mercoledì 30 maggio 2012

CANTI BELLICOSI
I Cosi
- Cosmax Recordings - 2012

Sinceramente li avevamo dati per dispersi. Dopo un esordio che aveva convinto solo in parte, ma forti di una buona carica in sede live che ne aveva accentuato il lato rock'n'roll a discapito forse della componente beat, tornano oggi, dopo ben cinque anni da ACCADRÀ, I Cosi di Marco Carusino, già chitarrista del Morgan solista più convincente e leader de Le Sagome, come sempre supportato dal basso lineare di Antonio Mesisca, alter ego del frontman-chitarrista e figura chiave per il proseguimento di carriera del trio rimasto orfano di Stefano Aquino. C'è infatti una novità alla batteria. Deve sorprendere solamente in parte la scoperta che dietro le pelli della band segga ora Alessandro Deidda, batterista a pieno regime de Le Vibrazioni e amico di lungo corso della band; compagno di sala di registrazione in via Lombroso a Milano, navigato drummer capace attraverso la sua competenza e la sua unicità di far riscoprire il piacere di suonare in una band, Deidda entra nell'organico de I Cosi a fari spenti, ma garantendo maggiore dinamicità e potenza ai milanesi fin dalle prime uscite. Senza troppi clamori e forte delle esperienze fatte dal vivo, il trio si trova così a lavorare sul materiale confluito in CANTI BELLICOSI, album che lungo dieci episodi inediti, da un lato "indaga il tema dei conflitti che l’uomo coltiva con sé stesso, con la società e soprattutto con chi ama"; dall'altro riflette sul concetto di "bel canto, riportato ai giorni nostri". E se, come ci ricorda la band, di questi conflitti primordiali "la polvere da sparo sono i nostri pensieri", la miccia capace di innescare la detonazione ultima proviene spesso dall'incapacità degli autori di mettere a fuoco la poetica del Bello e del Buono nella Musica. Una recherche già affontata veementemente dai Marlene Kuntz qualche anno fa con quel manifesto programmatico che è Bellezza e proseguita col monumentale UNO. Qui I Cosi, su un substrato musicale sostanzialmente mutuato dagli Anni '60, sempre in equilibrio tra le radici dei grandi autori del passato e il desiderio mai sopito di novità, si avvicinano con rispetto alla tradizione cantautorale nostrana (Fotografia pare un inedito di Gino Paoli; Se Non un successo sanremese), mettendo ulteriormente a fuoco gli elementi già evidenziati con il disco di esordio e, al contempo, andando a riempire quei vuoti che ne avevano purtroppo "minato" la riuscita globale. Ci sono le raffinatezze formali di Universo, la precarietà dei sentimenti di Settimana  Enigmistica, gli stacchi power pop della nervosa Cose Nuove, le aperture mescalere della title track che rivela nelle sue corali armonie vocali una stretta comunanza con soluzioni in precedenza usate dal già citato Marco Castoldi, in arte Morgan. Romanticamore è una cavalcata spaghetti western rubata ai film di Sergio Leone se il grande regista romano si fosse occupato di commedia all'italiana; L'Assedio cita Piero Ciampi mentre su un ipnotico giro surf, tra slide guitar e Britpop, vengono esposte Le Ragioni Degli Altri. Chiude la notturna Quello Che So, dissolvenza cantautorale dalle garbate distorsioni lisergiche. Trenta minuti di rock sincero e senza pose; tanta melodia analogica in controtendenza ai suoni del momento. Per quanti credono che la Bellezza possa davvero salvare il mondo. Forse che ho sognato troppo l'altra notte?

un link al seguente post è presente qui: http://it-it.facebook.com/icosi 

martedì 29 maggio 2012

SOLO

SOLO
Antonio "Rigo" Righetti
- Rigo Records - 2012

È la storia di un rocker dalla scorza dura, ma dal cuore sensibile. La storia di uomo sincero, appassionato, generoso. Un uomo che crede in ciò che fa, da sempre; che vive, respira, mastica il rock nella sua forma più pura, sia quando figura indispensabile per l'economia di un suono per altrui musicisti, ma che pian piano si fa sempre più riconoscibile al punto da diventare un tutt'uno con la sua persona, sia quando slegato da ogni altro vincolo contrattuale che non sia quello dell'onestà intellettuale verso le sue passioni. Un uomo in fuga solitaria. Un uomo solo e al comando dunque, giusto per parafrasare una metafora ciclistica da sempre in voga. Uno sport, il ciclismo, che del resto per anni è stato, e a certi livelli lo è ancora oggi, semplicemente sinonimo di fatica, costanza e impegno. Le stesse qualità che richiedono il rock'n'roll, il blues, il folk, quelli veri, quelli che hanno attraversato e attraversano mode e decenni, infischiandosene di luccicanti specchietti per le allodole e ammalianti, ma pur sempre effimeri canti di sirene. Antonio Righetti, per tutti Rigo, è parte integrante di questa lezione di vita che la Musica offre e condivide con chi è capace di darle fiducia; fin dai suoi esordi a metà anni '80 con i seminali Rocking Chairs di Graziano Romani sono bastate quattro corde in acciaio montate su un basso Fender per ottenere quel groove e quelle variazioni scarne, ma di buona fattura che ben si sarebbero apprezzate su più larga scala nel successivo periodo con Ligabue. Oggi quelle stesse vibrazioni, lasciate un po' per strada dal rocker di Correggio, rivivono qui, in questo quarto appuntamento solista per il bassista (e per l'occasione chitarrista) modenese, primo col cantato in italiano dopo la strepitosa sbornia strumentale del precedente PROFONDO BASSO. Su testi curati dalla giovane autrice napoletana Sara D, Rigo fonde il piacere di lasciar parlare la sua musica con parole nuove, in compagnia del compagno di tutta una vita artistica, quel Robby Pellati da cui pare non poter prescindere, coppia ritmica affiatata per amicizia e sintonia musicale. Cinque pezzi che sono fotografie, autoscatti nitidi di una condizione dell'anima, di un vivere altro, che trova nel viaggio la sua inconsapevole finalità, con una mèta che è come l'El Dorado: bramata, ambita, ma irraggiungibile. Si parte con il rock blues in levare di Non Puoi Cambiare, in cui le atmosfere rilassate provenienti dalla chitarra vengono contrappuntate da un basso corposo e di forte musicalità, che sgomita per accaparrarsi le luci della ribalta. La gentilissima voce di Elisabetta Gagliardi si accorda a quella più profonda e personale di Antonio nell'immarcescibile promessa amorosa di Noi così come nella title track Solo, episodio che rimanda ad un cantautorato più desertico e scarno, di forte matrice americana, arido e secco come il polveroso territorio spazzato dal vento torrido del West. È una terra di frontiera quella raccontata da Rigo, tra ricordo e oblio, tra amore e desiderio; anche Quante Volte con il suo piglio vigoroso non viene meno a questa vocazione. E se la conclusiva Sguardi è forse il brano più macchinoso del lotto nonostante l'apprezzabile apertura del ritornello, resta la certezza di aver tra le mani l'ennesima sfida di Righetti lanciata a sé stesso, nel tentativo di alzare una volta ancora l'asticella verso il nuovo traguardo. Perché, incisa e missata da Andrea Lepori, SOLO è pure la prima pubblicazione della sua casa discografica ad personam, la Rigo Records appunto, nata, come tutto ciò che riguarda il suo titolare, per passione e sentimento prima ancora che per profitto. E se tra i suoi mille impegni dovessimo perderlo di vista per qualche istante, sapremmo già dove rivolgere lo sguardo. Qualche metro più in là, su un palco, c'è una spia accesa e una nota di basso capace di farci vibrare lo stomaco.

venerdì 25 maggio 2012

in concerto

24-05-2012
- DANILO SACCO live @ Teatro tenda -
Osnago (LC)

Il fatidico giorno è così giunto. Sono passati cinque mesi quasi esatti dall'ultimo concerto tenuto da Danilo Sacco in compagnia dei suoi antichi compagni di viaggio, quei Nomadi capitanati da Beppe Carletti con cui ha girovagato e condiviso più volte i palchi di tutta Italia dal 1993 fino allo scorso dicembre. In questi cinque mesi il cantante astigiano, dopo un primo periodo di smarrimento e riflessione, ha lavorato duramente per allestire una band che potesse supportarlo nel suo nuovo percorso solista, fatto di nuove canzoni e sentiti omaggi a evergreen del patrimonio musicale italiano, rivitalizzato da una nuova linfa andata purtroppo affievolendosi negli ultimi tempi. Alle porte c'è addirittura un cd dal titolo esplicito, UN ALTRO ME, il primo ufficiale dopo la raccolta di pensieri e musiche andato sotto il nome de L'ORIZZONTE DEGLI EVENTI e uscito in sordina, inizialmente solo per gli iscritti ai suoi fanclub, sul finire del 2011. Oggi è l'occasione per testare live uomini e canzoni, forze e sentimenti, per provare a sé stesso e agli altri di esserci ancora, sempre determinante e a pieno regime, come ai bei tempi. Al termine delle affabulanti parole di Massimo Cotto, spetta a Pierluigi Giorgio, regista e attore teatrale molisano, far vivere come in una nemesi che fa il paio con l'introduzione recitata di Per Quando Noi Non Ci Saremo i primi istanti di questa nuova avventura, di questo nuovo percorso, di questa nuova porta spalancata sul destino. Dopo aver lasciato un suono con la band di Novellara per Danilo Sacco è giunto il momento di mostrare un lato inedito della sua musica e della sua anima, Un Altro Me (Ed Altri Guai) appunto, tra schitarrate rock degne della miglior tradizione d'Oltreoceano e influenze folk alle quali l'ex cantante della Comitiva Brambilla ha sempre guardato. "Filibustieri, pirati: benvenuti!!! Dio vi benedica!"

Pugno alzato al cielo e grinta da vendere per questa opener collaudata già in passato che vede affiancarsi alla certezza della Telecaster di Valerio Giambelli, ora in pianta stabile nella band di Sacco dopo essere fuoriuscito dagli Statuto, la gradita novità della fisarmonica di Andrea Mei, storico terzo membro dei Gang e già collaboratore degli stessi Nomadi in sede di composizione nei successi più recenti. Un tappeto di tastiere, proprio appannaggio del polistrumentista marchigiano, annuncia un altro inedito. Il ritmato mid tempo
Aprimi è accolto con attenzione dal pubblico accorso in Brianza fin dal tardo pomeriggio; nella vicenda dell'ingranaggio stabile, senza comandi, senza perché c'è chi vede un autoritratto del cantante, intento a esprimere in musica note autobiografiche legate alle ultime vicissitudini nomadi; di certo è una occasione per scaldare i motori, supportato dal basso di Antonio "Rigo" Righetti, la roccia angolare su cui Ligabue costruì la fortuna di un album come BUON COMPLEANNO ELVIS dopo la separazione con i ClanDestino, nel secondo tempo della sua carriera. Cane, presentata come "una canzone per la casta" ha il tiro giusto per fare sfracelli dal vivo, grazie ad un ritornello accattivante di facile impatto e un ottimo lavoro ancora della sezione ritmica che pompa sangue ed energia mentre un tappeto di Hammond amalgama il tutto. A questo punto è inevitabile per Sacco il confronto con il suo passato più recente. Tra fiori tropicali e grida di dolcezza è tempo di Asia: molto più secca ed essenziale rispetto alle divagazioni progressive imbastite da Beppe Carletti e compagni anche per il drumming quadrato, ma in quest'occasione poco dinamico, di Tommi Graziani, la descrittiva visione di Francesco Guccini perde qualcosa nell'arrangiamento, ma guadagna in dinamismo con il basso di Righetti e le percussioni di Jean-Pierre Augusto Rodriguez Ugueto.

Soddisfatta una buona fetta di presenti, che si troverà, qui come anche in altre occasioni nel corso della serata, ad assistere ad una rievocazione ibrida di certi fasti nomadi seppur contestualizzati in un ambiente differente. Difficile chiedere a Sacco di essere totalmente altro se il proprio modo di vivere la musica e la vita è quello che abbiamo visto in vent'anni di carriera ad alti livelli, senza filtri e maschere. Ora si è "semplicemente" tentato di ricostruire, di ripartire da dove si era lasciato, con un bagaglio di esperienza sul campo davvero notevole, non più protetto dall'abbraccio immancabile della famiglia nomade, ma consapevole che il nuovo carico di responsabilità verrà pareggiato dalla possibilità di dare libero sfogo alle proprie inclinazioni. Danilo è così artefice del proprio destino, acrobata senza rete, uomo tra gli uomini. Quindi, innanzitutto, "voglio ringraziare tutti voi (...); perché ci avete dato una grande mano, perché siete qua, perché avete creduto in questo piccolo progetto che non esisteva, in realtà. In qualche mese abbiamo fatto cose davvero straordinarie, quindi grazie dal profondo del cuore. Grazie veramente. Questa è una canzone d'amore si chiama Non Ho Che Te; (...) concedetemelo, per una volta, vorrei dedicare questa canzone alla mia compagna che si chiama Chiara Stella. Grazie dal profondo perché quando qualcuno si è girato dall'altra parte tu c'eri e non mi hai lasciato solo." Così, con una emozionata dedica alla persona amata presente sotto al palco, prende vita la ballad che consegna alla serata i primi veri istanti da brividi per una sentita interpretazione tutta cuore e voce di un brano che pare avere fatto breccia all'istante sui circa 700 paganti della serata. Forse non un risultato clamoroso numericamente parlando, ma pur sempre una cifra di tutto riguardo per una data zero, infrasettimanale, che regalerà di lì a poco altre emozioni.

A salire sul palco è infatti un nome altisonante della tradizione folk rock italiana. Massimo Bubola si presta a duettare su una tripletta che inizialmente si pensa possa essere unplugged, per sole chitarre, voce e fisarmonica e che comprende
Il Cielo D'Irlanda, una fiera Fiume Sand Creek, con il finora in ombra Valerio Giambelli finalmente protagonista, e Dove Scendono Le Strade. Strette di mano, abbracci, sguardi e gesti di intesa: un intervento programmato che conserva il sapore della jam session quello con il sempre più pingue cantore veronese di storie sbagliate, amori e guerre. La scaletta si fa corposa. In risposta a quanti si erano domandati negli ultimi mesi cosa avrebbe fatto Danilo Sacco dopo aver lasciato i Nomadi arriva una sorprendentemente autobiografica A Muso Duro, canzone manifesto di Pierangelo Bertoli assai amata dal cantautore piemontese che, concentrato con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro, la fa totalmente sua perché "questa sera è un pretesto per suonare quello che abbiamo nel cuore." A ruota ecco allora Signora Bionda Dei Ciliegi, memorabile tributo all'inimitabile Ivan Graziani, vero rocker italico, sempre un passo avanti anche quando legato alla tradizione, geniale e creativo nella sua unicità. Istrionico. Estroso. Acuto. Genio assoluto. Canzone inedita che tratta il tema della rinascita è invece L'Aurora. Con Giambelli all'acustica il brano contenuto nel cd di prossima uscita parte lento, ma lungo il suo sviluppo vive di un crescendo naturale che consente a Sacco di sfoderare una interpretazione sincera e accorata con una serie di pregevoli acuti.

È in forma Danilo. E lo ribadisce con un inaspetto arrangiamento
rockeggiante de La Canzone Del Bambino Nel Vento (Auschwitz). La nuova versione del classico di Guccini si muove su territori cari al Ligabue di inizio millennio, lasciando sospese nel limbo di uno spazio ultraterreno le sempre attuali parole del testo. Inopportune e del tutto fuori luogo le "coreografie" di alcune spettatrici. Forse anche Sacco tende un poco a strafare con le note alte, sempre pulite e mai stonate sia chiaro; ma è solo un peccato veniale, comprensibile come lo è la foga del ragazzo nel voler dimostrare al mondo di essere al 100%: "Erano mesi che non sentivo questa bellissima cosa. Grazie. Erano mesi che mi veniva detto che non me la meritavo più. Erano mesi che pensavo "lasciateci salire su un palco e dimostreremo che forse non è proprio così". Grazie ancora." Una piccola pausa per riprendere fiato e spetta a Righetti avanzare a centro palco, innanzitutto per rivolgere un pensiero alle vittime del terremoto che ha colpito la popolazione dell'Emilia nella notte del 20 maggio; in seconda battuta per proporre Solo, il singolo di presentazione del suo omonimo ep, anch'esso in uscita ad inizio giugno. Rock blues senza fronzoli, che vede nello stiloso Valerio Giambelli il naturale partner strumentale per le scorribande sonore di impronta southern, la parentesi solista di Rigo, per la prima volta misuratosi con liriche in italiano, è viatico per il ritorno sul palco del vero frontman della band. Spalleggiato dal solo Andrea Mei al piano elettrico, per Sacco giunge il momento di dedicare il prossimo pezzo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel ventesimo anniversario della strage di Capaci e a soli cinque giorni dall'attentato, di cui non è stata ancora chiarita la matrice, all'Istituto Professionale Statale per i Servizi Sociali di via Galanti a Brindisi, intitolato a Francesca Laura Morvillo Falcone, nel quale ha trovato la morte la sedicenne Melissa Bassi.

U
n'emozione che viene così concentrata in una canzone storica dei Nomadi: Non Dimenticarti Di Me è cantata all'unisono da tutti i presenti. Sacco, inizialmente sorpreso per l'affetto suscitato, riprende il controllo della situazione e, spingendo sulle note alte (rischiando quasi di steccare in un paio di punti per il comprensibile trasporto) sfodera un'interpretazione magistrale come da tempo non gli si sentiva fare.
Un pizzico di elettronica introduce la solenne Non Cammineremo Mai, primo singolo tratto da UN ALTRO ME, che vede il ritorno sul palco di tutta la band quasi a testimoniare, anche visivamente, il messaggio delle liriche cantate. Come nella miglior tradizione nomade giunge il momento di aprire un regalo recapitato sul palco; non più materiale didattico o viagra naturali, ma le iniziali "DKS", presente estemporaneo di alcuni ammiratori qualche istante prima che l'intensa e malinconica Mekong faccia la sua prima comparsa live, al pari di Io Mi Ricordo, analisi in rock sui bei tempi andati. Attraverso la scelta di suonare Un Giorno Credi si passa necessariamente dalle parti di Edoardo Bennato mentre, dedicata a tutti coloro che hanno fede, ecco l'esplosiva, e in qualche modo nietzscheana, Dinamite, robusto hard rock con gli Ac/Dc nella testa e nel cuore. Con La Mucura si cambia totalmente registro e sono i festosi ritmi sudamericani a farla da padrona con Jean-Pierre Rodriguez in estatico vortice sonoro. Siamo quasi a fine serata. Tocca a Non Ho Santi In Paradiso, primo inedito scritto per altri da Massimo Bubola dopo una pausa durata quasi venti anni (erano i tempi de Il Cielo D'Irlanda e l'interprete Fiorella Mannoia) a condurci a ridosso della mezzanotte. Forse un po' troppo simile da un punto di vista musicale a L'Eredità, quella che sarà l'undicesima traccia presente nel nuovo cd è motivo per Danilo Sacco di ringraziamento verso i suoi nuovi musicisti, per il percorso intrapreso insieme dopo essere stati loro ad avere scelto la sua voce. Non il contrario.

L'improvvisa apparizione in carne ed ossa della mascotte Mr.Free consente un altro momento di distrazione così come invece la seguente discesa dal palco di tutti quanti sembra uno dei più classici stop and go prima dei bis; tuttavia le disposizioni legate ai permessi diventano rigide dopo aver già concesso di sforare in precedenza per circa trenta minuti sulla tabella di marcia. I tre bis annunciati (una attesa Ala Bianca, l'immancabile Peter Gabriel di Biko e la classicissima Dio È Morto) restano così solamente parole vergate in nero sul bianco delle scalette presenti on stage, tanto quanto la cover di Tom Petty You Wreck Me e l'unico pezzo inedito a non aver ricevuto al momento l'investitura live, Io Non Lo So. Pazienza, ci saranno altre occasioni nell'immediato futuro. Nei minuti successivi è comunque assalto al gazebo allestito di fianco al palco per un incessante via vai di congratulazioni, a Sacco e alla band tutta, un po' dispiaciuti certo per il taglio finale, ma soddisfatti della performance nonostante qualche meccanismo comprensibilmente ancora da oliare. Quale il futuro artistico del Kakuen alla luce della serata odierna, dunque?
Siamo alla data zero; saranno la bontà delle sue musiche e dei suoi testi a fondarne il percorso, a decretarne il successo o l'insuccesso. Un primo album è ormai alle porte. Per intanto, l'abbiamo visto e constatato, una cosa è certa: parafrasando una vecchia canzone di qualche anno fa oggi Dani è più felice.
 
Andrea Barbaglia '12

un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/pages/Danilo-Sacco/166276663397623 

sabato 19 maggio 2012

LE STELLE: A VOYAGE ADRIFT
Incoming Cerebral Overdrive
- Supernatural Cat - 2012

Registrato da Lorenzo Stecconi presso il Locomotore Studio di Roma, il viaggio alla deriva nello spazio siderale più oscuro è condotto da un quintetto di pistoiesi esperti e temerari. Gli Incoming Cerebral Overdrive giunti al loro terzo lavoro discografico hanno una missione: narrare una immaginaria, oscura e solitaria peregrinazione negli abissi dell'universo. È stato ritrovato un diario, ma non possiamo sapere nulla più di quanto il suo autore abbia scritto al suo interno. Un esploratore dello spazio. Un aviatore solitario, un cacciatore abbandonato al suo destino. Da dove provenga è un mistero. Dove fosse diretto, un azzardo. Impossibile identificare i luoghi da lui esplorati, reali o immaginati che siano; inutile tentare di comprendere il significato profondo delle sue paure, delle sue sensazioni e del senso di frustrazione che emerge dalle sue parole. Persi i contatti con la sua terra, probabilmente disintegratasi anni luce fa, unico rimasto fra i suoi simili, il protagonista si avventura nella galassia, vagando tra le stelle più luminose dell'intero universo. Frammenti e schegge di vita vengono ricomposti più volte. Senza requie. Le malvagie voci di Polaris cullano con inquietudine l'ascoltatore, tra polvere di terra e ferro; Pherkad e la vicina Kochab costituiscono con Adhara la sintesi sonora dell'opprimente percorso celeste al quale stiamo partecipando. Da questo nucleo centrale di musiche si dipana infatti la spirale dei restanti episodi. Tra sludge, cavalcate lisergiche, distorsioni, incubi e claustrofobiche atmosfere alternative prendono il sopravvento alienanti voci effettate e massicce chitarre alt metal, tanto strutturate quanto cicliche e ripetitive (Betelgeuse). Il mix psichedelico di suoni interstellari si nutre di espressioni death e grind, annichilendo con soluzioni chitarristiche vicine ai System of a Down (l'opener Mirzam, la furiosa Bellatrix) e monumentali musiche progressive (la formidabile Rigel posta in chiusura a suggellare il tutto) capaci di contaminarsi all'uso dei synth, come ben evidenzia la pioggia di schegge meteoritiche sprigionate da Sirius B. Nel sistema binario di quest'ultima trova poi spazio l'alter ego Sirius che, come la sua compagna, disegna ed esaurisce la propria orbita all'interno di desolate praterie celesti, solcate e sferzate dai suoi ficcanti riff. Aperto a sempre nuovi orizzonti, il progetto I.C.O. vanta per l'occasione la partecipazione attiva in fase di composizione e registrazione di ⅔ degli Ufomammut, spiriti affini dal percorso indubbiamente similare. Solito plauso infine all'ottimo lavoro concepito dal Malleus Rock Art Lab che anche in questa occasione è stato in grado di realizzare una cover capace di unire il Simbolismo all'Art Nouveau, ancora più apprezzabile nell'elegante edizione del disco in vinile.

giovedì 17 maggio 2012

È PARTITO IL BANDO DI ROCKCONTEST 2012
UN’OPPORTUNITÀ DA NON PERDERE PER LE GIOVANI BAND


E’ partito il bando 2012 del Rock Contest, il più longevo (24.a edizione) e importante concorso nazionale per gruppi emergenti. Sono molti gli artisti e le band che sono oggi in auge e che hanno calcato i palchi del Rock Contest di Controradio, dagli anni ‘80-‘90 (Roy Paci, Bandabardò, Irene Grandi, etc), agli ultimi dieci anni (Offlaga Disco Pax, Samuel Katarro, Denise, The Hacienda).

Lo scorso anno fu lanciato un appello di sostegno all’iniziativa che fu firmato da Subsonica, Irene Grandi, Piero Pelù, Roy Paci, Bandabardò, Cristina Donà, Baustelle, Manuel Agnelli & Afterhours, Verdena, Marlene Kuntz, Casinò Royale, Cisco, 99 Posse, Brunori SAS.

La partecipazione al bando è assolutamente gratuita e sono previsti rimborsi per i gruppi che provengono da fuori Toscana (l’iniziativa si svolge a Firenze). I premi sono finalizzati alla crescita professionale dei gruppi: promozione radiofonica attraverso il circuito Controradio Popolare Network, il web, i concerti in Italia, brani sul cd Rock Contest, giorni di studio di registrazione, promozione stampa (riviste musicali e siti web nazionali), distribuzione digitale dei CD dei gruppi tramite Audioglobe/Orchard, possibilità di produzione del CD d’esordio (Controradio/Audioglobe). Il Rock Contest è sicuramente un trampolino di lancio unico ed efficace per le giovani band italiane.

E’ presente anche quest‘anno il Premio Ernesto De Pascale per la miglior canzone con testo in italiano. Figura di spicco del Rock Contest e storico Presidente di Giuria, è prematuramente scomparso due anni or sono. La scelta verrà effettuata da una giuria (lo scorso anno presieduta da Brunori Sas), sui brani dei 36 gruppi selezionati per la manifestazione.

Per Iscrizioni e Informazioni:

lunedì 14 maggio 2012

Con quattro album all'attivo i Nobraino si sono ritagliati la loro fetta di credibilità nell'ambito del rock d'autore. I testi ironici in italiano ed una veste live particolarmente festaiola li rende una band in aria di consacrazione nazionale. Presentano il nuovo cd DISCO D'ORO, un concentrato di brani folk rock, spaccati di vita quotidiana conditi di amarezza e ironia.

NOBRAINO
+ Peak Nick Dj Set

SABATO 19 MAGGIO
VINILE 45
via del Serpente, 45
zona Ind. Fornaci, Brescia
INFO: 335/5350615

INGRESSO riservato ai tesserati Arci 2012
con un contributo di 8 EURO.

Il primo lavoro discografico dei Nobraino è del 2006, THE BEST OF, nato per il canale indie, riscuote un ottimo successo, compreso il premio Imaie 2006 per il miglior album di esordio. Nel 2007 vede la luce LIVE AL VIDIA CLUB, un live insolito che raccoglie direttamente dal vivo le nuove idee del gruppo. Ma sono il 2008 e il 2009 gli anni più importanti per i Nobraino con oltre 200 date all'attivo e la vittoria di premi e riconoscimenti importanti. L’anno successivo si esibiscono su diversi palchi importanti: quello di Repubblica Roma Rock, del dopofestival di Sanremo 2010 in onda su Youdem TV e del Circolo degli Artisti di Roma, dove hanno presentato “La giacca di Ernesto”, il singolo che anticipa di un mese l’uscita del nuovo album, NO USA! NO UK!. Nel settembre 2011 i Nobraino si aggiudicano il premio speciale MEI “Miglior Tour dell’anno”, al Supersound di Faenza , e il Premio XL La Repubblica “Nuova Musica Italiana”.

Nel novembre 2011 sono poi al Teatro Ariston di Sanremo, ospiti del Premio Tenco mentre nel 2012 si esibiscono sul palco del Primo Maggio, con una performance energica ed originale che in poche ore spopola sul web.
Questo dopo che a marzo è uscito il loro ultimo e quarto lavoro: DISCO D'ORO. L’album è nato dall’incontro della band con Manuele “Max Stirner” Fusaroli che ne ha curato la produzione artistica, e deve il proprio titolo alla tradizione di storici album monocromatici. L’oro diventa metafora del bene rifugio, ma anche parodia del noto premio discografico e si presta a sfondo di un concentrato di brani folk rock che si appoggiano all’imponente timbro vocale del cantante Lorenzo Kruger. Racconti intonati che evidenziano ancor di più il profilo cantautorale del gruppo. L’artista interpreta con voce teatrale semplici spaccati di vita quotidiana conditi di amarezza e ironia.

sabato 12 maggio 2012

CATODICO PRATICANTE
Luca Urbani
- Discipline - 2011

Nel 1998 i Bluvertigo di Marco Castoldi e Andrea Fumagalli hanno pubblicato già da un anno il loro METALLO NON METALLO; Franco Battiato si è avvalso della collaborazione dello stesso Morgan per registrare le parti di basso che comporranno la sua sintetica GOMMALACCA e il frontman della band monzese è richiesto pure sotto la Mole per la realizzazione di DiscoLabirinto, futuro singolo di successo targato Subsonica. In primavera radio e tv si lasciano conquistare da un brano di elettronica indie-pop dall'appeal immediato, prodotto una volta ancora dall'allora deus ex machina dei Bluvertigo, ma composto, suonato e cantato da un singolare duo sempre di stanza a Monza, i quasi esordienti Soerba. I'm Happy, questo il titolo del pezzo, sarà nei mesi successivi il lasciapassare dei giovani Luca Urbani e Gabriele D'Amora tanto per entrare nei circuiti di rock alternativo quanto per bussare alle porte (che verranno aperte) di salotti più mainstream come il Festivalbar e il Festival di Sanremo. Novelli one hit wonder in salsa brianzola, i Soerba si scioglieranno nel 2003 e se mentre D'Amora continuerà a lavorare a fari spenti nell'industria discografica, Urbani proseguirà, tra le sue tante attività parallele, con una carriera solista che lo vedrà protagonista dell'ottimo esordio ELECTRODOMESTICO, ancora debitore delle sonorità tanto care alla band di origine, ma anche indirizzato verso soluzioni differenti, più dure e new wave (Il Mondo È Uno Slogan, Festa Borghese). A spingere ulteriormente sull'accelleratore della sperimentazione fatta di synth e programmazioni e ad affrancarsi da un certo sound delle origini ci pensa questo nuovo CATODICO PRATICANTE, prodotto, registrato ed arrangiato col compagno di etichetta Hellzapop, spesso asciugando suoni e ritmiche, aggiungendo qua e là elementi acustici che conferiscono una profondità nuova alle consuete rotondità elettroniche, non solo nei dieci episodi di cui si compone, ma anche nei passaggi ambient che fanno da raccordo. Ciò che resta immutato è il gusto di Urbani per la parola cantata, recitata, sussurrata; un'attenzione che spesso non è di casa in questo genere e che confina le liriche nell'angolo del mero accessorio decorativo. Qui invece, eterea nella celestiale Ogni Giorno, la parola tocca vette di liricismo pop nella splendida Immobile, facendosi litania nel misticismo de La Tua Ombra. Volutamente facile e naif. Intellegibile. Mai banale. Urbani traccia così ritratti pop (Pre-Potente), ci racconta il suo stato d'animo (L'Illusione Di Un Sogno, Sono Felice), l'amore e il sesso (Meglio). Pure nelle pulsioni techno-dance di cui vive Bruciare, così come per il trip hop della title track c'è spazio per la narrazione ordinata e descrittiva. Nell'elegante singolo Chissà Mai introspezione e sguardo sul mondo trovano un ragionevole punto d'incontro moderno e contemporaneo. A completare l'esperienza, dopo una manciata di ep digitali zeppi di remix che vennero posti in commercio nei mesi passati, ecco uscire in questi giorni solo su piattaforme digitali il CATODICO PRATICANTE 2.0, materiale di alta qualità tra inediti, demo e riprese dal passato, utile per attestare la parola definitiva di quello che più che un lavoro può considerasi un'opera pop tendente al concept. Una mossa ben poco commerciale che proprio per questo motivo è, ancora una volta a casa di Luca, urgenza e necessità espressiva.

un link al seguente post è presente qui: http://it-it.facebook.com/lusoerba e qui: http://it-it.facebook.com/DisciplineMusica

lunedì 7 maggio 2012

A PIEDI NUBI
Sakee Sed
- Appropolipo Records - 2012

Chi si aspettava che il duo di ragazzacci bergamaschi avesse anticipato qualcosa di questo suo secondo album con il precedente ep BACCO resterà con un pugno di mosche. Sì perché A PIEDI NUBI inanella dieci episodi nuovi di zecca, inediti su disco, dal sapore certamente più rock rispetto al debut album ALLE BASI DELLA RONCOLA, ma pur sempre deviati e psichedelici nelle sfumature e nelle incursioni strumentali che li contraddistinguono. Una maturità inaspettata? No, le avvisaglie di una crescita verso territori sempre pericolosi, ma a loro modo più facilmente fruibili e assimilabili hanno caratterizzato le numerose uscite in sede live con le quali si sono ritrovati a girare per lo Stivale la scorsa estate. Proprio in quelle occasioni la prolificità di Marco Ghezzi e  Gianluca Perucchini aveva trovato libero sfogo nell'esecuzione di una manciata di brani che avevano fatto drizzare le orecchie come, così la definimmo allora, la "caracollante" Sta Piovendo e Tritolo, "delicata ballata esistenziale dalle forti influenze psichedeliche", oggi giunte a completa realizzazione e giustamente inserite nella pancia dell'album, a rimpinguare il rock'n'roll carico di good vibrations presenti in Colpo Al Meterasso e le sognanti aperture della title track che apre il cd. Una maturità che è data anche da nuove responsabilità; non ultima la costituzione della loro neonata casa discografica, la Appropolipo, per la quale viene licenziato A PIEDI NUBI. Una nuova avventura che ha in qualche modo necessitato pure di un rinnovo a livello di organico. Dopo gli esordi stoner come De Seekas, la mutazione geneticamente naturale in Sakee Sed e il passaggio da sestetto a quartetto in compagnia del tORQUEMADA Alfonso Surace e di Anna Carazzai, oggi i collaboratori si chiamano Marco Carrata, Guido Leidi e Jonathan Locatelli, elementi scelti per non perdere un grammo di quanto concentrato in studio di registrazione. Molecola pare essere uno dei brani che meglio beneficerà della nuovo assetto di formazione, in bilico tra Doors e Verdena; Megattera manterrà il fascinoso Rhodes manzarekiano senza per questo rinunciare a chitarre elettriche e rarefatte derive prog di matrice Seventies. Ma il passato è stato definitivamente accantonato? No. Con Presto Parto ci si riallaccia agli esordi di Cenami Il Bucefalo e dintorni, ubriaco lento da meditazione, solo più complesso e definito di altre composizioni, mentre la pazzia aleggia tranquillamente a briglie sciolte nella strumentale L'Ultimo Ricordo Di Siel, space rock psichedelico di pura sperimentazione. C'è ancora tempo per lo stomp di Diavolo e per il singolo A.S.M.A. Los Angeles, che molto deve all'esplosiva Bacco, prima di ripigiare play e lasciarsi una volta ancora attrarre dai visionari testi che accompagnano la nuova fatica dei Sakee Sed. In attesa delle loro date live. Ovviamente. Come sempre.

domenica 6 maggio 2012

QUANDO PARLO URLO
Tindara
- Valery Records - 2012

In questo sempre più decadente mondo occidentale urlare sembra essere diventata la forma di comunicazione maggiormente diffusa. Senza voler entrare nel merito di talune scelte televisive, comunque specchio dei tempi, lontane anni luce dall'eleganza e dalla sobrità di un passato neppure troppo remoto, è già nel quotidiano e nella vita di tutti i giorni che spesso la frenesia spinge il prepotente a prevaricare l'altro, il colpevole a sopraffare l'innocente, l'aggressivo a soverchiare il mite, in una forma di cannibalismo dei rapporti sconsiderato e deleterio per l'intera comunità. L'urlo equivale qui a grido, disaccordo, prepotenza. A volte però urlare può essere anche estremamente liberatorio. E necessario, affinché menti distratte o, peggio ancora, assuefatte dal grigiore della routine si dèstino e prendano coscienza di una nuova realtà. È in questa accezione positiva di richiamo che piace intendere la titolazione del lavoro d'esordio dei Tindara, progetto nato dalla mente di Terenzio Valenti nel corso del 2009. Coi favori e la produzione artistica di Luca Bergia, sotto le abili mani del sound engineer Riccardo Parravicini, il lavoro prende così forma compiuta presso il Modulo Studio di Cuneo. Ora, che con queste credenziali in cabina di regia il suono risulti alla fine dilatato e livido non deve far temere ad una scopiazzatura tout court dei Marlene Kuntz. La band del trio Godano-Tesio-Bergia è solo una delle influenze che Valenti e compagni portano in dote a questa mezz'ora abbondante di noise cantautorale. E neanche la più evidente. Certo, nelle distorsioni lancinanti della granitica Sopra La Delusione compare pure il violino di Davide Arneodo (guest star in un'altra manciata di brani) e le radici dell'intero cd sono ben piantate nei gloriosi anni '90 di italico rock (Ho Scelto Il Nero, Schiuma) così come nei riverberi di oltreoceanico grunge (Come Dici Tu), ma il tentativo di "suonare per immagini" la dice lunga sulla volontà di andare oltre una stagione ricca, proficua, anche pionieristica se vogliamo, ma tuttavia ormai conclusa. Così mentre il darkeggiante piano della stumentale Upupa e le riflessioni psicologiche di Consapevolezza ci concedono di anestetizzare temporaneamente il dolore e l'autocommiserazione per una perdita, sono la soffice poesia della title track e la spontaneità della descrittiva Sogna Che Ti Passa a squarciare il velo di oscurità con il quale i Tindara giocano ad avvolgerci, nel tentativo di costruire e raggiungere una empatia con l'ascoltatore il più possibile duratura. Poche complicazioni formali anche nella rabbiosa Stones: il rock senza fronzoli sembra al momento la dimensione congeniale al quartetto per raggiungere quest'obiettivo. E non è affatto una corsa contro il tempo; solo Un Minuto da dedicare a sé stessi "lasciando lontano la voglia di darsi fastidio da soli", magari affiancando a QUANDO PARLO URLO i lavori di Deasonika, Avvolte e Petrol da un lato e quelli di De Gregori, Fossati e Tenco dall'altro. Spiriti affini. Anime irrequiete. Esempi da seguire.

un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/tindaraband 

mercoledì 2 maggio 2012

01-05-2012
- LITFIBA live @ Arena -
Verona (VR)

È una pioggerellina fine fine quella che ci accoglie a Verona nel tardo pomeriggio di lunedì 30 aprile. Sono passate le 18:00 da soli dieci minuti. Poco più di ventiquattro ore dopo sappiamo essere in programma presso l'anfiteatro della città scaligera un live dei Litfiba che è già evento, non solo perché sarà il ritorno ai concerti di Piero Pelù e Ghigo Renzulli dopo lo stop forzato delle ultime settimane a causa di un infortunio al crociato occorso al frontman della band durante una rovinosa caduta al concerto di Treviso, ma soprattutto perché segnerà il debutto dal vivo del combo fiorentino nella suggestiva cornice dell'Arena dopo le non certo memorabili esibizioni in playback all'interno della stessa nella seconda metà degli anni '90, ai tempi del Festivalbar. Con il naso all'insù incrociamo le dita in vista di domani, ma almeno per il momento il tempo non promette affatto bene. A spazzare via le nubi sui nostri pensieri ci pensa fortunatamente l'antipasto assai gradito servito alla FNAC di via Cappello: l'incontro con i due leader dei Litfiba vede la partecipazione di qualche decina di fans accorsa, come sempre in questi casi, per scambiare qualche battuta e farsi autografare il materiale discografico, più o meno storico, dai propri beniamini. Grande calore e inappuntabile professionalità da parte di Ghigo e Piero che fanno trapelare pure alcune indiscrezioni sulla composizione della scaletta di domani, basata ovviamente sul nuovo potente album GRANDE NAZIONE, ma preparata ad hoc per la serata veronese. All'uscita dall'esercizio commerciale non piove più. Buon segno. A questo punto non resta che attendere il Primo Maggio approfittando del tempo che ci separa dal concerto per fare un giro lungo le strade e le vie di Verona.

Ventiquattro ore passano così in fretta. A preoccupare è però nuovamente il meteo. Dopo una mattinata col cielo coperto, a mezzogiorno il sole è addirittura alto e picchia forte sul "liston" di via Mazzini, facendo più volte capolino dalle nuvole che tuttavia permangono sulla città. E difatti ecco che alle 16:00 riprende a piovere copiosamente.
Il ricordo del massiccio diluvio sotto al quale assistemmo sempre qui in Arena al memorabile live dei Pearl Jam nel settembre del 2006 induce agli scongiuri fin da ora. Dopo tre ore la pioggia continua ancora a cadere abbondante, alzando il livello di umidità nell'aria e sfiduciando alcuni gruppetti di persone giunte da fuori provincia che rinunciano al concerto rientrando in fretta e furia verso casa. Saranno una minima parte. E per loro la beffa sarà pure doppia perché a mezz'ora dall'inizio dello spettacolo comincia infatti a spiovere consentendo l'ingresso in Arena pressoché all'asciutto. Ore 21:10. Sulle note dell'intro che sta accompagnando la tourneé dei Litfiba 2012 ecco emergere dal buio del palco un beneaugurante grido liberatorio in perfetto fiorentino: "In culo alla pioggia!". E parte la monolitica Squalo sempre più quadrata e funzionale all'apertura dei concerti, cantata a squarciagola dai quasi 8.000 presenti che non possono riempire totalmente l'anfiteatro, ma che regalano comunque un ottimo colpo d'occhio sia dalla platea che sulle tribune.

"Affamati di rock stasera?" domanda un sardonico Pelù. "In quest'Italia sempre più piena di squali, sempre più piena di opportunisti, di ladroni, ci vorrebbe un bel terreeemoooooto!!!". Una dirompente Dimmi Il Nome al fulmicotone aggredisce come al solito le orecchie di coloro i quali si trovano nel suo raggio di sviluppo sonoro, rimbomba tra le antiche pietre secolari dell'Arena, le squote e rimanda sul palco un'energia centuplicata, inarrestabile, pompata dal basso ben in evidenza di Daniele Bagni, sempre più metallaro che mai, intento a reggere i volumi della Les Paul di Renzulli e le pelli di Pino Fidanza, stasera in stato di grazia. Gli applausi, meritatissimi, fanno esclamare al frontman dei Litfiba "Oh, non si scherza qui stasera, eh!?" prima di riportare l'attenzione alla giornata odierna, "il Primo Maggio. Ricordiamoci tutti che il lavoro non è un privilegio, ma è un diritto sancito dalla nostra Costituzione". L'intro corale affidata alle tastiere di Federico Sagona garantisce qualche istante di pagano raccoglimento prima di esplodere nella deflagrante bomba rock di Grande Nazione che scatena le prime file costrette dalle poltroncine posizionate in platea. Pelù conclude il brano avvolto dalla bandiera italiana calata sul viso mentre i giochi di luce provenienti dai fari posizionati sulla struttura semicircolare del palco riproducono un arcobaleno tricolore davvero d'effetto. "Ragazzi, stasera ci sono gli amici della Vinyls che sono venuti a trovarci da Porto Marghera"; agli operai in cassintegrazione dello stabilimento chimico viene dedicata, dopo qualche breve attimo di consulto tra i musicisti riguardante probabilmente l'ordine concordato in precedenza della setlist, la successiva Barcollo, uno dei due inediti senza infamia e senza lode tratti dal live album della reunion Pelù-Renzulli STATO LIBERO, che guadagna punti nella sua trascinante veste live.

Elmetto d'ordinanza in testa ("...beato quel Paese che non ha bisogno di spese militari...") Piero Pelù ripesca nella sua progressione emotiva la sempre entusiasmante Prima Guardia, volontariamente dilatata nella parte centrale, impreziosita dalle movenze teatrali del frontman fiorentino e contrappuntata dall'assolo di Renzulli. Ancora un veloce consulto non previsto riguardante la scaletta, rivoluzionata infatti rispetto alle consegne iniziali, poi, a volumi spiegati, le chitarre di un divertito Ghigo e di un sempre misurato Cosimo Zannelli, a cui forse un poco pesa il ruolo apparentemente marginale a cui è costretto, diventano colonna portante per l'infernale Fiesta Tosta. "Meno male che abbiamo la nostra salvezza che arriva dalle alte sfere...": la potentissima Dio, nella nuova versione già proposta fin dal 2010 e che trae origine da quella, splendida, presente su PIRATA, risulterà uno dei (rari) pezzi più "datati" della serata. Mentre l'Arena inneggia a Renzulli, che ricambia serafico prima di districarsi in bello stile anche sull'hard rock di Sparami, è già tempo di omaggiare un grande amigo che non c'è più: l'intensa Il Volo è tutta per Ringo De Palma, indimenticato batterista e motore dei primi Litfiba, ragazzo istintivo e sensibile, anima fragile, scomparso troppo presto, alla vigilia di quelle che sarebbero passate successivamente alla storia come le notti magiche di un'estate italiana trascorse nel caldo del 1990.

Al secondo singolo tratto da GRANDE NAZIONE spetta il compito di non rompere l'equilibrio di estatico trasporto raggiunto con il tributo a Ringo: La Mia Valigia, "una canzone" afferma Pelù "che voglio dedicare a tutti quei pensieri che portiamo dentro di noi, dentro questa calotta, dentro questa scatola cranica qui... che potrebbe diventare proprio come la nostra valigia... nel viaggio, nel viaggio che facciamo tutti i giorni...", ha anzi il merito di prolungarlo con la sua iniziale atmosfera zingaresca, sempre sognante, residuo forse anche di quel med-rock percorso dal primo Pelù solista che si sposa però ora con i suoni più classici portati dalle sventagliate elettriche della Stratocaster di Renzulli. Grande la risposta del pubblico. La stessa che si manifesta in un altro tra i momenti migliori della serata: la forza primitiva scatenata dalla furia anarchica di
Brado ("Arena di Verona è arrivato il momento di rock'n'rolleggiare... Vogliamo vedervi selvaggi!!!") con il suo incedere ciondolante, caracollante, da scugnizzo, unito alle trovate elettroniche che relegano per qualche istante un pacioso Renzulli in posa davanti agli amplificatori, soddisfa tanto le frange storiche dei fans quanto coloro i quali, indistintamente, chiedono ancora energia allo stato puro. È un accorato richiamo di Pelù a fare il resto: "Riserva indiana dell'Arena di Verona, su con la testaaa!". Tex non necessita certo di presentazioni e il boato del pubblico con cui viene accolta lo testimonia; Piero si sporge più volte sulle prime file amiche, le incita e le eccita, scambia più volte l'high five mentre il Warwick Buzzard di Bagni pompa incessantemente il ritmo. Ben fatto pure l'intermezzo di Ghigo su Yankee Doodle prima che la band porti a termine il pezzo.

"Il momento è liturgico"; Gioconda è un'altra occasione imperdibile per far smuovere a suon di Les Paul le masse, quelle stesse masse che hanno un sussulto per una canzone ripescata appositamente quest'oggi dopo anni di assenza in casa Litfiba, estemporaneo omaggio alla città di Giulietta e Romeo. Regina Di Cuori è quel sing-along che ti aspetti anche a distanza di quindici anni dalla sua pubblicazione e che vede un ottimo lavoro di Zannelli alla ritmica su inedite svisate di tastiera ad opera di Sagona. Anacronisticamente considerato come l'inizio di quella fine che si sarebbe consumata dopo INFINITO il brano presente su MONDI SOMMERSI stasera piace sia ai puristi sia ai novizi. "Questa è un'altra canzone che vogliamo dedicare ai cassintegrati della Vinyls di Porto Marghera che sono un simbolo di come oggi il lavoro in Italia venga bistrattato, di come il pesce grosso mangi sempre il pesce piccolo. Ma quando i pesci piccoli si mettono insieme possono anche riuscire a rompere molto i coglioni", ammonisce sulle note suonate in libertà da Renzulli, tornato da un paio di brani alla Stratocaster, un Piero Pelù sempre attento al sociale e che guida la chiusura della prima parte di show con l'inno Cangaçeiro. L'Arena risponde con un nuovo boato. Buona e affiatata una volta ancora la sezione ritmica, con Bagni e Fidanza a garantire un sound compatto.

Pochi istanti di pausa per rifiatare dietro alle quinte e i primi bis partono alle 22:30 con Elettrica, terzo estratto da GRANDE NAZIONE e stampato su vinile verde proprio poche settimane fa in occasione del Record Store Day italiano. Momento ormai imprescindibile di un live Litfiba è l'alba nel deserto del Fata Morgana, emozionante visione onirica in cui "niente di ciò che appare è come sembra" e su cui Ghigo improvvisa col suo riconoscibilissimo tocco mentre Piero lascia libero sfogo al lato più teatrale che c'è in lui. Segue una tutto sommato minore Sole Nero prima del delirio gitano che prende il nome di Lacio Drom, benaugurante augurio affinché "...la strada di questo cazzo di grande nazione sia lunga e diritta!". Ancora una pausa e il secondo bis è servito. Venti minuti finali in cui si susseguono la furia incendiaria di El Diablo (rovinata da problemi occorsi all'amplificazione di Ghigo, costretto a lasciare senza chitarra una parte portante della canzone senza che Zannelli possa intervenire per sopperire alla momentanea mancanza della lead guitar), i ritmi indiavolati di Ritmo #2 e il treno lanciato a folle corsa de Lo Spettacolo, in un tripudio di suoni, luci, fumi e sudore, con un Pelù, praticamente mai in debito di ossigeno, ora in canotta nera e cornucuore dorato. Tutto ha termine quando sono passate da poco le 23:15, con i saluti e i ringraziamenti della band a tutte le persone accorse questa sera per assistere al loro concerto, in barba alla crisi che attanaglia il Paese e alle condizioni avverse del tempo. Una corsa vicino agli spalti di destra prima della passerella conclusiva del duo Pelù-Renzulli, intenti a stringere decine di mani tese verso di loro lungo tutte le transenne, è il segnale che la serata volge davvero al termine.

C'è tuttavia chi, mai sazio, attende ancora e pretenderebbe pure un nuovo, acrobatico tuffo tra la gente come quello visto ad esempio nella data di Milano pochi mesi fa, ma la convalescenza per l'infortunio ancora fresco, che comunque non ha inficiato per nulla la sua tenuta sul palco, e la presenza dei posti a sedere sconsigliano il buon Pelù dal farlo. Il lancio della canotta che lo lascia a torso nudo risulta comunque discreto e divertente palliativo, specie per il pubblico femminile. Ora è proprio finita. In pochi istanti l'Arena va così svuotandosi, con piazza Bra e il centro storico di Verona a riempirsi di volti felici, incuranti per qualche ora ancora delle problematiche sociali in cui viviamo. Nel backstage la sicurezza di avere fatto nuovamente centro e la soddisfazione di essere tornati a riempire spazi, anche prestigiosi come quello veronese, preclusi all'inizio del nuovo millennio dopo la sventurata, ma probabilmente necessaria ed inevitabile rottura tra gli amici Piero e Ghigo. Il pensiero poi corre veloce a Firenze, tra un mese esatto. Là sarà la tanto attesa reunion con Gianni e Antonio. Per un nuovo inizio che ha in qualche modo il sapore della chiusura di un cerchio. E che raccoglie la benedizione di Ringo, sorridente e sempre un po' guascone. Guardiamo su. La luna, luminosa, ora è alta in cielo. Stringe forte la nostra mano e ci porta via. Lontano.

Andrea Barbaglia '12