mercoledì 30 aprile 2014

ID-LEAKS

ID-LEAKS
Black Beat Movement
- Back Movement Records - 2014

Un album. Otto pezzi. Trentacinque minuti. La scelta è stata fortemente voluta e ben ponderata. Efficace. Incisivo. Diretto. Come un pugno chiuso che ti colpisce e manda knock out. Così doveva suonare il nuovo lavoro del collettivo nu funk Black Beat Movement. E così è stato. Forti di un corposo tour, energetico e sempre ad alto voltaggio, che li ha visti protagonisti assoluti nel corso della scorsa estate fino ai primi rintocchi d'autunno (con tanto di ciliegina sulla torta grazie alla premiatissima esibizione presso lo Sziget Festival di Budapest) i sei baldi giovani capitanati dall'ormai riconoscibilissima voce di Naima Faraò, una vita in musica grazie agli insegnamenti di papà Ferdinando e zio Antonio, non hanno faticato molto a realizzare l'atteso seguito del promettente ep omonimo rilasciato lo scorso anno e che tanto ci era piaciuto. Presa la decisione di registrare un disco davvero nuovo, si trattava semplicemente di mettere su disco e dunque fissare in via definitiva quella goduriosa manciata di brani esclusi da BLACK BEAT MOVEMENT, ma già entrati di diritto nelle scalette dei concerti 2013, per poi assemblarli con alcuni inediti scritti appositamente per questo ID-LEAKS, nuovo parto sonoro dettato una volta ancora da quell'istinto creativo, coinvolgente e a tutto tondo alla base del sodalizio artistico del movimento Black Beat. Il funk urbano che si incontra con la drum & bass spruzzata di rock; il rap spalleggiato dal soul e innestato sulla pianta della black music; un suono meticcio, bastardo, come meticcio e bastardo è questo inizio secolo, capace di muoversi rapidamente a 360° sottopelle, arrivare al cervello attraverso i muscoli ed esplodere nel ritmo e nei battiti del cuore. Date queste premesse poteva forse l'ensemble lombardo risentire di qualche vuoto creativo? No di certo. Così, spinto dall'incalzante singolo The Trick (...Prince? Qualcuno ha detto Prince?!?) e dalla collaudata opener Break It il lavoro collettivo del gruppo prende presto il volo regalando continui incitamenti ed esortazioni, ora maggiormente graffianti ora più felpate, a credere nei propri sogni e soprattutto nei propri mezzi, nella propria persona; scossoni di energia continui, pungolo costante alle nostre insicurezze, contrappuntati da momenti d'atmosfera metropolitani (F-Love) e spunti di riflessione (la coinvolgente disamina sociale di All Trapped). Ottimo come sempre l'affiatamento dei musicisti, curata e indovinata la produzione di Livio Magnini. Difficile ipotizzare per questa band un eventuale futuro senza uno dei suoi elementi caratterizzanti. Il meccanismo è ben oliato e le affinità molto più che elettive. La capacità di confrontarsi e mettere a disposizione degli altri le proprie peculiarità è poi la fortunata chiave di volta per crescere innovando e rinnovandosi. Ognuno è di fatto necessario e indispensabile. Tanti tasselli, piccoli o grandi che siano, di un unico sfaccettato mosaico. Questi sono i Black Beat Movement. Questa la loro naturale identità. Il vero e proprio (id-lea)X Factor. E l'odissea beat continua... What A Gwaan?!?!

martedì 29 aprile 2014

NON DATE IL SALAME AI CORVI

NON DATE IL SALAME AI CORVI
Massaroni Pianoforti
- Musicraiser - 2014

Cosa si può dire di un album che in qualche modo si è visto inconsapevolmente nascere? Cosa si può raccontare di un disco la cui genesi è stata concepita nel corso di alcuni anni contraddistinti da manciate di live in equilibrio tra costante (dis)impegno e lucida follia? Cosa resta da aggiungere alle tante parole  di quelle serate alcoliche caratterizzate da buoni propositi e continui rimandi a giornate migliori? Oggi è la musica a parlare. Oggi sono le canzoni a farla da padrone. Quelle stesse canzoni uscite di soppiatto dallo sgabuzzino di casa Massaroni; fresche e irriverenti, leggere eppure dense di significato. Mai banali anche quando apparentemente superficiali. Il cantautonomo non è cresciuto. È sempre Gianluca, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Semplicemente ha trovato forse per la prima volta tempi e modi giusti per proporsi all'esterno, dopo anni trascorsi nel famigerato "moncolocale rosso". Galeotto fu probabilmente quel paio di live nel centro di Pavia in compagnia dei Marta sui Tubi, una due giorni vissuta a stretto contatto in particolare con Giovanni Gulino nell'autunno del 2011 che all'indomani della nascita dell'ormai ben noto portale di crowdfunding Musicraiser si sarebbe ricordato del collega vogherese. E il discreto, ma continuo passaparola tra i non addetti ai lavori, spesso assai più ricettivi di chi dovrebbe suggerire al grande pubblico ascolti di qualità anziché lasciarsi condizionare da logiche mercantili senza futuro. Così, a distanza di un lustro dal già incantevole L'AMORE ALTROVE e grazie appunto al contributo dei lungimiranti raisers citati nel booklet dell'album, ecco undici nuove canzoni (e una dolceamara ghost track finale) fissate su cd, pronte a raggiungere finalmente non solo la vecchia guardia, ma una (folta?) schiera di nuovi sostenitori sparsi in tutta la penisola. Senza distinzioni di sorta. Perché NON DATE IL SALAME AI CORVI è nella sua sincera provincialità uno spaccato concreto e reale del tragicomico nazionale in cui viviamo. Quello vissuto in preda ai fumi dell'alcool anche dal protagonista della sorprendente hit d'Oltrepò Carlo (Il Passato È Passato) e quello gettato alle ortiche dalle numerose pedine sedotte da La Dama Bianca; gli stessi istanti di grottesca malinconia cantati, guarda un po'?, in Provinciale. "Grazie alle bozze di testi corteggiati anche per mesi imparavo accordi per dar loro una voce credibile, senza spartiti e senza tecnica, ma solo schiacciando la tastiera un po' qui un po' là e con una strofa da far suonare vera. Ripeto: non necessariamente bella, ma vera, autentica, vulnerabile e per questo - per me - inattaccabile." Questa è la differenza sostanziale tra Massaroni Pianoforti e gli altri: la credibilità. Quella verace, sincera, senza filtri. Merce rara, artigianale, quotidiana, ma che abbonda da queste parti. Istintiva e naturale come la spensieratezza trafelata e agrodolce di Ferie D'Agosto; menefreghista come la rabbia di rivalsa che contraddistingue ogni Una Buona Occasione andata male. Ironica quando le circostanze lo richiedono (Ornella); disarmante e furtiva come Due Amanti che si incontrano Alla Fermata Del 33 quando meno ce lo si aspetta. E infine capace come sempre di un tocco di classe come è Lavanderia A Gettoni, orchestrata da Maurizio D'Aniello e destinata ad essere annoverata tra le composizioni migliori del canzoniere di Gianluca negli anni a venire. "Ho passato molto tempo a scrivere e a riscrivere in solitaria tonnellate di parole in pentagramma senza pensare che un giorno sarebbero potute diventare la mia unica ragione di vita." Forse siamo giunti davvero ad una svolta nella vita artistica del vogherese. Non più solo "semplici" canzoni dallo sgabuzzino, ma autentiche melodie senza tempo e genuine perle da un patrimonio musicale contemporaneo in divenire. I Giorni Si Avvicinano. Il nostro cantautorato - e il nostro cantautonomo di fiducia - hanno oggi più che mai bisogno di noi. Sosteniamoli.

lunedì 28 aprile 2014

COMMODOR

COMMODOR
Quiet Confusion
- Go Down Records - 2014

Quando capitano tra le mani dischi come questo COMMODOR non resta che fare una cosa: alzare il volume e lasciarsi scuotere dalla potenza sonora sprigionata della band di turno. Il quartetto veneto dei Quiet Confusion è solo l'ultima in ordine di tempo fra le promesse dell'agguerrita Go Down Records, da sempre intenta a promuovere un rock sincero ed esuberante, senza troppi fronzoli, carico di energia e sfrontata irruenza. Il veterano Dome La Muerte e i suoi Diggers, i brillanti rockers Small Jackets, i trevigiani OJM sono solo alcuni esempi di proposte uscite in questi anni dal cilindro dell'etichetta romagnola mentre la band fondata da Mattia Stefani cresceva a suon di prove e concerti. Giunti al secondo lavoro dopo il precedente cd JUNGLE e un artigianale ep d'esordio datato 2009, i Quiet Confusion inanellano una volta ancora una manciata di brani ad alto voltaggio spingendo sull'acceleratore se necessario e mettendo in evidenza il suono dinoccolatamente sfacciato cui ci hanno abituato con i precedenti lavori. Costruite su riff semplici, ma di sostanza le nove canzoni che compongono COMMODOR affondano le proprie radici nel vizioso garage rock che ha sempre deliziato le orecchie di impavidi ragazzini brufolosi di mezzo mondo nei loro assolati pomeriggi estivi, imbastardito da uno stoner massiccio e cresciuto tra accenni di proto-blues e festaiola indole punk. La sghemba Freak Out, le concitate stilettate di From East To West, la roboante carica sprigionata da Fat Flowered Smoking, i magici tribalismi doom a ritmo di slide caratterizzanti El Indio sono le nuove carte giocate senza troppi calcoli dalla band che nell'affiatata coppia ritmica Tommasi-Lonardoni e nella voce grunge del confermatissimo Antonio Cortina pesca il classico jolly capace di personalizzarle con matura padronanza dei propri mezzi. Già il ruvido singolo Livin' With The Sun, incendiario biglietto da visita proposto da tempo nei concerti, inquadra le coordinate entro cui la nuova release si muoverà. Ma è il suono chitarristico tutto a convincerci e a prendere il sopravvento, tracciando al tempo stesso idealmente un ponte spazio-temporale con quegli Stati Uniti d'America che oltre un ventennio fa seppero spazzare via come un ciclone la paccottaglia di pop scadente propugnata dagli anni '80 anche in campo rock. È questa la forza, ma per qualcuno purtroppo anche il limite, della Confusione Silenziosa; quella di non essersi affatto allineati alla "musica di Stato" propugnata oggi a spron battuto da tv e media ufficiali, ingannevolmente consolatori e così spesso seguiti acriticamente dalla massa, e avendo preferito piuttosto mantenere vivo quell'artigianale sacro fuoco artistico capace di incendiare i pensieri, dare smalto alle idee e illuminare con costanza coerenza e convinzioni. A volte non essere in linea con il pensiero comune è molto più di uno scotto da pagare; ma la soddisfazione nella resistenza e nel perseguire la propria passione con risultati comunque lusinghieri vale molto più di quei warholiani fifteen minutes of fame fino ad ora - purtroppo - mai negati a nessuno.

martedì 22 aprile 2014

AVREI

AVREI - EP 
Dan Solo
- autoproduzione - 2014

"Aspettando CLASSE A". Così potrebbe sottotitolarsi questo brevissimo ep rilasciato a primavera inoltrata da Daniele Ambrosoli, meglio noto come Dan Solo, celebre ed indimenticato bassista per gli storici Marlene Kuntz e fondatore - in compagnia di un altra figura importantissima del rock piemontese come Franz Goria - del progetto Petrol. Un piccolo omaggio a quanti, attraverso il crowdfunding, hanno creduto in lui fin da subito, allorquando tempo fa si era sparsa in rete la notizia di un disco solista del lungocrinito bassista sabaudo. Tre sole canzoni che rendono in parte l'idea di quanto verrà pubblicato il prossimo autunno, ma lasciano al tempo stesso un'aura di mistero e attesa. Un assaggio dunque, giusto per stimolare l'appetito di tutti coloro i quali non hanno dimenticato il passato musicale di Mr. Solo costellato da decine di concerti su e giù per lo Stivale e anzi si sono incuriositi di fronte alla sua nuova proposta. Visto il risicato minutaggio è difficile definire in maniera esatta quello che sarà; di certo la sorpresa attuale è la voce di Ambrosoli, per la prima volta sotto i riflettori col suo naturale rotacismo che ne caratterizza da sempre anche il parlato. Un voce non da "talent" e anche per questo assai ben più espressiva e comunicativa di tante figurine da salotto. Una voce rimasta nascosta a lungo e che ora trova gli scritti giusti per ritagliarsi uno spazio unico, variegato e spontaneo, ad uso e consumo di un lavoro imprevedibile e inaspettato, per un piacere personale sconfinato presto nella condivisione esterna. Dicevamo, tre sono le canzoni scelte e veicolate oggi con AVREI. Una quarta (Nato Lì) era comparsa mesi fa sulle pagine social di Ambrosoli, ma qui non ha trovato spazio e non è chiaro se farà parte del lotto di undici tracce che andranno a comporre il cd/lp autoprodotto con Musicraiser. Spetta così al taglio narrativo di Nuovo Cinema Italiano, voluttuosa e ricercata, restituire le prime positive impressioni, con gli strumenti mai eccessivamente invasivi, ma piuttosto appoggiati a quelle parole scelte con cura e attenzione dal loro autore in un racconto evocativo sui rapporti di coppia. Con Christian Coccia e Roberto Sanna alle chitarre e Filippo Cornaglia alla batteria l'amalgama sembra già buona anche se la vera cartina di tornasole sarà come sempre l'ennesima prova live attesa nei prossimi mesi. Atmosfere elettricamente liquide e cantautorali per la lenta Stella Di Luna, capace di divampare tra le sue distorsioni prima di ricomporsi cheta nel finale "perché la consapevolezza è una strada tortuosa, difficile e inesorabile; senza inizio e senza fine" afferma Solo. In Avrei è presente invece la più marcata consonanza con il proprio luminoso passato; melodica e narrativa, la title track è la riflessione a cuore aperto di un uomo con lo sguardo ormai rivolto sempre più ad est, ad oriente, là dove le prime luci dell'alba annunciano costantemente un giorno nuovo, una rinascita e una vita nuova, la stessa alla quale anela un determinato Ambrosoli. Al suo fianco, alla produzione artistica, un nome che è una garanzia: quel Marco L. Lega protagonista nella stanza dei bottoni di una stagione musicale forse irripetibile, tra coraggiosa lungimiranza e naturale predisposizione ad osare. La perfetta conoscenza tra i due è alla base di questo nuovo e mai interrotto sodalizio; una premessa utile per accedere ai segreti emozionali della futura CLASSE A.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/dan.solo.75 e qui: http://www.facebook.com/dansolodan68

mercoledì 9 aprile 2014

MISTER ORANGE

MISTER ORANGE
The Elements
- autoproduzione - 2014

Coloro i quali amano sonorità aggressive, dirette e sferzanti che tuttavia non disdegnano la melodia accarezzata da una neanche troppo leggera patina (power) pop sono serviti: i monzesi The Elements hanno il disco che fa per loro. MISTER ORANGE si inscrive perfettamente nel solco di band americane ben più blasonate come Foo Fighters, 3 Doors Down, Fall Out Boy e American HI FI, senza rinunciare a quei piccoli accorgimenti stilistici che possono garantire un ampio airplay. Insomma un background hard n'punk e un forte impatto muscolare che trovano il giusto equilibrio con il rock radiofonico in FM mai troppo accettato dai puristi del genere, ma decisamente gradito alle orecchie del pubblico medio italiano (e non solo). La scelta di cantare in inglese è senza dubbio una buona soluzione e neppure la più scontata: Marcello Puglisi è fra l'altro perfettamente a suo agio nel ruolo di vocalist, supportato dal poderoso drumming di Andrea Sparacino e dallo sfrontato basso di Giancarlo Masoli su cui hanno buon gioco i ritmi serrati delle chitarre di Stefano Gerosa (solista) e dell'ultimo arrivato Matteo Montagna (ritmica). A convincere più di tutto è la compattezza del combo lombardo che si getta nella mischia senza troppi pensieri, aprendo gli ampli e scaricando decibel su decibel fin dall'accoppiata iniziale Mister Orange / Americana che virerà nel finale sull'onesto alt rock d'Oltreoceano Your Face No More. Si capisce che i Nostri hanno ascoltato musica a vagonate e non vedono l'ora di mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti; nota di merito per la coinvolgente Get Drunk In The U.K., quasi un omaggio alla scena sleaze scandinava, Hardcore Superstar in testa, e alla padronanza dei propri mezzi ben messa in luce dalla produzione di Alessandro Azzali (ex Burning Defeat) presso l'Alpha Omega Studio di Como mentre man mano che procediamo con l'ascolto del cd le sonorità si fanno sempre più pesanti. Piacciono - e molto - The King (vi immaginate uno scapestrato Bryan Adams nell'estate del 1969 su un mid tempo infarcito di chitarroni emo-grunge?!?), il punk ultravitaminizzato di Something In Summer e la devastante Wasting Time, pura adrenalina in musica replicata dalla gemella Reazione - in realtà versione originaria della stessa, qui posta in chiusura di lavoro come bonus track a mo' di suggello conclusivo. Unica nota stonata la mediocre Miserable Song, ballad mancata e, a ben guardare per i gusti di chi scrive, jolly sonoro non troppo a fuoco che avrebbe meritato probabilmente un sound più intimo e acustico per lasciare davvero il segno e non la voglia di passare oltre. Ma poco importa. Di carne sul fuoco il quintetto ne ha messa davvero tanta. Confezionato con una cura maniacale per i particolari MISTER ORANGE è il disco che non ti aspetti per tutti gli appassionati di musica robusta, una volta ancora non supportato dalle principali etichette, ma capace di centrare il bersaglio a differenza di molte altre produzioni di settore maggiormente sponsorizzate. Ora non resta che trovare e provare a guadagnarsi il giusto spazio. A sgomitare i The Elements non ci pensano certo due volte!? Riusciranno nell'impresa?

martedì 8 aprile 2014

PAOLO SAPORITI

PAOLO SAPORITI
Paolo Saporiti
- Orange Home Records - 2014

Paolo Saporiti è ormai una realtà consolidata. Paolo Saporiti è una certezza. Paolo Saporiti è il prototipo del cantautore moderno dal respiro internazionale che sa fondere melodia italiana usata in maniera non convenzionale a parole e intuizioni sonore ugualmente trasversali. Oggi, dopo anni passati a sperimentare con la lingua inglese, ha deciso - una volta ancora - di svoltare. E per farlo ecco che l'attenzione si è concentrata direttamente sul linguaggio dopo la rivoluzione sonica operata con il precedente (e convincente) L'ULTIMO RICATTO. In un paese (o forse mondo?) in cui la parola è come la pietà - morta - Paolo va quindi una volta ancora controcorrente, a testa fieramente alta, determinato, sicuro di sé e del suo percorso artistico sempre in evoluzione, caparbio mix di testardaggine e buona volontà. E non si tratta di un cambiamento fine a se stesso o studiato a tavolino. Semplicemente è l'ennesima accurata taratura, il nuovo mirato accorgimento, l'ingegnosa audace manovra finalizzata al raggiungimento di quello che, avanti di questo passo, avremo presto fra le mani: il disco definitivo di Saporiti, quello in cui equilibrio e scompensi saranno naturalmente bilanciati, espressione di un'anima fiammeggiante indomita, sintesi perfetta dell'essenza artistica che alberga in lui. Consolidato il proprio background internazionale la scelta del canto in italiano a cui oggi l'irrequieto milanese approda è la soluzione più semplice per raggiungere il maggior numero di persone possibili sul suolo italico, senza fraintendimenti lessicali o superficiali interpretazioni. Al suo fianco squadra che vince non si cambia. Al massimo la si amplia. Così, riconfermati il sempre più decisivo tocco di Cristiano Calcagnile alla batteria (Come Hitler, la controversa Ho Bisogno Di Te) e l'amico Xabier Iriondo non solo a tutti gli ammenicoli sonori che esaltano l'album, ma anche in fase di produzione artistica, ecco l'aggiunta di nuovi colori provenienti da nuove tavolozze. Sassofoni (con Stefano Ferrian from Psychofagist, questa volta reclutato in pianta stabile), bouzouki (il polistrumetista Roberto Zanisi, confermatissimo pure per il tour), viole, violini, violectre (per mano del talentuoso improvvisatore sonoro Luca D'Alberto) intervengono per dare tocchi di irrequieta profondità (l'ottima L'Effetto Indesiderato Di Una Violenza, la vibrante Sangue), solidità ritmica (Come Venire Al Mondo) e arcadica classicità frastagliata (l'antica Erica). In maniera misurata, ma fantasiosa, senza prevaricazioni; in modo deciso, creativo e essenziale. Non ci sono più mezze misure. Paolo dà. Paolo pretende. Come quegli insegnanti all'apparenza burberi e severi, ma in realtà infaticabili divulgatori di pensiero innamorati della propria materia, ragione di tutta una vita, lucidamente schietti e autorevoli. Mai autoritari. Ecco perché questo nuovo album non avrebbe potuto intitolarsi diversamente da PAOLO SAPORITI. Specchio dell'anima, idea italiana applicata al folk occidentale, esso è una rinascita continua, una crescita costante, che porta con sé la maturità di un essere umano incapace di piegarsi a marketing e briefing "strategici", che rifiuta sordidi magheggi e biechi giochi di prestigio, capace piuttosto di porre l'accento sulla purezza delle cose, mirando alla loro essenza e alla loro intensa genuinità. Pagando sempre le proprie scelte di tasca propria. Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse. Paolo lo sa e la sua vita, il suo viaggio parlano sistematicamente per lui.

lunedì 7 aprile 2014

SCUSA SIGNORE
- Filippo Margheri - 2014



primo singolo estratto dal nuovo lavoro InDipendenza

 Registrato alla Relaxo studio, tecnico di studio Nardo
Missato da Ben Frassinelli a Musicalmente
Video musicale realizzato da Blackspring Production.

mercoledì 2 aprile 2014

L’ARTE DELLA GUERRA VOL. 1

L’ARTE DELLA GUERRA VOL. 1
Giuliano Dottori
- Musica Distesa - 2014

Che un trattato di strategia militare potesse avere una così grande e vasta eco nei secoli a venire è una ipotesi che verosimilmente neppure il suo presunto autore Sun Tzu avrebbe mai potuto prevedere ben oltre 2000 anni fa. Non solo imprescindibile lettura per capi di stato, generali, alte cariche di eserciti e affini, L'Arte della Guerra diventa relativamente presto un manuale di cui si è sempre fatto un grosso parlare e che, mutati i tempi, sarebbe altrettanto velocemente comparso sulle scrivanie di manager e dirigenti aziendali, talora illuminati talaltra senza scrupoli, interessati a portare sul proprio campo di battaglia lavorativo gli insegnamenti pratici e i precetti filosofici in esso contenuti. Anche in campo musicale le stelle non sono state a guardare. Non è un mistero che addirittura il leader dei Megadeth, tra i pesi massimi del thrash metal mondiale, Dave Mustaine lo annoveri tra le sue lettura preferite e lo citi quale fonte di ispirazione. In Italia questo antico testo di guerra conosce da tempo una riscoperta costante, magari inizialmente come semplice curiosità para-letteraria, ma via via assumendo i connotati di fascinoso documento comportamentale capace di catturare l'attenzione per una ragionata lettura tuttadunfiato. Solo qualche ora fa lo stesso Giuliano Dottori riannodando i fili della memoria così si esprimeva a riguardo dal suo profilo Facebook: "Non ricordo con esattezza quando ho pensato per la prima volta a L'Arte della Guerra. Ricordo di aver comprato il libro e di averlo letto avidamente, ritrovandoci molte delle canzoni che stavo scrivendo e in qualche modo ritrovando me stesso e le mie domande: “conosci il tuo nemico e conosci te stesso”, “studia a fondo il campo di battaglia”, “delle quattro stagioni nessuna dura eternamente”, “le note musicali non sono più di cinque eppure nessuno può dire di aver udito tutte le loro combinazioni”, “la vera abilità consiste nel vincere chi si può battere facilmente”. Tutto così semplice eppure così vero (a parte il fatto che le note non sono cinque, ma sono dodici). Da lì in avanti tutto è diventato più chiaro: realizzare un nuovo disco, che fosse un disco doppio diviso in due capitoli, registrarlo da me, col solo (fondamentale) aiuto dei miei musicisti (Marco Ferrara al basso e Mauro Sansone alla batteria - ndr), che questo disco potesse essere l'inizio di una nuova avventura musicale, come se fosse un nuovo debutto. Questi sono stati i propositi durante i tre anni che ho impiegato a fare, o meglio imparare la mia Arte della Guerra." Dottori, cantautore noto ai più per i suoi trascorsi come chitarrista negli Amor Fou, è artefice di una carriera solista che lo vede oggi alle prese con un terzo album in cui leggerezza, consapevolezza e determinazione nel raggiungere i propri obiettivi convivono in assoluto equilibrio e sinergia. Anticipato nei mesi scorsi dalla celebrativo inno alla rinascita Il Mondo Dalla Nostra Parte e dal concettuale flusso rock de Le Vite Degli Altri, dai chiari echi moltheniani che guardano ai Les Enfants del giovane Marco Manini, il primo allestimento de L'ARTE DELLA GUERRA è una rincorsa alla libertà, discreto, ma ineluttabile e tenace come la figura del suo autore. Una meditazione personalissima sul dolore che racchiude gioia (I Fiori Muoiono Quando Ci Rattrista Perderli) e conserva l'attesa del ritorno (Estate #1107) condivisa ora con il prossimo, faro verso cui rivolgere nuovamente la propria attenzione dopo periodi di stanca e tempesta. Un disco di riflessioni e ripartenze, intriso di laica spiritualità, "sulla rinascita, sull'inevitabilità del conflitto umano, sull'equilibrio fra passato e futuro", per essere nuovamente protagonisti della propria vita e non semplici passeggeri di un viaggio altrui.