lunedì 27 maggio 2013

FRANKENSTEIN

FRANKENSTEIN
Enrico Ruggeri
- Anyway - 2013

C'era già andato molto vicino all'epoca di FANGO E STELLE e più ancora con la suite elettronica de Le Sette Sorelle contenuta nel mai troppo celebrato L'UOMO CHE VOLA. Oggi a distanza rispettivamente di diciassette e tredici anni Enrico Ruggeri porta a compimento il suo primo concept album con un plot narrativo di spessore ed una analitica visione ragionata sulla società contemporanea. In una foga creativa che ha pressoché coinvolto il solo Luigi Schiavone come ai pionieristici tempi di CHAMPAGNE MOLOTOV (1981), il cantautore milanese sceglie di raccontare l'uomo di oggi prendendo spunto dal romanzo ottocentesco per il quale ancora oggi viene celebrata l'allora giovanissima Mary Shelley. La storia del dottor Frankenstein alle prese con la sua creatura è specchio dei nostri tempi in cui si riflettono le nevrosi dell'animo umano, a partire dal desiderio egocentrico di vita eterna che, anche con l'aiuto della scienza, contrasta e sfida le leggi di Natura. Il superuomo di nietzschiana memoria, il moderno tema della diversità, la mai sopita lotta tra vincenti e perdenti confluiscono in un lavoro piacevolmente fuori dal tempo, e quindi per questo sempre attuale, che vede Ruggeri lavorare alacremente un intero anno alla ricerca del suono e della parola migliore, capaci di conferire all'album, come ci viene spiegato dallo stesso autore nel corposo booklet, tre chiavi di lettura. La prima di commento al moderno Prometeo della Shelley; la seconda atta a considerare ogni canzone un'opera se stante; la terza utile per seguire brano dopo brano i capitoli del romanzo breve L'Uomo al Centro del Cerchio allegato al progetto discografico. Così, quando La Nave salpa tra le onde, nella foschia, al suono del flauto traverso dell'amico Elio, ci troviamo catapultati in una dimensione di avventura che non prescinde da quella personale: Il Capitano è fotografia di tutti coloro i quali, mossi da curiosità e ambizione, sono pronti a ripartire per oltrepassare le colonne d'Ercole della propria conoscenza. Sono queste Le Affinità Elettive con un altro personaggio letterario, l'eroe omerico Ulisse, sottotesto al classic rock de La Folle Ambizione e nemesi dello stesso dottor Frankenstein impegnato nell'azzardato assemblaggio della propria creatura (Per Costruire Un Uomo). Pietosa preghiera pagano-superomistica è invece il pop-prog della title track che diventa un tutt'uno con il vertice musicale del concept. La cowbell anni '70, il chitarrone di Schiavone lanciato in un assolo, l'indovinato cambio di atmosfera centrale caratterizzano la strepitosa Aspettando I Superuomini, in equilibrio a metà dell'opera. A ruota trova spazio il singolo Diverso Dagli Altri, dalle liquide sonorità elettroniche già sperimentate nel 2000 e che ora ci conducono nell'antro dei pensieri più reconditi della Creatura. Qui Il Cuore Del Mostro, quasi una rallentata Notte Di Calore, pulsa e sanguina sotto una pioggia fredda, penetrante, mentre la minaccia si fa largo e prende forma. Gli sferragliamenti prodotti dal violino di Andrea Mirò in Ucciderò (Se Non Avrò Il Mio Amore) fanno il paio con il clangore sinistro de L'Odio Porta Odio e con la voce di Ruggeri filtrata meccanicamente ad urlare quella interiore del "mostro" ribellatosi al suo creatore. Dopo la tempesta ecco la quiete. Mentre guardiamo malinconicamente il tramonto una brezza leggera soffia ne Il Tuo Destino È Il Mio, eterna convivenza fra miseria e ingegno umani sottolineata dalla tromba dell'amico Billa. L'Infinito Avrà I Tuoi Occhi. E una lacrima scende su una fotografia in bianco e nero; la Creatura dall'altro capo del supporto ottico ci guarda mentre sbiadisce lentamente. La redenzione risiede altrove.

venerdì 24 maggio 2013

ANTROPOFAGIA

ANTROPOFAGIA
Patrizio Fariselli
- Cramps - ristampa 2013

È il 1977 quando un operoso Patrizio Fariselli, alle prese con i fortunati responsi di pubblico e critica legati al tour Anto/logicamente portato in scena dagli Area dopo l'esaltante viatico dei concerti al Teatro Uomo di Milano, rilascia il suo primo album solista per la DIVerso, collana dedicata alla musica improvvisata e al solismo creativo della già allora imprescindibile Cramps. ANTROPOFAGIA è quel vinile che ti puoi aspettare da uno sperimentatore, da un ricercatore deciso ad esplorare le potenzialità del proprio strumento sganciandosi da tutte quelle regole che il mercato impone. Ciò che non ti aspetti è che, con una delle sue tante mosse controcorrente, l'etichetta dell'amico-mentore Gianni Sassi decida di stampare e pubblicare l'esemplare in sole 500 copie, lasciando di fatto senza ascolto centinaia di appassionati. Non tanto forse i contemporanei di allora, quanto tutti coloro i quali, avvicinandosi nei decenni successivi alla proposta di Demetrio Stratos e compagni, avessero deciso di ampliare il discorso, andando a recuperare il materiale registrato dai singoli componenti al fine di comprendere meglio l'avventura programmatica della band attraverso le sue varie anime. In quell'enorme puzzle socio-musicale capace di vivere dall'interno una realtà fatta di ideali e riflusso restava un tassello vuoto che solo oggi viene riempito da questa attesa ristampa su cd rimasterizzata in digitale. Come ebbe modo di dire lo stesso Fariselli nelle note di presentazione al disco «l'improvvisazione in questo lavoro è vissuta in modo "coprofagico" inteso come momento di consapevolezza necessario per sfuggire agli "archetipi culturali che la società ci costruisce addosso"»; più che un monito una direttiva a tutti i suoi colleghi, quasi a voler indicare un metodo per evitare che il sistema ingabbi l'artista, suggerendo di muoversi certamente in forme aperte, ma pur sempre attorno ad un preciso progetto. In questa maniera dunque si sviluppano i sei episodi per pianoforte acustico e preparato (con, addirittura, una bistecca di manzo per Roastbeef, cacofonica opener in cui compare la chitarra di Marzio Zoffoli), tra sperimentazione e suggestioni che consentono ad una musica nuda, spesso cruda e spartana, di crescere progressivamente, concretizzando idee vincenti come nel caso di Scorie, brano licenziato adoperando le 32 note inutilizzate da Beethoven nella composizione di Für Elise, e in occasione dell'amplesso musicato che sta alla base di In-side-out-side. A chi pensa tuttavia che un lp del 1977 suoni oggi datato è consigliato l'ascolto di Antropofagia, title track di una attualità spaventosa. Echi di decadenza e malessere, vibrazioni e rumorismo primordiale costituiscono uno dei primi esempi progettuali di ricerca sonora senza accomodamenti mentre un corrosivo Antonin Artaud, personaggio da tempo caro a due spiriti affini come Pierpaolo Capovilla e Xabier Iriondo, partecipa attivamente attraverso una controversa registrazione del 1948. Non poteva esserci miglior chiusura. Per un'Arte senza tempo e senza compromessi.

giovedì 16 maggio 2013

ANARCHIA CORDIS

ANARCHIA CORDIS
Diego Nota
- autoproduzione - 2013
 
Esistiamo veramente solo se qualcuno ci ascolta. Così deve aver pensato anche il trentaquattrenne Diego Corda, un passato in prima linea con i laziali Ultimavera (e tre dischi all'attivo con la band frusinate), un presente che è una sfida e un futuro ancora tutto da decifrare all'interno di un panorama musicale che, saturo di proposte, fatica ogni giorno di più a premiare e a promuovere i migliori. Orecchiabile e ben confezionato come solo il pop di vertice riesce ad essere, intenso, crudo, a tratti irriverente come la migliore tradizione rock insegna, ANARCHIA CORDIS è il viscerale esordio solista, autoprodotto, del cantautore di San Giovanni Incarico, equilibrista delle parole e dei suoni, oggi assai più a suo agio con metriche e melodie dopo la separazione dalla sua band di origine. Libero ed emancipato da tutto e da tutti, Nota, polistrumentista autodidatta prestato al canto, trova nuovi stimoli in questa seconda vita artistica dimostrando a sé stesso prima ancora che agli altri di essere in grado di sbrigarsela da solo, mettendo a fuoco ragionamenti e intuizioni senza dover mai addivenire a compromessi con chicchessia. Le dieci canzoni composte nell'ultimo anno e mezzo sono lo specchio migliore per riflettere sulle indiscusse capacità del loro autore che non fa nulla per nascondere il proprio disagio e una irrequietezza di fondo nei confronti di una società in debito di ossigeno. Tanto in città quanto in provincia. Con la corrosiva San Pietro Calamitato va in scena uno dei tanti spaccati urbani sempre più comuni e diffusi che cercano un delicato punto di equilibrio con tutti i sacrifici e le arrabbiature del caso. Piccoli universi che confluiscono pure nelle Scene Della Vita Di Provincia in cui la lezione stilistica dei Marta sui Tubi viene messa a buon frutto attraverso un caos dialettico ben organizzato. Già con lo scattante pop rock di Anarchia Cordis avevamo intuito la propensione a una dettagliata trattazione socio-sentimentale basata sull'osservazione meticolosa del mondo che ci circonda e dei nostri sentimenti che su di esso inevitabilmente si riversano; lo stesso spirito analitico che si respira nella ricerca esistenziale di Rupestre e nella coraltà della melliflua Cosmonauta con Mariposa e Lucio Dalla meta d'arrivo. Ironico  nel tex mex sbarazzino benedetto dal Ponentino di Per Un Pugno Di Domeniche e in Antropoteca, ottimo singolo di lancio con Daniele Pulciani e Roberto Toti a macinare il ritmo, Nota è inarrestabile nella sua volontà di comunicazione, "per riprendersi la vita" e non smarrirsi più, come canta nell'intreccio chitarristico in compagnia di Giovanni Stracqualursi nella riuscita Canzone Per I Nostri Sei Piedi. E mentre la delicata descrizione famigliare di Radio Silenzio getta un'aura di malinconia chiude il cerchio Polvere Di Rospo, omaggio allo sperimentatore linguistico Tommaso Landolfi che diventa, anche alla luce dei recenti avvenimenti, un saluto agli Ultimavera i quali per primi decisero di inciderla nel loro ep d'esordio. Disco autarchico e d'autarchia il lusinghiero ANARCHIA CORDIS è un debutto che chiede ora un successore degno dei risultati raggiunti magari, è auspicabile per il suo stesso autore, potendo usufruire di un budget più sostanzioso, capace così di premiare l'ottima ispirazione concretizzatasi in questo 2013. Come si suole dire in questi casi? In bocca al...la lupa!
 
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mercoledì 15 maggio 2013

NOIANESS

NOIANESS
Giorgieness
- autoproduzione - 2013
 
Arriva da Morbegno, alle porte della Valtellina, il trio dei Giorgieness formato nel giugno del 2011 dall'agguerrita Giorgia D'Eraclea, voce e chitarra con un iniziale approccio ai palchi da cantautrice ribelle, e dal batterista Andrea De Poi, compagno di palco nonché di vita, che trovano nel bassista Samuele Franceschini il partner ideale per rifugiarsi in sala di incisione un anno e mezzo dopo e fissare su nastro i primi quattro brani ufficiali andati a completare il qui presente ep di esordio. Con grinta e sfrontata passione per tutto ciò che circonda le nostre vite, le canzoni dei Giorgieness sono piccoli racconti di intensa quotidianità vissuta sulla propria pelle minuto per minuto, registrate in presa diretta con gusto per la melodia e sincera adesione al collage rock dalle venature punk di Lemonheads ed affini. Mentre Sai Parlare ci riporta indietro di qualche anno all'esordio della splendida Cristina Donà di TREGUA, la luminosa Lampadari conserva tutta l'urgenza istantanea e senza tempo della gioventù che, consapevole del proprio passato prossimo, guarda al futuro, urlando un disagio esistenziale personalissimo eppure sempre più diffuso; lo stesso urlo neppure troppo sommesso di un Vasco Brondi al femminile o di un Giorgio Canali appassionato come non mai in compagnia di NOSTRA SIGNORA DELLA DINAMITE. Accantonati per l'occasione avant-garde music ed elettronica, Brian Burgan si mette al servizio delle band con le sue tastiere, colorando di spensierato flower pop la rabbiosa confessione amorosa di Magari Sta Sera, rock semplice venato punk, con quel confidenziale guizzo vocale che anche il giovane Lucio Battisti avrebbe gradito. Chiusura col botto grazie alla graffiante Brividi/Lividi la quale smussando le iniziali asperità superflue riesce una volta ancora a descrivere l'intensità di una condizione umana viva, ma tutt'altro che imperitura. Membro aggiunto al basso e indispensabile guida per ricreare l'impatto live anche fra le mura amiche del Morbid Sound Studio di Milano è il "pettirosso" Andrea Maglia, quarto allegro ragazzo morto al seguito della band di Davide Toffolo ed Enrico Molteni da un po' di tempo, nonché tecnico del suono old school, felice presenza in cabina di regia e in fase di arrangiamento. La perfetta sinergia tra la giovane promessa made in Sondrio e il frontman dei Manetti! diventa così un toccasana per tutti coloro i quali nella musica cercano l'anima anche nelle soluzioni armoniche più semplici; in attesa del futuro lavoro su lunga distanza, che a questo punto è giusto reclamare e attendere con impazienza per verificare se le promesse qui fatte verranno mantenute, pigiamo una volta ancora il tasto play e ci facciamo nuovamente rapire dalle note di Giorgia e compagni. Perché una sorpresa è proprio quello che vuoi quando meno te lo aspetti.

martedì 14 maggio 2013

L'AMORE È UN PRECARIO

L'AMORE È UN PRECARIO
Uross
- autoproduzione - 2013

In quasi tredici anni di carriera il monopolitano Giuseppe Giannuzzi in arte Uross è giunto al secondo lavoro discografico mantenendo un low profile che non ha affatto intaccato le sue buone doti di cantautore già in parte riscontrate nel precedente 29 FEBBRAIO (LO SQUILIBRISTA). Se però l'esordio discografico ufficiale, registrato in compagnia dei cosiddetti Anartisti per quella che in ultima istanza poteva considerarsi una band vera e propria dedita ad una canzone d'autore ricca sì di contaminazioni, ma mai realmente svincolata dalle maglie del pop rock, aveva fatto ben sperare il suo seguito è una piccola, significativa, rivoluzione. Dopo un paio di anni il progetto Uross torna infatti ad identificarsi con il solo rosso frontman che cappeggia ora sulla copertina de L'AMORE È UN PRECARIO. Accompagnato da Andrea Acquaviva al basso e Andrea Brunetti al pianoforte e alle tastiere, unici Anartisti sopravvissuti alla fatica precedente, Uross dà briglia sciolta alla sua passione mai sopita per un rock meticcio da cui trae linfa vitale e, con tanta buona volontà, allestisce un ensemble di otto elementi pronto a musicare le numerose storie da raccontare, una volta ancora punto di forza della sua vicenda artistica. Anche quando le cose non girano per il verso giusto come accade ad esempio nel singolo Claustrofobikronico, poco accattivante e inspiegabilmente scelto come brano di punta a scapito di episodi ben più concreti e funzionali a tale scopo. Maggiore impatto avrebbero avuto probabilmente canzoni già assimilate nei live come Chiedi Alla Polvere oppure episodi più enigmatici come Ego, da annoverare senza dubbio tra le migliori tracce del cd accanto alla seduttiva Noir, così ricca di suggestioni e fascino, e alla polverosa Cane Vagabondo, western desertico dal retrogusto new wave che pare tratto dal canzoniere litfibiano di Gianluigi Cavallo e dai Simple Minds di inizio anni '90, sospesa com'è tra i bassopiani del Sertão e il Joshua Tree. Anche Bu$ine$$, caratterizzata dall'Hammond di Brunetti, cavalca la felice onda del latin rock fiorentino caro al duo Pelù-Renzulli mescolandosi un po' a sorpresa, ma con risultati apprezzabili, con il crescendo sonico dei Marlene Kuntz. E se il riuscito tributo a Rino Gaetano concretizzatosi nella rivisitazione de Il Cielo È Sempre Più Blu, interpretato nelle battute iniziali à-la Dente meglio di Giuseppe Peveri, è un altro bel biglietto da visita, risulta altrettanto piacevole ascoltare le atmosfere del cantautore di Fidenza fondersi con quelle dei Negrita più recenti nel duetto con Angela Smeralda presente in Sto Così Scomodo Che Resto. Ancora un po' di pepe nel ritmato Flusso D'Incoscienza che fotografa la nostra condizione umana e infine tutti pronti a marciare cinematograficamente Al Mio Funerale. È tempo di percorrere nuove strade e andare Lontano, molto lontano. Verso l'infinito. Così, giusto per capire come andrà davvero a finire.
 
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venerdì 3 maggio 2013

POLAROID... DI UNA VECCHIA MODERNITÀ

POLAROID... DI UNA VECCHIA MODERNITÀ
Simone Piva & i Viola Velluto
- Gartin Records - 2013

L'ultima fatica discografica in ordine di tempo rilasciata dalla band friulana dei Viola Velluto è un esplosivo candelotto di rock vecchio stampo fabbricato presso il West Link Studio di Cascina, capace di ingannare l'attesa, grazie alle sue derive garage sanguigne e graffianti, a quanti attendevano un degno sequel al precedente, acerbo, lavoro d'esordio in studio CI VUOLE FEGATO PER VIVERE. Quattro istantanee compatte, ma ugualmente sghembe che testimoniano l'attuale, buono, stato di salute del trio capitanato da Simone Piva nei mesi precedenti la lavorazione del futuro cd previsto verosimilmente per il 2014. Avvalendosi di un divertente videoclip girato in un unico piano sequenza nella storica discoteca Al Lago di Cavazzo, spetta alla potente, e pure un poco ruffiana, Ok Man! fare gli onori di casa, rivelando senza troppi fronzoli una sana attitudine per il party rock più sfrenato e contagioso; a tratti perfino ballabile. Vamos Compañeros, con il suo evidente omaggio al Maestro Canali, si assesta tuttavia solo in parte sulla direttiva tracciata dall'episodio scelto a ragione per promozionare l'ep, preferendo piuttosto incentrare ritmi e armonie su un roboante grunge d'annata che bandisca scientemente ogni tentativo di artificioso divertimento ignorante e dozzinale per quello che, in ultima analisi, si rivela a sorpresa il momento cantautorale dell'intero lavoro, con le sue inquetudini e le sue mire rivoluzionarie. Deciso cambio di registro per Cronaca Di Una Fine Annunciata; è infatti forte qui il debito contratto da Christian De Franceschi e Omar Della Morte, rispettivamente basso e batteria dei Viola Velluto, con il reggae e la dancehall afro-giamaicane, almeno tanto quanto quello dei No Doubt confluito (e capitalizzato) nel singolone Hey Baby ormai una dozzina di anni fa. La versatilità del trio non comporta in ogni caso un allontanamento troppo marcato dai territori del rock più classico come testimonia l'ultimo episodio proposto nel quarto d'ora racchiuso nel sintetico book fotografico di queste polaroid. Fede Abbi Fede è così la dirompente risposta senza mezze misure ai Ministri, altro power trio metropolitano capace di esprimere il proprio malcontento sociale con una identità artistica ben precisa e riconoscibile. Ecco, questo è l'augurio che va fatto ai friulani: il raggiungimento di uno stile personale, efficace ed espressivo che non perda mai di vista la forma canzone. Una missione vera e propria, insomma. Forse, per ora, non finiranno nei manuali di storia della musica; tuttavia Simone Piva & i Viola Velluto uno spazio in un paio di recenti pubblicazioni editoriali rilasciate dagli scrittori Alberto De Poli e Matteo Strukul se lo sono già guadagnato. Per tutto il resto diamo tempo al tempo.
 

giovedì 2 maggio 2013

CECI N'EST PAS UN EP

CECI N'EST PAS UN EP
Sakee Sed
- Appropolipo Records - 2013

Cd. Ep. Cd. Ep. Realizzato e distribuito sempre con buoni risultati numerici quello che una volta veniva definito long playing, ecco che come di consueto è già ora per i Sakee Sed di mandare in stampa il (mini) lavoro successivo. Quasi una catena di montaggio artistico perfetta e sicuramente ben oliata. Per battere il ferro finché è caldo, ma soprattutto per concretizzare una esigenza compositiva urgente e, al momento, inesausta. Tra le giovani formazioni più creative degli ultimi anni non si fa fatica a citare il duo bergamasco dei Sakee Sed quali paladini di un garage rock nudo e crudo, scevro da compiacimenti e sotterfugi elettronici, lontano dalle mode hip hop del momento e con il cuore ballerino capace di trarre continua linfa vitale dalle radici del blues. Un po' White Stripes; un po' Tom Waits con una attitudine à-la Melvins, per un riuscito intreccio di sonorità spigolose e oblique, ma non per questo necessariamente grezze o prive di melodia. Quasi una factory sui generis, capace di mutare pelle tanto nei lavori in studio quanto nei live grazie al continuo innesto di ospiti cercati tra persone care ed amici, Marco Ghezzi e Gianluca Perucchini dopo il buon A PIEDI NUBI procedono spediti, proponendo nel nuovissimo vinile CECI N'EST PAS UN EP (grazie René) cinque pezzi registrati e mixati tra gennaio e marzo dell'anno in corso uniti ad un sesto episodio datato 2012, posto in apertura del lato A e con un inconsapevole debito nei riguardi dei Nomadi di metà anni '70. Boccaleone con il suo perentorio wurlitzer a garantire una costante progressione sonora, uploada infatti la lezione di Augusto Daolio e soci tenuta con GORDON, misconosciuto album psichedelico del combo emiliano, fregiandosi di un assolo ad opera di Guido Leidi che ne irrobustisce sound e ragione sociale. Heartbreakers. Alla lisergicità di questo episodio fa seguito la diatriba chitarristica de Il Mio Altereggae che, poggiando sulla sempre tonante batteria del barbuto Perucchini, trova modo di innestare fiati e vibrafono al calor bianco. Una passione antica per suoni robusti e saturi mutuati dal grunge emerge in tutta la sua distorta potenza sonora nel Metal Zoo gestito in società con Jonathan Locatelli mentre il divertissement da saloon di Jimmy È Perso Nel Delirio, dal vago sapore Verdena, fa da ponte ideale fra l'Olderifa Express e gli Strappi Bianchi posti in chiusura, parabola blues ripiegata su sé stessa con interessante coda strumentale. Neanche 20 minuti di musica per un lavoro rivelatore solo in parte di ciò che il futuro in casa Sakee Sed riserverà a loro e a noi. Forse manca il brano di punta, il guizzo vincente, quello capace di catalizzare l'attenzione come a suo tempo fece invece Bacco nel precedente ep omonimo; prevale piuttosto un senso di compattezza che è il nuovo punto di forza dei nostri, capaci di colpire come la folgore con la rapidità di un temporale estivo.
 
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