lunedì 30 maggio 2011

27-05-2011
- EBO TAYLOR live @ Conservatorio Cantelli
Novara (NO)

Spesso, in mille altre faccende affaccendati, non siamo in grado di regalare una pausa a noi stessi, non troviamo il tempo per rilassarci e staccare la spina. Guardiamo ben poco oltre il nostro orticello e non ci accorgiamo della Bellezza che circonda le nostre vite, lasciando magari ad imbonitori esterni e perlopiù superficiali quel privilegio che spetterebbe di certo anche ad altri più meritevoli. Ecco, uno degli eventi maggiormente in sordina di questo 2011 è senza dubbio la calata in terra italica del grande Ebo Taylor, personaggio a suo modo mitico, figlio di quell'Africa nera, terra del ritmo e culla della civiltà, abbandonata troppe volte a sé e sfruttata fino al midollo. Spesso defilato rispetto al music business internazionale, il musicista, classe 1936, non realizzava un album per il mercato mondiale da tempo immemorabile. La sua riscoperta ad opera dei lungimiranti Usher e Ludacris che ne campionano alcuni frammenti sonori spinge il veterano Ebo a realizzare il recente LOVE AND DEATH, quarantacinque minuti di pura energia afro, innestata su un innato gusto per il ritmo che non conosce confini di lingua, razza, religione. Portarla in giro per il mondo diventa una sorta di piacevole missione.

Dicevamo: in Italia tre sono le date fissate per questa fine maggio. Quella a cui decidiamo di partecipare si svolge a Novara, nel pregevole e opportuno spazio del conservatorio Cantelli, misconosciuto gioiellino di acustica, accogliente e ben organizzato, per merito del Novara Jazz, rassegna musicale giunta alla sua ottava edizione, sempre attenta a proporre in cartellone ottime e mai scontate performance. Sono passate da poco le 21:30 quando sul palco sale l'Afrobeat Academy, ensemble multietnico che accompagna il buon Ebo in questa sua avventura europea. Posizionatosi di fronte all'organo che farà bella mostra di sé alle loro spalle, i sette-musicisti-sette attaccano la storica Victory che mette subito in chiaro il mood della serata: suoni percussivi, primordiali, filtrati da funky, soul, rock e blues nell'accezione più ampia del termine, ma soprattutto tanto, tanto, tanto ritmo. È la batteria di Ekow Alabi a scandire il tempo, con le percussioni di Eric "Sunday" Owusa ad arrichirne le sfumature; Ben Abarbanel-Wolff al sax e Philip Sindy alla tromba innestano a loro volta colori caldi, solari, in una parola, vivi. Quindi ecco comparire Mr.Taylor, prendere posizione sullo stage, imbracciare la chitarra, intonare coi suoi compagni l'intensa Kwame, presente all'interno di LOVE AND DEATH in versione strumentale, ma pubblicata in questa veste su precedenti album di importazione, e ballare. Nell'arco di un'ora e mezza abbondante, tanto sarà infatti la durata del concerto preceduto dalla premiazione con la Chiave d'Oro per mano di Franco Zanetta, non ci sarà occasione di vedere la leggenda ghanese arrestare i suoi passi di danza che, poco per volta, riusciranno nell'impresa di smuovere e coinvolgere alcune frange di pubblico radunatosi ai fianchi del palco, festante e divertito.

La melodia di Oborekyair Aba è il terzo momento di festa che si sviluppa tanto sul palco quanto tra le poltroncine disposte di fronte e lateralmente ad esso. Mentre le note si susseguono, Ebo continua il suo ballo tra
un breve assolo di chitarra e l'altro, lasciando l'incombenza di cantare Croonan Dey al fido tastierista Henry Taylor, autentico coordinatore della band e in evidenza pure sull'inno Mizin, apprezzatissima composizione, oggi leggermente velocizzata nei ritmi, ma dilatata nei tempi per consentire a Taylor di far scorrere le sue dita lungo il manico della SX Les Paul in un bell'assolo e continuare nell'incessante missione di smuovere il pubblico presente. È tempo di Love And Death. Composta in occasione del divorzio dalla moglie negli anni '70 e riproposta sul comeback album del 2010 in una nuova versione matura e sempre meditativa, pur non rinunciando a ritmi dal sabor latino, ciò che colpisce è la sua urgenza espressiva e di comunicazione che traspare anche attraverso il ballo di Ebo, concesso alla sua chitarra, sposa per una sera, compagna per la vita. Adesama è motivo di festa: Ebo raggiunge Owusa e, chitarra a tracolla, si unisce per un'istante alle percussioni prima di tornare al canto e al ballo mentre Patrick Frankowski, al basso, elabora una solida base per i fiati jazzati che, non eccessivamente invadenti, si insinuano con il loro sapore latino prima di un breve assolo di batteria ad opera di Alabi.

Il suadente ritmo circolare di Obra e la carica tribale di Kwaku Ananse sono altri momenti imprescindibili della serata, dilatati ben oltre le loro esecuzioni in studio e sottolineati da un Taylor sempre più a suo agio, visto il progressivo coinvolgimento degli italiani in sala, ora provetti ballerini tra poltroncine e parterre. L'ennesimo classico highlife proposto è Ather Abroba; in questo caso è Henry Taylor ad occuparsi delle linee vocali mentre Ebo danza, balla, torna un istante alle percussioni, regala un paio di assoli ed infine, a musica conclusa, saluta tutti sventolando un simbolico fazzoletto bianco. Ma il pubblico ne vuole ancora. E non è ancora tempo per i bis. Che fare? Accalorato per la performance fin qui tenuta, con quello stesso panno bianco a detergergli il sudore, l'antico amico e collaboratore di Fela Kuti torna al microfono, accorda nuovamente la chitarra e regala una preziosa interpretazione fuoriprogramma in compagnia dei soli Alabi, armato di mojo maracas, ed Owusa, naturalmente al bongo. Applausi, tanti applausi, ognuno dei quali è davvero stra-meritato per questo signore innamorato della vita, e standing ovation. E ora sì, siamo davvero giunti al gran finale. Dopo un doveroso spazio dedicato all'Afrobeat Academy che esegue un altro classico qual è Come Along, è l'indiavolato ritmo di Heaven a divenire il pretesto per l'ennesima danza scatenata sul palco e l'occasione per il quasi omonimo Henry di condurla a termine con J.J.Whitefield, fin qui nelle retrovia per dar giustamente spazio alla chitarra di Ebo, a centellinare le note fino al termine del pezzo. Serata stupenda, partecipata, vissuta, indimenticabile. Un plauso agli organizzatori e imperitura stima per un piccolo grande uomo destinato a lasciar un segno enorme nella Musica che conta. Quella che poggia sul ritmo della vita.

Andrea Barbaglia '11

nb: si ringrazia per le fotografie pubblicate Max Catanzaro

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