venerdì 31 dicembre 2010

TROUBLEMAKERS #1
Thee S.T.P.
- AMMONIA RECORDS - 2002

Provenienti da quella terra di mezzo che sta tra la provincia di Milano e quella di Verbania i nostrani Thee S.T.P. realizzano col loro terzo album in studio un platter di portata europea prodotto dall'agguerrita Ammonia Records. James Cagney, Junkie See, Junkie Do, Good Clean Fun, tanto per citare a caso qualche titolo, non hanno assolutamente nulla da invidiare ai pezzi presenti sugli album dei ben più quotati e giustamente pubblicizzati Hardcore Superstar, Hellacopters o Backyard Babies. Il rock'n'roll venato di speed, glam e spruzzato di punk la fa da padrone in tutti i dodici tiratissimi episodi: dalla party song Kick You Out alla conclusiva Superstar, passando per la citazione dei The Dave Clark Five in Sin Temptation And Pain oppure attraverso l'indiavolata Fadin' Away e l'infiammabile Pyromaniac Mary, Il Metius, affiancato dai graffianti Stiv America e Casey Cooper alle chitarre e da Pretty Paul alla quattro corde, si conferma in ottimo stato di grazia anche nei brani più cadenzati come la bellissima Lessons. Ecco perciò per la prima volta comparire sulla copertina di un loro album direttamente loro, i "casinisti numeri 1", cresciuti a pane, Guns n' Roses, Stooges e Ramones.
Tutto a gonfie e vele? Non esattamente, ahinoi. Se non proprio vacante resta quantomeno aperta la posizione del batterista. Mentre sul cd le pelli vengono affidate infatti ad un altrettanto in palla Danny Boy, sicuramente quinto motore pulsante lungo questi 40' di speed glam, in line up si cita un improbabile Keith Mone che pare destinato a futuro oblio. Amici ai quattro bad boys non mancano (tra l'altro partecipa, principalmente ai cori, una manciata di membri provenienti da Senzabenza, Shandon e Peawees) perciò difficilmente resteranno scoperti là dietro; sarebbe un peccato il contrario viste la facilità di scrittura riscontrata nei pezzi e l'energia sprigionata dalla band al completo nei live in Italia e, udite udite, in Europa. Keep on rockin'!

martedì 28 dicembre 2010

ORA SIAMO CONSAPEVOLI

Dopo la due giorni passata in compagnia dei Clinic, equivalente a metà del loro tour italiano, è stato estremamente naturale concordare coi misteriosi "chirurghi" di Liverpool una chiacchierata che ci permettesse di scoprire un pò meglio con chi avessimo temerariamente avuto a che fare. La coordialità con cui i quattro hanno accettato l'invito è diventata per me proverbiale. Qua di seguito ecco cosa ci siamo detti nelle settimane successive, una volta rientrati in patria per le festività natalizie.

Prima di esordire come Clinic facevate parte di qualche altra band?
Carl: La stessa line-up dei Clinic suonò con il nome di Pure Morning a partire dal 1994.

Cosa non funzionò con quella band per sentire l'esigenza di cambiare identità?
Carl: I Pure Morning erano estremamente legati alle sonorità di quel periodo: un sacco di chitarre distorte e un produzione lo-fi influenzata pesantemente da band come Pavement, Sonic Youth e altre simili. I Clinic sono stati una sorta di reazione a quello stile; volevamo fare qualcosa di totalmente differente che significasse in qualche modo modificare la strumentazione e sperimentare con sonorità differenti. Tutto prese la piega giusta quando trovammo una vecchia tastiera Philips e la collegammo ad un amplificatore distorcendone il suono. Questo keyboard-sound del resto lo si può trovare in maniera massiccia nelle prime registrazioni dei Clinic.

Molte recensioni riguardanti il vostro ultimo album BUBBLEGUM parlano di un nuovo mood nella vostra musica; ora, siccome oggigiorno un musicista non cambia a tavolino il proprio sound, cos'è successo durante la lavorazione di questo cd?
Carl: Quando iniziammo a comporre ci fu una lunga lista di cose che volevamo o includere o escludere nel tentativo di realizzare qualcosa di differente dal passato. Il produttore John Congleton ha compiuto un buon lavoro in cabina di regia, nella registrazione e nel mixaggio; calcola che era la prima volta dai tempi di WINCHESTER CATHEDRAL che lavoravamo con un produttore esterno. È lui che ci ha incoraggiato a inserire elementi a cui normalmente non avremmo pensato, come per esempio i sontuosi arrangiamenti di archi, e il risultato è stato quello di portar a termine l'album più accessibile della nostra carriera, ispirato anche dagli ascolti di dischi easy listening come quelli di Demis Roussos e The Sandpipers.

Appunto, a volte un produttore ha gusti simili a quelli della band di cui si occupa, a volte diametralmente opposti: perché avete scelto proprio Congleton?
Carl: John ci è stato consigliato dai Shearwater, una band con cui andammo in tour negli Stati Uniti. A noi piaceva molto il sound dei loro album mentre loro ci sottolinearono quanto lui fosse molto creativo e di come fosse facile lavorarci insieme. Congleton poi suona in una band perciò sa come approcciarsi a tutto il processo di registrazione sia come musicista sia come produttore il che sicuramente è stato d'aiuto.

Gli addetti ai lavori vi descrivono come art punk band. Vi ritrovate in questa definizione e che significato ha per voi?
Carl: Abbiamo sempre cercato di rendere difficile incasellare la band in un genere predefinito e in alcuni casi questo è stata per noi un'arma a doppio taglio. Ogni album mischia stili differenti, dal punk all'easy listening, all'elettronica, ecc.. e siamo stati criticati per suonare la stessa cosa cercando da sempre di essere differenti. Credo che il nostro sia un approccio alla musica un pò più distruttivo che va per sottrazione di elementi per cui anti-art punk potrebbe essere una definizione più corretta.

Quest'anno, a inizio dicembre, avete suonato per quattro date in Italia, ma se non sbaglio questa era già la vostra seconda calata nel Belpaese. Avete notato un approccio differente alla vostra musica?
Carl
: Amiamo suonare in Italia. Abbiamo sempre ricevuto una calda accoglienza e commenti molto positivi sulla nostra musica. Non parliamo poi del cibo che è eccezionale!

Come ben sai ho assistito a due dei live qui proposti e in nessuno avete suonato I'm Aware, singolo di lancio del nuovo cd: complimenti per la scelta strana e coraggiosa!

Carl: In realtà l'abbiamo suonato durante i concerti del nostro recente tour americano e proprio in quell'occasione è stato tagliato. La ragione principale è stata quella per cui volevamo che il nostro set fosse il più possibile sostenuto e che mantenesse un ritmo maggiormente veloce lungo tutta la sua durata. I'm Aware è invece un pezzo più dolce.

Parliamo ora della vostra immagine sul palco: perché le mascherine da chirurghi? Non vi manca il fatto che, per esempio, alla fine di un concerto nessuno vi riconosca specialmente quando siete all'estero?
Carl
: Indossare le maschere inizialmente era da intendersi come un divertimento visivo, un tributo a band come Crime, Devo e The Residents. È stato anche un modo per distogliere il pubblico dalle identità di noi musicisti e costringerlo a concentrarsi maggiormente sulla musica.
Nessuno ci riconosce mai: l'anonimato è una cosa meravigliosa!!

E cosa ci puoi dire dei brillanti e divertenti videoclip animati realizzati fin qui per i singoli? È possibile ipotizzare in futuro un dvd che li raccolga tutti magari da allegarsi ad una deluxe edition di BUBBLEGUM?
Carl
: Siamo molto soddisfatti dei video anche se non sappiamo cosa succederà in futuro. Intanto mostrano il fantastico talento di artisti come Pete Fowler (regista di I'm Aware) e Alasdair & Jock (registi di Bubblegum); al momento però non c'è in agenda la realizzazione di un'uscita in dvd anche se non sarebbe male l'idea di una video compilation più avanti.

Dieci anni di carriera e sette album realizzati: si può vivere di musica?
Carl
: Penso continueremo ad andare avanti nonostante tutto, del resto...ce l'abbiamo fatta fin qui!

Andrea Barbaglia '10

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domenica 26 dicembre 2010

DOVE SEI TU
Cristina Donà
- MESCAL - 2003

Abbandonate le asperità stilistiche di TREGUA e mettendo a frutto la successiva esperienza di NIDO la cantautrice lombarda trova nell'ex Cousteau Davey Ray Moon il partner speculare per affrontare la nuova fatica in studio. Raffinatissimo, il terzo album è l'ennesima conferma del talento di Cristina e un nuovo scarto qualitativo nella sua carriera, mai troppo sotto i riflettori e sempre alla ricerca di nuove sonorità, non tanto per stupire le orecchie dell'ascoltatore quanto per sviluppare in concreto l'esigenza di percorsi sonori sempre differenti che ne testimoniano l'urgenza artistica. La scelta di affidarsi a Nel Mio Giardino come primo singolo diviene così naturale e paradigmatica del nuovo cammino cantautorale: viola, violino e violoncello colorano con discrezione, ma in profondità la melodia e le dolci parole della Donà fino al prezioso intervento di Massimo Marcer alla tromba. Invisibile e In Fondo Al Mare sono altre due gemme del nuovo canzoniere: magica e ipnotica la prima, delicata e panìca la seconda. La voce di Cristina, fin qua lieve e carezzevole come il trittico di brani proposti, si muove su binari più "dinamici" con Triathlon e graffia in The Truman Show (Lui Riprende Dall'Alto), sarcastica trattazione di una certa deriva sociale non solo italiana. Dove Sei Tu è un'altra memorabile pagina dalle sfumature blueseggianti e jazzate, col piano di Moor a tessere la trama su cui si innestano un breve solo di trombone e le evoluzioni di violoncello. Una fisarmonica costituisce la spina dorsale della successiva Il Mondo mentre il fido Lorenzo Corti esce allo scoperto con la sua chitarra in L'Uomo Che Non Parla, ragionamento rabbioso e meditato sul fascino misterioso del silenzio umano. Ancora due brani, Give It Back (To Me) in inglese è in qualche modo anticipatore del successivo disco in lingua d'Oltremanica pubblicato per il mercato internazionale nel corso del 2004, e, dopo il divertissement della spensierata Salti Nell'Aria (Milly's Song), elogio all'immaginazione un pò fanciullesca e rivoluzionaria di tutti noi, eccoci in dirittura d'arrivo. E sarà proprio Un Giorno Perfetto quando potremo permetterci di cantare all'unisono con la sua autrice meravigliosi versi quali la bellezza di questa giornata è che non tornerà indietro / ma ogni giorno se lo vuoi sarà un giorno perfetto. Eppure non è finita: quelle che altrove si sarebbero dette semplici bonus track qui hanno il piacevole compito di segnalarsi quali nuove prospettive di genere. La Nel Mio Giardino (Reprise) è una alternative take dell'opener mentre la rivoluzione sonora che si consuma nel Casasonica Remix di Triathlon permette un inaspettato e riuscito duetto con Samuel Romano direttamente dai Subsonica. Con i nostri occhi scintillanti teniamo al minimo il battito e controlliamo che il respiro non ceda e ci segua.
'AΠΟΚÀΛΥΨΙΣ
Chelsea Wolfe
- / - 2010


La cannibalistica intro Primal//Carnal degna di un horror di prima categoria è forse l'evento meno disturbante del qui presente parto della dolce Miss Chelsea. Già la copertina mette in guardia rispetto a quanto proposto da questa giovane musicista proveniente dalla West Coast: chi ha detto infatti che la California è solamente la patria del surf, del sole e del relax più disimpegnato? Mer è la risposta al contrario più chiara per la domanda appena formulata: resa inquietante dalla voce spettrale della sua interprete, in sottofondo pare di sentire e addirittura veder fluttuare, spiriti e anime in pena, tenute flebilmente a bada dalla musica scaturita dalla backing band che la Wolfe utilizza e che vede nella sorpresa Ben Chisholm alle tastiere un ottimo elemento. L'incedere doom della successiva Tracks (Tall Bodies) è leggermente mitigato dalla sua voce eterea e tuttavia sempre ultraterrena che affascina l'ascoltatore insieme alla sua immagine, lei, luciferina Tori Amos e novella Diamanda Galas di questo freddo inverno. Parimenti a Friedrichshain, Demons è il pezzo più rock a trovar spazio su questa release, ma una volta ancora la voce effettata e registrata bassa nel mix regala gli ennesimi brividi lungo la schiena mentre tentiamo di seminare i demoni che rapidi si sono posti al nostro inseguimento. Non c'è tregua: The Wasteland è un altro incubo ad occhi aperti con voci spettrali ad infestare l'altrimenti già di per sé gotica canzone. Moses è una supplica, forse una richiesta d'aiuto, ma desolatamente funebre; Pale On Pale è una drammatica descrizione di morte incombente con urla lancinanti e suoni metallici prima del silenzio definitivo. C'è spazio anche per la strumentale To The Forest, Towards The Sea prima del requiem finale di Movie Screen. Qui Chelsea ci ammonisce ripetutamente, consigliandoci quasi fosse un mantra pagano di non attraversare più quella linea di confine delle nostri menti, anche se ormai siamo consapevoli di come le immagini e l'esperienza vissuta fin qua non potranno cancellarsi mai più nella nostra anima e nella nostra psiche. Almeno fino all'arrivo dell'Apocalisse. Lasciate ogni speranza o voi che entrate.

mercoledì 22 dicembre 2010

CYBERCLOWN
Alberto Camerini
- 316 RECORDS - 2000


A sette anni di distanza dall'inaspettato, tanto per sonorità quanto per tematiche, DOVE L'ARCOBALENO ARRIVA il nuovo millennio vede tornare in scena un autentico Mito degli Anni '80 con un nuovo progetto musicale: l'Arlecchino portato in scena da Alberto Camerini vent'anni prima ha subìto una mutazione irreversibile trasformandosi in cybernetico clown per gli Anni '00! Il Prologo rappato e sporcato da chitarroni metal sembra l'avveneristico, ma un pò troppo facilotto, Manifesto programmatico di un Jovanotti maledetto e alternativo al suo stesso pensiero positivo. Le marionette ribelli compaiono già in Un Altro Sogno, ma Alberto torna prepotentemente alla ribalta solo con il violentissimo punk di Subtelevision Punx (Klonati) e con l'altrettanto scheggia impazzita Istruzioni, quasi a testimoniare di come l'inscindibile legame con la tecnologia sia la dimensione più congeniale e sentita quando affrontata nei testi. La base di Cyberclone e più avanti di Vivo sembrano rispettivamente una part II e III della già citata Prologo: ognuna dà il là a mini trittici accomunati da una sostanziale omogeneità di stili. Sempre senza mai rinunciare al punk bubblegum dei migliori Ramones (Alice Forse Lo Sa Già), nel primo caso è il rock il minimo comune denominatore (Roquette, Orfeo) così come lo ska la fa invece da padrone nel secondo (Non Rompermi Le Skatole! e l'uploadatura di Ska-Skatenati). Quando siam sul punto di credere che il reggae fumato di Fatti Una Canna! sia probabilmente non solo il pezzo più brutto e imbarazzante di una carriera intera, ma soprattutto l'inevitabile morte di una Stella del firmamento musicale, eccolo il colpo di coda tanto desiderato! L'operistica e malinconica Cyberclown posta in chiusura non solo incenerisce letteralmente quanto ascoltato fino ad un istante prima, ma rivela una volta ancora la notevole sensibilità artistica di un cantautore colto e raffinato.
Album eterogeneo e non immediato a discapito delle scelte stilistiche effettuate, CYBERCLOWN non riuscirà nell'intento di riposizionare l'artista italo-brasiliano ai vertici di un mercato discografico che ormai pare logorarsi e saturare sempre più, ma avrà l'indiscusso pregio di riconsegnarci bagliori e sprazzi di luce provenienti da un grande della Musica troppo spesso immeritatamente declassato al ruolo di semplice meteora.

martedì 21 dicembre 2010

CUTS
Soldout
- Anorak Supersport - 2008

A quattro anni dal debutto STOP TALKING e a tre dal remix album DEAD TAPES ecco tornare il duo belga dei Soldout, nuovi alfieri dell'electrofunk europeo. La scoperta del dinamico duo composto dalla scapestrata Charlotte Maison e dal casinista David Baboulis ha portato con sé la considerazione di come sia davvero possibile al giorno d'oggi aver le carte assolutamente in regola per competere a livello mondiale con chiunque anche senza stupire con effetti particolarmente speciali. La sequenza di canzoni presenti sul platter è poi talmente crossover nel suo genere indie che potrebbe appassionare tanto gli amanti dell'elettronica quanto i meno puristi tra i rockettari. Fautori di una miscela esplosiva a base di synth-pop e armati di carica punk la vocalist belga e il suo compagno di machines riescono a lanciarci nel vortice della danza con una manciata di pezzi acidi quali Build It Up/Knock It Down e Mysteries oppure semplicemente eseguendo la strumentale Midnight Express. Il singolo è The Cut, ritmatissimo e sufficiente sboccato per farsi notare fin da subito anche grazie all'affascinante voce di Charlotte che ricorda da vicino quella di Shirley Manson seppur più aggressivamente indolente. La similitudine col timbro della vocalist dei Garbage è anche più evidente in Come On (Part.1), punkettona e quasi jungle, in netto contrasto con la sua gemella Come On (Part.2), più sognante e canonica. Le linee di The Box sono assolutamente punk e non ci saremmo stupiti di ascoltarle su un qualsiasi album dei più sponsorizzati The Kills se solo il duo americano avesse deciso di pigiare il tasto dell'electro. Eppure VV e Hotel non hanno nulla da temere: i Soldout mantengono infatti un loro stile coerente e riconoscibilissimo giacché elaborato secondo i propri gusti come già nell'opener The Call. A dimostrazione di ciò valgano i remix usciti successivamente per questo e il precedente album in studio.
A dir il vero anche qua in Italia abbiamo un giovane alfiere in gonnella simil latex che risponde al nome di Tying Tiffany e che ama bazzicare questi territori, così come una band ancora immeritatamente poco nota, ma qualitativamente seconda a nessuno, come i Mallory Switch: forse il futuro è virato al femminile.

giovedì 16 dicembre 2010

REQUIEM
Verdena
- BLACK OUT - 2007

Non si è mai stati grandi fan del trio di Bergamo da queste parti, anzi l'uscita di VERDENA, ma soprattutto quella del loro primo singolo Valvonauta nel lontano 1999 aveva lasciato pressoché indifferenti nonostante, o forse proprio a causa di, la sua continua heavy rotation sui canali musicali di allora. Ma il tempo è galantuomo e spesso ripaga con gli interessi le cocenti delusioni se non gli errori di sbaglio che possiamo subire oppure commettere. Non che l'allora attesissimo SOLO UN GRANDE SASSO (2001) prima e il già più a fuoco IL SUICIDIO DEL SAMURAI dopo (2004) siano stati ulteriori buchi nell'acqua, anzi!? Epppure è solo con REQUIEM che i fratelli Ferrari e la bassista Roberta Sammarelli sembrano aver definitivamente trovato la quadratura del cerchio e aperto una nuova, decisiva e più matura pagina all'interno del loro percorso musicale. La scelta di Muori Delay come singolo apripista ha il pregio di compattare fin dal riff iniziale rockers, alternativi, orfani del grunge e hipster della domenica intorno alla gloriosa e storica bandiera del Rock, con una semplicità raramente sentita prima. La sorpresa tuttavia è la leggerezza con cui anche i brani a tutta prima più complessi e articolati, da sempre cifra stilistica dei Nostri insieme agli arzigogolati e onirici testi di Alberto, si fanno apprezzare: su tutti è Il Gulliver ad impressionare per la scorrevolezza nonostante i pachidermici 12 minuti scarsi di durata e i preventivabili cambi di tempo ed atmosfera! Il fulmineo intro citazionistico di Rock'n'Roll della premiata ditta Page/Plant è solamente il viatico migliore per lo sfogo sonoro al quale di lì a poco i tre ragazzi, accompagnati dal già ex Fidel Fogaroli al rhodes, si abbandonano per realizzare la loro summa creativa di sempre. Senza sbagliare colpo. Mai. Si vada pure a random: Isacco Nucleare, la delicata Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne, l'inarrestabile carrarmato rock di Don Calisto, la transoceanica e ondosa Caños, la sferragliante Non Prendere L'Acme, Eugenio, il vortice stoner-grunge de Il Caos Strisciante, Angie...tutti episodi essenziali ed esaltanti, ognuno secondo le proprie peculiarità, introdotti spesso e volentieri da brevi frammenti sonori (Faro, Aha, Martin in The Sky, Opanopono). E che dire dell'ennesima cavalcata vintage di Sotto Prescrizione del Dottor Huxley? Capolavoro. Amen.

venerdì 10 dicembre 2010

NEW LIBERALISTIC PLEASURES
The Death Of Anna Karina
- UNHIP - 2006

Che botta di vita?! Finalmente una band che definire semplicemente hardcore pare ingiusto e limitativo, davvero in gamba e con quella giusta carica di aggressività/rabbia che spesso manca a nomi più titolati o sponsorizzati del genere. Forse una volta tanto anche un pizzico di screamo (la bellissima Me And Wittgenstein Down The Street By The Schoolyard) non guasta per rendere se possibile ancora più spietato l'attacco sonoro di questa band emiliana. Eppure una buona dose di melodia e musicalità si riscontra spesso anche all'interno degli episodi più violenti mentre la sostanziosa e sostanziale spruzzata di elettronica new wave (Decapitation Decapitation, The Cure) ad opera di Rocco arrichisce ed estende ulteriormente l'orizzonte sonoro dei ragazzi di Carpi. Strafottenti e provocatori in Every Revolution Is A Throw Of Dice, eccoli "ripiegare" su soluzioni strumentali più dilatate e a tratti psichedeliche in Jlg And Anna Karina In A Bar e nella conclusiva Instrumental che poggia tutta la sua essenza su di un coraggioso pianoforte inizialmente incastonato tra la marzialità della sezione ritmica e le divagazioni sonore delle chitarre per poi cedere il posto ad un suono di organo post operistico. Il vocalist Giulio torna ad aggredire l'ascoltatore in Castration mentre le tastiere disegnano un tappeto sonoro saturo e ossessivo salvo assumere successivamente un ruolo meno dominante in I Hear The Seduction Of New Liberalistic Pleasures On Your CD, brano che ci suoi 6 minuti e oltre di durata si segnala come il più lungo del lotto. Nuovamente deflagranti e rabbiosi in Simon Le Bon Against The Tradition (Revisited) i sei death&rollers realizzano con Giulio Favero in cabina di regia un ottimo successore al precedente omonimo disco d'esordio facendo intuire un potenziale non ancora espresso del tutto e che ci auguriamo di poter tornare a trattare anche su queste pagine.

mercoledì 8 dicembre 2010

02-12-2010
- CLINIC live @ Live Forum -
Assago (MI)

In tour coi Clinic. Ammetto che fino ad una settimana fa di questa band inglese avevo forse letto il nome da qualche parte, ma non avevo mai ascoltato nulla. Eppure sono attivi da più di dieci anni e hanno nel loro carnet, oltre ad una manciata di Ep, ben sette album, l'ultimo dei quali, BUBBLEGUM, è il motivo di questa loro calata italica di inizio dicembre.

Il pubblico milanese questo giovedì è veramente scarso in termini numerici, vuoi per la concomitante presenza di altri live in città, vuoi forse per la location forse poco nota e che molti tendono a confondere con il più noto Mediolanum Forum al di sotto del quale il Live Forum è stato ricavato. Poco importa: noi si entra e si presta attenzione pure all'italianissimo quanto sconosciuto supporting act che risponde al nome di Mexican Chili Funeral Party e che nell'oretta scarsa a disposizione tiene bene il palco con una formazione giovane e ben assortita presentando una sequenza di brani interessanti, inframezzati da una cover dilatata e personale di Hells Bells. Ottimo il lavoro dei due chitarristi, specie gli interventi di chitarra solista, molto utili per dare una marcia in più allo stoner di cui i Brianzoli si nutrono. Da tenere d'occhio.

Rapido cambio di palco ed ecco entrare in scena quattro loschi figuri con mantellina guatemalteca (!!), cuffia e mascherina chirurgica: benvenuti in Clinic-a! Si parte senza dire una parola con Bubblegum, omonimo brano d'apertura del nuovo cd uscito ad ottobre e secondo singolo in programmazione, che col suo wah-wah ad opera del sempre schivo Jonathan Hartley alla chitarra, è proprio il caso di dirlo, ti si appiccica in testa e non ti lascia più. Ancora novità con Lion Tamer e la zuccherosa Milk & Honey che, per una serie di assonanze, a me nel finale fa canticchiare "vorrei cantare insieme a voi in magica armonia", inframezzate dalla più nota Memories, utile per farci iniziare a battere il piedino a tempo: buon segno! Welcome è un altro esempio di ottimo art rock del quartetto proveniente da Liverpool e introdotto dalla melodica, o dinamica che dir si voglia, suonata dal singer Ade Blackburn e marchio di fabbrica del clinic-sound.

Ciò che poi colpisce a questo punto della serata è come, a differenza dell'apparente staticità degli altri tre e soprattutto del pubblico davanti a lui, il buon Brian Campbell, pur mantenendo la posizione e senza mai distogliere lo sguardo dai presenti, continui imperterrito a ondeggiare su se stesso e a seguire col corpo le vibrazioni di ogni singolo pezzo suonato dal suo basso: grande!

Ancora due brani targati 2010: Baby e la b-side Gentle Lady non sfigurano nell'alternanza con la decisamente più datata (1998) e punkeggiante Monkey On Your Back, durante la quale Blackburn schitarra con la sua SG mentre Hartley opera in "sala tastiere", e la festante T.K.. Da VISITATIONS viene estratta la sola Harvest (Within You) con il suo incedere tribale esercitato dal quadrato drumming di Carl Turney e dalle tastierine suonate questa volta da Ade. Inutile dire che se Hartley riconquista il "buio della ribalta" e se ne ritorna nella penombra macinando accordi nervosi, Brian si dimena da par suo sul fianco destro del palco manco fossimo, due piani sopra, ad un concerto dei Subsonica, tanto per far un nome a caso. Fantastica l'onirica Distortions, priva di chitarre e così intensa da aver catturato l'attenzione degli Arcade Fire in sede live, ma che pure non sfigurerebbe nell'album dei migliori Radiohead o dei migliori Coldplay; poi ancora strepitoso art punk con la storica I.P.C. Subeditors Dictate Our Youth e nuovamente spazio all'ultimo album con Evelyn.
La tiratissima Shopping Bag, ancora DO IT!, è il preludio a Infernal Wrangler che con Orangutan si segnala come atto conclusivo di questa prima parte di live. I quattro a questo punto scendono dal palco per la (non) concordata pausa pre-bis, ma, non si sa per quale motivo, viene già diffusa la musica di fine serata!?!

Attimi di stupore tra i paganti, e forse pure dietro alle quinte, quand'ecco che i chirurghi tornano per altri tre brani: Porno, The Return Of Evil Bill e la fortunata Walking With Thee.

Soddisfatti per questo ottimo live decidiamo di fermarci per un drink, quando ecco che un energumeno in abiti civili, da sopra il palco ci lancia un amichevole "cheers!": è Brian, che smessi i panni di chirurgo guatemalteco sta smontando il palco e riponendo i suoi strumenti nelle custodie. Quattro inaspettate chiacchiere con la band al completo diventano così la promessa di seguirli nuovamente in una loro prossima tappa qui in Italy.
Where? When? Ieri erano a Roma, domani saranno a Bologna e sabato in Liguria: ehh, davvero troppo lontano, purtroppo.

Detto, fatto: due giorni dopo quando entriamo al Virgola di Sestri Levante, mentre sul palco gli Antigone stanno concludendo il loro set, veniamo accolti da un ormai familiare "Cheers!"
Visto? Promessa mantenuta!

Andrea Barbaglia '10

venerdì 3 dicembre 2010

CROCEVIA
La Crus
- WEA - 2001

Si sa: a fare una cover o si decide di restare fedeli all'originale oppure si stravolge il brano e lo si interpreta secondo il proprio stile.
Beh, di stile Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti ne hanno sempre avuto parecchio, dai tempi dei Carnival Of Fools il primo e da quelli dei Weimar Gesang e degli Afterhours il secondo. Aggiungiamoci la presenza sempre determinante in studio di Alessandro Cremonesi a completare la stesura dei testi e avremo un terzetto di classe che può permettersi di accostare in questo suo nuovo lavoro brani immortali della Musica quali sono Via Con Me di Paolo Conte (Cristina Donà e l'ex EstAsia Romina Salvadori ai cori) o L'Illogica Allegria di Giorgio Gaber (con un graditissimo featuring di Samule Bersani), a nuovi classici della Stessa, come l'Annarella degli ultimi CCCP-Fedeli Alla Linea. Etereo il trip hop della battistiana E Penso A Te, sognante, grazie anche alla tromba di Paolo Milanesi, quello dell'opener Estate di Bruno Martino, il cd viaggia su binari solidi e consolidati non per mancanza di audacia o idee, ma per la qualità messa al servizio della Canzone. Nessun baratro; molti i picchi. Forse due sono le canzoni astonishing, che colpiscono più di tutte per la loro bellezza: Pensiero Stupendo e Ricordare. Se nella canzone di Ivano Fossati e Oscar Prudente troviamo la stessa Patty Pravo che la portò al successo più di vent'anni prima, ciò non significa si tratti di un puro e mero lavoro didascalico: il triangolo evocato dalla canzone si materializza quando oltre all'artista veneziana e a Joe, compare la voce di Manuel Agnelli. La morbosità e la libido trattenuta vengono così accentuate e sottolineate da un incedere voluttuoso e sensuale che cattura fin dal primo ascolto. In Ricordare è la giostra della memoria a essere messa in moto: la consapevolezza che tutto torna anche contro la nostra volontà viene qui enfatizzata dall'etereo tappeto sonoro, marziale e non privo di accenni morriconiani, assumendo una maestosa e drammatica meccanicità sonora grazie ai fiati ancora una volta curati da Milanesi. Ma come non citare l'immensa Giugno '73 (sì, De André!) o l'altrettanto splendida La Costruzione Di Un Amore del già citato Fossati? Premio Tenco 2001.

giovedì 2 dicembre 2010

THE DEVIL YOU KNOW
Heaven & Hell
- ROADRUNNER RECORDS - 2009

Sontuoso. Nel lontano 1992 l'allora reunion dei Black Sabbath nella formazione Dio-Iommi-Butler-Appice, nonostante avesse partorito il granitico e heavy DEHUMANIZER, s'era di lì a poco nuovamente sciolta, scornandosi per divergenze di ordine gestionale e lasciando l'amaro in bocca a quanti ne avevano pronosticato una seconda giovinezza anche in piena era grunge. Diciassette anni dopo ecco il tanto agognato quanto inaspettato comeback. Complice una raccolta di vecchi classici rimpinguata da tre inediti nuovi di zecca, Tony Iommi si ritrova col folletto del metal Ronnie James Dio per celebrare quel periodo del Sabba Nero post Ozzy Osbourne con una nuova linfa vitale e creativa. Dopo una falsa partenza con Bill Ward nuovamente dietro le pelli, la sezione ritmica si compatta attorno al duo Butler-Appice, modifica per esigenze contrattuali il monicker in Heaven & Hell, parte per un tour, poi per un secondo, fa uscire un live album di ottima fattura, torna in studio, partorisce il qui presente cd. I blue skies di Atom And Evil (chi ha detto Adamo ed Eva?) sono in realtà ben più neri e cupi di quanto il lirismo di Dio non ci voglia far credere. Ritmiche rallentate, incedere funereo, inquietudine: è doom, e dei più pesanti mai realizzati dai quattro. Il senso di buio profondo "sporcato" da un'inquitante luce cremisi permane lungo tutto il platter: Follow The Tears mantiene le coordinate appena menzionate in maniera anche più solenne e impressionante con un assolo di Iommi che tuttavia non spezza ansia e turbamento. Che dire poi di Bible Black? Ottimo singolo, altro riffone e pesantissimo solo del baffuto chitarrista, intenso il cantato, pachidermica la sezione ritmica. Siamo davvero su un altro pianeta! E quando si decide di accellerare i risultati sono gli stessi: Eating The Cannibals, il bestiale basso di Double The Pain, Neverwhere sono solo una declinazione dell'atmosfera claustrofobica che si respira da queste parti mentre la lancinante Fear e l'ennesimo episodio doom di The Turn Of the Screw ci attendono un istante prima che tutto Breaking Into Heaven. Che ritorno!?! Eccezionale e irripetibile. Ottima la prova vocale di quel vero gentleman che risponde al nome di Ronnie James. L'ultima.

sabato 27 novembre 2010

THEATRE OF DEATH: LIVE AT HAMMERSMITH 2009
Alice Cooper
- UNIVERSAL - 2010

La fresca calata sold-out di una settimana fa all'Alcatraz di Milano, dopo la riuscita tappa estiva in quel di Maiano, è l'ottimo pretesto per parlare di questo cd+dvd uscito a fine ottobre e immortalante l'attuale performance del carrozzone grand guignolesco che Mr.Cooper sta portando in tutto il mondo da più di un anno a questa parte. Registrato presso lo storico Hammersmith di Londra, il live è la perfetta miscela di pezzi nuovi (Vengeance Is Mine), piacevoli sorprese (Nurse Rozetta), grandi classici (I'm Eighteen, Welcome To My Nightmare, Poison), tutti funzionali allo spettacolo che va in scena: le morti di Alice Cooper! Sì, questa volta la trama partorita dallo stesso Vincent Fournier con la complicità di Rob Roth e Shep Gordon prevede che Alice Cooper muoia più volte sul palco per poi risorgere nuovamente dalle sue stesse ceneri e compiere altri crimini. Alcuni brani del cd sono purtroppo leggermente editati per esigenze tecniche, in modo tale da condensare la performance audio su di un solo disco, dunque il consiglio è di focalizzare l'attenzione sul dvd per godere non solo visivamente, ma anche musicalmente lo show nella sua interezza.
A far scatenare fin da subito il pubblico accorso a Londra è l'immortale School's Out seguita a ruota da Department Of Youth durante la quale iniziano le prime scaramucce con un dinamitardo inserviente successivamente "immolato" mentre viene eseguita Wicked Young Man e dopo che Damon Johnson e Keri Kelli si erano resi protagonisti del primo duello chitarristico della serata nella già citata I'm Eighteen. Imprigionato in una camicia di forza, sulle note della Ballad Of Dwight Fry Alice viene ghigliottinato senza alcuna remora, ma da quello stesso strumento di morte eccolo riapparire, re-cooperare la sua testa mozzata e, maracas alla mano, raccontarci di essere stato all'inferno con Go To Hell fino a proclamarsi Guilty. Tuoni e fulmini in sottofondo, rintocchi funesti: Welcome To My Nightmare porta in scena una danza macabra alla quale Alice si ribella, rapendo e maltrattando fino a renderla cadavere la Cold Ethyl di turno.
Quale la punizione per questo efferato delitto? Il letale Poison dell'omonima canzone, accolta dal pubblico col solito boato, e iniettato con una gigantesca siringa direttamente nello stomaco del malcapitato; ma il "mostro" è inarrestabile ed eccolo tornare alla carica, a tutta prima apparentemente redento in The Awakening, in realtà ancora vinto dai propri demoni interiori portati in scena nell'alcolica From The Inside, nuovo spot per i due axemen presenti in scena. Nurse Rozetta è preda del maniaco psicopatico del Renfield Nelson Asylum (R.I.P.) che ancora in stato confusionale non esita però a strangolare la poveretta durante il siparietto hot di Be My Lover e dopo aver tentato di far altrettanto con Keri Kelly in Is It My Body. Eppure Alice col corpo dell'amata ancora sulle gambe pare dedicarle la toccante ballad Only Women Bleed, qui in medley con I Never Cry, ma la pena capitale è comunque dietro l'angolo e questa volta il criminale viene mandato al patibolo.
Occultato dietro le quinte il "cadavere" dell'impiccato, la scena passa in mano alla band che durante la strumentale Black Widow ha modo di mettere nuovamente in luce la bravura di Johnson e Kelli così come il figliuol prodigo Jimmy DeGrasso alla batteria e l'ottimo Chuck Garric, protagonista di una prova strepitosa col suo basso lungo tutto il live. Ma non è ancora finita: Vengeance Is Mine! Così ci ammonisce dall'alto di un pulpito il redivivo e mortifero Spider-Cooper che col solo tocco delle mani fa secchi due boia, ormai nient'altro che Devil's Food. E non bastano le collane di diamanti grezzi di una Dirty Diamonds al cardiopalma o le banconote dell'ottima Billion Dollar Babie$ gettate in pasto al pubblico a salvare il Killer che armato di uno spadone viene comunque imprigionato in una sorte di vergine di ferro ed infilzato senza pietà dall'affascinante Tiffany Love mentre la band esegue la classica I Love The Dead con Garric voce solista.
Il riff di No More Mr.Nice Guy è inconfondibile e rigenerante, per cui ecco ricomparire once again in scena uno smagliante Alice Cooper che sulla esaltante Under My Wheels dà spettacolo anche durante la presentazione dei suoi compagni di palco con verve e capacità di intrattenimento da attore consumato. È finita? Neanche per idea!?! La campanella suona ancora e..it's party time in London con Uncle Alice e il bis di School's Out!! Aveva ragione l'avviso di presentazione dello show: they keep killing him...and he keeps coming back!

n.b.: il seguente post è visibile pure a questo indirizzo:
n.b.. you can also find a link to this post here:
http://www.sickthingsuk.co.uk/

giovedì 25 novembre 2010

24-11-10
- NOMADI live @ Auditorium RadioItalia -
Cologno Monzese (MI)

È complicata arrivare negli studi di RadioItalia quando si avvicina l'inverno: il traffico sulla rete autostradale si fa intenso e qualche imprevisto per raggiungere la location dove ho appuntamento con persone molto care si materializza. Non appena varcata la soglia dell'edificio la tensione accumulata si scioglie però velocemente: molti i volti noti già seduti su divani e poltrone messe a disposizione dell'organizzazione, ma ovviamente la concentrazione è massima quando davanti a noi si materializzano Beppe Carletti e Danilo Sacco intervistati dalla sempre precisa Paola Gallo.
Oggi si presenta il nuovo cd pubblicato da poche settimane, quel RACCONTIRACCOLTI che omaggia una decina di cantautori e interpreti della musica italiana, partendo dall'immancabile Francesco Guccini per arrivare alla sorpresa Massimo Ranieri. Il totoscommesse impazza per sapere quali saranno i brani interpretati nell'ora di spettacolo a cui assisteranno il centinaio scarso di persone presenti che la struttura può ospitare. Dopo le foto di rito a conclusione dell'intervista, si parte.

Purtroppo l'attacco de La Dimensione, ariosa canzone del precedente ALLO SPECCHIO, non è dei migliori visto il microfono ancora chiuso di Danilo che tuttavia continua a cantare imperterrito, sicuro della professionalità dei tecnici in studio affiancati per l'occasione dallo storico Atos Travaglini. È subito tempo di omaggio,"a un grande, al grande Edo": la sempre attuale L'Isola Che Non C'è è la prescelta per scaldare il pubblico che già è partecipe e tiene il tempo con le mani nella successiva Lo Specchio Ti Riflette, brano "richiamato" dai cori dei presenti per essere ripreso almeno una volta dopo la canonica chiusura. La tastiera di Carletti e il violino di Sergio Reggioli, oggi per la verità spesso all'acustica, acconsentono e Danilo sa come esaudire la richiesta formulata. La voce dell'amico "speciale" Zucchero fa capolino sulla base registrata nel finale de Hey Man, brano scritto nel lontano 1987 dal musicista di Roncocesi a quattro mani con Gino Paoli e scelto oggi dai Nomadi per promuovere il loro cd in qualità di primo singolo. Buona la prestazione di Cico Falzone nei riff e nelle inserzioni di chitarra che lo costellano. Che poi sia sempre difficile per una band con quasi cinquant'anni di carriera alle spalle scegliere all'interno del vasto repertorio le canzoni da proporre in un breve showcase come quello odierno è comprensibile, ma con Io Voglio Vivere si va sempre sul sicuro!

Tutti si alzano in piedi e tra canti a squarciagola, applausi e salti, partecipano attivi alla sua realizzazione (vero, rispetto ad un live classico mancano i coriandoli...per fortuna!?!) incitati dallo stesso Sacco che, ricordandoci di come vox populi sia vox Dei, non ha difficoltà a riprendere due volte la canzone concludendola davvero bello carico e supportato dall'ottima band che su brani rodati come questo gira davvero a mille, con o senza pilota automatico. Ma ci sono tempi televisivi e radiofonici da rispettare perciò mettiamo da parte la voglia di riprenderla una terza volta e ci troviamo in pochi istanti a cantare l'altrettanto nota Dove Si Va, con ancora Falzone impegnato a tener calda la sua chitarra. La chicca della serata è comunque Due Re Senza Corona, fantastico brano inspiegabilmente tenuto fuori dalla tracklist di ALLO SPECCHIO per questioni, sbagliate dico io, di marketing e inserita solo ora nell'ultimo cd dopo un primo ripescaggio sulla piattaforma di iTunes. Aggressivo il basso di Massimo Vecchi, infernale il violino di Reggioli, a Cico, Beppe e Daniele Campani non resta altro che corroborare il tutto amalgamandosi alla possente voce di Sacco: grandi!!

A un quarto d'ora dalla fine ancora un sussulto: Stranamore (Pure Questo È Amore) del professore Roberto Vecchioni è eseguita magnificamente, con ancora un Danilo Sacco gran mattatore, perfettamente calato nel testo scritto dal loro amico milanese. Eppure the best has yet to come: Vent'Anni è l'apoteosi delle qualità del vocalist, protagonista di un acuto me-mo-ra-bi-le, con buona pace dei gufi a piede libero sparsi qua e là. Giù il cappello e tutti in piedi per render omaggio a quanti sono sul palco stringendosi in un unico abbraccio sulla conclusiva Io Vagabondo. Lunga vita e prosperità a tutti.

Andrea Barbaglia '10

mercoledì 24 novembre 2010

BLOWBACK
Tricky
- ANTI- - 2001

Un soffio di vita nuova anima il sesto album in studio del signor Adrian Thaws, in arte Tricky. Mai espressosi su toni così solari come ora, l'ex partner dei Massive Attack realizza un inaspettato quanto fortunato disco in cui il trip hop che l'ha reso celebre negli anni passati si contamina a più livelli aprendosi davanti nuovi scenari fino ad ora poco o addirittura mai esplorati. Se di album pop o rock tout court non possiamo chiaramente parlare, già l'introduttiva Excess permette però ad Alanis Morrisette di ritagliarsi un'importante e chiara fetta di visibilità assieme alla vocalist Stephany McKay, mentre l'ipnotico singolo Evolution Revolution Love calza decisamente a pennello per il confortevole timbro vocale di Ed Kowalczyk, frontman dei Live e protagonista assoluto insieme all'oscura voce di Tricky e a quella afro di Garrison "Hawkman" Hawk. Girls è talmente redhotchilipeppersiana che non avrebbe sfigurato su alcun album della band losangelina, qui rappresentata dall'accoppiata Kiedis-Frusciante, come pure lo pseudo rifacimento in chiave funk rock della sigla di Wonder Woman (#1 Da Woman) in cui il chitarrista, accanto all'altro suo compagno Flea e al collega Josh Klinghoffer, è protagonista di ottimi interventi vocali mentre il pezzo scorre caldo e ammiccante. Mark Gemini Thwaite ha il compito di rifinire coi suoi riff sia la cover liquida e trip hop di una Something In The Way quasi irriconoscibile sia l'arrabbiata Bury The Evidence. In You Don't Wanna è presente un sampler di Sweet Dreams (Are Made Of This) mentre la cantante R&B Ambersunshower ruba completamente la scena. Cyndi Lauper appare in Five Days come interprete di sempre affidabile bravura e in qualità di navigata autrice; il brano tuttavia più sorprendente resta a nostro avviso la raffinata e notturna A Song For Yukiko in cui le misteriose liriche della giapponese Yukiko Takahashi si intersecano a quelle di Tricky. Forse che sia il suo album più accessibile? Sicuramente un azzardo (calcolato) che merita attenzione.

lunedì 22 novembre 2010

CATTIVE ABITUDINI
Massimo Volume
- LA TEMPESTA - 2010

A volte ritornano. O forse, forse non se ne sono mai andate via completamente. Le parole, quelle parole sedimentate in tutti noi che abbiamo nelle nostre discoteche LUNGO I BORDI , DA QUI e CLUB PRIVÉ e in quanti, i più fortunati, hanno avuto l'accortezza e la lungimiranza di tenersi stretto fin dalla prima ora STANZE; ebbene, le parole non si sono mai totalmente esaurite in questi anni di apparente silenzio discografico dei Nostri. Come suonano dunque Emidio, Egle e Vittoria alla fine del primo decennio del nuovo millennio? Ancora a volume massimo, senza dubbio alcuno. E scelgono di omaggiare il mentore Fausto Rossi in Fausto, appassionato sfogo sonico, affilato come le chitarre dell'insostituibile Sommacal e della new entry Stefano Pilia che lo sorreggono, mentre l'incedere di Robert Lowell, con la sua narrazione autobiografica, prende a nume tutelare lo stesso padre della poesia confessionale americana. Equilibrio è la parola che meglio descrive questo nuovo capitolo della band. Equilibrio sonoro e testuale. Con molteplici dettagli e un'urgenza d'esserci, hic et nunc, forse mai così accentuata e sentita da queste parti. Via Vasco De Gama, che non sfigurerebbe in un disco de Il Teatro Degli Orrori, La Bellezza Violata con il sorriso che sapeva di terra bagnata, Le Nostre Ore Contate e le cattive abitudini quasi sempre appagate, sono lì a dimostrarlo. Litio poi è una corsa contro il tempo in cui il susseguirsi delle storie raccontate si pareggia con la quadratura macina-riff della musica in questi giorni inquieti. Mi Piacerebbe Ogni Tanto Averti Qui una richiesta intima e una riflessione dilatata, tanto immanente quanto senza tempo. Chissà cosa succederà a ciascuno di noi quando verrà esaudita. Ora godiamoci quanto il nostro futuro ormai passato ci ha concesso senza aver fretta di andarcene. Al resto penseremo poi, passeggiando assorti nei nostri ragionamenti per le strade di Coney Island.
BKO
Dirtmusic
- Glitterhouse Records - 2010

BKO è comunemente l'abbreviazione internazionale indicante il Bamako-Sénou International Airport ubicato nella capitale del Mali. Da qualche tempo è divenuto il titolo del secondo album di un duo di musicisti provenienti dagli Stati Uniti, il leader dei The Walkabouts Chris Eckman e l'ottimo musicista Christopher Brokaw, realizzato in collaborazione con l'australiano, ma in realtà cittadino del mondo, Hugo Race e registrato proprio a Bamako. L'entrata in contatto dei Dirtmusic, questo il nome del sodalizio, con una giovane blues-rock band di Tuareg chiamata Tamikrest ha permesso la nascita di una nuova esperienza musicale basata su un sentire comune proprio di realtà, a tutta prima, lontane e agli antipodi. Sorprendente è infatti la resa sonora di questo lavoro in studio, secondo per i soli Dirtmusic, a partire da un classico metropolitano di fine anni '60 come la velvetiana All Tomorrow's Parties, qui attualissima nella sua veste orientale tessuta dall'allargato ensemble di med-rock. Inglese, francese e tamashek, lingua dei musicisti berberi, si fondono in un unico linguaggio universale e vivo, comprensibilissimo per chiunque, grazie all'ottimo lavoro di songwriting che vede i propri picchi in brani quali la sinuosa Black Gravity, perfetta sintesi di sinergia tra Dirtmusic e Tamikrest, la tribale e ritmatissima Unknowable e nello strumentale Niger Sundown. La sognante e percussiva Collisions, pur essendo un brano tutto suonato dal trio Eckman-Brokaw-Race, assume toni onirici grazie all'intervento di Aghaly Ag Mohamadine allo djambé mentre l'altrettanto riuscitissima Desert Wind vede l'accompagnamento vocale di una sorprendente ed evocativa Fadimata Walett Oumar, ottima amalgama per la voce di uno Hugo Race in stato di grazia.
Preziosissimo e complementare è infine il meraviglioso dvd allegato nel packaging che, oltre a condurci tra tende, sabbia, dune, dromedari e studi di registrazione per raccontarci genesi e sviluppo dell'album, ci regala altre quattro gemme grezze (If We Run.., Ain't No Grave, Bogolon Blue e la cover di Reverend Gary Davis The Angel's Message To Me già precedentemente affrontata da Brokaw in duo con Geoff Farina)direttamente dal deserto per quello che è uno spaccato di vita reale, senza alcun tipo di mediazione o filtro promozionale. Lasciatevi stupire, cari Imidiwan.

martedì 16 novembre 2010

04-11-10
- TIROMANCINO live @ Auditorium RadioItalia -
Cologno Monzese (MI)

Una delle primissime uscite per la presentazione live de L'ESSENZIALE passa in quel di Cologno Monzese per la registrazione di una puntata di RadioItaliaLive. La serata e il clima decisamente piovoso poco invitano a mettersi per strada, ma l'arrivo nello studio di registrazione, ormai trasformato in un caldo e accogliente salotto, è estremamente confortevole e ci catapulterà di lì a poco all'interno di una intimistica performance, perfetta come warm up prima del tour vero e proprio del prossimo anno. Insomma, ci troviamo ad assistere ad una anteprima fin qui unica. Accompagnato dal solo Stefano Cenci alle tastiere Federico Zampaglione entra in scena rilassato e sereno, accolto dal composto applauso dei fans giunti per ascoltare live per la prima volta i brani del nuovo lavoro, più una manciata di classici. Federico scalpita, è ansioso di salir sul palco, prendere la chitarra e dare il via allo showcase; ma si dia spazio prima all'intervista introduttiva, poi alle foto di rito con la "maestra di cerimonie" Paola Gallo e con il campione di box, nonché fresco detentore del titolo mondiale nella categoria pesi leggeri 60 kg, Domenico Valentino. Espletate le piacevoli formalità di cui sopra ecco finalmente iniziare la parola cantata. È la califfiana Un Tempo Piccolo ad aprire la serata, omaggio fortemente voluto e sentito dal cantautore romano e portato a compimento in un periodo non facile per il maestro di Tripoli. Questo almeno stando ai giornali di cronaca italiani. La bellezza del primo brano proposto fa subito il paio con un estratto da ILLUSIONI PARALLELE: Imparare Dal Vento, così spoglia ed essenziale, permette a Federico di lanciarsi a metà in un breve assolo di chitarra supportato dall'evocativo e sognante suono vintage delle tastiere di Cenci, a onor del vero, preziosissimo collaboratore per tutta questa sera.

Dedicata al sentimento di libertà che è in ognuno di noi è la nuova Se Tutte Le Avventure. Fa un certo effetto ascoltarla live per la prima volta così, priva di batteria e di tutti quei sintetizzatori, il Prophet 5 in particolar modo suonato da Andrea Moscianese, che ne arricchiscono la versione presente sul cd, ma se la bellezza si misurasse in chili oggi non ne andrebbe persa neanche un grammo e gli applausi che l'accolgono prima ancora che termini sono tutti lì a testimoniarlo. Il cosiddetto "contributo ritmico" richiesto da Zampaglione al pubblico in sala non si fa attendere per il secondo inedito dal vivo della serata che risponde al nome di La Strada Da Prendere. Il pezzo scorre via liscio, senza grossi scossoni per la verità, forse anche per via di un rimando alla ben più nota Amore Impossibile che, guarda caso, viene eseguita immediatamente dopo. I ritmi in levare di entrambi i pezzi sono pressoché similari e la differenza la fa i cori del pubblico che ovviamente canticchia la seconda mentre si limita ad ascoltare con attenzione la prima.
Altra novità in arrivo. È un amore che se ne va il tema trattato in Quanto Ancora, a detta di Federico il pezzo più struggente scritto e conseguentemente eseguito stasera. Anche in questo caso vale l'effetto sorpresa provato con Se Tutte Le Avventure: l'acustica e il piano qua accarezzano la voce del cantautore romano laddove su disco gli strati di chitarre elettriche ed effettate unite a batteria, tastiere e sintetizzatori di diversa natura rendono il tutto decisamente più sofferto e solenne. L'Essenziale è già ben conosciuta dagli ascoltatori in sala e non faticherà a far breccia anche nel tour del prossimo anno. Breve divagazione tra i tasti bianchi e neri di Cenci poi le note introduttive di Per Me È Importante suscitano all'istante un meritatissimo applauso che verrà bissato a metà esecuzione e triplicato a conclusione del manifesto musicale zampaglionesco.

Che dire? È semplicemente un classico della Musica da quasi dieci anni a questa parte, a ragione, e tanto basta. Riff di chitarra in crescendo: ormai inconfondibile, La Descrizione Di Un Attimo è, per ovvi motivi, il brano che in questa versione minimale per RadioItalia risulta più simile all'originale e sigilla a suo modo la chiusura della prima parte del programma.
È tuttavia subito tempo di bis. Mentre così arrangiata la nuova e romantica Esiste Un Posto procede sul solco tracciato dalle precedenti canzoni inedite e si segnala per un altro breve solo di Zampaglione presente pure su cd, Due Destini è la degna chiusura di uno spettacolo molto intimo e raccolto che non faticheremmo ad immaginare perfetto se portato nel corso del 2011 in una location come quella teatrale, ben più adatta degli, acusticamente parlando, inadeguati palazzetti dello sport. Ciò che colpisce di più è la malleabilità di molti pezzi proposti che assumono ogni volta sfumature differenti a seconda dell'arrangiamento prescelto ed eseguito.
Non credete ad una sola parola letta fin qua? Beh, sintonizzatevi allora la sera del 23 dicembre su RadioItalia oppure quella del 24 direttamente su VideoItalia: toccherete anche voi con mano e vi farete un regalo di Natale, come direbbe l'amico Cavina, non buono, ma ottimo!
Andrea Barbaglia '10

domenica 14 novembre 2010

13-11-2010
- DER MAURER + XABIER IRIONDO live @ SOUND METAK -
Milano (MI)

L'occasione è ghiotta: Enrico Gabrielli, Xabier Iriondo e
Matteo Pennese live, tutti insieme appassionatamente per una data speciale al Sound Metak, il negozio di strumenti musicali sperimentali e d'avanguardia aperto nel 2005 e gestito da Xabier Iriondo qualche tempo dopo la sua fuoriuscita dagli Afterhours, a cavallo dell'immediata sua avventura in decine di progetti estremi e minimali.
Quella di questa sera è una delle ultime performance musicali tenute in questa piccola e vivace sede creativa così decidiamo che, muniti di tanta buona pazienza per ovviare al traffico milanese, e carichi di controllato entusiasmo perché l'esibizione di questi tre manipolatori sonori val bene il proverbiale prezzo del biglietto (che addirittura non c'è!?), Piazzale Segrino sarà la nostra meta. Parcheggiamo nelle vicinanze, ci fiondiamo nel negozio e dopo una rapida occhiata a dischi e strumenti musicali prendiamo posizione per assistere alla performance.

Il primo ad apparire in scena con abiti adeguati è Der Maurer Gabrielli che spiega cosa ascolteremo questa sera. Noi reduci da Siena sappiamo già a cosa andremo incontro, ma per la maggioranza dei presenti un'introduzione è quantomeno doverosa. Premesso che nessuna velleità massonica ha a che fare col progetto, Enrico ci racconta di come sia stato naturale scegliere lo pseudonimo Der Maurer considerandolo innanzitutto un tributo al mestiere di muratore svolto da suo padre e suo nonno, e, seconda di poi, perfetta spiegazione del suo stesso progetto discografico, quel DER MAURER VOL.1 in cui le sovraincisioni usate per realizzare gli stratificati pezzi d'Avanguardia presenti altro non sono che i mattoni stessi del disco.

Si parte con un brano di Igor' Stravinskij del 1923 e intitolato Tre Pezzi Per Clarinetto Solo, composto, sempre per restare in ambito di arte e pittura, da tre piccole miniature corrispondenti ai tre diversi registri che lo strumento esprime, facendo emergere la vena nostalgica dei toni gravi nel primo pezzo, l'inesausta tensione ritmica degli acuti nel secondo e le arditezze melodiche del terzo.

Il balzo temporale in avanti ci porta in America a metà degli anni '80, nel 1985 per la precisione, e ci introduce attraverso le parole di Enrico la figura di Steve Reich, fondamentale compositore newyorkese di origine ebrea. I dieci minuti e più della sua New York Counterpoint, composizione scritta per undici clarinetti di cui dieci sovraincisi precedentemente, sono il brano per antonomasia rispetto all'idea iniziale di Gabrielli e noi, inconsapevoli discepoli di John Cage per cui se un brano non ti interessa dopo quattro minuti è opportuno ascoltarlo per otto, sedici, trentadue e così via fino a quando il brano non interesserà davvero, abbiamo fatto l'orecchio nei mesi estivi proprio su questo pezzo minimalista per cui, seppur nella sua complessità, ci sembra di ascoltare il "singolone" di un cd in vetta alle classifiche internazionali.

Anche il terzo brano proposto è qualcosa per noi di già ascoltato, e in parte metabolizzato, nel live toscano. Sempre di Reich viene infatti eseguito Clapping Music, quattro minuti in cui Gabrielli non utilizza alcuno strumento al di fuori del battito delle proprie mani, introdotto dalla voce del seminale Cage che ci ricorda la sua teoria sull'ascolto ("..in Zen they say if something is foreign after 2 minutes try it for 4. If it's still boring try it for 8,16,32 and so on"). A questo punto Enrico, con il suono percussivo delle mani, comincia a doppiare e ad ampliare lo spettro acustico prodotto dai suoi stessi arti superiori, precedentemente sovrainciso e registrato al computer. Una performance simile, senza l'uso del pc, aveva visto a suo tempo protagonisti lo stesso musicista toscano coadiuvato dagli Afterhours al gran completo nell'ultima data del loro tour estivo con tanto di prova generale pomeridiana. Il pubblico, in religioso silenzio lungo tutta l'esecuzione, si scioglie poi nel meritato applauso al termine di questa primo live di giornata.

Un rapidissimo cambio di posto, visto che il set è già allestito, ed è il turno del co-headliner della serata. Xabier Iriondo prende posizione su uno sgabellino e inizia ad armeggiare al suo mahai metak mentre Matteo Pennese, accomodandosi dietro ad un portatile, imbocca la cornetta con cui si appresta a colorare l'Improvvisazione che scaturirà dall'alchimia con Gabrielli, di nuovo al centro della scena con il suo clarinetto.

Il la vien dato dai live electronics azionati da Pennese, con Iriondo che asseconda i suoni elaborati dall'Apple e le prime inserzioni provenienti dallo strumento a fiato del compositore veronese. È musica d'atmosfera, quasi ambient-rumorista se mi è concesso il termine, quella che si diffonde nello spazio intorno e gli stessi suoni di clacson, le stesse voci dei passanti, i rumori delle saracinesche abbassate provenienti dalla piazza adiacente, seppur occasionali, paiono susseguirsi secondo trame prestabilite. Gli occhi iniziano successivamente a posarsi sulle mani del "padrone di casa" che inizia ad armeggiare tra archetti di violino, bastoncini, spugne, corde e biglie per ottenere impensabili suoni da inusuali oggetti.

Nella composizione sonora interviene anche Gabrielli con misurati filler di clarinetto, ma è sempre il mahai metak a indirizzare tutta la nostra attenzione: i suoni ora grevi, ora nebulosi, ora inquietanti che quest'oggetto di legno ed elettronica produce ci lascia a volte interdetti e spesso sospesi, in attesa di quelli successivi. Con tempi assolutamente dilatati per gli anni frenetici in cui viviamo, il semplice scorrere di alcune biglie sulle corde dello strumento risulta ipnotizzante, mentre i suoni e le vibrazioni tonanti prodotti dallo stesso attraverso quel che pare somigliare ad un comune batticarne (!!) sembrano annunciare la furia di Zeus o di qualche altra divinità greco-latina. Ci sono la pioggia, il vento, la bufera. Tutto si concentra poi si sviluppa. Tutto nasce e un istante dopo già muore. Poi rinasce. E svanisce di nuovo. Per tornare. E scomparire ancora. Così, all'infinito. Nel vuoto.

Altrove si sarebbe parlato di catarsi; qua si parla di rivelazione.

Andrea Barbaglia '10

n.b.: il seguente post è visibile pure a questi indirizzi:
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THE UNION
Elton John/Leon Russell
- MERCURY RECORDS - 2010

Alla luce dei ripetuti ascolti di questo lavoro non ci sono dubbi: Elton John aveva bisogno di Leon Russell, Leon Russell necessitava di Elton John. Il primo, per dare un taglio definitivo a quelle sonorità pompate, troppo manieristiche e sbiadite che tanti scivoloni gli costarono specialmente negli anni '80 e per buona parte del repertorio degli anni '90. Il secondo, per tornare sotto i riflettori mondiali con un inatteso e sorprendentemente riuscito comeback dopo aver impreziosito decine di album e tour storici di giganti del rock. Non è un segreto che Russell fu per Sir Elton punto di riferimento agli inizi della carriera, lui quasi esordiente, l'altro stella indiscussa grazie all'exploit di CARNEY. La narrazione della genesi riguardante la nascita del disco e soprattutto l'ammirazione sincera tra i due traspare nel racconto scritto di proprio pugno dal musicista inglese e presente nel booklet che accompagna l'uscita discografica duettistica forse meno attesa, ma, a ragion veduta, più riuscita di quest'anno. Perciò non mi dilungherò oltre. Le note di pianoforte dell'autobiografica If It Wasn't For Bad descrivono immediatamente ciò verso cui andremo incontro: suoni scarni, ma raffinati, classici eppure attuali, conditi da somma classe. Russell la fa da padrone non solo nei brani propri, ma pure in quelli scritti dalla premiata ditta John-Taupin, come nell'r&b di Monkey Suit o nella sfida pianistica di Hey Ahab (e provate a star fermi se ci riuscite?!). Notevoli infatti sono gli incroci di pianoforti gestiti in cabina di regia dall'imprescindibile T Bone Burnett, ormai vero re Mida in fatto di collaborazioni impossibili. Il Crocodile Man recupera tutto il suo smalto anche nei momenti "minori" come nel country di A Dream Come True o in quelli più alti, leggasi ad esempio When Love Is Dying in cui compare Brian Wilson in veste di corista extralusso. La maestosa I Should Have Sent Roses e il crescendo black di There's No Tomorrow sono altri due picchi per un album che vede Neil Young prestare la propria voce in Gone To Shiloh mentre l'hammond B3 di Booker T.Jones riesce comunque a ritagliarsi il proprio spazio, gigante tra i giganti. E come dimenticare le chitarre di Marc Ribot, le batterie di Jim Keltner e Jay Bellerose o il basso di Dennis Crouch!?! L'edizione deluxe oltre a un paio di bonus track contiene un dvd esplicativo di tutto questo e altro ancora. Regia di Cameron Crowe. What else can I say se non "Hai ragione Leon: siamo In The Hands Of Angels!"