ARCANE OF SOULS:
BALLATE DALLA NUVOLA #9
Davanti al bivio Alfonso Surace ha saputo giocarsi al meglio le carte ricevute dal destino. Musicista perseverante e tenace, padre di famiglia premuroso e affezionato, anteponendo quelle scelte di cuore capaci di indirizzare il percorso della vita è stato in grado di trovare la strada che a un certo punto pareva smarrita. Giocando con l'arcano e la numerologia, incurante di Maya, profezie e catastrofismi mediatici, il leader de il tORQUEMADA sceglie una data simbolica per il suo esordio solista. È mercoledì e il calendario recita "12 dicembre 2012"; Arcane of Souls pubblica VIVO E VEGETO. Fotografia sincera dello stato attuale delle (sue) cose.
Dopo gli esordi con il tORQUEMADA e la lunga collaborazione live
con gli amici Sakee Sed lo scorso anno, questo 2012 vede la nascita di un nuovo
progetto tutto tuo.
Alfonso: Fondamentalmente il progetto Arcane of
Souls è sempre stato dentro di me, anche perché altro non è che
l'anagramma del mio nome, Alfonso Surace. Ho sempre scritto
canzoni, sin da quando avevo 16 anni, ma ero abituato ad arrangiare i pezzi con
altri amici e, non avendo ad esempio conoscenze pratiche di batteria o
pianoforte, concentravo la mia scrittura sui riff di chitarra. Con gli anni ho
imparato a strimpellare diversi strumenti e, quando a 33 anni mi sono ritrovato
nella mia tavernetta circondato da tutto ciò che mi serviva, ho pensato che
potevo semplicementeprovare a fare tutto da solo. E così è stato. Credo
fermamente nella filosofia do it yourself. Mi registro, mi stampo i
dischi, mi trovo le date, faccio lo scenografo, il regista... se serve taglio
anche i capelli (ride)!Qual è stata l'esigenza creativa nella realizzazione del progetto Arcane of Souls?
Alfonso: Dal punto di vista creativo è stata soprattutto
un'esigenza emotiva a traghettarmi verso la composizione dei testi del mio primo album solista VIVO E VEGETO. Era giugno 2011, stavo per
concludere un tour de force di circa cento date in un anno in giro tra
Sakee Sed e il tORQUEMADA. Purtroppo però
campare di musica è difficile, il rimborso bastava solo per coprire i viaggi, e
stare fuori casa quando si ha una famiglia con due figli come me senza avere un
riscontro economico che possa per lo meno "giustificare" il tuo amore per la
musica non è fattibile. La tensione tra le mura domestiche venne fuori e non fu
bello. Dovetti scegliere e allora scelsi di stare con la mia famiglia. Le
canzoni che sono nate da lì in poi non sono altro che la fotografia della mia
vita in questi ultimi due anni. Provavo tante emozioni contrastanti, ero felice
di aver ritrovato la serenità in casa, ma spesso stavo male, soffrivo del fatto
che non potevo fare il musicista e il papà allo stesso tempo. Decisi così di
auto-curarmi riversando tutte le mie emozioni e l’empatia dei miei cari in ciò
che mi aveva fatto quasi "perdere" la mia famiglia: la musica. Beh, potrei dire
che l'Arcano è nato in quel momento.
Nel riascoltare tutto d'un fiato VIVO E VEGETO credi che gli obiettivi iniziali che ti eri posto, quasi terapeutici dunque, siano stati raggiunti? Quali le difficoltà maggiori?
Alfonso: Sicuramente gli obiettivi sono stati raggiunti,
altrimenti non avrei deciso di rendere "pubblico" il disco. Volevo far sapere a
tutti che, nonostante tutto, ero vivo e vegeto, e che la musica è
stata, è e sarà sempre la mia vita. Continuo tutt'ora a riascoltare il disco e a
ripetermi che mai come in questa fase della mia vita mi sia trovato a scrivere
un "vero" disco, con emozioni e sincerità. A livello compositivo non ho avuto
difficoltà; è arrivato tutto in modo così naturale che ancora non me ne
capacito. L'unico ostacolo è stato quello della tecnica di registrazione. Ho
volutamente risolto ignorandolo e puntando appunto alle emozioni dirette.
Probabilmente registrando in uno studio professionale avrei ottenuto un
risultato sonoro migliore, ma il disco ne avrebbe perso in immediatezza. Insomma
meno tecnica, ma più pathos.
Quanto ha inciso sulla stesura dell'album l'isolamento più o meno volontario tra i monti, nella tavernetta di casa? E quanto ha influito l'esperienza maturata sui palchi di mezza Italia con il tour in compagnia di Marco, Gianluca e Anna?
Alfonso: L'isolamento dal resto è stato sicuramente
determinante per la stesura del disco. La maggior parte delle canzoni sono nate
nella mia taverna. Quando mi sono ritrovato da solo, dopo quasi due anni di
tour, tra le mie mura, con i miei cari e i miei strumenti non ho pensato più ad
altro. Ho cominciato ad esprimere le mie emozioni in musica più di ogni altra
volta. Molti pezzi sono nati di getto, esaltando una delle tante sensazioni che
provavo in quel periodo: amore, pace ritrovata, nostalgia, disillusione,
delusioni e incertezze. Alcuni pezzi invece sono figli dei tour trascorsi con il
tORQUEMADA e Sakee Sed. Per esempio un pezzo come
Pontiac, che non a caso è il primo del disco, è stato
da me composto e registrato tra una pausa e l'altra di quei tour. Infatti il
pezzo fa riferimento a un goliardico aneddoto su una trasferta genovese insieme
al tORQUE. Personalmente considero
Pontiac un po' l'emblema di tutto quel periodo, diviso
tra live e vita quotidiana. Oppure Io E Lei, il brano
di chiusura, nato in pullmino coi Sakee Sed, durante un viaggio
in direzione dell'ennesima tappa del Bacco tour. Per me una sorta di omaggio a
quell'esperienza bella, ma che doveva finire.
Da dove nasce l'immagine di copertina?
Alfonso: Allora, innanzitutto ringrazio Monelle Chiti,
l'autrice delle foto della copertina, che mi ha aiutato ad ottenere esattamente
quello che avevo in mente. Per spiegare la nascita dell'immagine devo però
scindere la risposta. L’idea artistica viene da una mia passione per George Harrison. In
particolare adorando il suo doppio ALL THINGS MUST PASS, ho
preso spunto dalla sua copertina. La scelta del cimitero invece è stata metaforicamente e sarcasticamente
autobiografica. È stata una esperienza fantastica registrare tutto da solo
(tranne violini, sax, tabla e cori), ma molto impegnativa, quindi volevo
ironizzare sulla morte degli strumentisti che avevano dato la propria vita per
registrare il disco. In effetti io stesso ci ho messo la mia vita lì dentro e alla fine ne sono
uscito vivo e vegeto.
Harrison di un certo tipo di sperimentazione analogica, con e senza i Fab 4, fu convinto antesignano; che rapporto hai tu con la tecnologia contemporanea?
Alfonso: Chiariamo subito: VIVO E VEGETO è
stato registrato in digitale. Quella di affidarsi alla tecnologia informatica
non è stata sicuramente una scelta stilistica, ma, non avendo la possibilità di
avere uno Studer a bobina come quello che usavano i Beatles, mi sono dovuto
accontentare di una normalissima scheda audio e un pc. Il vintage mi affascina
tantissimo. Ho diversi strumenti d'annata. Probabilmente, quando avrò qualcosa
da investire saprò cosa scegliere. Sentire e vedere il nastro che gira farebbe
innamorare chiunque.
La volontà di poter avere il controllo totale su tutto, dai suoni
agli arrangiamenti, passando appunto alla grafica fino alla scelta finale dei
brani da inserire nel master è stata un'altra pulsione positiva ai fini di
questa avventura?
Alfonso: Assolutissimamente sì. Ho volutamente curato in
solitaria tutta la produzione. Il disco era troppo intimo per affidare compiti
ad altre persone. Del resto la filosofia less is more, è una delle mie
preferite. Inoltre, sono convinto che se avessi dovuto produrre il disco insieme
ad altre persone ci avrei impiegato un'eternità, considerato che il tempo libero
degli amici con cui suono è veramente rarefatto. Ognuno ha la sua vita. A livello emotivo è stato come comporre un puzzle di sensi e sensazioni. Ho
semplicemente provato a rappresentare me stesso attraverso diverse arti
musicali, grafiche e cinematografiche. Mi solleticava l'idea di proiettare il
mio progetto verso più direzioni possibili, non solo sonore.
Il momento del live è una fase imprescindibile per qualunque musicista: come pensi di affrontarlo per ricreare le atmosfere psichedeliche del cd? Sempre in solitaria?
Alfonso: Nì. Nel senso che fondamentalmente ci tengo a
riproporre il sound del disco, dove gli arrangiamenti prevedono diversi
strumenti, di conseguenza ho bisogno di altre persone. Per fortuna ho dei cari
amici che mi stanno dando una mano a realizzare un degno live elettrico, il più
fedele possibile al disco. Colgo l'occasione per salutarli: Francesca Arancio
(violino e pianoforte), Mauro Mazzola (chitarra elettrica e lap steel), Luciano
Finazzi (batteria), Matteo Ronzani (basso). In compenso sto pensando di proporre
anche degli show acustici dove si potranno ascoltare le canzoni in una versione
più "da focolare", nude da ogni fronzolo.
A chi consiglieresti l'ascolto e l'acquisto del tuo esordio?
Alfonso: Dal punto di vista lirico VIVO E VEGETO
è sicuramente autobiografico. In quel momento volevo parlare di me e
delle ragioni intrinseche del disco stesso, ma anche di quanto fosse bello
divertirsi tornando un po’ bambini. Infatti, dal punto di vista musicale, ho
sicuramente composto le canzoni con una matrice bene precisa: che fossero
accessibile a tutti. Avevo un'urgenza comunicativa a più livelli. I pezzi sono
espressione delle diverse età che convivono in me. Ho cercato di raccontarle in
modi diversi, ma con un filo conduttore, il gioco. Un esempio è rappresentato da
Un Treno Blu, composta insieme a mia figlia Alice.
Aveva l’influenza e per distrarci abbiamo cominciato a canticchiare al
pianoforte i primi versi. È stato bellissimo! Oppure come quando il mio alunno
indiano Aninder Baryah è venuto a casa mia per registrare le tabla in
Pontiac e Io E Tu; è stato
fantastico! Penso che la musica, prima d'ogni cosa, debba emozionare. Nel registrare il
disco io mi sono emozionato, con i miei cari, con gli amici, con la vita, e
spero che le mie canzoni possano fare lo stesso con altre persone, di ogni età,
sesso o religione.
Andrea Barbaglia '12
Un ringraziamento particolare va all'amica Monelle Chiti per il servizio fotografico.
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