29-04-2011
- NOGURU live @ Palazzo Granaio -
Settimo Milanese (MI)
Serata all'insegna di un rock metropolitano, scarno, essenziale, fatto di strade d'asfalto e polvere. Giovani e meno giovani guerrieri della notte si danno appuntamento nello storico edificio del 1600 che si affaccia sul parco di Palazzo D'Adda, antica residenza per le vacanze autunnali dei conti d'Adda, ricevendo in cambio una scarica di watt e adrenalina come solo i veterani della scena sono in grado di sprigionare dopo anni di ferite e rughe sul viso, cocenti delusioni e meritati successi. "Gli occhi sono lo specchio dell'anima": queste le prime parole di Andrea Scaglia mentre, occhiali scuri e cappello calato in testa, si avvicina al microfono e il resto della band scalda i propri strumenti. Ed è il magico sax di Bruno Romani a condurci nel vortice post punk di Fuoco Ai Pescecani, primo episodio che permette a Xabier Iriondo di rumoreggiare da par suo con la Telecaster per poi procedere altrettanto spedito su Amore Mutuo mentre "stai lontano dagli sbirri blu" canta questa sera un fiero e determinato Scaglia.
Le chiacchiere stanno a zero: il potente drumming di Alex Marcheschi cadenza la trasversale furia hardcore di Ieri È Un Altro Giorno con Romani e Iriondo a procedere in simbiosi, anomalo braccio armato della formazione meneghina, visivamente agli antipodi, il primo mai scomposto e anzi, misurato nelle movenze, assorto e attratto dai suoni che lo circondano, il secondo sempre estremamente mobile e schizofrenico. Si calmano un pò le acque con Neve, un tuffo tribale che sfocia nel prog cinematografico del flauto traverso di Romani, autentico mattatore in Perle Ai Porci, raccordo strumentale da novello pifferaio di Hamelin intento a sedurci con la propria Musica. Scatenato il pubblico pure sulla successiva Non Mi Passa che poggia sul basso corposo del buon Briegel, relegato sì sul lato destro del palco, ma decisivo nell'irrobustire la ritmica della preziosa gemma regalata alla vecchia guardia: Questi Anni è l'inaspettato omaggio, venato di free jazz, ai Kina, storica band proveniente da Aosta, paladina dell'hardcore più puro a fianco di Raw Power e Negazione fin dagli inizi degli anni '80 e assolutamente da riscoprire per comprendere al meglio il percorso dei Nostri.
La nota Mare Divano scatena gli animi più esagitati con il solito Iriondo ad alternarsi tra momenti di trascendente rock e ieratiche pose a seguire l'andamento musicale. Scaglia, serio, rallenta nuovamente, ondeggiando ritmicamente al microfono su Il Deserto Degli Dei, altro episodio tratto dal cd di debutto della band che mostra il lato più lunare e i suoi trascorsi tribali, mentre ci rivela di come la bomba nel cuore non sia ancora stata disinnescata nonostante i ripetuti tentativi. Il macigno è duro da digerire e con Complicato gli echi e i riverberi di voce e sax, in cabina di regia c'è Marco Posocco, aprono visioni post rock con un grintoso Briegel a spingere continuamente la macchina del ritmo. Come da cd la chiusura della prima parte arriva con Bassa Fedeltà, il momento più raccolto e sofferto della serata, con Romani intento a cullare amorevolmente fra le braccia il suo strumento in attesa di risvegliarlo e lasciargli libero freno nel finale concitato, gestito con minuziosa precisione da Scaglia.
Si torna sul palco per gli ultimi fuochi. Le richieste lancinanti della straziante Tempo vengono in parte mitigate dal melodioso flauto traverso e dal salmodiante Shahi Baaja che conferisce alla canzone la dimensionalità di una bolla d'aria atemporale, pronta a proteggere noi come pure i nostri incubi più cupi. Mexican Radio è il secondo tributo alle proprie passioni: si tratta dei Wall Of Voodoo di Stan Ridgway, seminale band d'Oltreoceano che i più navigati non tardano a riconoscere ed approvare. Infine l'apoteosi. Forti di un recentissimo e brillante videoclip che, come si suol dire, "ci mette la faccia, i nomi e pure i cognomi", l'ultimo sussulto di ribellione al sistema malato e di facciata che colpisce città come Milano è affidato all'inno Cammino Con Le Mani: pubblico schierato che segue fedele l'invito del sardonico Scaglia (..tieni le mani, mani su!) e band compatta, con la solita accoppiata Romano-Iriondo a rivelarsi di nuovo valore aggiunto per l'affiatato duo Filipazzi-Marcheschi. Quattro minuti di pura adrenalina in cui i NoGuru non fanno prigionieri. Poi "ciao, grazie. Stasera è tutto. Ciao". Domani è un altro giorno. Noi siamo pronti a tutto.
Le chiacchiere stanno a zero: il potente drumming di Alex Marcheschi cadenza la trasversale furia hardcore di Ieri È Un Altro Giorno con Romani e Iriondo a procedere in simbiosi, anomalo braccio armato della formazione meneghina, visivamente agli antipodi, il primo mai scomposto e anzi, misurato nelle movenze, assorto e attratto dai suoni che lo circondano, il secondo sempre estremamente mobile e schizofrenico. Si calmano un pò le acque con Neve, un tuffo tribale che sfocia nel prog cinematografico del flauto traverso di Romani, autentico mattatore in Perle Ai Porci, raccordo strumentale da novello pifferaio di Hamelin intento a sedurci con la propria Musica. Scatenato il pubblico pure sulla successiva Non Mi Passa che poggia sul basso corposo del buon Briegel, relegato sì sul lato destro del palco, ma decisivo nell'irrobustire la ritmica della preziosa gemma regalata alla vecchia guardia: Questi Anni è l'inaspettato omaggio, venato di free jazz, ai Kina, storica band proveniente da Aosta, paladina dell'hardcore più puro a fianco di Raw Power e Negazione fin dagli inizi degli anni '80 e assolutamente da riscoprire per comprendere al meglio il percorso dei Nostri.
La nota Mare Divano scatena gli animi più esagitati con il solito Iriondo ad alternarsi tra momenti di trascendente rock e ieratiche pose a seguire l'andamento musicale. Scaglia, serio, rallenta nuovamente, ondeggiando ritmicamente al microfono su Il Deserto Degli Dei, altro episodio tratto dal cd di debutto della band che mostra il lato più lunare e i suoi trascorsi tribali, mentre ci rivela di come la bomba nel cuore non sia ancora stata disinnescata nonostante i ripetuti tentativi. Il macigno è duro da digerire e con Complicato gli echi e i riverberi di voce e sax, in cabina di regia c'è Marco Posocco, aprono visioni post rock con un grintoso Briegel a spingere continuamente la macchina del ritmo. Come da cd la chiusura della prima parte arriva con Bassa Fedeltà, il momento più raccolto e sofferto della serata, con Romani intento a cullare amorevolmente fra le braccia il suo strumento in attesa di risvegliarlo e lasciargli libero freno nel finale concitato, gestito con minuziosa precisione da Scaglia.
Si torna sul palco per gli ultimi fuochi. Le richieste lancinanti della straziante Tempo vengono in parte mitigate dal melodioso flauto traverso e dal salmodiante Shahi Baaja che conferisce alla canzone la dimensionalità di una bolla d'aria atemporale, pronta a proteggere noi come pure i nostri incubi più cupi. Mexican Radio è il secondo tributo alle proprie passioni: si tratta dei Wall Of Voodoo di Stan Ridgway, seminale band d'Oltreoceano che i più navigati non tardano a riconoscere ed approvare. Infine l'apoteosi. Forti di un recentissimo e brillante videoclip che, come si suol dire, "ci mette la faccia, i nomi e pure i cognomi", l'ultimo sussulto di ribellione al sistema malato e di facciata che colpisce città come Milano è affidato all'inno Cammino Con Le Mani: pubblico schierato che segue fedele l'invito del sardonico Scaglia (..tieni le mani, mani su!) e band compatta, con la solita accoppiata Romano-Iriondo a rivelarsi di nuovo valore aggiunto per l'affiatato duo Filipazzi-Marcheschi. Quattro minuti di pura adrenalina in cui i NoGuru non fanno prigionieri. Poi "ciao, grazie. Stasera è tutto. Ciao". Domani è un altro giorno. Noi siamo pronti a tutto.
Andrea Barbaglia '11
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