01-05-2012
- LITFIBA live @ Arena -
Verona (VR)
È una pioggerellina fine fine quella che ci accoglie a Verona nel tardo pomeriggio di lunedì 30 aprile. Sono passate le 18:00 da soli dieci minuti. Poco più di ventiquattro ore dopo sappiamo essere in programma presso l'anfiteatro della città scaligera un live dei Litfiba che è già evento, non solo perché sarà il ritorno ai concerti di Piero Pelù e Ghigo Renzulli dopo lo stop forzato delle ultime settimane a causa di un infortunio al crociato occorso al frontman della band durante una rovinosa caduta al concerto di Treviso, ma soprattutto perché segnerà il debutto dal vivo del combo fiorentino nella suggestiva cornice dell'Arena dopo le non certo memorabili esibizioni in playback all'interno della stessa nella seconda metà degli anni '90, ai tempi del Festivalbar. Con il naso all'insù incrociamo le dita in vista di domani, ma almeno per il momento il tempo non promette affatto bene. A spazzare via le nubi sui nostri pensieri ci pensa fortunatamente l'antipasto assai gradito servito alla FNAC di via Cappello: l'incontro con i due leader dei Litfiba vede la partecipazione di qualche decina di fans accorsa, come sempre in questi casi, per scambiare qualche battuta e farsi autografare il materiale discografico, più o meno storico, dai propri beniamini. Grande calore e inappuntabile professionalità da parte di Ghigo e Piero che fanno trapelare pure alcune indiscrezioni sulla composizione della scaletta di domani, basata ovviamente sul nuovo potente album GRANDE NAZIONE, ma preparata ad hoc per la serata veronese. All'uscita dall'esercizio commerciale non piove più. Buon segno. A questo punto non resta che attendere il Primo Maggio approfittando del tempo che ci separa dal concerto per fare un giro lungo le strade e le vie di Verona.
Ventiquattro ore passano così in fretta. A preoccupare è però nuovamente il meteo. Dopo una mattinata col cielo coperto, a mezzogiorno il sole è addirittura alto e picchia forte sul "liston" di via Mazzini, facendo più volte capolino dalle nuvole che tuttavia permangono sulla città. E difatti ecco che alle 16:00 riprende a piovere copiosamente. Il ricordo del massiccio diluvio sotto al quale assistemmo sempre qui in Arena al memorabile live dei Pearl Jam nel settembre del 2006 induce agli scongiuri fin da ora. Dopo tre ore la pioggia continua ancora a cadere abbondante, alzando il livello di umidità nell'aria e sfiduciando alcuni gruppetti di persone giunte da fuori provincia che rinunciano al concerto rientrando in fretta e furia verso casa. Saranno una minima parte. E per loro la beffa sarà pure doppia perché a mezz'ora dall'inizio dello spettacolo comincia infatti a spiovere consentendo l'ingresso in Arena pressoché all'asciutto. Ore 21:10. Sulle note dell'intro che sta accompagnando la tourneé dei Litfiba 2012 ecco emergere dal buio del palco un beneaugurante grido liberatorio in perfetto fiorentino: "In culo alla pioggia!". E parte la monolitica Squalo sempre più quadrata e funzionale all'apertura dei concerti, cantata a squarciagola dai quasi 8.000 presenti che non possono riempire totalmente l'anfiteatro, ma che regalano comunque un ottimo colpo d'occhio sia dalla platea che sulle tribune.
"Affamati di rock stasera?" domanda un sardonico Pelù. "In quest'Italia sempre più piena di squali, sempre più piena di opportunisti, di ladroni, ci vorrebbe un bel terreeemoooooto!!!". Una dirompente Dimmi Il Nome al fulmicotone aggredisce come al solito le orecchie di coloro i quali si trovano nel suo raggio di sviluppo sonoro, rimbomba tra le antiche pietre secolari dell'Arena, le squote e rimanda sul palco un'energia centuplicata, inarrestabile, pompata dal basso ben in evidenza di Daniele Bagni, sempre più metallaro che mai, intento a reggere i volumi della Les Paul di Renzulli e le pelli di Pino Fidanza, stasera in stato di grazia. Gli applausi, meritatissimi, fanno esclamare al frontman dei Litfiba "Oh, non si scherza qui stasera, eh!?" prima di riportare l'attenzione alla giornata odierna, "il Primo Maggio. Ricordiamoci tutti che il lavoro non è un privilegio, ma è un diritto sancito dalla nostra Costituzione". L'intro corale affidata alle tastiere di Federico Sagona garantisce qualche istante di pagano raccoglimento prima di esplodere nella deflagrante bomba rock di Grande Nazione che scatena le prime file costrette dalle poltroncine posizionate in platea. Pelù conclude il brano avvolto dalla bandiera italiana calata sul viso mentre i giochi di luce provenienti dai fari posizionati sulla struttura semicircolare del palco riproducono un arcobaleno tricolore davvero d'effetto. "Ragazzi, stasera ci sono gli amici della Vinyls che sono venuti a trovarci da Porto Marghera"; agli operai in cassintegrazione dello stabilimento chimico viene dedicata, dopo qualche breve attimo di consulto tra i musicisti riguardante probabilmente l'ordine concordato in precedenza della setlist, la successiva Barcollo, uno dei due inediti senza infamia e senza lode tratti dal live album della reunion Pelù-Renzulli STATO LIBERO, che guadagna punti nella sua trascinante veste live.
Elmetto d'ordinanza in testa ("...beato quel Paese che non ha bisogno di spese militari...") Piero Pelù ripesca nella sua progressione emotiva la sempre entusiasmante Prima Guardia, volontariamente dilatata nella parte centrale, impreziosita dalle movenze teatrali del frontman fiorentino e contrappuntata dall'assolo di Renzulli. Ancora un veloce consulto non previsto riguardante la scaletta, rivoluzionata infatti rispetto alle consegne iniziali, poi, a volumi spiegati, le chitarre di un divertito Ghigo e di un sempre misurato Cosimo Zannelli, a cui forse un poco pesa il ruolo apparentemente marginale a cui è costretto, diventano colonna portante per l'infernale Fiesta Tosta. "Meno male che abbiamo la nostra salvezza che arriva dalle alte sfere...": la potentissima Dio, nella nuova versione già proposta fin dal 2010 e che trae origine da quella, splendida, presente su PIRATA, risulterà uno dei (rari) pezzi più "datati" della serata. Mentre l'Arena inneggia a Renzulli, che ricambia serafico prima di districarsi in bello stile anche sull'hard rock di Sparami, è già tempo di omaggiare un grande amigo che non c'è più: l'intensa Il Volo è tutta per Ringo De Palma, indimenticato batterista e motore dei primi Litfiba, ragazzo istintivo e sensibile, anima fragile, scomparso troppo presto, alla vigilia di quelle che sarebbero passate successivamente alla storia come le notti magiche di un'estate italiana trascorse nel caldo del 1990.
Al secondo singolo tratto da GRANDE NAZIONE spetta il compito di non rompere l'equilibrio di estatico trasporto raggiunto con il tributo a Ringo: La Mia Valigia, "una canzone" afferma Pelù "che voglio dedicare a tutti quei pensieri che portiamo dentro di noi, dentro questa calotta, dentro questa scatola cranica qui... che potrebbe diventare proprio come la nostra valigia... nel viaggio, nel viaggio che facciamo tutti i giorni...", ha anzi il merito di prolungarlo con la sua iniziale atmosfera zingaresca, sempre sognante, residuo forse anche di quel med-rock percorso dal primo Pelù solista che si sposa però ora con i suoni più classici portati dalle sventagliate elettriche della Stratocaster di Renzulli. Grande la risposta del pubblico. La stessa che si manifesta in un altro tra i momenti migliori della serata: la forza primitiva scatenata dalla furia anarchica di Brado ("Arena di Verona è arrivato il momento di rock'n'rolleggiare... Vogliamo vedervi selvaggi!!!") con il suo incedere ciondolante, caracollante, da scugnizzo, unito alle trovate elettroniche che relegano per qualche istante un pacioso Renzulli in posa davanti agli amplificatori, soddisfa tanto le frange storiche dei fans quanto coloro i quali, indistintamente, chiedono ancora energia allo stato puro. È un accorato richiamo di Pelù a fare il resto: "Riserva indiana dell'Arena di Verona, su con la testaaa!". Tex non necessita certo di presentazioni e il boato del pubblico con cui viene accolta lo testimonia; Piero si sporge più volte sulle prime file amiche, le incita e le eccita, scambia più volte l'high five mentre il Warwick Buzzard di Bagni pompa incessantemente il ritmo. Ben fatto pure l'intermezzo di Ghigo su Yankee Doodle prima che la band porti a termine il pezzo.
"Il momento è liturgico"; Gioconda è un'altra occasione imperdibile per far smuovere a suon di Les Paul le masse, quelle stesse masse che hanno un sussulto per una canzone ripescata appositamente quest'oggi dopo anni di assenza in casa Litfiba, estemporaneo omaggio alla città di Giulietta e Romeo. Regina Di Cuori è quel sing-along che ti aspetti anche a distanza di quindici anni dalla sua pubblicazione e che vede un ottimo lavoro di Zannelli alla ritmica su inedite svisate di tastiera ad opera di Sagona. Anacronisticamente considerato come l'inizio di quella fine che si sarebbe consumata dopo INFINITO il brano presente su MONDI SOMMERSI stasera piace sia ai puristi sia ai novizi. "Questa è un'altra canzone che vogliamo dedicare ai cassintegrati della Vinyls di Porto Marghera che sono un simbolo di come oggi il lavoro in Italia venga bistrattato, di come il pesce grosso mangi sempre il pesce piccolo. Ma quando i pesci piccoli si mettono insieme possono anche riuscire a rompere molto i coglioni", ammonisce sulle note suonate in libertà da Renzulli, tornato da un paio di brani alla Stratocaster, un Piero Pelù sempre attento al sociale e che guida la chiusura della prima parte di show con l'inno Cangaçeiro. L'Arena risponde con un nuovo boato. Buona e affiatata una volta ancora la sezione ritmica, con Bagni e Fidanza a garantire un sound compatto.
Pochi istanti di pausa per rifiatare dietro alle quinte e i primi bis partono alle 22:30 con Elettrica, terzo estratto da GRANDE NAZIONE e stampato su vinile verde proprio poche settimane fa in occasione del Record Store Day italiano. Momento ormai imprescindibile di un live Litfiba è l'alba nel deserto del Fata Morgana, emozionante visione onirica in cui "niente di ciò che appare è come sembra" e su cui Ghigo improvvisa col suo riconoscibilissimo tocco mentre Piero lascia libero sfogo al lato più teatrale che c'è in lui. Segue una tutto sommato minore Sole Nero prima del delirio gitano che prende il nome di Lacio Drom, benaugurante augurio affinché "...la strada di questo cazzo di grande nazione sia lunga e diritta!". Ancora una pausa e il secondo bis è servito. Venti minuti finali in cui si susseguono la furia incendiaria di El Diablo (rovinata da problemi occorsi all'amplificazione di Ghigo, costretto a lasciare senza chitarra una parte portante della canzone senza che Zannelli possa intervenire per sopperire alla momentanea mancanza della lead guitar), i ritmi indiavolati di Ritmo #2 e il treno lanciato a folle corsa de Lo Spettacolo, in un tripudio di suoni, luci, fumi e sudore, con un Pelù, praticamente mai in debito di ossigeno, ora in canotta nera e cornucuore dorato. Tutto ha termine quando sono passate da poco le 23:15, con i saluti e i ringraziamenti della band a tutte le persone accorse questa sera per assistere al loro concerto, in barba alla crisi che attanaglia il Paese e alle condizioni avverse del tempo. Una corsa vicino agli spalti di destra prima della passerella conclusiva del duo Pelù-Renzulli, intenti a stringere decine di mani tese verso di loro lungo tutte le transenne, è il segnale che la serata volge davvero al termine.
C'è tuttavia chi, mai sazio, attende ancora e pretenderebbe pure un nuovo, acrobatico tuffo tra la gente come quello visto ad esempio nella data di Milano pochi mesi fa, ma la convalescenza per l'infortunio ancora fresco, che comunque non ha inficiato per nulla la sua tenuta sul palco, e la presenza dei posti a sedere sconsigliano il buon Pelù dal farlo. Il lancio della canotta che lo lascia a torso nudo risulta comunque discreto e divertente palliativo, specie per il pubblico femminile. Ora è proprio finita. In pochi istanti l'Arena va così svuotandosi, con piazza Bra e il centro storico di Verona a riempirsi di volti felici, incuranti per qualche ora ancora delle problematiche sociali in cui viviamo. Nel backstage la sicurezza di avere fatto nuovamente centro e la soddisfazione di essere tornati a riempire spazi, anche prestigiosi come quello veronese, preclusi all'inizio del nuovo millennio dopo la sventurata, ma probabilmente necessaria ed inevitabile rottura tra gli amici Piero e Ghigo. Il pensiero poi corre veloce a Firenze, tra un mese esatto. Là sarà la tanto attesa reunion con Gianni e Antonio. Per un nuovo inizio che ha in qualche modo il sapore della chiusura di un cerchio. E che raccoglie la benedizione di Ringo, sorridente e sempre un po' guascone. Guardiamo su. La luna, luminosa, ora è alta in cielo. Stringe forte la nostra mano e ci porta via. Lontano.
Ventiquattro ore passano così in fretta. A preoccupare è però nuovamente il meteo. Dopo una mattinata col cielo coperto, a mezzogiorno il sole è addirittura alto e picchia forte sul "liston" di via Mazzini, facendo più volte capolino dalle nuvole che tuttavia permangono sulla città. E difatti ecco che alle 16:00 riprende a piovere copiosamente. Il ricordo del massiccio diluvio sotto al quale assistemmo sempre qui in Arena al memorabile live dei Pearl Jam nel settembre del 2006 induce agli scongiuri fin da ora. Dopo tre ore la pioggia continua ancora a cadere abbondante, alzando il livello di umidità nell'aria e sfiduciando alcuni gruppetti di persone giunte da fuori provincia che rinunciano al concerto rientrando in fretta e furia verso casa. Saranno una minima parte. E per loro la beffa sarà pure doppia perché a mezz'ora dall'inizio dello spettacolo comincia infatti a spiovere consentendo l'ingresso in Arena pressoché all'asciutto. Ore 21:10. Sulle note dell'intro che sta accompagnando la tourneé dei Litfiba 2012 ecco emergere dal buio del palco un beneaugurante grido liberatorio in perfetto fiorentino: "In culo alla pioggia!". E parte la monolitica Squalo sempre più quadrata e funzionale all'apertura dei concerti, cantata a squarciagola dai quasi 8.000 presenti che non possono riempire totalmente l'anfiteatro, ma che regalano comunque un ottimo colpo d'occhio sia dalla platea che sulle tribune.
"Affamati di rock stasera?" domanda un sardonico Pelù. "In quest'Italia sempre più piena di squali, sempre più piena di opportunisti, di ladroni, ci vorrebbe un bel terreeemoooooto!!!". Una dirompente Dimmi Il Nome al fulmicotone aggredisce come al solito le orecchie di coloro i quali si trovano nel suo raggio di sviluppo sonoro, rimbomba tra le antiche pietre secolari dell'Arena, le squote e rimanda sul palco un'energia centuplicata, inarrestabile, pompata dal basso ben in evidenza di Daniele Bagni, sempre più metallaro che mai, intento a reggere i volumi della Les Paul di Renzulli e le pelli di Pino Fidanza, stasera in stato di grazia. Gli applausi, meritatissimi, fanno esclamare al frontman dei Litfiba "Oh, non si scherza qui stasera, eh!?" prima di riportare l'attenzione alla giornata odierna, "il Primo Maggio. Ricordiamoci tutti che il lavoro non è un privilegio, ma è un diritto sancito dalla nostra Costituzione". L'intro corale affidata alle tastiere di Federico Sagona garantisce qualche istante di pagano raccoglimento prima di esplodere nella deflagrante bomba rock di Grande Nazione che scatena le prime file costrette dalle poltroncine posizionate in platea. Pelù conclude il brano avvolto dalla bandiera italiana calata sul viso mentre i giochi di luce provenienti dai fari posizionati sulla struttura semicircolare del palco riproducono un arcobaleno tricolore davvero d'effetto. "Ragazzi, stasera ci sono gli amici della Vinyls che sono venuti a trovarci da Porto Marghera"; agli operai in cassintegrazione dello stabilimento chimico viene dedicata, dopo qualche breve attimo di consulto tra i musicisti riguardante probabilmente l'ordine concordato in precedenza della setlist, la successiva Barcollo, uno dei due inediti senza infamia e senza lode tratti dal live album della reunion Pelù-Renzulli STATO LIBERO, che guadagna punti nella sua trascinante veste live.
Elmetto d'ordinanza in testa ("...beato quel Paese che non ha bisogno di spese militari...") Piero Pelù ripesca nella sua progressione emotiva la sempre entusiasmante Prima Guardia, volontariamente dilatata nella parte centrale, impreziosita dalle movenze teatrali del frontman fiorentino e contrappuntata dall'assolo di Renzulli. Ancora un veloce consulto non previsto riguardante la scaletta, rivoluzionata infatti rispetto alle consegne iniziali, poi, a volumi spiegati, le chitarre di un divertito Ghigo e di un sempre misurato Cosimo Zannelli, a cui forse un poco pesa il ruolo apparentemente marginale a cui è costretto, diventano colonna portante per l'infernale Fiesta Tosta. "Meno male che abbiamo la nostra salvezza che arriva dalle alte sfere...": la potentissima Dio, nella nuova versione già proposta fin dal 2010 e che trae origine da quella, splendida, presente su PIRATA, risulterà uno dei (rari) pezzi più "datati" della serata. Mentre l'Arena inneggia a Renzulli, che ricambia serafico prima di districarsi in bello stile anche sull'hard rock di Sparami, è già tempo di omaggiare un grande amigo che non c'è più: l'intensa Il Volo è tutta per Ringo De Palma, indimenticato batterista e motore dei primi Litfiba, ragazzo istintivo e sensibile, anima fragile, scomparso troppo presto, alla vigilia di quelle che sarebbero passate successivamente alla storia come le notti magiche di un'estate italiana trascorse nel caldo del 1990.
Al secondo singolo tratto da GRANDE NAZIONE spetta il compito di non rompere l'equilibrio di estatico trasporto raggiunto con il tributo a Ringo: La Mia Valigia, "una canzone" afferma Pelù "che voglio dedicare a tutti quei pensieri che portiamo dentro di noi, dentro questa calotta, dentro questa scatola cranica qui... che potrebbe diventare proprio come la nostra valigia... nel viaggio, nel viaggio che facciamo tutti i giorni...", ha anzi il merito di prolungarlo con la sua iniziale atmosfera zingaresca, sempre sognante, residuo forse anche di quel med-rock percorso dal primo Pelù solista che si sposa però ora con i suoni più classici portati dalle sventagliate elettriche della Stratocaster di Renzulli. Grande la risposta del pubblico. La stessa che si manifesta in un altro tra i momenti migliori della serata: la forza primitiva scatenata dalla furia anarchica di Brado ("Arena di Verona è arrivato il momento di rock'n'rolleggiare... Vogliamo vedervi selvaggi!!!") con il suo incedere ciondolante, caracollante, da scugnizzo, unito alle trovate elettroniche che relegano per qualche istante un pacioso Renzulli in posa davanti agli amplificatori, soddisfa tanto le frange storiche dei fans quanto coloro i quali, indistintamente, chiedono ancora energia allo stato puro. È un accorato richiamo di Pelù a fare il resto: "Riserva indiana dell'Arena di Verona, su con la testaaa!". Tex non necessita certo di presentazioni e il boato del pubblico con cui viene accolta lo testimonia; Piero si sporge più volte sulle prime file amiche, le incita e le eccita, scambia più volte l'high five mentre il Warwick Buzzard di Bagni pompa incessantemente il ritmo. Ben fatto pure l'intermezzo di Ghigo su Yankee Doodle prima che la band porti a termine il pezzo.
"Il momento è liturgico"; Gioconda è un'altra occasione imperdibile per far smuovere a suon di Les Paul le masse, quelle stesse masse che hanno un sussulto per una canzone ripescata appositamente quest'oggi dopo anni di assenza in casa Litfiba, estemporaneo omaggio alla città di Giulietta e Romeo. Regina Di Cuori è quel sing-along che ti aspetti anche a distanza di quindici anni dalla sua pubblicazione e che vede un ottimo lavoro di Zannelli alla ritmica su inedite svisate di tastiera ad opera di Sagona. Anacronisticamente considerato come l'inizio di quella fine che si sarebbe consumata dopo INFINITO il brano presente su MONDI SOMMERSI stasera piace sia ai puristi sia ai novizi. "Questa è un'altra canzone che vogliamo dedicare ai cassintegrati della Vinyls di Porto Marghera che sono un simbolo di come oggi il lavoro in Italia venga bistrattato, di come il pesce grosso mangi sempre il pesce piccolo. Ma quando i pesci piccoli si mettono insieme possono anche riuscire a rompere molto i coglioni", ammonisce sulle note suonate in libertà da Renzulli, tornato da un paio di brani alla Stratocaster, un Piero Pelù sempre attento al sociale e che guida la chiusura della prima parte di show con l'inno Cangaçeiro. L'Arena risponde con un nuovo boato. Buona e affiatata una volta ancora la sezione ritmica, con Bagni e Fidanza a garantire un sound compatto.
Pochi istanti di pausa per rifiatare dietro alle quinte e i primi bis partono alle 22:30 con Elettrica, terzo estratto da GRANDE NAZIONE e stampato su vinile verde proprio poche settimane fa in occasione del Record Store Day italiano. Momento ormai imprescindibile di un live Litfiba è l'alba nel deserto del Fata Morgana, emozionante visione onirica in cui "niente di ciò che appare è come sembra" e su cui Ghigo improvvisa col suo riconoscibilissimo tocco mentre Piero lascia libero sfogo al lato più teatrale che c'è in lui. Segue una tutto sommato minore Sole Nero prima del delirio gitano che prende il nome di Lacio Drom, benaugurante augurio affinché "...la strada di questo cazzo di grande nazione sia lunga e diritta!". Ancora una pausa e il secondo bis è servito. Venti minuti finali in cui si susseguono la furia incendiaria di El Diablo (rovinata da problemi occorsi all'amplificazione di Ghigo, costretto a lasciare senza chitarra una parte portante della canzone senza che Zannelli possa intervenire per sopperire alla momentanea mancanza della lead guitar), i ritmi indiavolati di Ritmo #2 e il treno lanciato a folle corsa de Lo Spettacolo, in un tripudio di suoni, luci, fumi e sudore, con un Pelù, praticamente mai in debito di ossigeno, ora in canotta nera e cornucuore dorato. Tutto ha termine quando sono passate da poco le 23:15, con i saluti e i ringraziamenti della band a tutte le persone accorse questa sera per assistere al loro concerto, in barba alla crisi che attanaglia il Paese e alle condizioni avverse del tempo. Una corsa vicino agli spalti di destra prima della passerella conclusiva del duo Pelù-Renzulli, intenti a stringere decine di mani tese verso di loro lungo tutte le transenne, è il segnale che la serata volge davvero al termine.
C'è tuttavia chi, mai sazio, attende ancora e pretenderebbe pure un nuovo, acrobatico tuffo tra la gente come quello visto ad esempio nella data di Milano pochi mesi fa, ma la convalescenza per l'infortunio ancora fresco, che comunque non ha inficiato per nulla la sua tenuta sul palco, e la presenza dei posti a sedere sconsigliano il buon Pelù dal farlo. Il lancio della canotta che lo lascia a torso nudo risulta comunque discreto e divertente palliativo, specie per il pubblico femminile. Ora è proprio finita. In pochi istanti l'Arena va così svuotandosi, con piazza Bra e il centro storico di Verona a riempirsi di volti felici, incuranti per qualche ora ancora delle problematiche sociali in cui viviamo. Nel backstage la sicurezza di avere fatto nuovamente centro e la soddisfazione di essere tornati a riempire spazi, anche prestigiosi come quello veronese, preclusi all'inizio del nuovo millennio dopo la sventurata, ma probabilmente necessaria ed inevitabile rottura tra gli amici Piero e Ghigo. Il pensiero poi corre veloce a Firenze, tra un mese esatto. Là sarà la tanto attesa reunion con Gianni e Antonio. Per un nuovo inizio che ha in qualche modo il sapore della chiusura di un cerchio. E che raccoglie la benedizione di Ringo, sorridente e sempre un po' guascone. Guardiamo su. La luna, luminosa, ora è alta in cielo. Stringe forte la nostra mano e ci porta via. Lontano.
Andrea Barbaglia '12
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