giovedì 19 maggio 2016

DI PADRI E ALTRE STORIE

DI PADRI E ALTRE STORIE
ERO
- Joe Black Production - 2016

Beh, che fossero tenaci non avevamo alcun dubbio. Che non si arrendessero di fronte alla scarsa attenzione di pubblico e media di settore era quasi scontato. Che poi volessero alzare la posta in palio per dare un seguito degno di nota al fulminante esordio FERMOIMMAGINE era quanto di più naturale e coerente potessero fare. Tra le realtà verosimilmente più promettenti dello Stivale gli emiliani ERO sfornano un secondo album che cresce ascolto dopo ascolto. Merito senza dubbio della naturalezza di un songwriting raramente autoreferenziale a cui il frontman Simone Magnani ci ha da tempo abituati e di una scelta sonora nuova, sempre dal taglio spigoloso, ma a tratti quasi pop, rotondo e allettante. Meno eterogeno del suo predecessore DI PADRI E ALTRE STORIE non limita il campo d'azione del sestetto carpigiano, ma semplicemente ne (re)indirizza il percorso spingendo su caratteristiche peculiari ed empatiche che si fanno apprezzare da subito. Se la prima sensazione potrebbe essere quella di ragionevole smarrimento ogni nostro comprensibile dubbio scompare dopo poche note; la partenza affidata all'orecchiabile singolo Il Grammo Che Non C'è, scheggia sonora  tosta e misurata, è il giusto compromesso e la convincente sintesi fra passato e presente, il mezzo di gran lunga più utile per marcare i confini di questa nuova individualità ben espressa anche dalla ritmata Stile, amara storia di linee d'ombra e amori perturbanti. Liberi da pregiudizi o schemi preconfezionati gli ERO scelgono di instaurare un dialogo con l'ascoltatore abbattendo muri, incoraggiando alla condivisione e aprendo all'alterità. La dimensione privata dell'intimità è presto spazio di condivisione e naturale riflessione speculare. Emozioni, desideri, progetti a tutta prima singolari si fanno presto poetica comune, minata forse da intrusioni esterne (la ruvida I Manichini), ma incapace di tradire la propria essenza, quella stessa in cui tutti possono riconoscersi (la brillante tensione emotiva che pervade Di Versi Simili, il maturo tributo filiale de L'Ultimo Uomo Buono) per naturale predisposizione. Pur essendosi approcciati alla materia con una formula diversa Magnani e soci mantengono la propria attitudine, rinnovano il proposito di percorrere una strada personale al rock internazionale senza sottostare a pregiudizi o vuoti fanatismi e sviluppano un progetto definito, ma sempre molto elastico e ricettivo. Ruvidi, irruenti, grintosi. Ricordate: si chiama empatia si legge ERO.

mercoledì 18 maggio 2016

3

3
Sara Velardo
- Adesiva Discografica - 2016
 
Con la caparbietà che la contraddistingue fin dagli esordi Sara Velardo torna sul luogo del misfatto con il suo disco più versatile di sempre. Prediligendo un taglio rock finora tenuto piuttosto nascosto la cantautrice calabro-lecchese sciorina una mezz'ora abbondante di musica viscerale in cui le prese di posizione su tematiche di grande attualità sono come sempre nette, ma anche coadiuvate ora da una tensione poetica nuova, al solito molto "stradaiola", più ispirata, definita e compiuta, che pone 3 ad un livello superiore rispetto ai suoi predecessori. L'ascolto del platter ci rassicura e conferma all'istante: ciò che stiamo ascoltando è quanto di più fluido la Velardo ha fin qui prodotto mentre l'attenzione ai particolari, ampiamente sviluppata e portata a compimento, risulta esser stata decisiva per fare quel salto di qualità atteso da tempo. Si prendano ad esempio Errati Acquisti, poderosa denuncia amorosa posta quasi in apertura di lavoro, cerniera tra una certa condizione femminile e  il violento terrorismo sessista domestico, oppure la sofferta Trageriaturia, metonimia in musica, spregiudicata e raffinata insieme, capace di sfociare dopo la tensione amorosa descritta nella liquida e arrendevole Pigghimi Ora. Come non segnalare poi le altrettanto degne di nota Come Una Poesia, pulita e sognante, ottimo singolo virtuale in grado di catturare e condurre per mano l'ascoltatore, e la politicizzatissima I Confini Di Casa Mia, folk rap primordiale e anarchico caoticamente ragionato? 3 è un disco che anche grazie al lavoro strumentale del grande Andrea Viti e di due quarti de Il Rebus pone le sue radici nel miglior rock italiano degli anni '90, in equilibrio tra rabbia e virtù, tra furore e istinto di conservazione, tra guerra e amore a simboleggiare i due lati di una stessa medaglia; quella stessa medaglia portata da ciascuno di noi al petto ora con gagliarda fierezza ora con adamitica vergogna, bilanciamento sempre perfettibile che guarda a quell'educazione all'empatia reputata da molti sociologi contemporanei fra le necessità più urgenti e pressanti dei nostri programmi educativi. Sara Velardo non inventa nulla di nuovo, ma ciò che fa lo fa con la consapevolezza che il mestiere dell'artista è dato una volta per tutte, non puo' tradire e necessita continuo sostentamento. A tutti i livelli. Una conferma che chiede solo il giusto spazio per affermarsi.