QUINTALE
Bachi da Pietra
- La Tempesta - 2013
Pesantissimo. Fin dalla copertina, capace di rendere visivamente il senso di oppressione e fatica che la musica suonata scaraventa con indicibile pesantezza sugli stessi musicisti. Schiacciandoli. Annichilendoli. QUINTALE è forse al netto delle spese la quintessenza metallica mai espressa prima d'ora in Italia. Un album capace di rivaleggiare senza timori di sorta al di qua e al di là dell'Oceano con i pesi massimi di certa musica robusta spesso vituperata e preventivamente bollata come rumore. Roboante e necessario. Il duo formato da Bruno Dorella e Giovanni Succi trova in Giulio "Ragno" Favero il nuovo elemento capace di convogliare la violenza e l'ordinato delirio sonoro fino ad ora orditi in combutta prima (TORNARE NELLA TERRA, NON IO) con Alessandro Bartolucci e successivamente (TARLO TERZO, QUARZO) con Ivan Rossi. Il nuovo trio così composto osa e, spingendosi su lidi ampiamente petrosi ed ameni, si trova ad un passo dal baratro, dall'orrido che si spalanca sullo Stige di dantesca memoria in cui iracondi e accidiosi espiano la loro incontinenza. Qui, urtata dai lamenti dei primi che salgono dolenti, la voce di Succi in Haiti vomita la morbosità death dei migliori Morbid Angel mentre chitarra e batteria edificano una cattedrale di metal pagano inespugnabile; dal cielo piovono macigni. E allora riparo lo troviamo solo rifugiandoci al suo interno mentre di fuori il flagello celeste continua la sua opera di devastazione. Pensieri Parole Opere succedono a Brutti Versi rocciosi e a evocativi Mari Lontani, tra rock'n'roll, brutal blues e derive post apocalittiche. Arrington De Dionyso appare come uno spettro armato di sax distorto nella sferzante Paolo Il Tarlo, furioso classico negli anni a venire; si innesta nel primordiale hard rock zeppeliano di Ma Anche No e colora di vermiglio l'Enigma che attanaglia Succi, evidenziando soluzioni armoniche inusuali. Mai prima d'ora i Bachi si erano espressi con una immediatezza sonora e lirica così dannatamente felice. I cori e il riff di Io Lo Vuole, la calma superficialmente pacificata di Dio Del Suolo, la linea melodica di Fessura sono la naturale evoluzione di quelle aperture proposte in Dragamine del precedente QUARZO: là semplicemente scalfite, qua cesellate e lavorate. Un disco monolitico, ma sfaccettato; luciferino eppure politico. Sì, perché dietro alla gragnuola di note martellanti si nasconde una aperta critica alle storture della realtà. Se infatti per un istante si tentasse di scindere dalle musiche le parole mai casuali dei testi ci accorgeremmo di come le liriche di Succi, letterato nel corpo di rocker (la scansione metrica fatta nello stoner rock Sangue è in tal senso esemplare), mirino a fotografare la condizione dell'uomo contemporaneo. Si prenda l'heavy rock della già citata Io Lo Vuole oppure la rabbiosa Coleottero; o perché no, pure il rock rappato della bonus track Baratto@bachidapietra.com. Parole chiare, nette, scagliate con forza e veemenza perché sicure della propria ragione d'essere. Pietre che cadono violente dall'alto verso il basso. Monoliti che schiantano le schiene. E aprono le menti. Altrimenti anche tu sei libero di essere come ti vogliono.
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