ATOMA
SYK
- L'Inphantile Collective - 2014
Herset La Tari. Il disagio. L'indigenza. L'oppressione. Attraverso una meccanica del suono rude e stridente che nulla concede alla melodia, ma che ossessivamente ripete la lezione sfidando e sfondando il muro del suono; l'incommensurabilmente grande nell'infinitesimamente piccolo. Veicolato dalla robusta complessità di arrangiamenti e forsennate dinamiche polimorfiche, destrutturate al fine di essere ricomposte nel breve termine sotto altra architettura, è questo ciò a cui i SYK sono in grado di ambire e successivamente liberare attraverso l'oltraggiosa musica di ATOMA. Un lavoro complesso e affascinante, dal forte impatto emotivo, che si esalta nella difficoltà di ascolto e in cui la selezione del materiale è seconda solo alla mirata ricerca formale degli ambienti sonori prodotti. Un progetto internazionale ideato, gestito e partorito su quella antica e formativa linea di confine che unisce Piemonte e Sardegna, stanca di scontate soluzioni musicali e piuttosto attenta alla genesi di nuove realtà basate su metodo e improvvisazione. Nati da un'idea di Stefano Ferrian e Federico De Bernardi di Valserra dopo la chiusura della parabola Psychofagist, i SYK sono la prova provata di una rinnovata capacità di produzione nel magma incandescente del suono estremo. Aver trovato in Luca Pissavini il temporaneo completamento alle ritmiche è stata la naturale chiusura del cerchio, aperto e letteralmente squarciato dalle urla sovrumane della straordinaria Dalila Kayros, minuta creatura mortale, ma qui maligna entità partorita in un arcaico amplesso fra le sette note tra l'inarrivabile Diamanda Galas e il folletto Damo Suzuki. Con una ricerca antropologicamente legata alla voce e al territorio, una visione quasi esoterica dei miti antichi - su tutti quelli dei Sumeri - e una attenzione alla lezione di John Cage è lei il perno su cui le chitarre limacciose di Ferrian hanno buon gioco e intrecciano una trama musicale ordita con più lingue. La scattante meccanicità di The Observer, le poderose fondamenta su cui viene eretta Auburn, l'apparente tranquillità devastata da Un-god-Known sono coordinate che impegnano l'ascolto, ma restituiscono una libertà espressiva solo all'apparenza claustrofobicamente relegata nei reticolati sonori dell'album. È dolore vivo che si conficca sistematico nella carne ed esaurisce una raziocinante aggressività amplificata da quella sporcizia strumentale messa in mostra, quasi ostentata, fin dalle prime note della caotica Atoma, minacciosa opener del platter. Le sovrastrutture che tendono con sciente capacità progettuale ad appesantire la circolarità dei sette momenti rilasciati per la coraggiosa etichetta praghese L'Inphantile Collective consentono poi una lettura su più piani dell'intero lavoro anticipandone i futuri sviluppi. Il nuovo acquisto Francesco Zago, prolifico chitarrista degli Yugen acquisito all'indomani della dipartita di Pissavini, è per l'appunto l'ennesima conferma di una costante apertura del progetto SYK alla sperimentazione razionale, sempre meno diffusa nel metal estremo contemporaneo. I mostri cavalcano le bufere e le tempeste, narra un'antica leggenda; qui già solo il loro sulfureo respiro è di casa.
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