PENSIERI VERTICALI
Stefano Barotti
- Orange Home Records - 2015
Quando, nel tempo, la pianta è stata coltivata con cura e soprattutto ha messo radici profonde in un terreno fertile i frutti non tardano certo ad arrivare. Così è pure la creatività, disciplina da alimentare e praticare giornalmente come qualsiasi altra scienza o consuetudine. Con l'atteso PENSIERI VERTICALI Stefano Barotti si conferma ottimo cantastorie della nostra età, abile sarto abituato a confezionare su misura non soltanto abiti da cerimonia, ma anche piccoli e dettagliati ricami altrimenti poco visibili. Che ciò avvenga mediante una scrittura immediata, di getto, oppure attraverso una costruzione architettonicamente più meditata e costruita poco importa: la facilità con cui il musicista massese mette in fila le sue nuove canzoni è segno di una sopraggiunta maturità, non soltanto artistica, che va definendosi con sempre più brillante equilibrio tra rime e accordi. Mai sopra le righe, misurato nell'esposizione, eppure graffiante e poetico insieme, Barotti è il nostro fido consigliere in grado di suggerire musica vergine e condividere istanti di vita che altri non sono ancora in grado di cogliere come già maturi e universali. A quasi una decade di distanza dal precedente GLI OSPITI, prodotto in collaborazione con il mentore Jono Manson sull'asse Sarzana-New Mexico, poteva essere facile perdersi nella lavorazione di un nuovo album; la presenza in cabina di regia di un sempre più decisivo Raffaele Abbate ha invece compattato le idee sedimentate nel corso di questi anni incrementandone il lato emozionale, ma al tempo stesso prediligendo una eterogeneità di fondo che la voce particolare di Barotti tiene saldamente unita. Tra Francesco De Gregori e Ettore Giuradei, l'affabulatore di confine apuano si muove a proprio agio tra uomini armadillo e arcobaleni rubati, soffermandosi su storie straordinarie nella loro ordinarietà (l'indeterminato romanticismo della didascalica La Ragazza e l'invitante Blues Del Cuoco; il nitido percorso umano del cacciatore di nuvole Cuore Danzante e l'omaggio a lui dedicato della strumentale Sulla Pietra Del Pane Sfidando Il Drago Con La Spada Di San Giorgio con assolo di chitarra resofonica firmato Max De Bernardi), diario minimo sullo scorrere del tempo, realizzato con cura e attenzione e indirizzato verso tutti coloro i quali hanno saputo cogliere l'infinito negli scritti di Fogazzaro e Gozzano. Anche quando l'occhio e le parole fissano nella memoria prima, sulla carta poi momenti di crepuscolare spontaneità siamo al cospetto di metafore di quotidiana comprensione, ingentilite da uno stile essenziale, a tratti favolistico, con il piglio da consumato folk-singer (la brillante Vorrei Essere, l'ironia di Giudizio Non Ho). L'essersi circondato da un nugolo ben definito di strumentisti è altra felice scelta artistica; così, mentre Vladimiro Carboni alle pelli e l'alternanza Giannetti-Silvestri al basso si occupano sistematicamente delle fondamenta ritmiche, sono gli archi di Luca D'Alberto a suggerire un retrogusto di anoressico blues all'eccellente Povero È L'Amore e spetta ai fiati di Vittorio Alinari regalare brividi nel raffinato cantare l'altra metà del cielo contenuto in Rose Di Ottobre. Spessore e qualità anche nelle reminiscenze bennatiane di Nerone, con intrecci chitarristici armonizzati che conducono diretti a Ogni Cento Parole. Un ultimo saluto all'ascoltatore è affidato alla conclusiva Girasole, soliloquio intriso di malinconia, con l'amarezza consapevole e disillusa per una esistenza mobile, dinamica, complicatamente multiforme che richiederebbe una seconda vita per non fallire più. Opinioni, sensazioni, appunti: pensieri verticali, musica d'autore fra tradizione e introspezione, tra il sogno americano e il risveglio mediterraneo, libero spazio aperto per chi vuole innamorarsi, funambolo chagalliano perennemente in volo, fra parole e riflessioni.
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