martedì 30 aprile 2013

UN GIORNO DI FESTA

UN GIORNO DI FESTA
Statuto
- Le Foglie e Il Vento - 2013

30 aprile 2013. Una data che assume un doppio valore per la band ska numero uno in Italia e tra le più longeve del continente europeo. Correva l'anno 1983 e al Parco della Tesoriera di Torino, in occasione della festa del Primo Maggio, saliva sul palco un nugolo di giovani musicisti Mod destinati a divenire su scala nazionale punto di riferimento caratterizzante una città e un movimento intero, che a sei lustri di distanza da quella prima, rocambolesca, apparizione pubblica gode di ottima salute e festeggia oggi il suo (primo) trentennale con una nuova formazione, un nuovo album, una nuova agenzia di booking e un nuovo, caldissimo, tour. Il cavallo di ritorno è Alex Loggia, storico chitarrista del combo torinese già da qualche tempo di nuovo al fianco di oSKAr e soci, prima in coabitazione live con il transfuga Valerio Giambelli (passato a dare mano forte all'amico Danilo Sacco), ora solista a tutti gli effetti. Consolidata la collaborazione artistica con Ron, per l'etichetta del quale esce UN GIORNO DI FESTA, gli Statuto salgono sulle loro Vespa e, marcia in-granata, sono pronti a sprintare a tutto gas fin dalle prime note della spumeggiante title track, racconto di quotidiana complicità e solidarietà fra padre e figlio ai tempi della crisi. Con un occhio di riguardo sempre puntato sulla strada, maestra di vita e fonte di ispirazione, e l'altro sintonizzato sui rapporti interpersonali, l'accoppiata Giammarinaro-Loggia firma dieci dei dodici brani, tutti in grado di inserirsi tranquillamente anche in questa occasione nel solco della tradizione musicale della band. Sempre più matura e sempre meno allineata alle mode del momento. Ska, soul, brit-pop, R&B, rock: potendo contare su questo tipo di basi padroneggiate con invidiabile disinvoltura, è facile sperimentare e flirtare addirittura con la musica classica attraverso un arrangiamento per soli archi ad opera del maestro Ezio Bosso, ieri bassista della band, oggi stimato compositore internazionale. Nella antica Non Sperarci, qui cantata in duetto con Alessandra Contini a sostituire l'originale Lucia Tomasi, è lui a condurre il quartetto d'archi su ci poggia l'intera composizione edita nel 1987 come lato B del singolo Ghetto. Chi però dagli Statuto vuole ritmi decisi e fiati a profusione non faticherà a trovare sicuro ristoro sonoro dal divertito omaggio in levare per Rudy Zerbi contenuto in Rudy Playboy (cover degli oscuri Locomotive), così come dalla brillante Invisibile o addirittura lungo le stade percorse Pedalando Elegante in compagnia del Mod su due ruote Bradley Wiggins. Restando in ambito sportivo, nella scia tracciata dalla strepitosa Grande e dalla più recente Facci Un Gol si inserisce l'ennesimo ottimo ritratto di fede torinista: meritatamente questa è la volta di Giorgio Ferrini, Il Capitano per l'appunto, quello di lungo corso, uomo di indiscusso talento agonistico e ineccepibili qualità morali. Di calcio si parla pure in Intercity Firm, ma è con la pungente critica sociale della grintosa Colpevole Di Essere Giovane che gli Statuto alzano il tiro, rifiutando la massificazione del sistema gerontocratico in cui viviamo e rinnovando la propria fede modernista in Io Non Ho La Mia Età, una personalissima My Generation sui generis sbocciata all'ombra della Mole, tra Oasis e Paul Weller. E se Torino diventa protagonista de La Mia Città, la Madrid degli amici Mod spagnoli ne è la gemella portata nel cuore. In chiusura ancora una promessa che è pure rivendicazione salace di indipendenza da tutto e da tutti: Il Meglio Arriverà e sarà "tutto per noi". Che i festeggiamenti abbiano inizio.
 
un link al seguente post e il post stesso sono presente qui: http://www.statuto.net/ e, conseguentemente, qui (in data 17 giugno): http://ildiariostatuto.blogspot.it/

venerdì 26 aprile 2013

WHY HAST THOU FORSAKEN ME?
Universal Daughters 
- Santeria - 2013  

Ha un sapore lisergico, psichedelico, imprescindibilmente cosmico, raccolto e a tratti magico il debutto degli Universal Daughters. Combo sorto da un'idea di Marco Damiani e Marco Fasolo dei Jennifer Gentle dopo una lunga chiacchierata con Chris Robinson al termine del live italiano che i Black Crowes tennero a Vigevano nel 2011, esso va a coinvolgere pure il produttore Jean-Charles Carbone e Maurizio Boldrin, elemento ritmico fondamentale negli Anni '60 per I Condor e I Craaash e oggi impegnato alla batteria con i Mamuthones, in quella che può definirsi inusuale e sorprendente backing band per una pletora di prestigiose voci provenienti principalmente dagli Stati Uniti d'America. La finalità benefica in favore della Città della Speranza, fondazione patavina che finanzia il centro di oncoematologia pediatrica di Padova, è la ciliegina di richiamo sulla gustosa torta che Santeria e Rough Trade ci servono. È un disco di presenze questo WHY HAST THOU FORSAKEN ME?. Reali ed extrasensoriali. Il progetto si caratterizza infatti per il recupero di canzoni d'Oltremanica e d'Oltreoceano, il più delle volte fedeli agli originali, capaci di attraversare il secolo scorso (si va infatti dagli Anni '20 al principio degli Anni '80) con l'innesto di ospiti prestigiosi quanto inaspettati che caratterizzano con la propria performance vocale i singoli episodi. Ma c'è un alone, un'aura, una condizione di indefinibile contatto con l'aldilà che permea tutto il lavoro. I Hear Voices, rivela un Alan Vega al limite della possessione. Non si tratta di singoli casi; è la sensazione di insieme che tocca le anime più sensibili inebriandole di un profumo trascendentale. Forse è il riverbero sulla voce di First Of May, con il frontman dei Pulp Jarvis Cocker a sostituire Barry Gibb; oppure dipende dall'Hong Kong Blues cantato dal noto performer transessuale Baby Dee in vece di Hoagy Carmichael. Forse è il jazz soffuso e sempre evocativo di Midnight, The Stars And You che il crooner Al Bowlly pare aver cucito su misura per Lisa Germano ottant'anni fa; o magari è l'evocativo mantra del sud degli Stati Uniti che il già citato Robinson recita con la benedizione di Washington Phillips in I Am Born To Preach The Gospel riallacciandosi ad un filone tradizionale di innegabile fascino e vitalità a cui pare non sottrarsi l'ottimo Steve Wynn con la splendida ballad Psycho. Anche i Big Star di Alex Chilton non sono mai stati così spettrali con la loro Kangaroo come invece gli Universal Daughters, in collaborazione con Gavin Friday dei Virgin Prunes, riescono ad esserlo. Né Jerry Leiber e Mike Stoller hanno mai avuto un interprete capace di toccare corde così profonde in Is That All There Is? come al contrario fa l'ex Wall of Voodoo Stan Ridgway. Ritmo e dinamismo sostengono l'indiavolata It's Your Voodoo Working (lead vocals affidate a Mick Collins) tanto quanto tutta l'aura di inquietudine espressa da Pino Donaggio con la strumentale For The Last Time We'll Pray per il film Carrie - Lo Sguardo di Satana si conserva e viene, se possibile, amplificata. Portiamo avanti le lancette dell'orologio con Swamp Dogg. Passa il tempo ed è già sera; l'amore, la morte, la gioia, la tristezza, l'allegria e la depressione... Mother, tutto passerà.

lunedì 22 aprile 2013

M'ORS

M'ORS
M'ors
- Infecta / Calacas Records - 2013

Un equilibrista in bilico fra le note. Questo è Marco Orsini da Roma. Con il suo elettrizzante progetto M'ors compie un variegato excursus nel miglior cantautorato italiano che non disdegna la fruibilità per le masse, ma anzi si lascia di fatto contaminare pigramente da un piacevolissimo afflato pop capace di rinnovare gli stilemi del genere e sempre utile per arrotondare le spigolature e rimpolpare la melodia che, rispettivamente, il rock e il folk (a cui ci si rifà) portano con sé. Con un occhio al sud del mondo. A tutti i sud del mondo. Una patchanka di gran classe dunque per l'esordio di questo sestetto generatosi quindici anni or sono tra Roma e la Romagna. Potenzialmente ogni canzone ha tutti i crismi per divenire il singolo trascinante dell'album; scelta, questa, ricaduta su un fantasioso Rock-Co-Co-Co dalle pulsioni beat, ottimo esempio di pop rock d'Oltremanica desideroso di incontrare il folk punk sviluppato dai Green Day in Warning. Eppure non ci sarebbero stati problemi nel lanciare sulle piattaforme mediatiche la solare Eritrea, con il suo sound estivo e i suoi ritmi calypso-tropicali che fanno pensare a certe trovate dei quasi corregionali Ridillo; o addirittura la più impegnativa Il Re Nel Fango la quale, seguendo coordinate sonore care a Dente e rintracciabili anche altrove in compagnia de Il Mio Amico Gramsci, tratteggia la figura di un sovrano vanesio e compiaciuto di sé, ben poco disposto a scendere da un trono effimero, decorato con lustrini e paillettes. Non un solo momento di stanca: anche nell'interlocutoria, ma non per questo meno incisiva, Fantasia, Orsini, Ciuzz, Pica, Jack Tormenta, Piddu e Zena hanno trovato la giusta chimica affinché, grazie anche alla naturale collaborazione in sala di registrazione con Manuel "Max Stirner" Fusaroli (con Tormenta nei, anzi "i" Don Vito e i Veleno), le dieci tracce del platter funzionino nel miglior modo possibile. Semplicità è la parola d'ordine in casa M'ors. Bandita ogni forma di esasperato e complicato tecnicismo, è la Poesia a prendere il sopravvento, quella stessa poesia fatta di autentica spontaneità che ci fa vivere meglio tanto la spensierata leggerezza di una bella giornata di sole quanto l'espressionismo della stupenda Anima Nera, intreccio sincopato di chitarre talmente ben riuscito da essere stato preferito nella sua versione demo. E anche quando è la matrice sociale a connaturare le riflessioni del sestetto (l'incrocio avventuroso in acustico fra Subsonica e Mano Negra di Tutti In Piazza con il piano di Zena a imperversare; il precariato di coppia in Pericolante) è l'innata tensione al viaggio a manifestarsi una volta ancora. Il Lungo Viaggio di una donna africana scappata dalla guerra e sopravvissuta alle difficoltà che l'hanno infine condotta nel nostro paese. "Tra sogni di pace, amore e di un tanto atteso parto imminente."

mercoledì 17 aprile 2013

MALA TESTA

MALA TESTA
Alessio Lega
- A Buzz Supreme - 2013

Disco di storie, di luoghi e di anarchia. Così ci piace presentare l'ultima fatica di Alessio Lega, al quinto album del suo percorso cantautoral-militante comprendente anche un riuscito ep omaggio alle canzoni del professor Gianni Nebbiosi. Un personaggio simbolo delle più urgenti istanze sociali capace di mettersi sempre in gioco; ora con disinvoltura accanto ai funambolici Mariposa negli esordi del pluripremiato RESISTENZA E AMORE, ora con malcelata emozione e sanguigna deferenza quando si tratta di misurarsi con la grande canzone d'Oltralpe di Leo Ferré o "Tonton" Brassens. Abile costruttore di trame narrative (la ricercatezza formale di Isabella Di Morra su tutte), Lega viaggia attraverso la memoria collettiva e quella personale, fatta di libri, approfondimenti e indagini a tutto campo, scegliendo una carrellata di figure forse mai celebrate abbastanza eppure così ben radicate e rappresentative dell'italico sentire comune, utili per imbastire un discorso trasversalmente politico in cui è la tripartizione narrativa a suggerire le coordinate e a dettare i tempi del lavoro. Passione e attenzione sono le molle capaci di spingere una volta ancora le riflessioni poetiche dell'artista salentino là dove altri operano mediante più ampie pubblicazioni editoriali. Qua il racconto è necessariamente sintetico eppure parimenti descrittivo e felicemente compiuto. L'enigmatica scritta Frizullo sulle navi carretta in balia del Mediterraneo, le Risaie mollemente fertili ("i chicchi bianchi della fame nera") che  si estendono nelle terre d'acqua del Vercellese e della Bassa Novarese, il delitto Matteotti sullo sfondo della quotidianità familiare di un presente che si incarna fiero nel futuro sono l'ombelico di un mondo poeticamente credibile e condivisibile. Irriverente sindacalista con Ascanio Celestini in Monte Calvario e leggero cantore ne La Scoperta Di Milano, Lega approfondisce la tematica amorosa grazie all'amaro volo solitario di Icaro e a quello romanticamente rigenerante de I Baci, sviscerando ansie e aspettative comuni mettendone a nudo i tratti salienti. Esempio di folk song senza tempo, con dedica mirata al poeta Roberto Roversi, è poi Spartaco, omaggio al gladiatore tracio che assurge al ruolo di eroe contemporaneo, trasfigurato infatti nella quotidianità odierna di un precariato vissuto fra cantieri e lavori interinali e proprio per questo mosso, una volta ancora, alla ribellione. Per non soccombere. E mentre con Paolo Pietrangeli rivendichiamo Canzoni Da Amare e una voce ci suggerisce "Difendi L'Allegria!", è La Piazza, La Loggia, La Gru l'ennesima occasione imprescindibile di riflessione, civile e circostanziata, in cui realtà fra loro differenti si intrecciano nel flusso inesorabile degli eventi. Vola alto Alessio Lega, senza paura e come sempre lontano dalla retorica di questo o quel partito. Libero e battagliero. Coraggio, pietà non è morta.
 

martedì 16 aprile 2013

FERMOIMMAGINE

FERMOIMMAGINE
ERO
- Zetafactory - 2012

A tutti gli orfani degli impareggiabili Coldturkey che a metà anni '00 seppero realmente emozionare con un cd meritevole di miglior sorte come ASSALTACUSTICO l'invito è quello di non disperare. Nulla si distrugge. Semplicemente tutto scorre. E cambia. ERO è infatti la nuova creatura di Simone Magnani, il frontman di quell'imprevedibile duo che, perseverante, ora si mette al servizio di una nuova formazione dal taglio decisamente più rock, ma con variegate contaminazioni e mutevoli umori musicali alla base di un crossover maturo e poetico. Sì, perché Magnani non ha perso il dono della scrittura in questi anni di silenzio, ma anzi l'ha affinato ulteriormente. E per raccontarlo ci piace andare controcorrente partendo dal finale del cd, da quella Se, piano-ballad lunare da brividi, capace di mettere in evidenza la sensibilità musicale del giovane cantautore carpigiano e occasione per ritagliarsi un momento unico di sognante intimità amorosa dopo le tante occasioni, riuscite, di convulsa energia che pervadono il resto del lavoro. FERMOIMMAGINE è infatti una rigenerante caduta in quella spirale che folgorò decine di migliaia di persone sulla strada del Rock; quel rock con la R maiuscola, dal potenziale dinamitardo. Mai domo. Fiero. Difficile da disinnescare. Si prenda l'esplosione chitarristica de Il Santo, con gli axemen Enrico Gherli e Luca Righi decisamente sugli scudi, o il vortice grunge de La Macchina Del Tempo con quel nervoso innesto blues di armonica, perfetto contraltare sonoro alla rabbia vocale di Magnani. Le polaroid scattate all'esistenziale dubbio cosmico di Tina sono l'ennesima conferma alla bontà del progetto: cantautorato metropolitano dai bagliori British e performance strumentale niente affatto scontata in cui anche la sezione ritmica di Mattia Crepaldi (già con l'interessante progetto Angus Mc Og) e Marco Manfredini riesce a prendere il sopravvento prima di tracciare la strada in Non Ne Vale La Pena. Semplicemente eccezionale X: con i Temple of The Dog nel cuore e  i Pearl Jam di TEN nelle orecchie la mèta finale del viaggio non può che essere Seattle per quello che è un omaggio alle proprie radici musico-culturali. Cambio di rotta invece con il funky soul grintoso de L'Epitaffio, solo un poco mitigato dalle essenziali linee di tromba che Enrico Pasini, collaboratore di lungo corso dell'indiavolata Beatrice Antolini, tratteggia tra un wah-wah e l'altro. Photophobia è contagiosa, con le sue atmosfere kafkiane rese al meglio dall'interpretazione vigorosa di un sempre più sicuro e deciso Magnani qui sostenuto da un altrettanto robusto hard rock. Giunti alla (jazzata!) title track, ennesimo must del cd, plachiamo per qualche istante l'antico ardore, ci facciam cullare dalla tromba e, accompagnati dalle sei corde, riposiamo nelle prime ore del pomeriggio all'ombra di una quercia secolare, protetti dal cocente sole che batte impietoso sulla pianura padana. Sono i Cocci Sparsi di una vita sincera spesa fra alti e bassi nei paesi, lontano dalle grandi città dove i giochi di potere sono all'ordine del giorno, tra la via Emilia cantata dai Nomadi e la East Coast di un John Frusciante solitario e serenamente irrequieto dopo i fasti redhotchilipeppersiani; là dove è la Natura a prendere a volte il soppravvento (La Scossa, caratterizzata dai vocalizzi della diciannovenne Alice Sacchi) e l'uomo resiste grazie alle sue passioni (Sali E Scendi). Capitani coraggiosi. Visionari illuminati.
 
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lunedì 15 aprile 2013

ZOLLE

ZOLLE
Zolle
- Supernatural Cat - 2013

È una poderosa badilata in pieno viso il debutto degli Zolle. Secca. Diretta. Dolorosissima. Lo scapestrato duo lodigiano formato dal MoRkObOt Marcello Bellina, che ormai sembra averci preso gusto nel cimentarsi alla chitarra a fronte anche del recentissimo nuovo album partorito in casa Berlikete, e dal suo antico compagno di scorribande sonore nei Klown, di cui ci è dato sapere solo il nome di battesimo, Stefano, alla batteria e allo xilofono (divertente l'intermezzo di Trynchatowak), è un treno lanciato a folle velocità per le strade di South Park e l'iperspazio di Futurama a suon di stoner rock, lapidario e senza fronzoli. Completamente strumentale ZOLLE possiede una peculiarità: non stanca mai. Il perché è presto detto: la linearità dei singoli pezzi e la loro relativa brevità (solo la conclusiva Moongitruce, bislacca Dazed And Confused ri-zollata, coi suoi quasi 7 minuti e mezzo rifugge infatti da tutto questo) sembrano essere fatti apposta per un ascolto dinamico, ma anche pigramente distratto; un ascolto che richiede sì attenzione, ma che ugualmente presta il fianco a farsi rovente sottofondo tra una pennichella e l'altra. Meglio poi non scervellarsi troppo di fronte a titoli fonosimbolici come Weetellah, LeeQuame o Man Ja To Ya!. Come si può facilmente intuire l'immaginario coltivato è quello agricolo, quello della campagna italiana più verace e sanguigna, coi suoi profumi e i suoi odori, in cui tra forconi e zappe (Forko) ci si sporca le mani non solo con la terra (Heavy Letam); una realtà legata alle radici del duo, in cui le divinità pagane si mescolano con quelle fantastiche immaginate dalla mente di Bellina, il tutto vissuto con leggerezza e goliardia. Uno sberleffo. La scoppiettante Trakthor, oltre a fornire un esordio dinamico al disco, tradisce tutto questo, mescolando in allegria con una grintosa furia heavy la robustezza del mezzo agricolo alla possanza del dio del tuono. Suoni grossi dunque, compatti ed essenziali che uniti a limitate sovraincisioni realizzate presso il Mizkey Studio, dove l'album è stato registrato da Michelangelo Roberti, e a oculati interventi di fertilizzazione per mano dell'Ufomammut Urlo e del Quasiviri Roberto Rizzo diventano gli ingredienti salienti per l'allevamento di Mayale e la coltivazione di Melicow. Di certo non l'ambiente bucolico tratteggiato da Virgilio nelle sue egloghe; ma neppure quel terreno arido e incolto abbandonato a sé stesso che l'industrializzazione e l'inquinamento incivile hanno poco per volta sottratto all'uomo. Eppure di fronte a tutto questa operosità calda e viva, ascolto dopo ascolto, lentamente, affiora una velata componente si potrebbe dire orrorifica, da B-movie americano, percepita come substrato narrativo secondario, forse voluto, forse no. Un percorso che non stupirà i seguaci di Berlikete, non nuovo a queste visioni alternative di boogeyman e uomini neri ritratte con disinvoltura nelle sue stampe e nei suoi piccoli quadri, ma che certo sorprenderà chi dalla campagna si attendeva solo pace e tranquillità. Un ultimo sguardo alla cover dell'album e tutto si fa più chiaro.
 

sabato 13 aprile 2013

BLOOM

BLOOM
LU-PO
- AEF/Radio France International - 2013

Votato al minimalismo della Terra, Gianluca Porcu, titolare nonché deus ex machina del progetto LU-PO, festeggia i dieci anni di attività discografica rilasciando in digitale, con la sinergia di quella AEF già in orbita Radio France Internationale e a soli cinque mesi dal precedente racconto notturno STENDERE LA NOTTE, questo ottimo BLOOM che poco ha a che spartire, musicalmente parlando, con il suo predecessore se non fosse per quell'evocativo astrattismo strumentale e l'indubbia capacità tecnica del suo esecutore che ne contraddistinguono la trama. Sono cambiati infatti gli scenari sonori così come le modalità di esecuzione hanno seguito il nuovo mood dal quale si è originato questo prodotto dal taglio internazionale. Mentre cinque mesi fa la collaborazione con archi e ottoni aveva partorito una sintesi fra genio umano e meccanica elettronica, qui tutto è ridotto e riconducibile all'intelligenza delle macchine che, partendo da uno spunto sonoro caldo come può esserlo un arpeggio di chitarra, prendono il sopravvento per disegnare un landscape maggiormente algido ed etereo. Didascalica in tal senso è l'introduttiva Angel in cui, oltre a rimandare emotivamente ad una dimensione ultraterrena, viene testimoniata la crescita artistica del musicista sardo. Registrato tra Cagliari e Torino, BLOOM mette infatti a frutto una ricerca musicale matura, basata sulla elaborazione del suono che si piega alle esigenze di synth e tastiere anche quando concepito su una strumentazione più tradizionale. Uno slancio capace di bilanciare le aspettative di quanti sono più legati alla tradizione di suoni acustici e quanti amano perdersi invece nelle derive moderne dell'elettronica intelligente che sa dare concretezza a immaginifiche cattedrali del pensiero. Quanto LU-PO produce e successivamente trasmette alle nostre orecchie è anche una ricerca interiore, meditativa ed emotivamente delicata che tende alla descrizione oggettiva e analitica della realtà. Anche se parziale e mai del tutto rivelata. È un continuo scavare in profondità, alla perenne ricerca di un qualcosa di indefinito e indefinibile. La liquida Guilty Guitar, il gorgo che pare inghiottire Autumn, la felpata Bloom, la percussività di Tree, il tranquillo paesaggio d'acqua dolce tratteggiato in Lake, l'insospettabile crepuscolarità crepitante di Daylight, il moto ciclico delle mare esercitato da Moon e Moon II sondano il campo e si addentrano, mai invasive, nei misteri della Natura, mutando ed evolvendosi in una sequenza di stati d'animo e sensazioni (il più delle volte malinconiche) sperimentabili dall'individuo nel corso della propria esistenza umana. Uno sguardo riflesso nella sospensione infinita tra astratto e concreto. Giocando con le unità di tempo, luogo e spazio senza paura dell'Infinito.

martedì 9 aprile 2013

ARTISTI VARI RISUONANO I FRIGIDAIRE TANGO

ARTISTI VARI RISUONANO I FRIGIDAIRE TANGO
AA.VV.
- Go Down Records - 2013

Sono tra le prime realtà italiane che all'inizio degli anni '80 del secolo scorso hanno aperto le porte all'avvento della new wave proveniente da Oltremanica, lasciandosi fascinare da suoni sintetici e scuri, unendo chitarre elettriche taglienti a ritmiche sincopate e nervose. Un album importante per tutta la scena (THE COCK, 1981), un mini lp poco tempo dopo, preludio ad un secondo 33 giri presto accantonato, la partecipazione alla gloriosa compilation BODY SECTION, accanto fra gli altri a Litfiba, Diaframma, Rinf e Kirlian Camera. Diversi concerti. Addirittura una documentario targato RAI. Poi, inevitabili, qualche tensione interna e alcune frizioni con l'esterno; lo scioglimento nel 1986 e il parziale oblio durato vent'anni. Il ritorno sulle scene è datato infatti 2006 e si manifesta attraverso il rilascio di un succulento box, le cui chicche sono proprio quel secondo album mai uscito e un live registrato principalmente in Spagna, seguito successivamente dal maturo L'ILLUSIONE DEL VOLO, cd fatto di pregevoli spunti sonori e testuali, questi ultimi una volta ancora appannaggio di Charlie Cazale, e ricco di amici corsi a supportare il sestetto di Bassano del Grappa nella sua rentrée. Non sorprenda perciò l'uscita di questo tributo per quella che in fin dei conti non è riuscita ad elevarsi oltre il rango di cult band; ci si mobiliti piuttosto per recuperare quello che è un frammento della nostra storia musicale, relativamente marginale forse, eppure capace di toccare indistintamente le corde di uno spirito affine come il Maestro Canali, intento a riappropriarsi dell'antica Recall (proposta in chiusura anche dai Radiofiera nella sua versione anglofona) piegandola alle esigenze della lingua italiana per tramutarla in un Richiamo sognante, poeticamente rabbioso e malinconico, e quelle di una giovane artista vicentina promettente come Camilla Fascina, qui in duo con il produttore Giuseppe Piol per una accattivante Normalmente Triste. Tra questi due poli ecco intercettate altre nuove leve del musicartigianato moderno come l'Operaja Criminale, alle prese con la storica Vanity Fair, eterea e frammentata, i Wora Wora Washington di Brain Rock, solida scheggia post punk sviluppata su un tappeto di synth, e i "pestilenti" Muleta con una ottima This Day '78. Non mancano ovviamente gli amici di mille battaglie. Primo fra tutti Miss Xox in combutta per la riedizione di Push con Gianmaria Accusani, e i suoi Sick Tamburo, come ai tempi dello storico The Great Complotto; a ruota seguono i Diaframma di Federico Fiumani (a loro volta omaggiati nel 2008 dal valido IL DONO - ARTISTI VARI INTERPRETANO I DIAFRAMMA) e la recente Poesia Di Luce, quindi l'ex Detonazione Bruno Romani, in trio con Xabier Iriondo e il pianista Giorgio Pacoring, per l'improvvisazione situazionista di Presage. Interessante la nu wave jungle di Faust Degada, leader dei seminali Degada Saf, che si impadronisce di Natural Mente, e la dilatata operazione tra elettronica e post punk di Dream City, riletta con mirate sfumature ambient dagli Adam Carpet, innovativa formazione di Diego Galeri. Metabolizzate a dovere, pure la clandestina The Tiger e le classiche Frigidaire Tango e Take Over From Me vengono (ri)messe in circolo rispettivamente dagli OJM, da Knup e da Phinx. Una segnalazione la meritano pure Il Magnetofono con Tutto, Niente, Qualcosa, Ilenia Volpe (chitarra e voce per Milioni Di Parole) e Il Corto Maltese di Mescola Le Razze. Ma non finisce qui: anche Sergio Volpato e i suoi Plasticost sono della partita (in compagnia de I Mutanti) per l'attesa The Cock (Miniaturizzato). Tracce e suggestioni che lasciano il segno. Anche nel nuovo millennio. Eleganti. Decise. A passo di tango.

sabato 6 aprile 2013

BERSERK!

BERSERK!
Berserk!
- RareNoiseRecords - 2013
 
Sono spiriti ampiamente inquieti quelli manifestatisi attraverso le note prodotte dalle musiche d'avanguardia composte e realizzate da FEL, a.k.a. Lorenzo Feliciati, una militanza importante nei primi, rivoluzionari, Tiromancino e in seguito guru del basso fretless, e LEF, al secolo Lorenzo Esposito Fornasari, musicista, produttore, agitatore sonoro in uscita quasi contemporaneamente a questo BERSERK! con SAGA, IL CANTO DEI CANTI, l'opera equestre scritta e cantata da Giovanni Lindo Ferretti, divenuta poi parte integrante della colonna sonora del film Fedele Alla Linea diretto da Germano Mazzoni. Sono demoni evocati e ben presto assoldati dal duo emiliano-capitolino per generare spazi e ambienti mistici, atemporali, privi di ogni caducità terrena, ricchi di sentori e sfumature trascendentali che pescano a piene mani tanto nel free jazz quanto nel rock sperimentale. Una miscela alchemico-matematica, dunque niente affatto immediata, densa, che è tuttavia moderno rituale ancestrale condotto da un collettivo apparentemente aperto nel numero delle collaborazioni, ma in realtà rigidamente soggetto agli schemi della sua stessa sperimentazione. C'è un'aura di sacralità pagana nel lento incedere lamentoso scandito dal drumming di Simone Cavina, fratello del forse più noto Luca, che sviluppa Macabre Dance mentre il trombone di Gianluca Petrella va a contrappuntare la voce cavernosa di Mr.LEF prima che il reticolato pianistico intessuto da Jamie Saft, già collaboratore di lungo corso di John Zorn, diventi parte strutturale della successiva, e diversamente gemella, Fetal Claustrophobia. La massiccia elettronica di Not Dead, preceduta dal contrabbasso di Feliciati che anima Blow, incanala l'altrimenti rarefatto trip hop progressivo di dantesca inquietudine lungo i binari di un ambient inquisitorio, carico di luciferina desolazione e disperata solitudine, andando a spalancare un vorticoso baratro sull'orrore. Un clima meno esasperato, eppure ugualmente oppressivo, si respira in First, spettrale raduno di anime elette in cui per la prima volta compaiono la batteria del crimsoniano Pat Mastellotto e il pianoforte del jazzista Fabrizio Puglisi, protagonisti a tutto tondo della speculare Wait Until Dark, decadente heavy song marchiata da un gelido sigillo gotico. Con Latent Prints gli scampoli controllati di cacofonia iniziale non sono mai motivo di frattura, anzi cedono lentamente il passo alla misura ordinata che si fa fusione di stili ed espressioni per mano del norvegese Eivind Aarset. C'è spazio anche per episodi a loro modo più personali. I sogni di Fornasari, coadiuvato dai soli Petrella e Aarset, vengono tracciati in Dream Made Of Wind e Dream Made Of Water; Feliciati si fa chiaroveggente nella strumentale Clairvoyance, occasione per il trombone di Petrella di incrociare la batteria percossa qui da Cristiano Calcagnile, per una emancipazione programmatica, fatta di idee e ipotesi tramutatesi concreticamente in avanguardia universale per mezzo degli arditi interpreti delle sette note alla base del progetto Berserk!. Un orizzonte logico, complesso e affascinante.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.berserkband.com/news/page/2/ qui: http://www.facebook.com/berserkband 

giovedì 4 aprile 2013

SAUDADE

SAUDADE
Selton
- Ghost Records - 2013

Sono passati ormai cinque anni da quel riuscito esordio discografico che fu BANANA A' MILANESA quando l'allora giovanissimo quartetto brasiliano dei Selton, sostenuto fra gli altri dal sempre imprevedibile Enzo Jannacci e dalla surreale ditta targata Cochi & Renato, recuperava in chiave rock una decina abbondante di brani tratti dall'immortale canzoniere di questi tanto stralunati quanto arguti padri della Canzone italiana, riuscendo innanzitutto a comprenderne l'essenza amara e ridanciana allo stesso tempo e, in seconda battuta, a realizzare un esotico ponte ideale tra Porto Alegre e la Bovisa. Misuratisi successivamente con un fortunato tour in supporto ad un secondo album omonimo di soli inediti, felice nei contenuti e nelle soluzioni formali, i Selton tornano oggi alla carica con il terzo disco della loro carriera. Aiutati da una nutrita schiera di appassionati sulla consolidata piattaforma di crowdfunding Indiegogo e supportati dalla competenza di Tommaso Colliva in cabina di regia, Daniel, Eduardo, Ramiro e Ricardo hanno una volta ancora partita vinta. C'è forse un pizzico di immediatezza in meno e soprattutto un briciolo di malinconia in più, già evidenziato nella cover di Come Deve Andare inserita in un recente album tributo agli 883, rispetto al precedente SELTON; si prenda ad esempio la fluida analisi esistenziale di Un Ricordo Per Me, carica di sospensione cosmica e irrisolto disagio psicologico. Tuttavia le buone vibrazioni che accompagnano da sempre la band hanno fatto sì che anche questa volta ci si possa gustare una spensierata mezz'ora di solare e festosa alchimia, riconoscibilissima fin dalle prime note del singolo apripista eseguito in collaborazione con l'amico Dente. Il cantautore fidentino, oltre a ritagliarsi appunto un cameo vocale (e video) in Piccola Sbronza, regala al quartetto la delicatezza corale de Un Passato Al Futuro presiedendo una volta ancora alla supervisione dei testi in italiano. Testi che, spaziando al solito dalla lingua di Dante al portoghese, approdano per la prima volta, ma con uguale disinvoltura, all'inglese. Ecco dunque la già collaudata Across The Sea, romantica love story bucaniera proposta spesso in passato durante i concerti; l'ondivaga Ghost Song, in cui è Claudinha Palma ad occuparsi delle voci spiritiche, e il colorato treno dall'anima latina di You're Good, introdotta dal divertissement vocale di Eduardo e Daniel Serviço Bem Feito. A garantire un ulteriore prestigio internazionale a SAUDADE ci pensa la collaborazione con l'ex Lounge Lizards Arto Lindsay, protagonista del rock carioca espresso da Qui Nem Giló (Saudade), brillante omaggio al re del baião Luiz Gonzaga, in cui le chitarre di Ramiro e Ricardo si sostituiscono alla fisarmonica originale donando al pezzo una aura di classica attualità. Lo stesso respiro senza tempo che l'eccellente mix tra Beatles e Beach Boys (davvero splendide le armonie vocali supportate dalla bionda Vania Marques) pervade la conclusiva Eu Nasci No Meio De Um Monte De Gente, caldo abbraccio dell'Oceano che è anche piccolo bignami autobiografico di formazione. Un lavoro che fa sintesi del percorso fin qui intrapreso (Vado Via è introdotta "in differita" da Renato Pozzetto), con lo sguardo rivolto ad un futuro non troppo lontano caratterizzato da un nuovo cantautorato globale in cui i tratti peculiari di più realtà si fondono in modo compatto pur mantenendo distinte le proprie specificità.