Enzo Jannacci
- Ala Bianca - 2001
Un disco rabbioso. Un disco indignato. Un disco di protesta. Un disco di rottura. Un disco di eroi. Un disco che a Jannacci deve essere costato molto in termini di bile versata di fronte all'ottusità e alla scarsa lungimiranza di certe etichette e case discografiche, tutte restie a concedergli carta bianca per un nuovo album di inediti. Poi la sempre propositiva Ala Bianca, non nuova ad operazioni di qualità, nella figura di Toni Verona "ha spazzato via dubbi e incertezze con eleganza, metodo e precisione ed ha nuovamente aperto a Enzo i confini della sua comunicazione." Così recitano le parole del figlio Paolo all'interno del booklet che accompagna COME GLI AEROPLANI, il cd del ritorno dopo sette lunghi anni da I SOLITI ACCORDI; parole semplici, ma ferme che confermano quelle ben più critiche ed aspre dello stesso cantautore milanese che poco più sopra nei suoi non ringraziamenti si dichiarava "piuttosto amareggiato" da coloro i quali dopo averlo incensato negli ultimi quattro anni e più, gli avevano rifilato "una pedata nel culo, subito dopo". Nel suo studio casalingo di Milano, spronato anche dall'amato Paolino in cabina di regia, Jannacci mette perciò in fila ben diciassette canzoni "completamente nuove", segno evidente di una vena creativa per nulla esaurita, ma anzi alimentata dalla impellente volontà di dimostrare tutto il suo talento in barba a scettici e miscredenti. Aspettatevi l'inaspettato dunque. Una magistrale Via Del Campo è il primo capolavoro del cd; viatico di sofferta poesia e nostalgica raffinatezza, consente a Jannacci di concedersi una performance da brividi al pianoforte e maiuscola nell'interpretazione delle liriche, seguito ideale di quanto ascoltato al concerto-tributo in omaggio a Fabrizio De André un anno prima e immortalato nel doppio FABER, AMICO FRAGILE.... A ruota arriva la title track, seconda perla di rara bellezza emotiva, canzone di feroce invettiva che traccia, per nulla velatamente, il profilo di quanti operano nella società e in politica per il proprio tornaconto personale; mai in favore, ma anzi a scapito del prossimo, venendo così meno a tutte quelle regole non scritte basate sul rispetto e l'altruismo. Valori questi ultimi che non mancano di contro agli umili e agli emarginati, alle persone di buon cuore e alla brava gente raccontata anche in passato attraverso le vicende del barbone di El Portava I Scarp Da Tennis o la protagonista di Vincenzina; personaggi amari, disillusi, a tratti grotteschi, in cui l'alto e il basso si compenetrano costantemente. Qua la tradizione è perpretata dal sofferto dialogo monco tra un matto e il satellite terrestre di Ti Luna, dal clandestino di Sono Timido e dalle insicurezze narrate in Curiosità; il rock di Brutta Gente ironizza tra gente per bene e gente per male mentre il partigiano Cesare rinnova i fasti delle collaborazioni con Dario Fo sullo sfondo delle lotte dopo l'8 settembre. Altro episodio clou, da manuale, è Lettera Da Lontano, momento cantautoriale superiore per sola voce e pianoforte; autobiografico, sincero. A stemperare un poco l'atmosfera ecco le milanesissime trattazioni sportive di Varenne e Luna Rossa, passioni uniche capaci di unire lo Stivale in quest'epoca fagocitata da guerre e tecnologia, e l'omaggio a Cochi e Renato di Libelà. Il compagno del Derby compare nel danzereccio non sense di Gippo Gippo cui fa seguito la liberatoria Rido. Un tocco jazzato per Anche Oggi Piove e Avevo Un Sogno, col flicorno di Marco Brioschi in bella evidenza. In ultimo, conclusione magistrale con I Mulini Dei Ricordi in cui nell'atmosfera rarefatta realizzata dal figlio Paolo il padre Enzo si accomiata dall'ascoltatore sulle malinconiche note del classico di Michel Legrand. Quanti a mangiarsi le mani dopo un lavoro così bello?! Ma non c'è tempo per le rivalse; noi, pilotati dall'ufficiale di aeronautica Giuseppe Jannacci ritratto in copertina, ci libriamo in volo. Più su. Come gli aeroplani.
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