PROXIMI LUCES
Peregrines
- Home of the Peregrines - 2014
Se in un pomeriggio di caldo afoso, con la fronte imperlata di sudore alzassi anche solo per un attimo lo sguardo dalla terra che stai coltivando potresti scorgere all'orizzonte cinque giovani intenti a fissare i campi su cui hai costruito non solo la tua fattoria, ma tutta la tua fortuna. La tua vita. I Peregrines osservano. Scrutano. Ascoltano. Spaziano con lo sguardo attraverso l'intera landa che si perde a vista d'occhio fino all'orizzonte di fronte a sé. Dall'altra parte della strada grandi risaie e filari di pioppi. È la contemplazione del creato e del lavoro dell'uomo la linfa vitale alla base del songwriting d'esportazione della band comasca capitanata da Sean, il walking peregrine con licenza di sognare, la quale, fresca di debut album, cerca di ritagliarsi uno spazio a suon di ispirate melodie e convincenti narrazioni legate ad un mondo contemporaneo eppure, al tempo stesso, fuori dal tempo. Un disco di avventura, misterioso e affascinante, a tratti salgariano a tratti operosamente campestre, che riflette le personalità dei cinque giovani musicisti, capaci di accompagnarci lungo tutta la nostra giornata lavorativa, affiancandoci come piacevole siesta ricreativa nelle brevi pause e occupando piacevolmente i nostri pensieri nei più frequenti momenti di pieno sforzo fisico quando aratri e badili hanno la meglio. Un album completo, fatto da talentuose promesse italiane la cui unica pecca loro imputabile risiede forse nell'aver indugiato per la quasi totalità dei brani su un minutaggio ampiamente sopra la media, d'altro canto tratto peculiare e necessario per la narrazione, quasi fossimo al cospetto di un folk progressive - perfette in questo senso le atmosfere à-la Genesis della title track - ponderato per scelta stilistica e non alla stregua di semplice peccato (veniale) di gioventù. Un lavoro importante, la cui credibilità è fuori discussione; fragrante e naturale come il profumo emanato dai campi di grano che ci circondano e dai quali ci congediamo quando il crepuscolo trasfigura con i suoi raggi tutta la regione. Così, sul far della sera, ecco il cielo prendere accenti color turchese mentre l'aria rinfresca e le atmosfere si fanno cristalline. Gli uomini si sono già avviati verso casa da un pezzo, camminando di buona lena tra i campi, attrezzi alla mano e qualche scodinzolante amico a quattro zampe accanto. Quando la vista delle proprie abitazioni è prossima si fa sempre più alto e definito il suono di un'orchestrina accampatasi nell'aia per allietare le ultime ore della giornata (Sun Will Rise). Delicata, composta, ma decisa come deve esserlo una nave fra le onde dell'oceano (The Boats And The Waves) continua a intonare musiche e solleticare curiosità di bimbi e anziani. Il rito procede lungo tutta la notte, momento di festa e di danze: a suon di banjo e violino per le scaramucce dell'amore (Little Dancer); maggiormente evocativo quando riporta alla mente fantasmi (Owls And Spirits) e ricordi ancestrali (The Wood/Superstition). È folk elaborato, complesso e vespertino, che s'intreccia come un rampicante alle storie di una volta, innaffiando le radici della memoria. Ora siamo noi ad osservare da sotto il portico della grande casa i Peregrines. Mentre si fa notte (Mary Celeste) e la veglia per il solstizio d'estate volge al termine.
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