mercoledì 26 settembre 2012

MANOLOCA: FUORI DAL CORO
 
Metti una band al disco d'esordio e una serata passata in compagnia dei musicisti che la compongono, confusi tra il pubblico accorso per ascoltare i loro racconti e le loro storie dal vivo. Incrocia le dita per un aftershow lontano dagli eccessi dello stardom e dall'isteria popolare e, in assoluto relax, avrai una chiacchierata informale con una nuova realtà musicale capace di sorprendere per grinta e impegno. Massimo Vecchi, bassista di lungo corso dei Nomadi, è il frontman. Con lui un manipolo di agguerriti appassionati delle sette note a nostra disposizione. È, più o meno, andata così.
 

Come, dove, quando e per quale motivo nascono i Manoloca?
Agostino: Manoloca, prima ancora di chiamarsi tale è un gruppo nato per produzioni musicali sotto la direzione di Massimo Vecchi. Non esiste una data precisa, ma possiamo collocare l'inizio intorno al 2002.
Massimo: Nascono per un motivo molto semplice: io ho la presunzione di poter fare musica anche nei ritagli di tempo che mi lasciano i numerosi impegni coi Nomadi. Cosa importantissima è essermi trovato, oltre che in un gruppo di musicisti, in un gruppo di grandissimi amici. Noi ci troviamo davvero bene insieme, condividiamo lo stesso modo di pensare e di intendere la musica. Non che questo non si verifichi con i Nomadi; semplicemente, trovandomi in sintonia anche con questo gruppo di ragazzi abbiamo deciso di unire le nostre forze.
Agostino: Il feeling tra di noi è stato subito molto intenso. Con molta semplicità, dopo aver terminato il primo progetto nel 2006, il cd FORSE UN GIORNO di Marzia Vattai, pubblicato per la Segnali Caotici, noi della band abbiamo girato gli occhi verso Massimo; il resto è facile da indovinare.
Massimo: Questa collaborazione nasce infatti qualche anno fa, quando ci trovammo a fare dei lavori "conto terzi". Successivamente avendo da parte alcune canzoni le feci sentire ai ragazzi: loro si sono innamorati del sound e di dove volevamo andare a portare la nostra musica. Ci siamo trovati dunque in maniera naturale, senza nemmeno metterci d'accordo, ma con lo stesso intento e lo stesso fine. In questo modo siamo giunti anche alla realizzazione del cd.

Chi è il Franco Erenti che troviamo nei crediti dell'album?
Agostino: Varie persone si sono alternate all'inizio di questo progetto; una di queste è proprio Franco Erenti che è stato parte del gruppo quando già avevamo iniziato la stesura dei brani di LONTANO DAL CERCHIO; da qui la sua firma tra gli autori.
Massimo: Franco era un ragazzo che aveva cominciato l'avventura con noi e che successivamente, per una serie di vicissitudini personali, ha lasciato; però ci è sembrato giusto, visto che il progetto era nato anche con lui, dargli il credito sulle canzoni. Vedi, la nostra è un po' una democrazia, una società aperta: anche se magari un'idea viene a me o a qualcun altro, noi firmiamo tutti insieme perché ognuno ha portato, e porta, del suo nella lavorazione del disco.
 
Con che criterio Massimo ha scelto di destinare i brani per i Manoloca anziché portarli nei Nomadi?
Dave: La domanda non si pone; Massimo scrive le bozze dei brani pensando al destinatario. Noi non siamo i Nomadi e viceversa. L'identità è molto diversa. Massimo in compenso ha l'elasticità di scrivere sapendo quale spirito deciderà il carattere del brano.
Massimo: Io ho composto questo tipo di canzoni non col pensiero di portarle nei Nomadi, ma pensando di fare un progetto alternativo a quello che significa essere con loro. La cosa bella, se vuoi, è che in questo caso non ho avuto alcun tipo di imposizione di sorta: quello che volevo fare l'ho fatto, quello che volevo dire l'ho detto, quello che volevo suonare l'ho suonato. Sono contento che la gente l'abbia accolto bene. Volevo fare un disco che mi rappresentasse al 210%, un disco di combat rock. Che poi è quello che nel limite del possibile rispetto al sound dei Nomadi ho sempre cercato di portare anche là. Però sappiamo che il sound dei Nomadi è un sound ben definito e ha una determinata storia. Con i Manoloca io ho una storia alternativa, posso spaziare di più, portando brani direttamente in questo contesto, senza aver bisogno di fare una cernita iniziale. Questo è un progetto a parte e son contento che sia così.
 

Combat rock: siete d'accordo con la definizione usata da Massimo per descrivere la vostra musica?
Franz: Siamo ovviamente d'accordo con quanto detto, anche se lo spirito combattivo, che non risulta da una decisione a tavolino, ma è semplicemente la risultante naturale del nostro pensiero quotidiano, è una delle possibili chiavi di lettura. C'è anche l'ironia che caratterizza Il Prestigiatore, l'affresco psicologico realizzato ne Il Tuo Ritratto, l'omaggio storico de Il Ponte. Combat rock vuol dire che niente di quello che intendiamo dire è per noi superficiale. Potremmo anche sbagliare nelle nostre valutazioni sociali, o politiche, ma lo diciamo in maniera decisa.
 
Perché il titolo LONTANO DAL CERCHIO?
Dave: Devo darti il merito di essere tra i pochissimi che hanno posto la domanda. La genesi del titolo è stata laboriosa. Abbiamo cercato una formula non stantia per definire il fatto che non siamo d'accordo con molte realtà che viviamo costantemente (anche in questo senso torna il combat rock). Non pretendiamo di essere "fuori" dalla realtà sociale ma ci permettiamo la libertà di non essere d'accordo, cioè "lontani" dall'enorme cerchio, geometria costante per definizione, che rappresenta idealmente la conformità formale, la convenzione, la sicurezza, la paura della diversità.
 
Riguardo i testi, è tangibile l'aspetto sociale che li caratterizza; quali esperienze hanno spinto il vostro interesse verso queste tematiche?
Agostino: Parlando tra noi abbiamo scoperto velocemente che avevamo molte opinioni concordanti su quello che ci piace e quello che troviamo disgustosamente ingiusto. Avendo questa capacità musicale in comune è stato spontaneo cominciare a pensare di suonare dei brani che esprimessero questo stato umorale condiviso. Ma non ci fraintendere; non siamo tutti uguali, anzi, ci si potrebbe stupire di come fanno persone diverse in termini anagrafici e di formazione a trovare un punto di dialogo comune. Ma questa è la magia della (buona) volontà. Le nostre differenze non fanno altro che stimolarci a vicenda.
Massimo: Dirti come sono nati, per quale motivo... beh, neanch'io saprei farlo. Di certo c'è che ho avuto un periodo, qualche anno fa, perché devi sapere che questi pezzi iniziano ad avere ormai qualche anno di vita, in cui in un mese le canzoni mi uscivano "a palla", una dietro l'altra. Mi sono perciò ripromesso di convogliarle, a tempo debito, in un progetto che raccogliesse le emozioni che stavo vivendo allora. E che continuo a vivere in questo periodo! Per cui sto continuando a comporre canzoni, tant'è vero che fra un po' uscirà un altro disco dei Manoloca. Sono perciò nati in questa maniera. Magari arrivavo in sala prove con il classico provino chitarra e voce, lo si ascoltava e si procedeva ad arrangiarlo insieme. È stato un mese di folgorazione creativa pazzesca. Ci siamo veramente caricati a manetta, divertendoci un sacco.


Il passaggio dei Nomadi da una major ad una propria etichetta discografica ha aiutato ad accellerare anche la pubblicazione del vostro cd?
Dave: "Aiutato" non è la parola giusta. Di fatto il loro cambio è stato per noi ininfluente ai fini della pubblicazione. Forse col nostro carattere avremmo fatto più fatica a far collimare la nostra identità con le esigenze di una major.
Massimo: In realtà quando è nato LONTANO DAL CERCHIO noi Nomadi facevamo ancora parte dell'Atlantic per cui non avevo pensato che il cd potesse vedere la luce proprio nel momento in cui saremmo tornati indipendenti. In seguito alcune condizioni sono mutate e le cose hanno preso la piega che hanno preso. Per rispondere alla tua domanda: probabilmente ha anche aiutato, ma non era di certo prestabilito. Si vede che era destino andasse così.  
 
Ci sono stati problemi nel trovare date per i concerti di supporto all'album vista l'atavica mancanza di spazi e il proliferare di tribute/cover band?
Daniele: Usiamo pure il verbo al presente: ci sono tutt'oggi, e forse più di ieri, difficoltà nel trovare gestori coraggiosi che investano nella musica senza essere terrorizzati dal budget. E non hanno nessuna influenza negativa le tribute bands in quanto tali. Suonare non è mai, di per sé, una colpa. È invece terribile che questo stato di cose porti i gruppi meno decisi a soccombere di fronte alle modalità spesso crudeli di molti gestori di locali, che ricattano letteralmente i musicisti con compensi basati sulle percentuali degli incassi, peraltro mai dimostrabili, o di entità vergognosa anche per un qualsiasi artigiano. "Quanta gente porti?" è la domanda che quasi tutti i gruppi si sentono fare. La risposta naturale sarebbe "se devo suonare solo di fronte ai miei amici allora mi faccio una festa per i fatti miei e tu se vuoi vendere la tua birra vieni pure da noi. Te la pagherò in percentuale rispetto a quanto i MIEI amici bevono."
Massimo: Ho più problemi a confermarle! Con il fatto che i Nomadi mi assorbono il 90% del tempo io posso lavorare coi Manoloca a livello di date due mesi l'anno, a ottobre e a gennaio, perché ufficialmente siamo fermi con Beppe e gli altri. Magari riesco a ritagliarmi degli spazi anche nel corso dell'anno, ma posso confermare queste eventuali date solo nell'imminenza del concerto.
 
Cosa che non si sposa con le esigenze dei gestori dei locali, suppongo...
Massimo: Esatto. Questa difficoltà nel confermare le date piuttosto che ad averle, da una parte mi riempie di gioia perché significa che l'aspetto artistico è stato capito; dall'altra mi rompe un po' le balle perché non riesco a pianificare le cose con un discreto anticipo che permetta ad un organizzatore di poterle fare. Che poi, per dirla tutta, a chi ha rischiato è andata pure bene! Perciò, lancio un appello anche a te, se volete rischiate qualcosa che prima poi arrivamo, eh,eh!
 
 
Il ruolo di Dave mi è parso decisivo nell'economia della band. Il rischio per un chitarrista è però quello di trovarsi un suono sempre più "aperto" e potente dal vivo, ma che finisce con l'essere "compresso" in studio: siete contenti di come suona l'album?
Daniele: È altrettanto vero che in studio ti puoi permettere multitracce e altre raffinatezze che nei live si perdono, o che un chitarrista, per quanto bravo, ha solo due braccia, salvo l'uso di basi, nell'esecuzione in concerto. Ma non è il nostro caso. Detto questo, se non fossimo stati soddisfatti di quello che abbiamo fatto il cd non sarebbe uscito. Forse non esiste un musicista al mondo soddisfatto al 100% della propria esecuzione; si ha sempre l'impressione che si possa fare di più, ma lasciami anche dire che l'interpretazione che ascolti su un cd è solo una delle tante possibili nella vita di una canzone.
Massimo: Siamo veramente molto contenti di come è uscito l'album. Noi non abbiamo avuto il classico percorso che prevede con tutta calma prima l'entrata in studio poi l'inizio delle registrazioni. Qui ci sono pezzi realizzati due anni e mezzo prima di altri registrati ben più recentemente; l'iter che la costruzione dell'album ha richiesto ha avuto davvero tempi biblici per cui siamo molto contenti di come è venuta la realizzazione vera e propria. Penso che il risultato sia più che dignitoso per essere un primo album. Poi è chiaro che dal vivo magari abbiamo un po' più di grinta anche perché è il live stesso che te lo richiede.
 
Sul cd Massimo riveste il solo ruolo di cantante: quale esigenza ha decretato questo tipo di soluzione?
Dave: Era nostra intenzione deliberata come gruppo che lui si esprimesse soprattutto con la voce. Volevamo che fosse svincolato dall'impegno strumentale per lasciare tutta l'energia possibile al canto, così come alla gestualità oltre che alla conduzione emotiva del concerto live. Non un clone del suo ruolo nei Nomadi, ma un Massimo inedito.
Massimo: Ho registrato alcune cose di chitarra, ho fatto una linea di basso... però, per un lavoro di questo tipo, ho preferito essere un po' più libero e concentrarmi su ciò che avevo necessità di esprimere dal punto di vista dei testi e dell'interpretazione, dando spazio agli altri per quanto riguarda la parte strumentale. Nonostante io nasca principalmente come bassista ho preferito mettere da parte l'ego del "sei capace di fare" per fare una cosa mirata, destinata al tipo di obiettivo che mi ero prefissato. È una esigenza che ho sentito particolarmente mia.
 
Gli altri Nomadi come hanno commentato l'uscita di LONTANO DAL CERCHIO?
Franz: Quelli che hanno commentato hanno detto... riassumendo con un tipico neologismo giovanile del terzo millennio "È una figata!"
Massimo: Erano particolarmente soddisfatti. Lo stesso Beppe quando gli feci sentire il provino mi aveva detto "Realizzalo che lo produciamo!" perché comunque aveva sentito qualcosa di particolare. Gli altri ne hanno voluto una copia, so che ogni tanto l'ascoltano quindi...vuol dire che va bene!!  

Andrea Barbaglia '12

un ringraziamento a Gianluca Lavazza per l'utilizzo delle fotografie
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/ManolocaMassimoVecchi e qui: http://www.facebook.com/pages/Massimo-Vecchi/46963582472 

venerdì 21 settembre 2012

ELETTRA E CALLIOPE

ELETTRA E CALLIOPE
Andrea Mirò
- Anyway Records - 2012

Incurante delle mode del momento, libera, aperta al cambiamento, metodica e testarda, da sempre affrancatasi dalla fortunata carriera del proprio compagno di vita che risponde al nome del camaleontico Enrico Ruggeri, al quale anzi ha concesso, oltre che all'amore, tutta la sua bravura e preparazione artistica in più di un'occasione, oggi Andrea Mirò ha raggiunto una maturità tale che le permette di poter recitare un ruolo da assoluta protagonista in Italia come altrove. Già con gli ultimi suoi due lavori avevamo preso dimestichezza con questa crescita esponenziale del talento della cantautrice astigiana; ma è l'attuale e sorprendente ELETTRA E CALLIOPE che porta a compimento un percorso iniziato da giovanissima, tra collaborazioni illustri (Ron, Finardi, Vecchioni, il già citato Ruggeri), progetti personali di alta caratura (ultimo, ma non ultimo l'entusiasmante omaggio alla canzone d'Oltralpe con La Belle Équipe, in perfetta sinergia degli amici Giangilberto Monti e Alberto Patrucco) e tanto, tanto studio. Ad inseguire i propri sogni ci si può smarrire e perdere sulla strada che da essi ci separa; ma Andrea no, non ha commesso l'errore di crogiolarsi al sole di quella critica che troppo spesso, anche stucchevolmente, tante lodi tesse e in concreto poco fa per segnalare e fare emergere presso il grande pubblico autori e musicisti realmente meritevoli. Andrea, incurante di tutto questi giochi di (finto) potere, si tuffa tra le note e i pentagrammi, approfondisce le sue conoscenze, riparte ogni volta da sé; e come l'amata fenice rinasce più splendente di prima. E sperimenta. Suoni e atmosfere. Nelle forme e nei contenuti, circondandosi di musicisti dediti alla nuova causa. Se per ELETTRA, primo polo d'interesse che l'autrice va a sviscerare, compaiono i nomi dei fidati Alex Carreri e Marco "Nano" Orsi supportati dal tuttofare Daniel Bestonzi, è con CALLIOPE, secondo cardine della ricerca, che la svolta di Mirò si concretizza, venendo affiancata, lei sola, dalle macchine manovrate dal produttore nonché ingegnere del suono Marco Zangirolami. Accanto alle controllate scariche elettriche del remake di Vite Parallele, alla progressione ritmica del metafisico singolo Il Sogno Dell'Astronauta, all'attenta analisi a fior di pelle del quotidiano di Partono I Tram e alle oscillanti atmosfere in levare della potente Database, avanza l'introspezione sintetica di algida umanità di Senza Che Nulla Cambi. La cesura con gli episodi che l'hanno preceduta è netta, in parte mediata da Faust, canzone (in)consapevolmente di passaggio e collegamento tra i due universi tesi a svelare "l'inadeguatezza dell'uomo di fronte alla prepotenza delle aspettative, alla delusione di una scelta sbagliata, alla pretesa di un ruolo stereotipato". Il cantautorato elettronico veste di chiarore lunare L'Incantatore Di Serpenti riportando alla memoria il lavoro di ricerca della migliore Giuni Russo; Altri Giorni, Altri Occhi compendia l'avant-garde di AMNESIAC e il trip hop di MEZZANINEPadre, Figlio si vena di jazz. Un'elettronica sostenibile che s'insinua pure su tracce passate, ridefinendo così i contorni de Il Mondo Dei Non Vivi, gotica ripresa reznoriana di THE FRAGILE, e celebrando nella destrutturazione la solennità classica de L'Uomo Del Faro, la Nannini di PERLE supervisionata da Battiato. Non paga, Andrea spalanca una ulteriore finestra. Sull'hip hop, ospitando Dargen D'Amico nella bonus track conclusiva e dimostrando le molteplici possibilità che curiosità e preparazione sono in grado di offrire. Grande ritorno. Non resta che attendere i live.
 

TERZO TEMPO

TERZO TEMPO
Nomadi
- I Nomadi - 2012

Con un titolo che, ironia della sorte, sarebbe sicuramente piaciuto all'ex frontman Danilo Sacco, appassionato di rugby per la disciplina e il rispetto che gli atleti dimostrano agli avversari, arriva nei negozi la terza vita artistica dei Nomadi. Il terzo tempo appunto. Masterizzato all'Air Mastering di Londra e presentato da più parti come la svolta rock (avvenuta in realtà già con UNA STORIA DA RACCONTARE prima e consolidata con il potentissimo CORPO ESTRANEO dopo) della storica band italiana che nel 2013 festeggerà i 50 anni di carriera, il nuovo corso intrapreso con il successore del Kakuen di Agliano battezza l'esordio in sala di incisione di Cristiano Turato. Padovano, classe 1974, già al microfono del misconosciuto trio di electro-rock dei Madaleine, Turato aveva in precedenza avuto modo di prestare la sua voce a Έξοδο βρες, versione ellenica di Dove Si Va, registrata dai Nomadi qualche mese fa in compagnia del cantautore greco Lavrentis Machairitsas per il suo album di duetti ΟΙ ΑΓΓΕΛΟΙ ΖΟΥΝ ΑΚΟΜΗ ΣΤΗ ΜΕΣΟΓΕΙΟ. Ma qua si tratta di brani nuovi. Freschi, eppure sempre nel solco della tradizione. Perché di rivoluzioni copernicane TERZO TEMPO in realtà non ne offre. Certo, il singolo Ancora Ci Sei con quel cantato un po' alla Tiziano Ferro delle strofe e le armonie vocali care ai Beach Boys lascia forse perplessi, non riuscendo a valorizzare al meglio la potenza del nuovo vocalist. Cosa che al contrario riesce a fare la maestosa opener Non Avrai, adrenalinico e rabbioso hard rock di chiara matrice Seventies sostenuto da un riff di chitarra aggressivo e da un Hammond grintoso. I Deep Purple che incontrano gli Uriah Heep? Di certo una delle vette del disco con Cico Falzone e Beppe Carletti in grande spolvero. Dopo aver contribuito alla stesura di questa canzone Massimo Vecchi si riappropria del microfono per una doppietta personale: la ribelle Fuori, mid tempo di denuncia con le radici ben piantate nel presente e nel sociale, e la brillante Un Attimo Di Sole, protettivo abbraccio rock che guarda al futuro con speranza. In Terzo Tempo torna Turato per rassicurare un intero popolo smarrito dopo l'ultima separazione comunque dolorosa in seno alla band di Novellara e per ribadire se mai ce ne fosse bisogno che, ancora nel 2012, gli ideali alla base dello stile Nomadi non sono affatto tramontati. Scritta intorno al 2001 e lasciata decantare fino ad oggi, Tarassaco è il classico brano per pianoforte-violino-voce nonché seconda composizione del nuovo arrivato; il quale si supera nel vero capolavoro di questi 40 minuti di musica. Giù il cappello infatti per Apparenze, iper ballad posta quasi in conclusione di cd, orchestrata magistralmente ed eseguita ancor meglio. Con trasporto e ancora una volta con sentimento. Piccola fase di stanca. Lo scattante pop rock del carpigiano, ed ex Godiva (band in orbita nomade qualche anno fa), Luca Zannoni, Un Altro Cielo, non lascia il segno, ma a risollevare le sorti ci pensa l'ormai terza voce ufficiale dei Nomadi: Sergio Reggioli è infatti il felice solista del ritmato gospel arrangiato in chiave rock Il Vento Tra Le Mani e scritto in collaborazione con l'amico Bip Gismondi. In chiusura l'ultima stoccata di Turato con Addormentato Ma Non Troppo introdotta dal wah wah di Falzone e sospinta dalla batteria di Daniele Campani. Ma restate seduti: il film, così come la vita, non è ancora finito.

mercoledì 19 settembre 2012

BESTIE
Criminal Jokers
- 42 Records - 2012
 
Dopo aver suscitato ventiquattro mesi fa l'interesse del domatore del circo zen Andrea Appino, che li scovò, li rinchiuse in sala di registrazione e permise loro di realizzare il disco di debutto per la sua Ice For Everyone, tornano in questo autunno di nuove uscite discografiche quegli scapestrati rockers dei Criminal Jokers. E se in THIS WAS SUPPOSED TO BE THE FUTURE i riferimenti ad un post punk newavizzato parevano costituire a ragione l'ossatura della loro proposta musicale, già le esibizioni live che seguirono rivelavano una importante radice folk'n'roll, grezza e coinvolgente. Ad accorgersi di loro, poco per volta, si accodarono un altro ensemble che ha fatto dei chilometri macinati su e giù per l'Italia il proprio credo, ossia Il Pan Del Diavolo, e l'immarcescibile signora della musica alternative italiana, Nada. I primi bussarono alla porta del trio pisano affinché quest'ultimo diventasse il loro motore ritmico per una dozzina di date durante la sezione invernale del tour di supporto a SONO ALL'OSSO. La seconda richiese il coinvolgimento dei suoi corregionali in qualità di backing band ufficiale nel corso dei mesi seguenti, fino alle ultime date consumatesi poche settimane fa. Il moltiplicarsi degli eventi, non ultimo l'abbandono del bassista  Simone Bettin, co-fondatore della band insieme a Francesco Motta, ha così posticipato l'uscita di BESTIE a queste ultime giornate di fine estate. L'avvicinamento è stato comunque del tutto graduale grazie alla pubblicazione su Youtube e i-Tunes di una canzone al giorno, dal 10 al 19 settembre, in modo tale da andare a svelare poco per volta, senza pressione, i risultati del nuovo lavoro. Che è sicuramente più maturo rispetto al suo predecessore, sia a livello di arrangiamenti, più elaborati, sia di tematiche. E in aggiunta, ecco la novità del cantato in italiano, capace di assecondare la necessaria esigenza di comunicare senza filtri con il pubblico di casa. In sintesi, ci troviamo di fronte ad una band rivitalizzata, dinamica, che, presentatasi in quartetto, mostra accanto al chitarrista Francesco Pellegrini, al rientrante Bettin e al già citato cantante-batterista Motta, la sorella di quest'ultimo, Alice, in qualità di polistrumentista, capace di destreggiarsi fra violoncelli, cori e tastiere. Quando Arriva La Bomba si apre proprio con un pianoforte su cui poggia sicuro tutto il pezzo, "sporcato" da un tocco di elettronica vintage capace di avviluppare ulteriormente l'ascoltatore, già caduto, pochi minuti prima, nella spirale vorticosa dei Jokers grazie al ritmo meditabondo della riuscita Bestie. A ruota ecco l'altrettanto robusto rock pastorale di Fango che recupera incosciamente certe linee di chitarra utilizzate dagli Aerosmith in Livin' On The Edge. Rivisitate però alla luce dei trascorsi al seguito del circo zen; influenza quest'ultima fin troppo evidente in Tacchi Alti e, in parte, nelle strofe dell'art punk Adesso Mi Alzo. Wasslij Kropotkin copre le parti di violino di Cambio La Faccia e nella conclusiva Nel Centro Del Mondo con la promessa di accompagnare magari i Nostri anche alle chitarre e alle percussioni durante l'imminente tour. Da Solo Non Basti è fatta per ballare mentre scopriamo il suo rovescio della medaglia nell'onirica Occhi Bianchi. Poi mentre la signora Malanima appare e scompare nella corganiana Leandra e noi siamo ancora assorti dagli scatti fotografici curati da Claudia Pajewski, qualcuno se ne approfitta per aprire le gabbie e correre via: beware! The beast is out!

martedì 18 settembre 2012

2 NOVEMBRE
Fanali di Scorta
- autoproduzione - 2012

Il Re del freak'n'roll è tornato!
 
Il leader dei Fanali di Scorta, Daniele Chiarella, è un artista poliedrico a proprio agio tra le note musicali così come tra le parole, siano esse musicate piuttosto che rese racconto; come scrive nel suo Leon e Isabelle, "...ad ogni fine c’è un nuovo inizio...", così il freak'n'roll (nato con l'omonimo album del 2006) si rigenera in suoni nuovi in questo ep (2 NOVEMBRE è composto di soli 4 brani) rimanendo fedele al suo spirito nativo: "Il freak'n'roll è 'una via di mezzo tra maschile e femminile', 'tra singolare e plurale', ironicamente apostrofato da testi canzonatori e intimistici, ma nato fondamentalmente dalla loro anima rock'n'roll che si è evoluta nel tessuto metropolitano di una Torino sempre più multietnica."
 
A Daniele Chiarella non interessa scalare le classifiche, ma coinvolgere, divertirsi e divertire con il geniale freak'n'roll, sia esso travolgente, come accaduto in passato con Il Cacio Sui Maccheroni e il low-fi di Sunambiac, o psichedelico, come con l'attuale e fresca 2 Novembre.
 
Il f'n'r in questo extended play gioca con le parole più desuete (El Maruken) attorcigliandole fra loro in modo da produrre suoni che ne fan melodia....

... Conciatori di pellicce, loschi mutandai,
urlatori di fregnacce, fumano i vinai
Buste gonfie rotolanti sopra il grasso ciottolato
Faccendieri assai ciarlieri con aromi forestieri ...

... ma cresce anche con la splendida Hey Mama che, proprio quando la canzone sembra terminare, si riaccende fino alla chiusura accompagnata dallo splendido sax di Anna Frati.
 
Ci sono poi gli ultimi due pezzi (Il Palo e 2 Novembre) che rendono il f'n'r una sorta di blues metropolitano con una coda psichedelica da brividi in collaborazione con la chitarra e i synth di Luciano "Lusio" Triglia e la batteria affidata a Ettore "Ector" Sardano!
 
Purtroppo questo nuovo lavoro dei Fanali di Scorta ha un paio di grossi difetti: è troppo corto e troppo digitale; per chi, come il sottoscritto, è un collezionista (...e questo album dei Fanali, band di successo dell'indie Torinese, è un potenziale pezzo da collezione) il non poter archiviare una copia originale in plastica e cartoncino è un vero peccato...
 
Ma noi abbiamo pazienza e aspettiamo al varco il prossimo album di Mr. Chiarella e soci che, siamo sicuri, saprà stupirci con un ennesimo cambio di rotta pur rimanendo fedele all'anima rock'n'roll metropolitana del suo leader.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.fanalidiscorta.com/home.asp e qui: http://www.facebook.com/FanaliDiScorta  

lunedì 17 settembre 2012

ORO - OPUS ALTER
Ufomammut
- Neurot Recordings - 2012
 
Il moto perpetuo di meccanica complessità sludge doom attivato con ORO - OPUS PRIMUM giunge ora a completo compimento. L'ancestralità metallica del primo capitolo si riversa infatti anche nei cinque episodi che vanno a comporre, e dunque ad ultimare, il naturale sequel del sesto lavoro in studio a nome Ufomammut: l'OPUS ALTER. Un mastodontico quanto complesso lavoro di energetico sviluppo sonoro, spesso stratificato, ma pur sempre fluido, con derive psichedeliche, heavy e stoner, è alla base dei lavori del trio piemontese, da qualche anno realtà davvero matura e significativa per gli amanti delle sonorità più armonicamente oscure, capace di sbaragliare i "concorrenti" sul territorio nazionale e di competere con i pesi massimi del genere in ambito mondiale. ORO, nella sua complessa totalità musicale, è il nuovo scarto in avanti, il parto gemellare di cui andare orgogliosamente fieri; nel suo sviluppo unitario, spalmato su quei dieci brani che la band ha scelto di rilasciare in parti uguali a distanza di cinque mesi gli uni dagli altri nei due Opus pubblicati in collaborazione con l'oltreoceanica Neurot Recordings e la più famigliare Supernatural Cat Records, tutte le esperienze accumulate in questi quasi tre lustri di brillante carriera hanno trovato modo di emergere dal magma musicale in odor di zolfo. Oroborus, Luxon, Sulphurdew, Sublime e Deityrant  formano con i loro predecessori un movimento unico, una nascosta armonia di un creato luciferino e sotterraneo che punta però molto in alto. Non ci sono distrazioni o errori che ne abbiano minato la genesi e lo sviluppo, ma solo una eccellenza pressoché meccanica e un perfezionismo tanto scientifico quanto matematico di generica inquetudine partorita dalla psiche e dall'intelletto umano. Un viaggio alla scoperta del nulla. Che è il tutto. Un vortice che risucchia e restituisce un nuovo mondo. Una nuova cosmogonia autarchica capace di bastare a sé e irradiare per immagini altrove. Segnali in tal senso mostrano la band al lavoro per una versione completa video/visual che possa accompagnare l'audio di questa regale conoscenza ipertrofica. Colonna sonora dalle tinte fosche e magmatiche ORO "esplora il concetto di conoscenza e il suo potere, il magico flusso controllato dalla mente umana per acquisire il controllo di ogni singola particella del mondo che ci circonda. ORO è il processo alchemico che muta la paura umana in pura essenza: in metallo prezioso". Un nuovo Eden, alternativo a quanto tramandato nei secoli, in cui l'essere umano diventa la pietra filosofale stessa ricercata per millenni da alchimisti e stregoni. La natura umana arde dentro me; le pietre si tramutano in stelle scintillanti, la gloria rischiara le mie mani adombrate. Io distillo la magia della mia anima dorata. Sono come Dio

domenica 16 settembre 2012

VECCHIO
Thegiornalisti
- Boombica - 2012

Nessuna sindrome da secondo album. Anzi, con una vigoria difatto molto Sixties i Thegiornalisti tornano sul luogo del misfatto per vedere l'effetto che fa. Esattamente un anno dopo la release del cd d'esordio VOL.1, e con il solito sguardo un po' romantico e un po' scanzonato di chi nella vita le ha già viste tutte, il trio capitanato da Tommaso Paradiso inanella pure questa volta una serie di canzoni estremamente godibili, mescolando il power pop della Swinging London all'irruenza proto-rock vissuta anche al di là dell'Oceano durante gli anni della British Invasion. Senza scordare formazioni autoctone coeve quali I Corvi ed Equipe 84. Così, tra lo jingle-jangle de Il Tradimento e un'arrembante Cinema, trova spazio la malinconia del sabato pomeriggio che fa capolino in Guido Così; tre modi differenti di intendere la vita secondo un comune denominatore: la consapevolezza che sia più importante fare, preferibilmente in tutta calma e serenità (I Gatti), piuttosto che stare a guardare. C'è molto di già sentito, anche in anni recenti, nella mezz'ora abbondante di questo secondo capitolo dei romani, ma piace pensare le citazioni presenti in VECCHIO quali sentiti omaggi ad un periodo, ad un'età, ad un immaginario ora senza tempo, in cui una serata al mitico Piper avrebbe garantito poi gloria imperitura, e interminabili chiacchiere da bar, al fortunato di turno imbattutosi in una Mita Medici o in una Patty Pravo, tra un concerto e l'altro; fantasticherie reali per la gioventù dell'epoca. E occasione giorni dopo per ritrovare sé stessi con il naso all'insù, intenti a riflettere e a scoprire che La Tua Pelle È Una Bottiglia Che Parla E Se Non Parla Vado Fuori Di Me. Canzoni che raramente superano i tre minuti riescono a ricreare un'atmosfera mai completamente perduta, grazie a costruzioni semplici e immediate in cui melodia e sentimento vanno a braccetto con una buona dose di energia. Pioggia Nel Cuore e Bere sono ottimi esempi in questo senso, con Una Domenica Fuori Porta perfetta colonna sonora per un trip da boom economico, mentre Mina furoreggia alle radio e al cinema si va a vedere il Fellini di . Diamo Tempo Al Tempo celebra, evoca e fonde Beatles e, a ben guardare, Radiohead: tutta l'ingenuità e la sperimentazione dei '60 con tutta la consapevolezza del nuovo millennio. Una saggezza che viene dal passato, un attaccamento alla vita in tutta la sua essenza. Un lungo viaggio in decapottabile filmato in super8, magari con Vittorio Gassman accanto, al posto di guida, intenti ad avvicinare quasi per caso l'irraggiungibile Catherine Spaak. Immagini in bianco e nero si rincorrono e costituiscono una trama fitta di rimandi e desideri, disturbate solo da qualche alone che il tempo ha depositato sulla pellicola, simile a quelli che oggi ritroviamo nelle produzioni indipendenti a basso costo sempre tanto in voga. E Che Ci Vuoi Fare? Così va il mondo. Vecchio. Nato Con Te.

sabato 15 settembre 2012

L'ULTIMO RICATTO

L'ULTIMO RICATTO
Paolo Saporiti
- Orange Home Records - 2012
 
Paolo Saporiti è un animale raro. Toccato dal dono della sintesi e capace di mettere in bella scrittura sensazioni e umori in apparenza unicamente umbratili, ma dai risvolti psicologici più profondi, è stato capace finora di realizzare solo dischi qualitativamente superiori alla media. L'esordio con la doppietta indipendente di THE RESTLESS FALL e JUST LET IT HAPPEN..., inframezzata dall'affascinante progetto Don Quiból in compagnia di Christian Alati e Lucio Sagone, sempre e comunque per l'attenta Canebagnato Records ha consegnato all'attenzione dei più attenti un artista schivo eppure diretto; minimale, ma energico e coinvolgente. Appassionato. Con queste premesse è stato abbastanza naturale approdare ad una major come la Universal per il terzo album a suo nome, l'ottimo ALONE, prodotto e realizzato insieme al tessitore di armonie e dissonanze Mauro "Teho" Teardo, dove le atmosfere acustiche che ne hanno caratterizzato fin qui il percorso vanno a sposarsi con una elettronica misurata e per nulla invasiva, sottofondo ideale per i landscapes sospesi tracciati dalla sceneggiatura inizialmente per sola chitarra e voce. Dopo qualche data centellinata nel corso della prima metà dell'anno in compagnia del violoncellista Zeno Gabaglio, l'autunno 2012 vede l'uscita dell'atteso L'ULTIMO RICATTO. Giunge così il momento di affidarsi ad un altro sarto del suono, quel Xabier Iriondo sempre più deus ex machina dell'alternative italiano che fatica ben poco nel trovar la quadratura del cerchio anche con Saporiti, avendoci peraltro lavorato insieme in passato. Lo sferragliamento iniziale di Deep Down The Water già mette in chiaro parecchie cose: il saporito cantautorato folk rock che tanto sarebbe piaciuto a Nick Drake e a Jeff Buckley veste ora sonorità più aspre e spigolose, quasi noir, a tratti cinematografiche, aprendo una porta sull'Infinito, in una ricerca continua di significato che diventa perdita di conoscenza, in un abbandono mistico-religioso totale. Una ridefinizione quasi ontologica della condizione umana, nella lotta quotidiana per la conquista del fuoco. Parlare di concept album forse è eccessivo, ma non sbagliato. Ogni brano pare esser indissolubilmente legato a quello che lo precede e a quello che segue. War (Need To Be Scared) vede lo spirito del cantore di Anaheim aleggiare sull'interprete milanese come forse mai prima d'ora, circondato da melodie celesti che sorreggono il crescendo su cui poggia. I'll Fall Asleep è ipnotica e frastagliata, l'unico modo per raggiungere direttamente una Sweet Liberty impreziosita dal Mahai Metak di iriondesca memoria. Perché siamo vivi. We're The Fuel di noi stessi. Urliamolo, ma sottovoce, tra squilli di inquieti sax e chincaglierie varie. Giocattoli, Toys appunto, rispettivamente a carico di Stefano Ferrian e Cristiano Calcagnile presto raggiunti dal cello di Zabaglio. Ora che in questo viaggio onirico s'è fatta notte possiamo tornare a casa con lo Stolen Fire, tra il frinire dei grilli e il fresco della stagione in corso. Nel paesaggio saturo costruito dalle elettroniche in cui ci muoviamo meglio guardare sempre avanti: Never Look Back, in una corsa frenetica verso il futuro (The Time Is Gone). Poi, allo specchio, ci ritroviamo nel fango, sporchi e soli. In The Mud. Questa l'infelicità suprema, caro Sad Love/Bad Love. La solitudine. In questa landa desolata. Terra bruciata che ancora arde sotto la cenere. (F.)R.I.P.(P.).
 
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mercoledì 5 settembre 2012

IRRINTZI

IRRINTZI
Xabier Iriondo
- Wallace Records/Phonometak/Santeria/Long Song Records/Brigadisco/Paintvox - 2012

Guernica. La piccola cittadina basca di Guernica non ha bisogno di presentazioni. Basta il suo nome per evocare scene di morte e distruzione. Vittima innocente della follia nazista, fu teatro e bersaglio inerme del primo bombardamento aereo della storia militare. Non un esperimento, come la storiografia ci ha tramandato, ma un abominio vero e proprio. Vile e meschino. Tra corpi dilaniati, urla di disperazione e pianti muti, ciò che compare in tutta la sua crudeltà agli occhi dello spettatore di quel pomeriggio di aprile, A.D. 1937, è inesprimibile e toglie il fiato. È l'orrore puro, quello che la tela di Picasso ha in qualche modo saputo eternare in forme universalmente intelleggibili. Noi da Guernica vogliamo prendere le mosse per analizzare il primo lavoro solista di Xabier Iriondo. E per farlo chiediamo soccorso ad un ragazzino di quindici anni appena, giunto ventiquattro ore dopo il bombardamento e ora in prima linea per soccorrere i feriti ed estrarre dai palazzi crollati i cadaveri dei civili. Si tratta di Karmel Iriondo Etxaburu. È il padre di Xabier; il quale, nella spoken word Gernika Eta Bermeo, accompagna la voce narrante del suo progenitore con il Mahai Metak facendoci ripiombare all'istante in piena guerra civile spagnola, tra sgomento, rabbia e attonita costernazione proprie di quelle ore. Non un racconto inventato dunque, ma l'esperienza diretta, vissuta sulla propria pelle e mai più dimenticata. Una testimonianza unica e impressionante. Questo è IRRINTZI. Uno spaccato del vissuto, se non addirittura il vissuto stesso che ha fatto di Xabier Iriondo quel che è, per come lo conosciamo. Da prima del suo concepimento, al presente. Ci sono le sue origini basche, le sue passioni, la sua militanza, il suo impegno morale e civile. E la ricerca, tanto sonora quanto emozionale (le atmosfere realizzate per Elektraren Aurreskua in compagnia di Gaizka Sarrasola e della figlia Viola sono da brividi). Con lui una compatta schiera di ospiti, amici di una vita. Basti pensare al crescendo de Il Cielo Sfondato nobilitato dal sax sperimentatore di Gianni Mimmo e dal'irraggiungibile chitarra internazionalista di Paolo Tofani, anima rock degli Area, monaco, ricercatore e molto altro ancora. O i claustrofobici ritmi di The Hammer, inattesa cover dei Motörhead che, da furiosa macchina da guerra come fu intesa da Lemmy Kilmister, ora grazie agli interventi degli OvO rasenta l'industrial metal e l'electro-hardcore, fusione cupa e ossessiva tra Ministry e Atari Teenage Riot. Paolo Saporiti è la voce satura richiesta per tributare l'omaggio a Springsteen con una Reason To Believe dal ritmo ripetitivo e martellante. Strepitosa poi la sintesi sonora operata in collaborazione dei sodali Roberto Bertacchini e Cristiano Calcagnile per Preferirei Piuttosto Gente Per Bene Gente Per Male. Se il brano di Mogol-Battisti, comunque sfrontatamente rivisitato, di per sé ha bisogno di poche presentazioni, è il pioneristico estratto da RAPSODIA MECCANICA (1977) di Francesco Currà (fresatore dell'Ansaldo) a rappresentare il nucleo fondante del medley; una sorprendente (ri)scoperta, concettualmente potentissima. E mentre la title track sviluppa un'onda sonora stridente capace di lacerare e riempire il vuoto tra un suono e l'altro, è la voce dello stesso Iriondo a recitare la folk song Itziar En Semea, inno antifranchista tratto da uno scritto di Telesforo Monzón, in cui solo la melodia originale del testo è mantenuta mentre trame ritmico-rumorose a bassa fedeltà ne definiscono la nuova essenza. In chiusura arriva l'abrasivo omaggio a John Lennon, con una Cold Turkey affidata alla voce satura di Manuel Agnelli, crudo singolo promozionale dal finale sferzante che dietro a basso e batteria vede coinvolta la sezione ritmica degli Afterhours. Giusto sottolineare il supporto dell'opera: un vero e proprio manufatto artistico formato da due vinili in tiratura limitata, ciascuno dei quali ha un lato inciso con la musica ed un altro destinato ad una stampa serigrafica opera della compagna Valentina Chiappini. Una vita votata all'arte quella di Iriondo, e un monito a non esentarsi da un impegno diretto nella vita civile e politica. Proprio come una tela di Picasso.