cooper. Mai da così vicino, in un ambiente che sempre più col passare del tempo è in grado di regalare l'atmosfera respirata nei club storici del rock sulla West Coast. Ci attendiamo il pienone: restiamo con un pugno di mosche. Dove siano finiti tutti gli amanti dell'hard rock più classico ce lo chiediamo anche noi quando all'ingresso dell'Arena assistiamo un poco basiti per la verità ad una (spenta) esibizione dei Wetdogs, tra sparute coppie e qualche gruppettino di metal kids. Aspettavamo di trovare di lì a poco in scaletta gli Skill In Veins della bassista Anna Portalupi (lei non lo sa, ma meno di un mese prima l'avevamo ascoltata con Ricky Portera e la curiosità di trovarla sul palco con la band lombarda era giustificata dalla buona prova condotta con l'ex Stadio), ma al nostro arrivo avevamo già individuato a ragione nella folta chioma del giovane musicista che stava caricando gli strumenti al di fuori del locale il loro chitarrista Andrea Lanza.
Mastermind dell'intero progetto, con all'attivo l'omonimo debut album prodotto da Alessandro Del Vecchio, uno che al classic rock di qualità ha avuto modo di legare il proprio nome, nel corso degli ultimi mesi Lanza si è trovato a rivoluzionare la line-up della band varesina quasi per intero, riuscendo ad assemblare un organico che sulla carta pare avere tutte le chances giuste per giocarsela a viso aperto con nomi più quotati nel mondo dell'hard rock, in Italia e all'estero. Ci ripromettiamo di vederli in futuro: il nome è annotato in agenda, basta aspettare nuove date. A questo punto i giochi sono fatti: scesi dal palco i Wetdogs, già al bancone da qualche tempo gli Skill In Veins, è il turno del trio più atteso della serata. Qualche volto noto arriva proprio a ridosso dell'ingresso sul palco degli ESP. Niente batteria Pearl per Singer, ma un cajon e qualche piccola percussione; una sola chitarra amplificata Marshall per Kulick e un'altrettanto onesta sei corde per Corabi. Ora possiamo cominciare. L'attacco è affidato a Hard Luck Woman, classe 1976, direttamente da ROCK AND ROLL OVER con Corabi degno sostituto di Peter Criss alla voce solista. Chi crede si tratti di una serata tributo ai Kiss si sbaglia di grosso; certo, saranno i brani della band di Paul Stanley e Gene Simmons ad essere eseguiti in numero leggermente maggiore durante la serata, ma le sorprese per una setlist equilibrata sono dietro l'angolo e sempre di alta qualità.
La prima si chiama Love (I Don't Need It Anymore), proviene direttamente dall'album di esordio degli Union, riuscita collaborazione tra John e Bruce, e grazie ad un ritornello orecchiabile cantato da un Corabi in perfetta forma vocale non fa rimpiangere la scelta di averla messa in scaletta anche oggi. È capitato altre volte, qua come altrove: anche questa sera dal palco l'impressione che si ha è quella di trovarsi di fronte un pubblico "freddo", impettito, tendenzialmente apatico. Ma sotto al palco i cuori pulsano e gli occhi brillano. C'è una forma di rispetto ed "estasi" di fronte a ciò per cui si è pagato il biglietto; si tende ad ascoltare come rapiti dalla performance, venendone sì coinvolti, ma sempre con misura e accorata discrezione. Non è raro dunque vedere le labbra di molti intonare, seppure sottovoce, forse pure per mancanza di reale confidenza con l'inglese, la maggior parte dei brani proposti dagli ESP, canzoni conosciute da decenni, che fanno parte del DNA musicale di ognuno di noi, come l'irruente Strutter con i pregevoli assoli tutti appannaggio di Kulick e con un Corabi graffiante e trascinatore, interprete ingiustamente troppo spesso sottovalutato nello showbiz, ma dall'ugola sempre più matura e affascinante. Giù il cappello. Su il cappello. Con October Morning Wind, ancora da UNION, si rallenta un poco, ma ecco finalmente il primo pezzo tratto da quel gioiello di metal che è MÖTLEY CRÜE, anno di (dis)grazia 1994: Hooligan's Holiday riarrangiata in chiave folk-blues non è immediatamente riconoscibile all'attacco delle chitarre, ma non appena John urla nel microfono, anche i più restii a farsi coinvolgere da questa versione unplugged sciolgono le riserve e contribuiscono ad aumentarne la resa d'insieme. Brano accantonato per ovvi motivi dopo il rientro in pianta stabile di Vince Neil nella band madre losangelina, è rimasto tuttavia cavallo di battaglia in tutte le esibizioni di Corabi, ben accolto anche questa sera dai nostalgici italiani di Videomusic che a suo tempo ne trasmetteva spesso il videoclip.
Soddisfatto per l'ottima esecuzione del pezzo precedente, il trio apre ad un quasi inedito dello stesso John sulle dinamiche affettive di ogni giorno: If I Never Get To Say Goodbye. Mentre l'ex The Scream tiene la ritmica e ovviamente si occupa della voce, il sempre compassato Bruce si esibisce in piccoli assoli che conferiscono profondità ad un brano in dirittura d'arrivo (si parla di febbraio 2012) anche su disco. È il turno dello stesso Kulick. Da BK3, ottimo album solista del mai troppo celebrato chitarrista dei Kiss versione unmasked, ecco la sofferta No Friend Of Mine, brano peraltro scritto dalla coppia Corabi-Kulick in compagnia dell'arrangiatore, produttore e film director Jeremy Rubolino e, chissà?, forse testimonianza di un fantomatico terzo album degli Union che non ha mai visto la luce, data la presenza in studio di registrazione del loro batterista Brent Fitz. "Vi state divertendo? Sbaglio o mi pare vi stiate un pò addormentando...magari è colpa del cibo, magari è un po' il bere, le feste... Sveglia Italy!!" Corabi non ci pensa su due volte e arriva diretto al nocciolo della questione. A questo punto il pubblico capisce di dover essere più partecipe e si scalda. Ecco la sognante I Walk Alone, atteso estratto dal poco promosso CARNIVAL OF SOULS, ultimo capitolo dei Kiss senza trucco e della loro Mark VI nonché primo vero passo solista per Kulick, magistrale e impeccabile ancora una volta, anche alla voce.
Corabi però ruba nuovamente la scena con la sorpresa Loveshine: bella la canzone, una volta ancora strepitoso l'interprete. Si scherza un poco sul "vocabolario italiano della parolaccia" nelle sue varie declinazioni, veneta, milanese e via discorrendo; poi è il turno di Eric per la struggente ballad Everytime I Look At You, interrotta tuttavia a causa di un inatteso vuoto di memoria da parte del batterista, prontamente supportato e dal pubblico, che ha così modo di riscattarsi cantando da solo parte del testo, e dai due chitarristi con il passaggio ad un altro lento, la top ten hit Forever. Non facciamoci prendere dal panico. Da LET IT SCREAM arriva il blues di Man In The Moon mentre, dopo un piccante aneddoto sulla genesi di Nothin' To Lose, Singer, alla voce, si cala nei panni del suo autore Gene Simmons e un sempre più roco e ispirato Corabi si impossessa pure del controcanto che fu di Peter Criss e Paul Stanley. Stop. Tutti a casa. E invece ecco i bis. Il primo è la classica Beth. "Sapevate che i Greci hanno inventato il sesso? Sì, gli antichi Greci; beh, gli Italiani hanno inventato quello con le donne!" Brillante Singer, ma la battuta riesce solo in parte. Le facili risate che ne conseguono vengono presto soffocate dall'intenso medley-crüe Drift Away/Home Sweet Home, con John ovvio protagonista. Un tuffo in Inghilterra, nella Liverpool di inizio anni '70 con i Beatles di Oh! Darling poi è davvero tempo di saluti. Presuntuoso dire che stasera si sia fatta la Storia, ma una volta ancora il Rock, quello vero, ha dimostrato come il suo cuore pulsi intenso e vivo dentro ai suoi protagonisti. Anche in questo nuovo millennio. Power To The Music. E non solo in the streets.
Mastermind dell'intero progetto, con all'attivo l'omonimo debut album prodotto da Alessandro Del Vecchio, uno che al classic rock di qualità ha avuto modo di legare il proprio nome, nel corso degli ultimi mesi Lanza si è trovato a rivoluzionare la line-up della band varesina quasi per intero, riuscendo ad assemblare un organico che sulla carta pare avere tutte le chances giuste per giocarsela a viso aperto con nomi più quotati nel mondo dell'hard rock, in Italia e all'estero. Ci ripromettiamo di vederli in futuro: il nome è annotato in agenda, basta aspettare nuove date. A questo punto i giochi sono fatti: scesi dal palco i Wetdogs, già al bancone da qualche tempo gli Skill In Veins, è il turno del trio più atteso della serata. Qualche volto noto arriva proprio a ridosso dell'ingresso sul palco degli ESP. Niente batteria Pearl per Singer, ma un cajon e qualche piccola percussione; una sola chitarra amplificata Marshall per Kulick e un'altrettanto onesta sei corde per Corabi. Ora possiamo cominciare. L'attacco è affidato a Hard Luck Woman, classe 1976, direttamente da ROCK AND ROLL OVER con Corabi degno sostituto di Peter Criss alla voce solista. Chi crede si tratti di una serata tributo ai Kiss si sbaglia di grosso; certo, saranno i brani della band di Paul Stanley e Gene Simmons ad essere eseguiti in numero leggermente maggiore durante la serata, ma le sorprese per una setlist equilibrata sono dietro l'angolo e sempre di alta qualità.
La prima si chiama Love (I Don't Need It Anymore), proviene direttamente dall'album di esordio degli Union, riuscita collaborazione tra John e Bruce, e grazie ad un ritornello orecchiabile cantato da un Corabi in perfetta forma vocale non fa rimpiangere la scelta di averla messa in scaletta anche oggi. È capitato altre volte, qua come altrove: anche questa sera dal palco l'impressione che si ha è quella di trovarsi di fronte un pubblico "freddo", impettito, tendenzialmente apatico. Ma sotto al palco i cuori pulsano e gli occhi brillano. C'è una forma di rispetto ed "estasi" di fronte a ciò per cui si è pagato il biglietto; si tende ad ascoltare come rapiti dalla performance, venendone sì coinvolti, ma sempre con misura e accorata discrezione. Non è raro dunque vedere le labbra di molti intonare, seppure sottovoce, forse pure per mancanza di reale confidenza con l'inglese, la maggior parte dei brani proposti dagli ESP, canzoni conosciute da decenni, che fanno parte del DNA musicale di ognuno di noi, come l'irruente Strutter con i pregevoli assoli tutti appannaggio di Kulick e con un Corabi graffiante e trascinatore, interprete ingiustamente troppo spesso sottovalutato nello showbiz, ma dall'ugola sempre più matura e affascinante. Giù il cappello. Su il cappello. Con October Morning Wind, ancora da UNION, si rallenta un poco, ma ecco finalmente il primo pezzo tratto da quel gioiello di metal che è MÖTLEY CRÜE, anno di (dis)grazia 1994: Hooligan's Holiday riarrangiata in chiave folk-blues non è immediatamente riconoscibile all'attacco delle chitarre, ma non appena John urla nel microfono, anche i più restii a farsi coinvolgere da questa versione unplugged sciolgono le riserve e contribuiscono ad aumentarne la resa d'insieme. Brano accantonato per ovvi motivi dopo il rientro in pianta stabile di Vince Neil nella band madre losangelina, è rimasto tuttavia cavallo di battaglia in tutte le esibizioni di Corabi, ben accolto anche questa sera dai nostalgici italiani di Videomusic che a suo tempo ne trasmetteva spesso il videoclip.
Soddisfatto per l'ottima esecuzione del pezzo precedente, il trio apre ad un quasi inedito dello stesso John sulle dinamiche affettive di ogni giorno: If I Never Get To Say Goodbye. Mentre l'ex The Scream tiene la ritmica e ovviamente si occupa della voce, il sempre compassato Bruce si esibisce in piccoli assoli che conferiscono profondità ad un brano in dirittura d'arrivo (si parla di febbraio 2012) anche su disco. È il turno dello stesso Kulick. Da BK3, ottimo album solista del mai troppo celebrato chitarrista dei Kiss versione unmasked, ecco la sofferta No Friend Of Mine, brano peraltro scritto dalla coppia Corabi-Kulick in compagnia dell'arrangiatore, produttore e film director Jeremy Rubolino e, chissà?, forse testimonianza di un fantomatico terzo album degli Union che non ha mai visto la luce, data la presenza in studio di registrazione del loro batterista Brent Fitz. "Vi state divertendo? Sbaglio o mi pare vi stiate un pò addormentando...magari è colpa del cibo, magari è un po' il bere, le feste... Sveglia Italy!!" Corabi non ci pensa su due volte e arriva diretto al nocciolo della questione. A questo punto il pubblico capisce di dover essere più partecipe e si scalda. Ecco la sognante I Walk Alone, atteso estratto dal poco promosso CARNIVAL OF SOULS, ultimo capitolo dei Kiss senza trucco e della loro Mark VI nonché primo vero passo solista per Kulick, magistrale e impeccabile ancora una volta, anche alla voce.
Corabi però ruba nuovamente la scena con la sorpresa Loveshine: bella la canzone, una volta ancora strepitoso l'interprete. Si scherza un poco sul "vocabolario italiano della parolaccia" nelle sue varie declinazioni, veneta, milanese e via discorrendo; poi è il turno di Eric per la struggente ballad Everytime I Look At You, interrotta tuttavia a causa di un inatteso vuoto di memoria da parte del batterista, prontamente supportato e dal pubblico, che ha così modo di riscattarsi cantando da solo parte del testo, e dai due chitarristi con il passaggio ad un altro lento, la top ten hit Forever. Non facciamoci prendere dal panico. Da LET IT SCREAM arriva il blues di Man In The Moon mentre, dopo un piccante aneddoto sulla genesi di Nothin' To Lose, Singer, alla voce, si cala nei panni del suo autore Gene Simmons e un sempre più roco e ispirato Corabi si impossessa pure del controcanto che fu di Peter Criss e Paul Stanley. Stop. Tutti a casa. E invece ecco i bis. Il primo è la classica Beth. "Sapevate che i Greci hanno inventato il sesso? Sì, gli antichi Greci; beh, gli Italiani hanno inventato quello con le donne!" Brillante Singer, ma la battuta riesce solo in parte. Le facili risate che ne conseguono vengono presto soffocate dall'intenso medley-crüe Drift Away/Home Sweet Home, con John ovvio protagonista. Un tuffo in Inghilterra, nella Liverpool di inizio anni '70 con i Beatles di Oh! Darling poi è davvero tempo di saluti. Presuntuoso dire che stasera si sia fatta la Storia, ma una volta ancora il Rock, quello vero, ha dimostrato come il suo cuore pulsi intenso e vivo dentro ai suoi protagonisti. Anche in questo nuovo millennio. Power To The Music. E non solo in the streets.
Andrea Barbaglia '11
le foto pubblicate sono dell'amico Lord Kasco; altre sono visibili qui: http://kascodesign.deviantart.com/gallery/29038418#/d4ivvi8
Nessun commento:
Posta un commento