lunedì 29 luglio 2013

OGNUNO DI NOI È UN PO' ANTICRISTO

OGNUNO DI NOI È UN PO' ANTICRISTO
Umberto Maria Giardini
- Woodworm - 2013

In attesa di dare un seguito compiuto all'evocativo LA DIETA DELL' IMPERATRICE, apprezzato ritorno alla parola cantata dopo l'esperienza tutta strumentale esaurita col progetto Pineda, Umberto Giardini decide di ingannare l'attesa dei suoi molti aficionados rilasciando un sostanzioso ep, prassi ormai sempre più comune ed abituale in ambito musicale. E se per alcuni si tratta esclusivamente di una mossa strategica per battere il ferro finché è caldo, per altri un tale fermento è indice di una inesausta iperattività creativa e di una ritrovata tensione al bello che non può attendere i tempi (obsoleti?) della discografia tradizionale. È questo il caso dei cinque brani che compongono OGNUNO DI NOI È UN PO' ANTICRISTO, canzoni ora malinconicamente affascinanti ora cerebralmente seduttive che già hanno superato in maniera brillante la prova live. Inseriti infatti nelle scalette dei concerti estivi senza soluzione di continuità con quelli tratti dal già citato LA DIETA DELL'IMPERATRICE, gli episodi targati 2013 si fanno ricordare per la loro lineare, ma composita struttura sempre più vicina ad un ragionato progressive psichedelico dagli accenti post rock, impressionista, ad alta definizione e del tutto privo di sbavature anche per merito dell'ottimo apporto fornito da una confermatissima band guidata dalla chitarra elettrica di Marco Maracas e comprendente in primis il professor Giovanni Parmeggiani al piano Rhodes supportato da quell'instancabile metronomo che è Cristian Franchi alla batteria. Così felicemente spalleggiati da ¾ dei funambolici Accordi dei Contrari risulta difficile per chiunque mancare l'obiettivo. L'indovinata combinazione lirico-strumentale (Omega) che da sempre definisce l'essenza artistica del signor Giardini trova dunque il  proprio naturale sfogo attraverso trame sonore ampiamente melodiche e complesse, assimilabili tuttavia dopo pochi ascolti come il caso della title track insegna. Ci si scordi di trovare qui la classica alternanza strofa/ritornello; le dilatate digressioni dell'imperante Rhodes e la compenetrazione delle chitarre elettriche sono la spina dorsale dell'intero lavoro; a volte prendono a tal punto il sopravvento che le liriche ermetiche e descrittive di Giardini (Regina Della Notte) non sono neanche più richieste. L'ipnotica strumentale Oh Gioventù è in questo senso la quadratura del cerchio, andando in parte a rispolverare l'esperienza Pineda, ma ricamandola e arricchendola con cambi di tempo e atmosfere differenti che si avvicendano cicliche in rapida successione. Certo, chi ha sempre avuto difficoltà a rapportarsi con la poetica di UMG non troverà né nell'anticristo né nel connubio tra realtà e fantasia di Fortuna Ora la soluzione ai suoi problemi; ma è un grattacapo che non interessa affatto a quanti, al contrario, hanno sempre saputo cogliere la purezza elargita a più riprese dal cantautore marchigiano negli ultimi quindici anni. Diceva il poeta: il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi.
 
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giovedì 25 luglio 2013

TROPPO RUMORE

TROPPO RUMORE
Steby
- Advice Music - 2013

C'è il pop, tanto pop, nell'esordio discografico di Steby, al secolo Stefania Bianconi da Latina. Musica semplice, non necessariamente così facile e scontata come un ascolto distratto potrebbe far pensare, declinata secondo più stili e libera di inseguire direzioni eterogenee: diluita nelle tracce di soul, riscaldata dai tiepidi bagliori di rock patinato, lucidata da minimali fronzoli elettronici. C'è un po' di tutto qua dentro. Ed è pure suonato, cantato, prodotto, registrato e confezionato bene. C'è molto mestiere in cabina di regia. Manca solo quel quid che faccia realmente balzare agli onori delle cronache musicali un lavoro che può essere al momento un primo passo, un trampolino di lancio per una voce velluta, ma grintosa, una volta tanto affrancatasi dalla gabbia luccicante dei talent show. Così, evitato il peccato originale di molte altre interpreti alle prime armi, Steby propone all'ascoltatore una varietà di generi che se da un lato mina in parte l'omogeneità dell'insieme, dall'altro non teme il confronto con la varietà di registri sonori (e umorali) racchiusi in TROPPO RUMORE. Si parte subito in maniera aggressiva e decisa con la notturna follia metropolitana descritta in Sabato Sera È Qui, poco dinamica nelle ritmiche, ma alimentata dalle chitarre elettriche affidate ad Alberto Boi, produttore nonché mastermind del disco, e a Stefano Tedeschi, e sorretta dalle programmazioni di Tato Grieco. Uno stacco netto di atmosfera ci porta presto all'R&B bianco di Briciole Di Noi, con la voce di Stefania raddoppiata e sostenuta dai cori di Alberto Cimarrusti, così come accade pure nella title track, ritorno a ritmi sostenuti che sembrano tanto piacere alla giovane interprete laziale visto anche l'arioso exploit di Inequivocabilmente, pop rock dagli accenti heavy. Il contraltare a tutta questa grinta sono la melodia malinconica su cui soffia Aria Di Te e le armonie della luminosa Anche La Luna, ma anche la solarità di Se Fosse Amore e quella di Due Soldi Di Te, episodio - come ci svela direttamente la sua interprete - capace di celare tra le sue note spensierate "il grande significato di una storia finita e della voglia di ritrovare se stessi." Echi di Giorgia compaiono nella vendicativa Per Amarti mentre ci si sta per avventurare sui sentieri impervi di un amore fedifrago in Quello Che Non Ho. Episodio a sé stante è la curata Re Dei Girasoli, riuscito incrocio anni '60 tra Malika Ayane e Simona Bencini alla ricerca di un amore da favola. Chiusura invece affidata alla scattante Mille Bolle per "rinascere dopo la fine di un amore, con la voglia di cambiare e di tornare di nuovo a sorridere." Versatile e agguerrita Steby è una soldatina schierata in prima linea nella battaglia per emergere su quel campo di battaglia oggi sempre più saturo e di difficile decifrazione programmatica, fatto di tentativi maldestri che una discografia obsoleta, quando non ancora tronfia per i successi passati, vorrebbe mantenere come credibili anche se ormai poco presentabili a un pubblico assai meno "facilone" di un tempo. Tenendosi il più lontano possibile, ed eventualmente affrancandosi in maniera definitiva, da una realtà simile, figure eclettiche come Steby possono trovare il proprio spazio e una giusta dimensione artistica capace di valorizzarle per quanto sono in grado di dare e soprattutto essere. Attendiamo le prossime mosse.
 
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