venerdì 16 luglio 2010

UN PÒ ARTISTA UN PÒ NO(BRAINO)

Dei Nobraino si può dire tutto e il contrario di tutto. In Romagna sono una band cult, con centinaia di live alle spalle nei posti più disparati, dai locali più in ai pub sulla spiaggia. Ogni data è un piccolo grande evento.
Spettacolo, ritmo e preparazione musicale sono all’ordine del giorno.
Nel febbraio 2009 passarono a Le Piccole Iene in provincia di Novara con il loro spettacolo. Quest'anno son apparsi a furor di popolo a Parla Con Me, in seconda serata, su Rai3. Consiglio vivamente di non lasciarveli sfuggire quando passeranno dalle vostre parti.
Nel frattempo, Signore e Signori (della Corte), a Voi il funambolico Kruger, frontman dei Nostri.


Che effetto fa suonare nel nord Italia, “settore ovest”, voi che perlopiù avete un buon seguito sulla costa adriatica e nel sud?
Kruger: Qui in effetti siamo stati poco, al momento diciamo che è ancora una zona ostica, però ci piace andare nei posti dove non ci conoscono. I motivi di questa nostra scarsa presenza da voi sono quegli stessi che al contrario ci hanno portato a suonare altrove. Si aprono dei varchi e dopo le cose vengono da sé. Da queste parti non è mai partito nulla, non abbiamo mai fatto live significativi che alla fine sono quelli che ti portano altri concerti. Tutto questo è però successo altrove. La nostra promozione sostanzialmente è rappresentata dai concerti per cui dove siamo andati, dove siamo tornati, abbiamo creato un motivo di permanenza.

Però avete già due album all’attivo.
Kruger: Mah, i due cd non sono neanche da calcolare, cioé io penso che un album per poter esser chiamato tale debba avere una sua vicenda discografica, anche solo a livello prettamente di vendita, di ascolto o di distribuzione. Se io produco un telefono che però non si vende, non è sul mercato, non è da nessuna parte è un po’ ambiguo parlare di produzioni all’attivo. Io penso che i Nobraino abbiano messo a disposizione del proprio pubblico dei pezzi ascoltabili su disco; questa è la verità. Ci piacerebbe in effetti lavorare ad un disco vero e proprio, ma premesso che non c’è attualmente un mercato o una realtà felice per questo tipo di prodotto, rimane la lavorazione al disco che è ciò che ti fa dire se hai attirato minimamente l’attenzione di una qualche radio o se c’è stata una “infiltrazione” in quel settore piuttosto che sulla stampa, sul web, ecc.. Questo tipo di meccanismo si chiama lavorare ad un disco. Entrare in studio e mettere su un supporto dodici tracce non è fare un disco per me, ma è semplicemente registrare dei pezzi.


Come nascono i Nobraino?
Kruger:
Più o meno il discorso fatto fino adesso è in linea con la nostra vicenda nel senso che nascono dal fare una cosa insieme; non c’è premeditazione, non è un progetto scritto a tavolino per cui... semplicemente è così, si fa. I Nobraino stanno insieme, i Nobraino suonano, non c’è qualcosa di precostituito che mi può far rispondere alla domanda.

Collaborazioni?
Kruger:
Mmm…no, no, perché siamo ancora un gruppo…

…autarchico?
Kruger: No, secondo me siamo semplicemente ancora un po’ immaturi per collaborare. La nostra identità ha ancora un pò il timore di fare mosse del genere.


Però le potenzialità ci sono.
Kruger: Sì, sì, lo so, però ci piace ancora stare un pò nella nostra nicchia, nella nostra famiglia. Sicuramente quando ci sarà uno sviluppo ulteriore...; cioé sostanzialmente ancora non ci annoiamo, è sempre tutto una scoperta continua come ad esempio andare in un posto dove ancora non ti conoscono nonostante siano molti anni che suoni. E comunque abbiamo un movimento che è sempre in positivo, nel senso che rispetto a ieri anche un centesimo di euro oggi è un centesimo di euro in più; nell’arco di un anno è nulla, però il segno dei Nobraino è sempre un “+” ed è un orgasmo prolungato all’infinito, bello ogni volta.
Una serata come quella di stasera ad esempio sarà sempre emotivamente bella. Entro certi limiti può sembrare un ragionamento poco credibile, però è ancora un bel periodo questo dove ti lasci andare con la testa, con i sogni, fai tutto con una emotività diversa rispetto a chi magari ha altre priorità di carriera o di soldi.

Percepisco una tua disillusione rispetto al futuro, come mai?
Kruger: Beh, è un momento un pò fermo per tutti quindi inevitabilmente si finisce per subire la realtà, o presunta tale, per cui c’è un pò di rallentamento: hai voglia di fare, ma cazzo, manca sempre qualcosa. Parliamo dei soldi per esempio, quelli mancano; mancano per sopravvivere quasi, per cui…il futuro lo vedo bene rispetto al discorso che ho fatto prima, però alla fine dell’anno sono 3 gli euro in più, non 30.000. E ti vengono meno le forze. Si resiste per il gusto di cui ti parlavo.

Nei tuoi testi vengono ritratti molti personaggi sopra le righe le cui storie colpiscono l’ascoltatore al punto tale da domandarsi da dove possano venir fuori.
Kruger:
Quello è uno sforzo compositivo. Scrivo ciò che vorrei leggere, ma non sono così fortunato da svegliarmi la mattina col testo pronto. È come quando uno cucina bene e gli amici gli fanno i complimenti: lui si impegna a cucinare bene per far loro qualcosa di buono da mangiare.

Nel caso dei Nobraino ritieni che il tuo tentativo sia andato a buon fine?
Kruger:
No, siamo ancora lontani. Mi sono accorto che ultimamente scrivo più di sentimento, cosa sempre evitata come la peste, il che vuol dire che ho un periodo di debolezza.
Io ho sempre creduto che in Italia scrivere d’amore fosse troppo facile, nella musica così come nella poetica. È un tema spontaneo. È difficile parlarne bene. Forse è anche questo: il confronto è talmente vasto che un pò annichilisce… Ho sempre un pò evitato questa tematica perché mi faceva più figo riuscire a parlare d’altro: fare una canzone interessante che non parlasse d’amore. Al limite di morte! Ho avuto un periodo un pò più dark in questo senso, un pò più di cronaca... Questo solo per far capire che penso a ciò che devo scrivere.


Quali sono i tuoi numi tutelari? Dicevi che è difficile parlare d’amore bene perché probabilmente qualcuno in passato l’ha già fatto. A chi fai riferimento?
Kruger:
Uno su tutti Battiato che scrive in maniera impeccabile di sentimenti. A me piace tantissimo. Un altro è Conte perché è un gran maschilista, un grande uomo d’altri tempi, aristocratico. Ci sono modelli che tengo a mente e con cui mentalmente mi confronto quando scrivo: magari ne avessi di più!!

Mai pensato di fare una loro cover? Anche perché in repertorio ne avete parecchie e tutte rielaborate secondo il vostro stile.
Kruger:
Battiato manca. Di Conte ne facciamo ben due per cui in questo caso siamo già coperti.
La cover è una dimensione che abbiamo dapprima negato perché ad un certo punto abbiamo sentito l’esigenza di affrancarci dal cliché della cover band che normalmente agli inizi tutti perseguono e perché volevamo imporci di suonare pezzi nostri mentre in un secondo momento, arrivata un pò più di tranquillità su quello che eravamo, siamo stati in grado di fare degli arrangiamenti andati a buon fine e apprezzati innanzitutto da noi stessi. Sui contemporanei facciamo ancora fatica a esporci, ma coi grandi classici da Carosone a Buscaglione passando per De André, De Gregori, Conte, Patty Pravo, Toto Cutugno, Capossela ci siamo misurati nel modo in cui t’ho raccontato.

Una persona che non vi conosce perché dovrebbe venire a vedervi?
Kruger: Mah, per nessun buon motivo se non che qualcuno gli dice di venire: di solito è ciò che succede. Il passaparola penso sia ancora un mezzo importante perché un amico, quindi una persona di cui ci fidiamo o ancora meglio una persona di cui condividiamo i gusti o di cui stimiamo le scelte, se ci dice di andare a vedere un film o di ascoltare un determinato pezzo è inevitabile che verrà ascoltato più che se ce lo viene a dire il dj della radio o l’omino alla tv. È un processo più lento, ma più efficace.
Internet, con myspace, facebook e quant’altro, non fa che potenziare il passaparola, diventa interessante la questione, tant’è che il nostro sviluppo è avvenuto da che esistono questi mezzi di comunicazione. Per cui io che ho un animo un pò "contraddetto" rispetto alla tecnologia sono tranquillo nell’approvare queste forme. Penso ci sia del buono come in tutte le cose, andrebbe solamente gestito da persone coscienti riguardo la direzione da seguire. Il problema è che a volte questo manca, ma manca dappertutto, dal telefonino al tabacco perché, voglio dire, una sigaretta dopo cena penso potrebbe essere un piacere per milioni di persone e invece ci sono degenerazioni: gente che non ne fuma una e gente che ne fuma tre pacchetti…siamo fatti per degenerare…

Sei apocalittico.
Kruger: Ma, ho avuto un…non vorrei sbilanciarmi, poi non so neanche se questo è lo spazio adatto. L’uomo è divertente perché ha un sano spirito autodistruttivo. Io penso che faccia spettacolo con la sua autodistruttività per cui ci divertiamo tutti un mondo: basta guardarsi intorno. Non penso sia la strada giusta da percorrere, però quello che percepisco è questo.
Qualche giorno fa ragionavo tra me e me e pensavo a come a metà del millennio scorso, quando ancora Colombo doveva arrivare in America, sulla Terra ci fosse un continente dove gli uomini vivevano in simbiosi con la natura mentre dall’altra parte c’era già qualcosa che si stava ammalando, che stava degenerando, tipo una cellula che impazzendo è andata a contaminare l’altra parte. Questo è il senso di cui ti parlavo prima. Da qui a lasciarsi condizionare e diventare pessimisti senza aver voglia di fare niente per migliorare, non se ne parla. Il panorama non è dei migliori, ma il proprio giardino si può tenere pulito.

Anche in ambito musicale, giusto?
Kruger:
Di band valide ce ne sono tante, forse manca un circuito che ci tenga in vita, che ci sfami. Tuttavia, come ti dicevo prima a proposito delle collaborazioni, anche in questo caso se uno lavora intensamente sul proprio, io credo ce la si possa fare. Magari siamo ancora squattrinati, abbiamo sempre poco tempo, abbiamo sempre poco di tutto per riuscire a fare anche una collaborazione, però…

..l’unione fa la forza.
Kruger: A volte vedo un pò dispersiva questa tendenza a far un progetto, poi un altro e un altro ancora. Io stesso a volte mi faccio prendere dall’idea di far altre cose, però poi mi accorgo che se metto quello che devo mettere qua, alla fine mi rimane ben poco. Però cerco; ho molti scambi con altri musicisti con cui mi trovo bene, con cui parliamo, con cui pontifichiamo, con cui ci ubriachiamo e parliamo della musica che vorremmo fare, poi niente: la mattina dopo smaltiamo la sbronza..


Andrea Barbaglia ‘10.

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