LOVES YOU MORE - A TRIBUTE TO ELLIOTT SMITH
AA.VV.
- Niegazowana - 2013
Non è ancora chiaro cosa accadde il 21 ottobre di dieci anni fa nel quartiere di Echo Park a Los Angeles. Ma soprattutto non sarà mai completamente acclarato il perché tutto ciò avvenne nella sua tragica e ineluttabile realtà. L'unica cosa certa è che all'improvviso il mondo venne privato di uno dei suoi tanti figli capaci con poche pennellate sonore di farci intravedere ampi squarci di una felicità così apparentemente lontana anche dalle sue consuetudini che lascia sgomenti. Elliott Smith was dead. Chi avrebbe mai pensato che quel biondino ossigenato dall'infanzia tormentata, così tanto somigliante al primo Thom York ai tempi degli Heatmiser avrebbe poi saputo condurci per mano per circa un decennio con le sue ballate acustiche e i maturi afflati folk, respiri di più profonde sofferenze interiori? Socievole, ma riservato, da sempre amante dei misteri della psiche e delle miserie umane, Smith avrebbe conosciuto la luccicante notorietà e l'oscuro contraltare imposto dal successo prima di cadere nella spirale di psicofarmaci e alcool che gli avrebbe indicato una violenta via di fuga, drastica e senza ritorno. Non è la prima volta che il canzoniere dell'artista americano viene rivisitato da altri musicisti; gli ultimi esempi in ordine di tempo furono l'omaggio della sua città adottiva Portland che si concretizzò con il discreto TO: ELLIOTT / FROM PORTLAND e, un anno dopo, COMING UP ROSES: SACRAMENTO REMEMBERS ELLIOTT SMITH, direttamente dalla West Coast. Oggi, su spinta di Davide Lasala dei Vanillina, presenti con la celeberrima Miss Misery che rivelò Elliott alle masse, è il turno, un po' a sorpresa, dell'Italia che con LOVES YOU MORE mostra diversi aspetti della sfaccettata personalità di Smith attraverso un altrettanto variegato dispiegamento di musicisti. Accanto a episodi che sostanzialmente cristallizzano le emozioni prodotte dalle versioni originali (i Dilaila alle prese con la postuma Little One, Somebody That I Used To Know proposta da Nicolas Falcon, Roberto Dell'Era e il Waltz #2) si materializzano rivisitazioni personalissime in grado di dare nuova linfa vitale al tutto. E se The White Lady Loves You More nelle mani di Marco Fasolo e dei suoi Jennifer Gentle è esperienza dell'altro mondo mentre Needle In The Hay non perde un grammo della sua urgenza emotiva con Black Black Baobab e Roberta Sammarelli, sono lo scandalo emotivo de IlVocifero (Waltz #1), la danza macabra per piano, violoncello e voce di Eva Poles (Figure 8) e la sospensione minacciosa evocata dai Dennis Di Tuono (Placeholder) a raccogliere i frutti più buoni. Ad alzare i volumi intervengono poi Edda con l'afterhoursiana Angeles, nella sua intelligente riscrittura testuale italiana (unico caso in tutto il cd), e la brillante Say Yes dei Labradors, perfetta macchiana da guerra alternative scheggiata di punk come neanche i migliori Foo Fighters. Spettrale la viscerale Between The Bars con Mr Henry, al secolo Enrico Mangione, intento a scarnificare fino all'osso il blues percussivo del brano originariamente contenuto nell'imprescindibile EITHER/OR. Dopo aver lasciato Emil in collaborazione con I Cani Giganti virare elettronicamente Bottle Up On The Explode! annotiamo una grande prova pure in casa Kalweit: Georgeanne con i suoi Spokes rilascia un commiato 2.0 attraverso il pop sensuale di A Fond Farewell che promette lontani richiami d'oceano. Ultimi, ma non ultimi i C+C=Maxigross approntano una corale Son Of Sam in pieno clima Seventies con tanto di intro arpeggiato prog folk. Non sbagliano gli amici di Niegazowana quando affermano che qui "ci sono affetti, condivisione, sudore e la volontà di catturare ogni singolo attimo e renderlo unico, registrando prevalentemente in presa diretta su nastro magnetico, lasciando il computer spento in un angolo della stanza"; questo fu del resto lo stesso approccio usato in tutti i suoi dischi da Elliott Smith. Anima fragile, genio ribelle. Si fece artista e venne ad abitare in mezzo a noi.
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