24-05-2012
- DANILO SACCO live @ Teatro tenda -
Osnago (LC)
Il fatidico giorno è così giunto. Sono passati cinque mesi quasi esatti dall'ultimo concerto tenuto da Danilo Sacco in compagnia dei suoi antichi compagni di viaggio, quei Nomadi capitanati da Beppe Carletti con cui ha girovagato e condiviso più volte i palchi di tutta Italia dal 1993 fino allo scorso dicembre. In questi cinque mesi il cantante astigiano, dopo un primo periodo di smarrimento e riflessione, ha lavorato duramente per allestire una band che potesse supportarlo nel suo nuovo percorso solista, fatto di nuove canzoni e sentiti omaggi a evergreen del patrimonio musicale italiano, rivitalizzato da una nuova linfa andata purtroppo affievolendosi negli ultimi tempi. Alle porte c'è addirittura un cd dal titolo esplicito, UN ALTRO ME, il primo ufficiale dopo la raccolta di pensieri e musiche andato sotto il nome de L'ORIZZONTE DEGLI EVENTI e uscito in sordina, inizialmente solo per gli iscritti ai suoi fanclub, sul finire del 2011. Oggi è l'occasione per testare live uomini e canzoni, forze e sentimenti, per provare a sé stesso e agli altri di esserci ancora, sempre determinante e a pieno regime, come ai bei tempi. Al termine delle affabulanti parole di Massimo Cotto, spetta a Pierluigi Giorgio, regista e attore teatrale molisano, far vivere come in una nemesi che fa il paio con l'introduzione recitata di Per Quando Noi Non Ci Saremo i primi istanti di questa nuova avventura, di questo nuovo percorso, di questa nuova porta spalancata sul destino. Dopo aver lasciato un suono con la band di Novellara per Danilo Sacco è giunto il momento di mostrare un lato inedito della sua musica e della sua anima, Un Altro Me (Ed Altri Guai) appunto, tra schitarrate rock degne della miglior tradizione d'Oltreoceano e influenze folk alle quali l'ex cantante della Comitiva Brambilla ha sempre guardato. "Filibustieri, pirati: benvenuti!!! Dio vi benedica!"
Pugno alzato al cielo e grinta da vendere per questa opener collaudata già in passato che vede affiancarsi alla certezza della Telecaster di Valerio Giambelli, ora in pianta stabile nella band di Sacco dopo essere fuoriuscito dagli Statuto, la gradita novità della fisarmonica di Andrea Mei, storico terzo membro dei Gang e già collaboratore degli stessi Nomadi in sede di composizione nei successi più recenti. Un tappeto di tastiere, proprio appannaggio del polistrumentista marchigiano, annuncia un altro inedito. Il ritmato mid tempo Aprimi è accolto con attenzione dal pubblico accorso in Brianza fin dal tardo pomeriggio; nella vicenda dell'ingranaggio stabile, senza comandi, senza perché c'è chi vede un autoritratto del cantante, intento a esprimere in musica note autobiografiche legate alle ultime vicissitudini nomadi; di certo è una occasione per scaldare i motori, supportato dal basso di Antonio "Rigo" Righetti, la roccia angolare su cui Ligabue costruì la fortuna di un album come BUON COMPLEANNO ELVIS dopo la separazione con i ClanDestino, nel secondo tempo della sua carriera. Cane, presentata come "una canzone per la casta" ha il tiro giusto per fare sfracelli dal vivo, grazie ad un ritornello accattivante di facile impatto e un ottimo lavoro ancora della sezione ritmica che pompa sangue ed energia mentre un tappeto di Hammond amalgama il tutto. A questo punto è inevitabile per Sacco il confronto con il suo passato più recente. Tra fiori tropicali e grida di dolcezza è tempo di Asia: molto più secca ed essenziale rispetto alle divagazioni progressive imbastite da Beppe Carletti e compagni anche per il drumming quadrato, ma in quest'occasione poco dinamico, di Tommi Graziani, la descrittiva visione di Francesco Guccini perde qualcosa nell'arrangiamento, ma guadagna in dinamismo con il basso di Righetti e le percussioni di Jean-Pierre Augusto Rodriguez Ugueto.
Soddisfatta una buona fetta di presenti, che si troverà, qui come anche in altre occasioni nel corso della serata, ad assistere ad una rievocazione ibrida di certi fasti nomadi seppur contestualizzati in un ambiente differente. Difficile chiedere a Sacco di essere totalmente altro se il proprio modo di vivere la musica e la vita è quello che abbiamo visto in vent'anni di carriera ad alti livelli, senza filtri e maschere. Ora si è "semplicemente" tentato di ricostruire, di ripartire da dove si era lasciato, con un bagaglio di esperienza sul campo davvero notevole, non più protetto dall'abbraccio immancabile della famiglia nomade, ma consapevole che il nuovo carico di responsabilità verrà pareggiato dalla possibilità di dare libero sfogo alle proprie inclinazioni. Danilo è così artefice del proprio destino, acrobata senza rete, uomo tra gli uomini. Quindi, innanzitutto, "voglio ringraziare tutti voi (...); perché ci avete dato una grande mano, perché siete qua, perché avete creduto in questo piccolo progetto che non esisteva, in realtà. In qualche mese abbiamo fatto cose davvero straordinarie, quindi grazie dal profondo del cuore. Grazie veramente. Questa è una canzone d'amore si chiama Non Ho Che Te; (...) concedetemelo, per una volta, vorrei dedicare questa canzone alla mia compagna che si chiama Chiara Stella. Grazie dal profondo perché quando qualcuno si è girato dall'altra parte tu c'eri e non mi hai lasciato solo." Così, con una emozionata dedica alla persona amata presente sotto al palco, prende vita la ballad che consegna alla serata i primi veri istanti da brividi per una sentita interpretazione tutta cuore e voce di un brano che pare avere fatto breccia all'istante sui circa 700 paganti della serata. Forse non un risultato clamoroso numericamente parlando, ma pur sempre una cifra di tutto riguardo per una data zero, infrasettimanale, che regalerà di lì a poco altre emozioni.
A salire sul palco è infatti un nome altisonante della tradizione folk rock italiana. Massimo Bubola si presta a duettare su una tripletta che inizialmente si pensa possa essere unplugged, per sole chitarre, voce e fisarmonica e che comprende Il Cielo D'Irlanda, una fiera Fiume Sand Creek, con il finora in ombra Valerio Giambelli finalmente protagonista, e Dove Scendono Le Strade. Strette di mano, abbracci, sguardi e gesti di intesa: un intervento programmato che conserva il sapore della jam session quello con il sempre più pingue cantore veronese di storie sbagliate, amori e guerre. La scaletta si fa corposa. In risposta a quanti si erano domandati negli ultimi mesi cosa avrebbe fatto Danilo Sacco dopo aver lasciato i Nomadi arriva una sorprendentemente autobiografica A Muso Duro, canzone manifesto di Pierangelo Bertoli assai amata dal cantautore piemontese che, concentrato con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro, la fa totalmente sua perché "questa sera è un pretesto per suonare quello che abbiamo nel cuore." A ruota ecco allora Signora Bionda Dei Ciliegi, memorabile tributo all'inimitabile Ivan Graziani, vero rocker italico, sempre un passo avanti anche quando legato alla tradizione, geniale e creativo nella sua unicità. Istrionico. Estroso. Acuto. Genio assoluto. Canzone inedita che tratta il tema della rinascita è invece L'Aurora. Con Giambelli all'acustica il brano contenuto nel cd di prossima uscita parte lento, ma lungo il suo sviluppo vive di un crescendo naturale che consente a Sacco di sfoderare una interpretazione sincera e accorata con una serie di pregevoli acuti.
È in forma Danilo. E lo ribadisce con un inaspetto arrangiamento rockeggiante de La Canzone Del Bambino Nel Vento (Auschwitz). La nuova versione del classico di Guccini si muove su territori cari al Ligabue di inizio millennio, lasciando sospese nel limbo di uno spazio ultraterreno le sempre attuali parole del testo. Inopportune e del tutto fuori luogo le "coreografie" di alcune spettatrici. Forse anche Sacco tende un poco a strafare con le note alte, sempre pulite e mai stonate sia chiaro; ma è solo un peccato veniale, comprensibile come lo è la foga del ragazzo nel voler dimostrare al mondo di essere al 100%: "Erano mesi che non sentivo questa bellissima cosa. Grazie. Erano mesi che mi veniva detto che non me la meritavo più. Erano mesi che pensavo "lasciateci salire su un palco e dimostreremo che forse non è proprio così". Grazie ancora." Una piccola pausa per riprendere fiato e spetta a Righetti avanzare a centro palco, innanzitutto per rivolgere un pensiero alle vittime del terremoto che ha colpito la popolazione dell'Emilia nella notte del 20 maggio; in seconda battuta per proporre Solo, il singolo di presentazione del suo omonimo ep, anch'esso in uscita ad inizio giugno. Rock blues senza fronzoli, che vede nello stiloso Valerio Giambelli il naturale partner strumentale per le scorribande sonore di impronta southern, la parentesi solista di Rigo, per la prima volta misuratosi con liriche in italiano, è viatico per il ritorno sul palco del vero frontman della band. Spalleggiato dal solo Andrea Mei al piano elettrico, per Sacco giunge il momento di dedicare il prossimo pezzo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel ventesimo anniversario della strage di Capaci e a soli cinque giorni dall'attentato, di cui non è stata ancora chiarita la matrice, all'Istituto Professionale Statale per i Servizi Sociali di via Galanti a Brindisi, intitolato a Francesca Laura Morvillo Falcone, nel quale ha trovato la morte la sedicenne Melissa Bassi.
Un'emozione che viene così concentrata in una canzone storica dei Nomadi: Non Dimenticarti Di Me è cantata all'unisono da tutti i presenti. Sacco, inizialmente sorpreso per l'affetto suscitato, riprende il controllo della situazione e, spingendo sulle note alte (rischiando quasi di steccare in un paio di punti per il comprensibile trasporto) sfodera un'interpretazione magistrale come da tempo non gli si sentiva fare. Un pizzico di elettronica introduce la solenne Non Cammineremo Mai, primo singolo tratto da UN ALTRO ME, che vede il ritorno sul palco di tutta la band quasi a testimoniare, anche visivamente, il messaggio delle liriche cantate. Come nella miglior tradizione nomade giunge il momento di aprire un regalo recapitato sul palco; non più materiale didattico o viagra naturali, ma le iniziali "DKS", presente estemporaneo di alcuni ammiratori qualche istante prima che l'intensa e malinconica Mekong faccia la sua prima comparsa live, al pari di Io Mi Ricordo, analisi in rock sui bei tempi andati. Attraverso la scelta di suonare Un Giorno Credi si passa necessariamente dalle parti di Edoardo Bennato mentre, dedicata a tutti coloro che hanno fede, ecco l'esplosiva, e in qualche modo nietzscheana, Dinamite, robusto hard rock con gli Ac/Dc nella testa e nel cuore. Con La Mucura si cambia totalmente registro e sono i festosi ritmi sudamericani a farla da padrona con Jean-Pierre Rodriguez in estatico vortice sonoro. Siamo quasi a fine serata. Tocca a Non Ho Santi In Paradiso, primo inedito scritto per altri da Massimo Bubola dopo una pausa durata quasi venti anni (erano i tempi de Il Cielo D'Irlanda e l'interprete Fiorella Mannoia) a condurci a ridosso della mezzanotte. Forse un po' troppo simile da un punto di vista musicale a L'Eredità, quella che sarà l'undicesima traccia presente nel nuovo cd è motivo per Danilo Sacco di ringraziamento verso i suoi nuovi musicisti, per il percorso intrapreso insieme dopo essere stati loro ad avere scelto la sua voce. Non il contrario.
L'improvvisa apparizione in carne ed ossa della mascotte Mr.Free consente un altro momento di distrazione così come invece la seguente discesa dal palco di tutti quanti sembra uno dei più classici stop and go prima dei bis; tuttavia le disposizioni legate ai permessi diventano rigide dopo aver già concesso di sforare in precedenza per circa trenta minuti sulla tabella di marcia. I tre bis annunciati (una attesa Ala Bianca, l'immancabile Peter Gabriel di Biko e la classicissima Dio È Morto) restano così solamente parole vergate in nero sul bianco delle scalette presenti on stage, tanto quanto la cover di Tom Petty You Wreck Me e l'unico pezzo inedito a non aver ricevuto al momento l'investitura live, Io Non Lo So. Pazienza, ci saranno altre occasioni nell'immediato futuro. Nei minuti successivi è comunque assalto al gazebo allestito di fianco al palco per un incessante via vai di congratulazioni, a Sacco e alla band tutta, un po' dispiaciuti certo per il taglio finale, ma soddisfatti della performance nonostante qualche meccanismo comprensibilmente ancora da oliare. Quale il futuro artistico del Kakuen alla luce della serata odierna, dunque? Siamo alla data zero; saranno la bontà delle sue musiche e dei suoi testi a fondarne il percorso, a decretarne il successo o l'insuccesso. Un primo album è ormai alle porte. Per intanto, l'abbiamo visto e constatato, una cosa è certa: parafrasando una vecchia canzone di qualche anno fa oggi Dani è più felice.
Pugno alzato al cielo e grinta da vendere per questa opener collaudata già in passato che vede affiancarsi alla certezza della Telecaster di Valerio Giambelli, ora in pianta stabile nella band di Sacco dopo essere fuoriuscito dagli Statuto, la gradita novità della fisarmonica di Andrea Mei, storico terzo membro dei Gang e già collaboratore degli stessi Nomadi in sede di composizione nei successi più recenti. Un tappeto di tastiere, proprio appannaggio del polistrumentista marchigiano, annuncia un altro inedito. Il ritmato mid tempo Aprimi è accolto con attenzione dal pubblico accorso in Brianza fin dal tardo pomeriggio; nella vicenda dell'ingranaggio stabile, senza comandi, senza perché c'è chi vede un autoritratto del cantante, intento a esprimere in musica note autobiografiche legate alle ultime vicissitudini nomadi; di certo è una occasione per scaldare i motori, supportato dal basso di Antonio "Rigo" Righetti, la roccia angolare su cui Ligabue costruì la fortuna di un album come BUON COMPLEANNO ELVIS dopo la separazione con i ClanDestino, nel secondo tempo della sua carriera. Cane, presentata come "una canzone per la casta" ha il tiro giusto per fare sfracelli dal vivo, grazie ad un ritornello accattivante di facile impatto e un ottimo lavoro ancora della sezione ritmica che pompa sangue ed energia mentre un tappeto di Hammond amalgama il tutto. A questo punto è inevitabile per Sacco il confronto con il suo passato più recente. Tra fiori tropicali e grida di dolcezza è tempo di Asia: molto più secca ed essenziale rispetto alle divagazioni progressive imbastite da Beppe Carletti e compagni anche per il drumming quadrato, ma in quest'occasione poco dinamico, di Tommi Graziani, la descrittiva visione di Francesco Guccini perde qualcosa nell'arrangiamento, ma guadagna in dinamismo con il basso di Righetti e le percussioni di Jean-Pierre Augusto Rodriguez Ugueto.
Soddisfatta una buona fetta di presenti, che si troverà, qui come anche in altre occasioni nel corso della serata, ad assistere ad una rievocazione ibrida di certi fasti nomadi seppur contestualizzati in un ambiente differente. Difficile chiedere a Sacco di essere totalmente altro se il proprio modo di vivere la musica e la vita è quello che abbiamo visto in vent'anni di carriera ad alti livelli, senza filtri e maschere. Ora si è "semplicemente" tentato di ricostruire, di ripartire da dove si era lasciato, con un bagaglio di esperienza sul campo davvero notevole, non più protetto dall'abbraccio immancabile della famiglia nomade, ma consapevole che il nuovo carico di responsabilità verrà pareggiato dalla possibilità di dare libero sfogo alle proprie inclinazioni. Danilo è così artefice del proprio destino, acrobata senza rete, uomo tra gli uomini. Quindi, innanzitutto, "voglio ringraziare tutti voi (...); perché ci avete dato una grande mano, perché siete qua, perché avete creduto in questo piccolo progetto che non esisteva, in realtà. In qualche mese abbiamo fatto cose davvero straordinarie, quindi grazie dal profondo del cuore. Grazie veramente. Questa è una canzone d'amore si chiama Non Ho Che Te; (...) concedetemelo, per una volta, vorrei dedicare questa canzone alla mia compagna che si chiama Chiara Stella. Grazie dal profondo perché quando qualcuno si è girato dall'altra parte tu c'eri e non mi hai lasciato solo." Così, con una emozionata dedica alla persona amata presente sotto al palco, prende vita la ballad che consegna alla serata i primi veri istanti da brividi per una sentita interpretazione tutta cuore e voce di un brano che pare avere fatto breccia all'istante sui circa 700 paganti della serata. Forse non un risultato clamoroso numericamente parlando, ma pur sempre una cifra di tutto riguardo per una data zero, infrasettimanale, che regalerà di lì a poco altre emozioni.
A salire sul palco è infatti un nome altisonante della tradizione folk rock italiana. Massimo Bubola si presta a duettare su una tripletta che inizialmente si pensa possa essere unplugged, per sole chitarre, voce e fisarmonica e che comprende Il Cielo D'Irlanda, una fiera Fiume Sand Creek, con il finora in ombra Valerio Giambelli finalmente protagonista, e Dove Scendono Le Strade. Strette di mano, abbracci, sguardi e gesti di intesa: un intervento programmato che conserva il sapore della jam session quello con il sempre più pingue cantore veronese di storie sbagliate, amori e guerre. La scaletta si fa corposa. In risposta a quanti si erano domandati negli ultimi mesi cosa avrebbe fatto Danilo Sacco dopo aver lasciato i Nomadi arriva una sorprendentemente autobiografica A Muso Duro, canzone manifesto di Pierangelo Bertoli assai amata dal cantautore piemontese che, concentrato con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro, la fa totalmente sua perché "questa sera è un pretesto per suonare quello che abbiamo nel cuore." A ruota ecco allora Signora Bionda Dei Ciliegi, memorabile tributo all'inimitabile Ivan Graziani, vero rocker italico, sempre un passo avanti anche quando legato alla tradizione, geniale e creativo nella sua unicità. Istrionico. Estroso. Acuto. Genio assoluto. Canzone inedita che tratta il tema della rinascita è invece L'Aurora. Con Giambelli all'acustica il brano contenuto nel cd di prossima uscita parte lento, ma lungo il suo sviluppo vive di un crescendo naturale che consente a Sacco di sfoderare una interpretazione sincera e accorata con una serie di pregevoli acuti.
È in forma Danilo. E lo ribadisce con un inaspetto arrangiamento rockeggiante de La Canzone Del Bambino Nel Vento (Auschwitz). La nuova versione del classico di Guccini si muove su territori cari al Ligabue di inizio millennio, lasciando sospese nel limbo di uno spazio ultraterreno le sempre attuali parole del testo. Inopportune e del tutto fuori luogo le "coreografie" di alcune spettatrici. Forse anche Sacco tende un poco a strafare con le note alte, sempre pulite e mai stonate sia chiaro; ma è solo un peccato veniale, comprensibile come lo è la foga del ragazzo nel voler dimostrare al mondo di essere al 100%: "Erano mesi che non sentivo questa bellissima cosa. Grazie. Erano mesi che mi veniva detto che non me la meritavo più. Erano mesi che pensavo "lasciateci salire su un palco e dimostreremo che forse non è proprio così". Grazie ancora." Una piccola pausa per riprendere fiato e spetta a Righetti avanzare a centro palco, innanzitutto per rivolgere un pensiero alle vittime del terremoto che ha colpito la popolazione dell'Emilia nella notte del 20 maggio; in seconda battuta per proporre Solo, il singolo di presentazione del suo omonimo ep, anch'esso in uscita ad inizio giugno. Rock blues senza fronzoli, che vede nello stiloso Valerio Giambelli il naturale partner strumentale per le scorribande sonore di impronta southern, la parentesi solista di Rigo, per la prima volta misuratosi con liriche in italiano, è viatico per il ritorno sul palco del vero frontman della band. Spalleggiato dal solo Andrea Mei al piano elettrico, per Sacco giunge il momento di dedicare il prossimo pezzo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel ventesimo anniversario della strage di Capaci e a soli cinque giorni dall'attentato, di cui non è stata ancora chiarita la matrice, all'Istituto Professionale Statale per i Servizi Sociali di via Galanti a Brindisi, intitolato a Francesca Laura Morvillo Falcone, nel quale ha trovato la morte la sedicenne Melissa Bassi.
Un'emozione che viene così concentrata in una canzone storica dei Nomadi: Non Dimenticarti Di Me è cantata all'unisono da tutti i presenti. Sacco, inizialmente sorpreso per l'affetto suscitato, riprende il controllo della situazione e, spingendo sulle note alte (rischiando quasi di steccare in un paio di punti per il comprensibile trasporto) sfodera un'interpretazione magistrale come da tempo non gli si sentiva fare. Un pizzico di elettronica introduce la solenne Non Cammineremo Mai, primo singolo tratto da UN ALTRO ME, che vede il ritorno sul palco di tutta la band quasi a testimoniare, anche visivamente, il messaggio delle liriche cantate. Come nella miglior tradizione nomade giunge il momento di aprire un regalo recapitato sul palco; non più materiale didattico o viagra naturali, ma le iniziali "DKS", presente estemporaneo di alcuni ammiratori qualche istante prima che l'intensa e malinconica Mekong faccia la sua prima comparsa live, al pari di Io Mi Ricordo, analisi in rock sui bei tempi andati. Attraverso la scelta di suonare Un Giorno Credi si passa necessariamente dalle parti di Edoardo Bennato mentre, dedicata a tutti coloro che hanno fede, ecco l'esplosiva, e in qualche modo nietzscheana, Dinamite, robusto hard rock con gli Ac/Dc nella testa e nel cuore. Con La Mucura si cambia totalmente registro e sono i festosi ritmi sudamericani a farla da padrona con Jean-Pierre Rodriguez in estatico vortice sonoro. Siamo quasi a fine serata. Tocca a Non Ho Santi In Paradiso, primo inedito scritto per altri da Massimo Bubola dopo una pausa durata quasi venti anni (erano i tempi de Il Cielo D'Irlanda e l'interprete Fiorella Mannoia) a condurci a ridosso della mezzanotte. Forse un po' troppo simile da un punto di vista musicale a L'Eredità, quella che sarà l'undicesima traccia presente nel nuovo cd è motivo per Danilo Sacco di ringraziamento verso i suoi nuovi musicisti, per il percorso intrapreso insieme dopo essere stati loro ad avere scelto la sua voce. Non il contrario.
L'improvvisa apparizione in carne ed ossa della mascotte Mr.Free consente un altro momento di distrazione così come invece la seguente discesa dal palco di tutti quanti sembra uno dei più classici stop and go prima dei bis; tuttavia le disposizioni legate ai permessi diventano rigide dopo aver già concesso di sforare in precedenza per circa trenta minuti sulla tabella di marcia. I tre bis annunciati (una attesa Ala Bianca, l'immancabile Peter Gabriel di Biko e la classicissima Dio È Morto) restano così solamente parole vergate in nero sul bianco delle scalette presenti on stage, tanto quanto la cover di Tom Petty You Wreck Me e l'unico pezzo inedito a non aver ricevuto al momento l'investitura live, Io Non Lo So. Pazienza, ci saranno altre occasioni nell'immediato futuro. Nei minuti successivi è comunque assalto al gazebo allestito di fianco al palco per un incessante via vai di congratulazioni, a Sacco e alla band tutta, un po' dispiaciuti certo per il taglio finale, ma soddisfatti della performance nonostante qualche meccanismo comprensibilmente ancora da oliare. Quale il futuro artistico del Kakuen alla luce della serata odierna, dunque? Siamo alla data zero; saranno la bontà delle sue musiche e dei suoi testi a fondarne il percorso, a decretarne il successo o l'insuccesso. Un primo album è ormai alle porte. Per intanto, l'abbiamo visto e constatato, una cosa è certa: parafrasando una vecchia canzone di qualche anno fa oggi Dani è più felice.
Andrea Barbaglia '12
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