ALIBI
GBU
- autoproduzione - 2014
A raccontare le vicissitudini degli GBU non basterebbe probabilmente un libro. Nati nell'inverno del 2010 per volontà del cantante-chitarrista Luca Iaconissi, negli anni a venire sarebbero ben presto andati incontro a costanti cambi di organico che tuttavia non ne avrebbero modificato eccessivamente la ragione sociale, ma semplicemente rallentato la produzione discografica. Frutto di quattro anni di lavoro ALIBI è il disco d'esordio per il trio friulano che dopo un primo omonimo ep conoscitivo, dal quale vengono qui riproposti in versione uploadata tre pezzi, riescono finalmente nell'intento di dare alle stampe un biglietto da visita più corposo ed articolato. Come tutte le prime volte che si rispettino anche questo lavoro è il raccolto in musica di quanto seminato in sala prove e on stage dalla giovane formazione tolmezzina in quasi un lustro di esistenza. E se la sua passione per i grandi classici del rock inglese anni '70 va a braccetto con l'ondata grunge di inizio anni '90 sarà opportuno prepararsi a una scarica di decibel smorzata da una certa psichedelia sghemba e anfetaminica mutuata da Jennifer Gentle e Syd Barrett. Se è vero poi che gli album capaci di mischiare troppi umori sono spesso pericolosi per chi li fa prima ancora che per chi li ascolta, i GBU cercano di andare sul sicuro proponendo, tra citazioni più o meno scoperte, un suono robusto (la carica di Charlie è la risposta italiana a Go dei Perl Jam) che sappia unire sudore e mestiere, ma anche visceralità punk e un'ortodossia rock di spessore, nell'intento di scrivere una musica "che possa
piacere tanto ad un pubblico non musicofilo quanto ad un ascoltatore più attento e
musicalmente più colto, cercando di non chiudersi in uno schema e non fermarsi ad un genere". Così il Good, il Bad e l'Ugly si sono espressi nelle note di presentazione alla stampa allegate al cd. Per cui se alla foga sincopata di Blue fa da contraltare l'interludio strumentale concentrato nel minuto e mezzo di Feeble Flame, sospeso e oniricamente prog, non si resti spiazzati; è semplicemente la volontà dei tre ragazzi di dar vita ad un puzzle sonoro di gran prospettiva, supportato da tante idee e più adeguati mezzi rispetto al passato. Il bagaglio mostrato nell'abbondante mezz'ora che dà vita a questo ALIBI comprende poi tutto un repertorio di formule e suoni capaci di andare dal funky-garage della già nota Problems, con il suo ritornello che rimanda all'inquietante Alice Cooper di Black Juju, fino ai Red Hot Chili Peppers di BY THE WAY, ma con Frusciante al posto di Kiedis dietro al microfono, omaggiati in Cigarettes, passando per l'inatteso snippet metallico di una rallentata Can't Take My Eyes Off You contenuto nell'agitato caos stilistico di Circus. Arrivati a Last Will il pensiero corre rapido al camaleontico trasformismo che solo i Faith No More hanno saputo sviluppare in maniera credibile costruendo una gloriosa carriera a suon di dischi imprescindibili. Ora, non che i GBU siano i più diretti emuli di Patton e soci, ma senza dubbio la facilità con cui hanno saputo esprimersi li mette davanti ad un (piacevole) bivio: continuare nella patchanka sonora tout court continuando a sfornare idee e riff utili per costruire un birignao di qualità oppure convogliare le proprie energie e indirizzarsi verso un sound, riconoscibile e peculiare, che permetta loro di maturare e ritagliarsi uno spazio certo e sicuro. Bizzarri, ma con cervello.
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