Alessandro Bono
- / - 2011
Nel settembre del 1994 sarebbe dovuto uscire il nuovo disco di Alessandro Bono. A febbraio dello stesso anno quel ragazzo biondo, un po' guascone un po' no, che il grande pubblico aveva avuto modo di conoscere e apprezzare solo due anni prima in duetto con Andrea Mingardi al Festival di Sanremo, era salito per la terza volta nella sua breve e promettente carriera sul palco della kermesse ligure (la prima fu nel lontano 1987), questa volta in una forma fisica ahimé irrimediabilmente precaria, ma finalmente tra i cosiddetti Campioni, con una canzone interessante eppure non fortunata con le giurie come Oppure No. Tre mesi dopo il rutilante bailamme dell'Ariston, Alessandro se ne era andato, all'alba di un mattino di un giorno di primavera, sopraffatto da un tumore ai polmoni aggravatosi a causa delle complicanze dell'AIDS. Con sé portava un carattere buono anche se a volte difficile, privo di egoismi e facile all'amicizia disinteressata. Un ragazzo grintoso e semplice; pieno di voglia di vivere certo, pur tuttavia fragile e vittima di umane debolezze che l'hanno sottratto a neanche trent'anni all'affetto della piccola Vittoria. È il 2011 quando nella rete appaiono un poco a sorpresa ben sette suoi inediti, alcuni sicuramente destinati al disco in lavorazione in quei primi mesi di diciassette anni prima, altri già eseguiti in precedenza, ma mai pubblicati. La raccolta di demo scaricabile gratuitamente dal sito internet del cantautore viene ribattezzata NERVI e regala un Alessandro Bono in ottima forma. Dato il carattere carbonaro delle registrazioni, non ci si soffermerà troppo a disquisire sull'ovvia perfettibilità dell'opera, ma piacerà far di necessità virtù, approfittando di queste versioni stripped down per ascoltare da vicino il mondo interiore che l'autore ha saputo e voluto esprimere, con tutte le sfumature del caso. Quel che colpisce è infatti la voce di Alessandro, così cruda e spogliata dagli arrangiamenti definitivi, fino a quel momento curati da Mario Lavezzi, scaraventata al centro dell'attenzione, protagonista assoluta mentre canta di dolori e occasioni sprecate, di errori e speranze, con quel sorriso solare di chi affronta la vita non per sfida, ma con curiosità, come una scoperta continua, e che alla fine si ritrova però vittima di un meccanismo più grande di lui. Si parte con l'elegante pop rock di Lacrime Salate, episodio di per sé già compiuto e ben definito, malinconico, ma al tempo stesso capace di quel riscatto provvidenziale, autentico colpo di coda capace di rimetterci in carreggiata. Accompagnata esclusivamente da un piano come nella miglior tradizione cantautorale romana anni '70, Baby è dichiarazione di intenti: spregiudicata e spensierata, a voler rispecchiare la natura irrequieta di Bono. Irrequieta come la scattante Nervi, sincero ritratto di un non vincente. Con Traffico la discesa nei gironi infernali conduce nuovamente dritti al dramma della droga, tra illusioni e menzogne. Da brividi la crescente tensione emotiva di Stretto Fra Morse, urlo mostruoso e disperato che sale alto in cielo, alla ricerca di una soluzione definitiva per una indicibile quanto insopportabile forma di sofferenza. Patisce la veste di provino la sola Doppio Gioco, ma con la conclusiva e nera Bambina il livello qualitativo cresce per un'ultima volta. Il crudo vissuto impressionista di vita tossica e morte testimonia, se mai ce ne fosse ancora bisogno, le grandi doti di comunicatore di Alessandro, pittore della parola concentrato a ritrarre il battito vitale del cuore, in ultima analisi mai soppraffatto dalle miserie umane. Del resto "ogni giorno che va via è un quadro che appendo. Mi piace vivere." Grande Alessandro. In anticipo su tutti e su tutto. Anche sulla morte.
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