Tindara
- Valery Records - 2012
In questo sempre più decadente mondo occidentale urlare sembra essere diventata la forma di comunicazione maggiormente diffusa. Senza voler entrare nel merito di talune scelte televisive, comunque specchio dei tempi, lontane anni luce dall'eleganza e dalla sobrità di un passato neppure troppo remoto, è già nel quotidiano e nella vita di tutti i giorni che spesso la frenesia spinge il prepotente a prevaricare l'altro, il colpevole a sopraffare l'innocente, l'aggressivo a soverchiare il mite, in una forma di cannibalismo dei rapporti sconsiderato e deleterio per l'intera comunità. L'urlo equivale qui a grido, disaccordo, prepotenza. A volte però urlare può essere anche estremamente liberatorio. E necessario, affinché menti distratte o, peggio ancora, assuefatte dal grigiore della routine si dèstino e prendano coscienza di una nuova realtà. È in questa accezione positiva di richiamo che piace intendere la titolazione del lavoro d'esordio dei Tindara, progetto nato dalla mente di Terenzio Valenti nel corso del 2009. Coi favori e la produzione artistica di Luca Bergia, sotto le abili mani del sound engineer Riccardo Parravicini, il lavoro prende così forma compiuta presso il Modulo Studio di Cuneo. Ora, che con queste credenziali in cabina di regia il suono risulti alla fine dilatato e livido non deve far temere ad una scopiazzatura tout court dei Marlene Kuntz. La band del trio Godano-Tesio-Bergia è solo una delle influenze che Valenti e compagni portano in dote a questa mezz'ora abbondante di noise cantautorale. E neanche la più evidente. Certo, nelle distorsioni lancinanti della granitica Sopra La Delusione compare pure il violino di Davide Arneodo (guest star in un'altra manciata di brani) e le radici dell'intero cd sono ben piantate nei gloriosi anni '90 di italico rock (Ho Scelto Il Nero, Schiuma) così come nei riverberi di oltreoceanico grunge (Come Dici Tu), ma il tentativo di "suonare per immagini" la dice lunga sulla volontà di andare oltre una stagione ricca, proficua, anche pionieristica se vogliamo, ma tuttavia ormai conclusa. Così mentre il darkeggiante piano della stumentale Upupa e le riflessioni psicologiche di Consapevolezza ci concedono di anestetizzare temporaneamente il dolore e l'autocommiserazione per una perdita, sono la soffice poesia della title track e la spontaneità della descrittiva Sogna Che Ti Passa a squarciare il velo di oscurità con il quale i Tindara giocano ad avvolgerci, nel tentativo di costruire e raggiungere una empatia con l'ascoltatore il più possibile duratura. Poche complicazioni formali anche nella rabbiosa Stones: il rock senza fronzoli sembra al momento la dimensione congeniale al quartetto per raggiungere quest'obiettivo. E non è affatto una corsa contro il tempo; solo Un Minuto da dedicare a sé stessi "lasciando lontano la voglia di darsi fastidio da soli", magari affiancando a QUANDO PARLO URLO i lavori di Deasonika, Avvolte e Petrol da un lato e quelli di De Gregori, Fossati e Tenco dall'altro. Spiriti affini. Anime irrequiete. Esempi da seguire.
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