giovedì 28 novembre 2013

GOLD FOIL

GOLD FOIL
Adriano Viterbini
- Bomba Dischi - 2013

Mai un attimo di requie. Non soddisfatto delle già ottime reazioni ottenute dagli infiniti tour ad alto voltaggio in società con l'imprescindibile sodale Cesare Petulicchio, Adriano Viterbini sceglie il 2013 per dare alle stampe (forse anche un po' a sorpresa) il suo primo disco solista. GOLD FOIL rimanda fin dal titolo ad una particolare marca di pick-up usati, sia detto per inciso, anche da Ry Cooder, mito dell'allora adolescente Viterbini che, imbracciata da giovanissimo una chitarra, da autodidatta avrebbe trovato in essa uno sfogo costruttivo per liberare le proprie emozioni. Instancabile e indefesso, oggi più che mai il chitarrista romano ha modo di dar voce alle sue mai celate passioni musicali, proposte in una versione ulteriormente minimale, spogliate dei già pochi, essenziali, orpelli con cui si erano sfacciatamente rivelate in your face nelle scalmanate esibizioni dei Bud Spencer Blues Explosion. Qui è la chitarra ad assurgere ovviamente a ruolo di assoluta protagonista, tracciando e definendo il solco tra la tradizione blues del Delta e quella al di qua del Tevere. La crescita musicale e umana di Adriano fa sì il paio con la ricerca e la riscoperta del primitivo suono delle origini, ma non dimentica neppure il fatto di come spesso sia il semplice piacere di suonare per suonare la chiave di volta per apprendere i segreti dei veri bluesman. E Viterbini bluesman lo è; di ottima fattura per di più. Sono lì a dimostrarlo anche queste dodici registrazioni, catturate allo Studionero di Roma nel dicembre del 2012 da Daniele Gennaretti, capaci di cogliere lo stupendo suono delle chitarre utilizzate di volta in volta per restituire a ciascuna composizione la voce della propria anima. "Quanta dolcezza può nascondersi in un arpeggio!?": Kensington Blues è l'accorato omaggio al chitarrista americano Jack Rose, scomparso prematuramente qualche inverno fa, portato via troppo presto da un infarto a neanche quarant'anni nel pieno della sua creatività. Viterbini ne ripercorre la frizzante armonia originale rallentandola e dilatandola fino ad ottenere un'atmosfera dolcissima ed evocativa che conquista fin dai primi ascolti. Un uso intimo della chitarra ritornerà nelle atmosfere composte che la rilettura della storica If A Were A Carpenter offre all'ascoltatore e si cristallizzerà attraverso la slide di una frugale e passionale Immaculate Conception. Lo stomp box di God Don't Never Change diventa presto il cuore pulsante del suo crescendo liturgico intriso di malinconia gospel e tensione mistica mentre la frenesia di Montecavo e gli arpeggi in fingerpicking di Lago Vestapol evocano le scorribande spensierate battute dal sole della gioventù ("ha il profumo dei posti in cui sono cresciuto; vedo il lago di Castel Gandolfo e le giornate da ragazzo con i miei amici" afferma Adriano) in un'alternanza tra naturale irrequietezza e rilassato appagamento. Con i suoi volumi incredibili una Style-O anni '30 ruba la scena nell'omonimo blues (a metà strada "fra Robert Johnson e il più recente Alvin Youngblood Hart") e nella più complessa No Name Blues. Crepita anche il deserto con i landscape sonori prodotti da Alessandro Cortini, ospite nella New Revolution Of The Innocents, e si incendia addirittura l'Africa dei tuareg in Blue Man. Omaggio conclusivo a Woody Guthrie con il classico Vigilante Man che vive del suo prolungato assolo ascendente. È tutta questione di pick-up, humbucker, manici, ma soprattutto di gusto e sensibilità; passione vera e genuina, senza filtri. Fatevi cullare da mondi imperfetti e riscoprirete l'ancestralità delle forze superiori. Dalle radici ai piani alti dell'anima.

mercoledì 27 novembre 2013

IŪS

IŪS
Enrico Ruggeri
- Neverlab Avant - 2013
 
A distanza di un anno, dopo la buona e intrigante prova di MUSTERI HINNA FÖLLNU STEINA, torna a farci visita il manipolatore di immagini sonore che risponde al nome di Enrico Ruggeri. Per i più distratti ricordiamo una volta ancora che non si tratta dell'omonimo rocker autore di successi riconosciuti come Il Portiere Di Notte e Peter Pan; ci troviamo bensì al cospetto dell'ex leader degli Hogwash, sperimentale formazione bergamasca dalle forti radici psichedeliche, titolare di un promettente quartetto di album rilasciati fra 1997 e 2006 che, esaurita la spinta propulsiva del proprio percorso, ha saputo rivivere in forme radicalmente differenti nell'opera strumentale del navigato musicista orobico. Senza più il contributo creativo dell'artista visuale Elio Rosolino Cassarà, trasferitosi pressoché stabilmente a Berlino all'indomani della pubblicazione del loro precedente sodalizio discografico, oggi Ruggeri dà alle stampe quello che potremmo definire il suo primo vero disco solista, un nuovo tuffo nell'incerto girovagare senza meta della mente, sospesi e fluttuanti nel buio atomico del Cosmo. IŪS infatti continua e amplia il discorso iniziato con MUSTERI HINNA FÖLLNU STEINA, introducendo qualche elemento di novità a livello strumentale, qualche leggera ritmica, qualche tocco di pianoforte, aprendo quello spiraglio di luce che diventa via di fuga (comunque sempre precaria) dall'oscurità del suono a cui eravamo stati abituati. Sempre impalpabile e stratificata nella sua apparente immobilità l'ambient music di Ruggeri si fa paradossalmente ancora più sperimentale. Ad aprire il nuovo capitolo è la già nota Adiosu, brano che nei mesi passati è andato a costituire, insieme ad alcune tracce del tempio delle pietre cadute, la colonna sonora dell'omonimo mediometraggio nato dall'esperienza formativa del collettivo Sardegna Abbandonata e realizzato da Martino Pinna. Il contrasto tra la percussiva ripetitività e il marziale crescendo elettronico che ne caratterizza lo sviluppo diventa scontro di suoni che si propagano sgomenti nell'aria, nel vuoto, in quelle frontiere di decadenza formatesi tra le pietre di ruderi abbandonati a sé e la terra arida, la quale, spaccata da un sole antico confinato nell'oblio del tempo, cede ben presto il passo alla polvere spazzata dal vento di Printania Dust. La rigorosa malinconia orchestrata dai macchinari sonori è solo in parte mitigata dalle inserzioni pianistiche che danno una breve parvenza di calore umano a questa estetica digitalizzata fatta di riverberi e vibrazioni; il magma sonoro delle successive Errore #11 ed Errore #12 cristallizza l'improvvisazione delle performance live che altrimenti andrebbe persa, irripetibile momento di circolarità e algida comunione, ora lineare, ora frastagliata. Lo spasimo contenuto, la necessità di non ripetersi sono peculiarità di Ruggeri la cui impronta stilistica nella conclusiva Succo, eterea e germinante, sembra per la prima volta caricarsi di una speranza rivolta al futuro, per un finale anticipatore di novità. Frammenti e cocci ricomposti per una fine che, come sempre, sarà un nuovo inizio. Sfumato. Ossessivo. Sperimentale. La musica dei non luoghi che prende dimora in mezzo a noi.

lunedì 25 novembre 2013

ERRORI

ERRORI
Società per l'Industria del Freddo
- Ice For Everyone - 2013

Fedele alla propria vocazione che premia sporadicamente e senza alcun secondo fine il lavoro d'esordio di band a proprio insindacabile giudizio meritevoli di attenzione, la Ice For Everyone nata qualche tempo fa per iniziativa degli Zen Circus concentra questa volta i propri sforzi su un oscuro combo proveniente dalla Lucchesia. Società per l'Industria del Freddo è un trio nato artisticamente nel 2007 sotto il darkeggiante moniker di Veins of Sorrow. A farne parte dagli esordi fino alla loro successiva mutazione in S.I.F. troviamo il bassista-cantante Corso Mignani, da subito ribattezzatosi Koursed, il chitarrista Gabriele "Gabbo" Palma e il batterista Francesco Acci in arte Sober. Nel febbraio del 2011 i tre giovani amici sotto la guida artistica di Cristiano Santini, già voce dei Disciplinatha e qui produttore nonché ingegnere del suono, iniziano a Bologna le registrazioni di quello che sulla carta sarebbe dovuto essere il loro tanto atteso album di esordio. Sarà il Morphing Studio ad accogliere in più riprese il trio toscano e sarà sempre, ma purtroppo solo questa location a vedere la luce de LA SOMMA DEI NOSTRI DIFETTI, edizione originaria del futuro ERRORI. L'arrivo dell'empolese Luminal alla voce principale, capace di garantire maggiore incisività ai cantati, liberando così in sede live Koursed dal doppio impegno di strumentista e frontman, è l'unica nota lieta di questo periodo; le incomprensioni con Sober e l'inevitabile suo naturale allontanamento non potranno che essere comprensibile fonte di ritardi così come la successiva ricerca di un quarto elemento che potesse sopperire in pianta stabile ad Acci si rivelerà ben più ardua del previsto. Reclutato finalmente il nuovo drummer Paolo Ricci dopo un estenuante numero di infruttuosi provini, quasi a voler esorcizzare le numerose difficoltà incontrate sul proprio cammino arriva sul finire del 2012 anche il definitivo cambio di nome: Società per l'Industria del Freddo rileverà definitivamente lo sfortunato VoS regalando al quartetto un'aura maggiormente contemporanea, sempre oscura e misteriosa, in sintonia con la nuova proposta. L'agognato ERRORI esce così l'8 ottobre 2013 annunciato dall'inattesa botta alternative metal di 12 Secondi Sintetici, cantato melodico dell'ospite Andrea Morini direttamente dagli UnderSmokingDoors e muri di suono à-la Deftones, che apre il cd. La porta spalancata sul nulla così spesso evocato dalle liriche di Luminal (ottimo su Sintomi O Follie) e compagni è l'ingresso principale in un non mondo in cui il nichilismo pare prevalere su tutto mentre il vuoto, per cui non si trova un rimedio valido, lascia una infinita disperazione dentro l'essere umano, male oscuro che crediamo inseguirci alle spalle quando in realtà è davanti ai nostri occhi spenti in tutta la sua manifesta evidenza. Disperazione, malattia fisica e psicologica, angoscia, sgomento, miseria. Solo Il Resto pare avvicinarsi ad un rock apparentemente più "solare", ma già la successiva Nessun Guadagno e più ancora la conclusiva Zossener Strass, cantata da Koursed con Appino alla chitarra e ai synth, si appresta a ricondurci nel nero delle metropoli più oscure e desolate partorite dalla mente pur lasciando intravedere nuovi orizzonti sonori. In un universo precario meglio allora lasciar continuare a dormire i mostri della depressione. Io, ora che sono sveglio, ho infatti solo paura dei miei sogni.

mercoledì 20 novembre 2013

LOVES YOU MORE - A TRIBUTE TO ELLIOT SMITH

LOVES YOU MORE - A TRIBUTE TO ELLIOTT SMITH 
AA.VV.
- Niegazowana - 2013
 
Non è ancora chiaro cosa accadde il 21 ottobre di dieci anni fa nel quartiere di Echo Park a Los Angeles. Ma soprattutto non sarà mai completamente acclarato il perché tutto ciò avvenne nella sua tragica e ineluttabile realtà. L'unica cosa certa è che all'improvviso il mondo venne privato di uno dei suoi tanti figli capaci con poche pennellate sonore di farci intravedere ampi squarci di una felicità così apparentemente lontana anche dalle sue consuetudini che lascia sgomenti. Elliott Smith was dead. Chi avrebbe mai pensato che quel biondino ossigenato dall'infanzia tormentata, così tanto somigliante al primo Thom York ai tempi degli Heatmiser avrebbe poi saputo condurci per mano per circa un decennio con le sue ballate acustiche e i maturi afflati folk, respiri di più profonde sofferenze interiori? Socievole, ma riservato, da sempre amante dei misteri della psiche e delle miserie umane, Smith avrebbe conosciuto la luccicante notorietà e l'oscuro contraltare imposto dal successo prima di cadere nella spirale di psicofarmaci e alcool che gli avrebbe indicato una violenta via di fuga, drastica e senza ritorno. Non è la prima volta che il canzoniere dell'artista americano viene rivisitato da altri musicisti; gli ultimi esempi in ordine di tempo furono l'omaggio della sua città adottiva Portland che si concretizzò con il discreto TO: ELLIOTT / FROM PORTLAND e, un anno dopo, COMING UP ROSES: SACRAMENTO REMEMBERS ELLIOTT SMITH, direttamente dalla West Coast. Oggi, su spinta di Davide Lasala dei Vanillina, presenti con la celeberrima Miss Misery che rivelò Elliott alle masse, è il turno, un po' a sorpresa, dell'Italia che con LOVES YOU MORE mostra diversi aspetti della sfaccettata personalità di Smith attraverso un altrettanto variegato dispiegamento di musicisti. Accanto a episodi che sostanzialmente cristallizzano le emozioni prodotte dalle versioni originali (i Dilaila alle prese con la postuma Little One, Somebody That I Used To Know proposta da Nicolas Falcon, Roberto Dell'Era e il Waltz #2) si materializzano rivisitazioni personalissime in grado di dare nuova linfa vitale al tutto. E se The White Lady Loves You More nelle mani di Marco Fasolo e dei suoi Jennifer Gentle è esperienza dell'altro mondo mentre Needle In The Hay non perde un grammo della sua urgenza emotiva con Black Black Baobab e Roberta Sammarelli, sono lo scandalo emotivo de IlVocifero (Waltz #1), la danza macabra per piano, violoncello e voce  di Eva Poles (Figure 8) e la sospensione minacciosa evocata dai Dennis Di Tuono (Placeholder) a raccogliere i frutti più buoni. Ad alzare i volumi intervengono poi Edda con l'afterhoursiana Angeles, nella sua intelligente riscrittura testuale italiana (unico caso in tutto il cd), e la brillante Say Yes dei Labradors, perfetta macchiana da guerra alternative scheggiata di punk come neanche i migliori Foo Fighters. Spettrale la viscerale Between The Bars con Mr Henry, al secolo Enrico Mangione, intento a scarnificare fino all'osso il blues percussivo del brano originariamente contenuto nell'imprescindibile EITHER/OR. Dopo aver lasciato Emil in collaborazione con I Cani Giganti virare elettronicamente Bottle Up On The Explode! annotiamo una grande prova pure in casa Kalweit: Georgeanne con i suoi Spokes rilascia un commiato 2.0 attraverso il pop sensuale di A Fond Farewell che promette lontani richiami d'oceano. Ultimi, ma non ultimi i C+C=Maxigross approntano una corale Son Of Sam in pieno clima Seventies con tanto di intro arpeggiato prog folk. Non sbagliano gli amici di Niegazowana quando affermano che qui "ci sono affetti, condivisione, sudore e la volontà di catturare ogni singolo attimo e renderlo unico, registrando prevalentemente in presa diretta su nastro magnetico, lasciando il computer spento in un angolo della stanza"; questo fu del resto lo stesso approccio usato in tutti i suoi dischi da Elliott Smith. Anima fragile, genio ribelle. Si fece artista e venne ad abitare in mezzo a noi.

martedì 19 novembre 2013

L'ARTISTA

L'ARTISTA
Enzo Jannacci
- Alabianca Records - 2013

Ce l'aveva anticipato il figlio Paolo una sera di metà maggio, a Parabiago, tra una chiacchiera e l'altra al termine del suo primo concerto dopo la scomparsa del padre Enzo: "Il prossimo disco di papà sarà una bomba!" Abbiamo così dovuto pazientare fiduciosi per tutta l'estate e attendere financo un mese in più rispetto alla preventivata uscita di ottobre aver di nuovo tra le mani l'Artista con le sue ultime incisioni destinate al grande pubblico. Qualche anno fa in occasione della presentazione dell'antologico THE BEST, ragionata summa di oltre 45 anni di carriera vissuti sempre senza mai andare fuori tempo, pareva che il futuro prossimo venturo non dovesse più riservarci nuovi lavori artistici del medico-cantautore più amato d'Italia. Poi fortunatamente vennero il dvd live THE BEST CONCERTO VITA MIRACOLI, gli splendidi duetti istantanei con i Selton sul disco di debutto dei quattro brasiliani della Bovisa, un cameo sul doppio Q.P.G.A. dell'amato Claudio Baglioni. E la speranza che un seguito a L'UOMO A METÀ (datato 2003) fosse comunque in fieri e che prima o poi avrebbe visto la luce. A nove mesi dalla scomparsa di Enzo esce così l'ultimo disco del grande cantautore. "È venuto fuori un bel lavorino..." Così avrebbe detto lui nel riascoltare gli undici brani andati a comporre L'ARTISTA, disco michelangiolesco come michelangiolesco sa essere solo la Pietà Rondanini, guarda caso conservata proprio a Milano nelle stanze del Castello Sforzesco ed elaborata a suo tempo negli ultimi anni di vita del maestro aretino. È un album inderogabile, che canta l'urgenza del tempo che fugge e lo fa con una lucidità ora sussurrata ora drammatica. Ecco perché con quella voce, trasfigurata, sovrannaturale, "spaziale" la definirà Paolo, Jannacci può cantare una volta ancora ciò che vuole. È crooner con Il Tassì, in origine retro del primo singolo L'Ombrello Di Suo Fratello, che come per magia ci riporta agli esordi del 1961; è fermo cantore della vita amara quando pareggia il maestoso arrangiamento di Cosa Importa cui contribuisce con la sua linea di basso Dino D'Autorio; si fa piccolo nella struggente Maria Me Porten Via, divenuta oggi emozionante dialogo ad una voce con l'amata in cui l'amore per lei e il proprio figlio sgorga, trabocca ed erompe direttamente dal cuore in un passaggio di testimone e di ruoli a casa Jannacci affrontato una seconda volta nella toccante La Sera Che Partì Mio Padre. È il tema del viaggio la costante di questi frammenti dimenticati e oggi recuperati, tra i meno prevedibili di un repertorio sconfinato e sempre attuale che va ad omaggiare l'amico Sergio Endrigo, di cui negli anni di gioventù l'Enzo fu pianista, con l'interpretazione dell'immortale Io Che Amo Solo Te. Fra i ricordi scolpiti nella memoria che ritornano, con noi fermi ad un Passaggio A Livello, e il poetico scrigno delle meraviglie di Non Finirà Mai (assolo di chitarra elettrica a cura del jazzman Luca Meneghello) si impone lo swing malinconico de L'Artista e l'antica purezza dei cortili e delle case a ringhiera di Un Amore Da 50 Lire. In Desolato, unico inedito dell'intero album, l'inatteso J-Ax si dimostra pressoché infallibile nei featuring con artisti di altri mondi musicali (si vedano i precedenti con Extrema, Timoria, Pino Scotto, Max Pezzali), qui duettando con Enzo in una stringente e incazzata critica sociale hip hop estremamente attuale. C'è pure spazio per la giovane vercellese Carolina Petrizzelli, sicura co-interprete della conclusiva Senza Parole in un' atmosfera così semplice e famigliare, su una base di fiati e programmazioni sintetiche. Alzate il volume: si va in viaggio verso l'Assoluto perché la vita a me, a me piace ancora tanto.

giovedì 14 novembre 2013

L'ULTIMO CUORE

L'ULTIMO CUORE
Roberta Cartisano
- Broken Toys - 2013

Ultimo è a suo modo un ribelle. È il nuovo Adamo, il nuovo Piccolo Principe. Un uomo che, di fronte  al lento disfacimento di una vita sciupata e condotta da altri sempre più vorticosamente nel baratro del Nulla, si lascia ancora una volta riscaldare il cuore da quel fuoco che brucia e arde dentro lui, novello Prometeo dell'anno 2333. Un uomo in verità piuttosto normale che cerca e ricerca, che conserva il dono sempre più raro della memoria, che non si lascia attrarre né tantomeno comprare dal primo imbonitore di morte. È il nuovo Ulisse che già ha sperimentato il mito della caverna di Platone. È il respiro, è la speranza, è la ricchezza vera. Ultimo non poteva che essere il protagonista del nuovo album di Roberta Cartisano, spigliata e riflessiva calabrese tutta riccioli giunta al suo secondo lavoro discografico dopo le collaborazioni estemporanee con, fra gli altri, Cesare Basile, Marta Collica, Carmine Torchia e Micol Martinez. Un concept album avveniristico con due tematiche in primo piano: la ricerca della Bellezza nascosta innanzitutto e, in seconda battuta, la sua comunicazione rivolta al prossimo. Con la gente distratta dai simulacri del bello e ridotta allo stremo dalla cupidigia delle guerre e del so-they-called progresso, trova dunque ampio spazio la narrazione della vicenda unica di un popolo sfinito e sempre più ridotto all'inattività, incapace di ribellarsi al corto circuito innestatosi sempre per mano umana. Spetterà proprio al già citato Ultimo, coadiuvato dagli infaticabili Viandanti, riscrivere la Storia, e toccherà alla Cartisano proporci questo viaggio nel futuro, racconto per immagini sonore che è anche occasione di crescita per la sua autrice. Tutto ha inizio ne La Grande Notte quando da un fugace dialogo nascerà per la prima volta l'idea di gettare le fondamenta per la costruzione di un ponte tra la vita vera e quella di chi non vive. Facciamo qui la conoscenza di Ultimo (L'Ultimo Cuore), uomo della strada destinato a cambiare le sorti della propria specie quando nel-L'Era Delle Torri, attraverso un girovagare perpetuo e infinito fra Le Città Nascoste, dopo lunghi e approfondite riflessioni (Le Stanze Degli Altri), in compagnia di noi Viandanti troverà le contromosse per scardinare la fortezza dell'Egoismo e dell'Ignoranza che paiono governare l'umanità. Guidati da una purezza congenita sapremo dunque stupirci di nuovo, addirittura sperare; raggiunta la piccola Sophia, personificazione di Rinascita e Giustizia, una vita nuova sarà infatti alle porte con la nostra memoria, allenata negli anni (Il Più Bel Giorno Di Ieri), libera di riportare alla mente personaggi e storie di ogni tipo. In Rallenty. Sarà il riappropriarsi dell'etica la vittoria finale. Una vittoria che il regista inglese Steve Johnson racconterà attraverso la produzione dei video e di un cortometraggio ispirato al concept mentre il volto di Ultimo assumerà una propria fisionomia grazie ai tratti pensati da Mari& Lisa Mortelliti che ha curato l'artwork e le illustrazioni del disco. Un'avventura che vale la pena vivere insieme a Roberta, ai suoi musicisti e ai suoi ospiti mentre, parafrasando il professor Eco, altri nostri amici, "che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto una sola vita, la loro, (...) assai malinconica e povera di grandi emozioni." Grazie Ultimo.
 

mercoledì 6 novembre 2013

LIVIDI

LIVIDI
Vince
- Liquido Records - 2013

Vincenzo Pastano non è un nome nuovo tra gli addetti ai lavori; dopo svariate esperienze che l'hanno visto manipolare suoni e melodie tanto in campo pubblicitario quanto in collaborazione con numerosi colleghi, approda negli ultimi anni alla corte del suo concittadino Luca Carboni che lo vuole al proprio fianco in studio di registrazione e nelle ultime fortunate tourneé. Anche in ambito televisivo il suo volto è divenuto familiare nel corso dei mesi scorsi quando in supporto alle visioni di restyling sonoro di Guido Elmi comparve negli studi di registrazione di Pop! Viaggio dentro una canzone, apprezzabile trasmissione condotta da Omar Pedrini dedicata alla riscoperta di pagine che hanno fatto la storia della musica italiana. Eppure Vince è da qualche anno titolare anche di un progetto solista che ne porta il nome e che l'ha condotto a pubblicare a distanza di ventiquattro mesi dal precedente INVISIBILI DISTANZE un nuovo album capace di rappresentare tutto il suo mondo di ieri e di oggi con un abito sonoro contemporaneo estremamente peculiare. Se con questa nuova release lo scopo iniziale era quello di stuzzicare la curiosità del pubblico Pastano e il suo staff hanno senz'altro centrato il primo obiettivo. Il curioso packaging in busta di cartone nero, su cui troneggia un moderno graffito che rimanda alle antiche pitture rupestri preistoriche, rivela fin da subito una cura formale dei dettagli ancora più apprezzabile perché applicata pure al contenuto. LIVIDI viene presentato alla stampa così, senza troppe spiegazioni, con il solo consiglio di prestare attenzione alle dieci tracce che ne definiscono l'essenza e ne tracciano il percorso. Un'attenzione che richiede approfondimento e pazienza per riuscire ad apprezzare le sfaccettate sfumature di un sound morbido, liquido, così ricco di ramificazioni eppure senza soluzione di continuità, realizzato in collaborazione con l'imprescindibile Ignazio Orlando, da sempre fedele alla linea (anche se la linea non c'è), e il batterista-produttore Max Messina. Un unicum dinamico che neppure l'alternanza tra strumentali e cantati, per la voce eterea di Silvia Manigrasso, altra novità degna di nota, può spezzare. Fin dall'iniziale Liquidi si capisce come la compenetrazione fra un brano e l'altro sia realmente un incessante travaso di energia in cui nulla va perduto o si esaurisce. L'approdo al groove della successiva Fuzz Dub avviene infatti in maniera del tutto naturale, quasi i due brani fossero in realtà un momento di fusione tra armonie universali e ritmiche black, a sua volta replicato dalla quiete lunare che avvolge Sonnambuli, intensa terza traccia del lotto. Nasce su liriche di Grazia Verasani la sfida all'incertezza del futuro descritta in Al Buio mentre i tribali ritmi in levare e le distorsioni per la destabilizzante Black Propaganda, subdola come l'incattivito Atto Di Dolore, raccontano la manipolazione occulta del potere. E se Dawn Moon Glow, brano ambient proveniente da quelle stesse sessioni di scrittura con il produttore newyorkese Marc Urselli che hanno dato vita al progetto Past The Mark, trova spazio nella veste con cui l'abbiamo già ascoltato sull'album HAKHEL TRIBULATION, subisce un trattamento di "essicazione ritmica" l'antica psichedelia post rock de In Questo Inferno Vero, ora dub strumentale dall'intrigante intreccio chitarristico, fatto di allucinazioni desertiche. Di difficile collocazione sul mercato discografico LIVIDI è uno sforzo creativo che percorre e calpesta sentieri musicali poco battuti, ridisegnandone i confini e tracciando un solco con la tradizione. Una strada in salita dunque, tutta da esplorare; Vince, capitano coraggioso con l'irrefrenabile richiamo verso l'ignoto, guida solitario la sua rivoluzione. 
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.liquidorecords.com/news.html?limitstart=0