Alberto N. A. Turra / Turbogolfer Duo(s)
- Felmay - 2015
Tutto nasce da una passione giovanile dura a morire. Per Alberto Turra, talentuoso e versatile chitarrista di grande prospettiva, il fascino prodotto dalla percussività della batteria è la prima e l'ultima tentazione da cui non ci si può sottrarre. Una fiamma costantemente alimentata da una vita condotta in musica e condivisa con l'entusiasmo di chi nel fluire del suono trova una scala di valori perpetua e un motivo per perseguire il proprio scopo terreno. Assecondare una pulsione talmente forte e naturale è facile eppure saperne concretizzare linguaggi e codici, sfumature e umori - inafferrabili quasi sempre in altri contesti - è la sfida da cui il leader dei Kabikoff non vuole - e non può - fuggire. AZIMUTH infatti descrive attraverso una composita, ma comprensibile cosmogonia legata ai punti cardinali la complessità dell'individuo Turra. Il dualismo strumentale nato dall'abbinamento chitarra-batteria che fino ad ora ha identificato il progetto Turbogolfer viene qui replicato in numero non inferiore a sei, in maniera sistematica e ordinata, trovando nell'eterogeneità dei corrispettivi strumentisti coinvolti una identità chiara e ferma, generatasi per osmosi tra la mutevolezza della prima e le linee guida dettate dalla seconda. Sapersi orientare in questa matematica selva di significati e costruzioni musicali non è un equivoco, ma molto più semplicemente il risultato di un esperimento voluto e programmato con tenacia, andato a buon fine grazie a una profondità concettuale sviluppata nel tempo da sensibilità complementari. Una musica per stati d'animo che occupa spazi materiali, ma anche visioni oniriche e non luoghi; jazz di confine, vertigine per immagini concrete e concettuali; punto fermo di una peculiarità multisfacettata in grado di passare elegantemente dai ritmi tonanti (Sergio Quagliarella) a un drumming fluido e sinuoso di frontiera (Toni Boselli) senza scollegarsi mai da una realtà che invita a spingere verso l'alto guardando verso l'altro. Tato Vastola evoca a tal proposito la sospensione, ma più ancora la propulsione progressiva verso quel limite che come spada di Damocle incombe sopra le nostre teste, per raggiungere dello Zenith il grado più lontano, la curvatura meno scontata; di contro, Andrea Rainoldi è il polo opposto, il Nadir, pietra angolare dell''intero lavoro nato in combutta proprio con l'omonimo batterista anche in sala di registrazione. Da quelle quattro mura muoviamo verso sud con Marco Cavani mentre sta per sorgere l'oriente di Alberto Pederneschi. Sono gli elementi della natura a restituire la cifra stilistica per ognuno dei faticatori del ritmo coinvolti. Turra, legato a ciascuno di loro, è a sua volta la pioggia che bagna ogni cosa, arrivando in ogni angolo recondito di un cammino laborioso, ricco di spiragli di luce che partendo dalle periferie della propria essenza si dirige verso il centro e viceversa. A fornire un ulteriore autonomia di valutazione intervengono gli omaggi a momenti di estasi musicali, scelti con cura e assegnati con equilibrio, da Coltrane a Hendrix passando per Colemann e rivestendo di nuova affettività il tradizionale balcanico Ederlezi; e se la cover racconta il lato in luce dei punti cardinale presi in esame il brano personale va a descriverne quello in ombra. Così, in questa alternanza fra chiaro e scuro, tra luminosità e tenebra si sviluppa un processo di maturazione integrale, dignitosa epopea di aggregazione tesa a bruciare le tappe di un rito collettivo, di un viaggio iniziatico aperto molto tempo fa, ma chiuso proprio qui e proprio ora. Sei punti cardinali. Un solo uomo.
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