venerdì 30 maggio 2014

HAVE YOU EVER BEEN?

HAVE YOU EVER BEEN?
In.Visible
- autoproduzione - 2014

Solitamente si tende a diffidare dei progetti solisti dei batteristi, non perché non si reputino in grado di comunicare e trasmettere emozioni senza la loro strumentazione principale, ma molto probabilmente perché si usa pensare il loro lavoro al di fuori della band di appartenenza come a un semplice diversivo, ad un divertissement occasionale, un modo come un altro per non restare con le mani in mano immettendo sul mercato un dischetto altrimenti non particolarmente degno di nota, ma capace di far fare qualche soldino in più anche nei tempi off del proprio lavoro principale. Non è questo il caso di Andrea Morsero, alias In.Visible, faticatore del ritmo per molte realtà provinciali come Stereo Plastica, Kali e, tra gli altri, i più quotati Emily Plays (di cui è da poco uscito l'interessante EVERYTHING WILL BE PURE AGAIN), ma anche dj di lungo corso delle notti sabaude con lo pseudonimo di Sir Heavy Soul. E proprio qui sta il punto. La capacità di sdoppiarsi in realtà ben distinte e a sé stanti come quella dei palchi su cui suonare da un lato e quella dei dancefloor dall'altro ha portato Morsero in oltre venti anni di esperienza a confrontarsi con realtà differenti nella forma, ma per nulla inconciliabili nella sostanza da un punto di vista di attitudine ed energia. Con HAVE YOU EVER BEEN? cadono una volta ancora muri apparentemente invalicabili, con la ritmica sempre al centro dell'attenzione e il groove mai sotto il livello di guardia. A ben vedere sono parametri ben noti ai Depeche Mode più all'avanguardia, verso i quali episodi come la perversa Leather, la fluttuante Feel e la glaciale The Second Way guardano con rispetto e ammirazione, e al David Bowie più sperimentale. Ma c'è quel tocco di melodia ben più artigianale rispetto a quanto proposto dalla corazzata del trio Gahan-Gore-Wilder, o dal sopracitato Duca Bianco, la quale presta il fianco a differenti suggestioni e a una più ampia e immediata fruibilità senza snaturarne l'essenza profondamente elettronica. Non stupirà ad esempio se ad Invisible si accosteranno certe soluzioni formali adottate tre decenni fa dai Matia Bazar mitteleuropei di inizio anni '80 quando, spronati dell'imprescindibile Mauro Sabbione, rilasciarono un uno-duo rimasto negli annali della musica come BERLINO, PARIGI, LONDRA e TANGO. Nemmeno coglierà impreparati l'omaggio alla prima ondata new wave italiana con Diaframma e Underground Life in prima linea. La stessa Stagén pare uno strumentale rimasto troppo a lungo nei cassetti - e ora opportunamente aggiornato - dell'Eneide musicata in quegli stessi anni dai Litfiba con la compagnia Krypton. Ma ancora: Kraftwerk, Nine Inch Nails, The Cult, il Billy Idol neuromante del tanto vituperato CYBERPUNK, U2, i Joy Division che si apprestano a divenire New Order (Fingers), i concittadini N.A.M.B.; tante sono le influenze e le (nuove?) passioni di Morsero che hanno saputo flirtare con ottimi risultati tra rock e elettronica. Oggi riescono ad emergere senza filtri,  per ciò che sono: momenti di curiosità e ricerca personale, ma anche di sperimentazione sonora alla scoperta di una nuova pelle, complice l'isolamento lavorativo che la periferia di Nicosia, capitale cipriota presso cui è stato composto il cd, ha offerto a In.Visible. A Lele Battista va invece il merito di aver creduto nel progetto e di averlo portato a compimento concretizzandolo tra le ombre del suo studio senza dimenticare il proprio passato di sintesi e pop. La riprova è la chiusura à-la Brett Anderson di Under, velata ballad malinconica dal sapore agrodolce, contenente tutta la gioia per l'attesa di un nuovo incontro.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/invisible013 e qui: http://www.facebook.com/andreamorsero

giovedì 29 maggio 2014

IL NOME DI LEI

IL NOME DI LEI - EP 
Il Nome di Lei
- autoproduzione - 2014

Cinque canzoni diluite in soli sedici minuti. Così si presentano i rinnovati Il Nome di Lei dopo l'abbandono del chitarrista Marco Moro e il cambio di ragione sociale stampato in bella evidenza sulla copertina di questo secondo - omonimo - ep che succede al precedente ANECOICI rilasciato sotto il moniker Ehrenaim. La band milanese si presenta oggi come irrequieto power trio con il compito di correggere attraverso i nuovi brani le ingenuità di fondo manifestate in passato e stupendo al tempo stesso per l'inatteso cambio di rotta sonoro che IL NOME DI LEI rivela fin dalle prime note. Abbandonate le distorte spigolosità noise dell'esordio è un pop rock di facile ascolto, fruibile e già ampiamente sfruttato da Modà e Negramaro nelle puntate meno irruenti del loro repertorio, a prendere il sopravvento seppur con una leggera venatura di oscurità - come l'opener Ancora Non Ti Arrendi mette ben in evidenza tra suoni sintetici e linee melodiche piane, per nulla sfacciate - che non guasta mai, quasi a sottolineare l'esistenza di mondi (e ascolti) diversi rispetto al groove fluido prodotto e arrangiato da Stefano Clessi, deus ex machina per il nuovo corso. Chitarra, basso, batteria. Una tastiera. Marco Sambinello, Alex Favaro e Samuele Botter scelgono di ripresentarsi senza troppi fronzoli, affidandosi ad un matematico 4/4 e plasmandosi sempre molto delicatamente, accordo dopo accordo, nota dopo nota. Le rotondità di una musica moderna che al giorno d'oggi va per la maggiore accentua senza dubbio il potenziale commerciale del trio meneghino; il lavoro è ben confezionato e in sala di incisione ci si è mossi in questa direzione anche in sede testuale. Non si sgomita per farsi notare oppure per conquistare uno spazio; semplicemente ci si sdraia con estrema rilassatezza sul selciato e ci si appropria di quella superficie di diritto, in modo molto naturale. La concisa Così Fragile è un mancata scheggia punk che qui viaggia piuttosto sulle stesse frequenze di Tiromancino e Niccolò Fabi come se la spensierata certezza di una idea si sgretolasse dinnanzi alle preoccupazioni e alle disillusioni del quotidiano. Piace la sospensione lunare di Crema, atipica sentimental song di matrice British che riporta alla mente i N.A.M.B. di Davide Tomat con synth e voce arpeggiata in bella vista. È l'amore la cosa più importante al mondo? Il testo di In Un Colpo ha il pregio di offrirsi a più letture, non ultima quella decisamente noir di un omicidio (mancato?) tra innamorati, lasciando così insoluta la questione. Spetta infine a Quell'Illusione chiudere il cd continuando l'indagine sul sentimento iniziata poco prima e perseguendo attraverso soluzioni musicali conservative una ricerca interiore che pare impellente e carica di aspettative. Tutto molto gradevole, ma troppo poco personale e con l'incognita live da rivedere dato che presumibilmente certe asprezze levigate in studio compariranno sul palco per necessità e naturale costruzione delle canzoni. Come rivedere una persona cara dopo tanto tempo e scoprirla uguale a quando l'avevamo lasciata. Del resto siamo tutti, chi più chi meno, alla ricerca di una identità; con le mani in tasca e i pensieri che si affastellano nella mente.

martedì 27 maggio 2014

PRENDITI QUELLO CHE MERITI

PRENDITI QUELLO CHE MERITI
Gnut
- INRI - 2014

Si è fatto menestrello a tratti più solare il buon Claudio Domestico. Che sia stata decisiva la collaborazione con Dario Sansone dei Foja in occasione del progetto parallelo Tarall & Wine (per avere uno spaccato della vera musica partenopea contemporanea che - giustamente - non rinuncia alla tradizione un ascolto obbligato è senza dubbio il loro L'IMPORTANTE È CA STAJE BUONO) oppure più semplicemente una decisa e naturale evoluzione di un musicista giunto ormai al terzo, fatidico, album non ci è dato sapere. Quel che è certo è che finalmente con PRENDITI QUELLO CHE MERITI Gnut riesce per la prima volta a offrire all'ascoltatore una tavolozza di colori assai più variegata rispetto al recente passato, stimolando la curiosità, favorendo l'ascolto e gettando le basi necessarie per soffermarsi con più attenzione su un lavoro fatto di canzoni complete e compiute, sempre personali, ma capaci di assumere quel carattere universale che, in ultima analisi, resta uno degli obiettivi primari della canzone cantautoriale con la C maiuscola. Abbandonate le atmosfere notturne del precedente IL RUMORE DELLA LUCE Domestico non rinuncia tuttavia a circondarsi di collaboratori capaci di favorire con il proprio tocco artistico contributi musicali sempre decisivi anche quando minimali. È anche per questo che canzoni semplici, artigianali, nate verosimilmente per sola chitarra e voce, come ad esempio Torno e Fiume Lento, sono baciate da più rigogliosi arrangiamenti collettivi che le arricchiscono donando loro profondità sonora e ritmicità. Ma dicevamo anche di una ritrovata spensieratezza e solarità. Ecco allora Dimmi Cosa Resta, il singolo Non È Tardi, la title track Quello Che Meriti risolversi in un legittimo tentativo di ampliare il proprio raggio d'azione aprendo, seppur sempre con circospezione, le porte a quel mondo così complesso che per Gnut è sempre stato sinonimo di provvisorietà, ma che oggi pare essere assai meno ostile rispetto al passato. C'è la spinta a migliorare e a migliorarsi; il tentativo di guardare con maggiore serenità negli occhi il prossimo, facendo scorte di poesie per affrontare il viaggio. Con accorgimenti minimalisti e raffinati (Universi) gli interrogativi di una vita si fanno assai più fruibili anche in favore di un pubblico, se non proprio di massa, comunque più generalista che fino a questo momento ha sicuramente ignorato l'esistenza del cantautore napoletano. Non sappiamo quanto la sua caparbietà nel rivelarsi tra le sette note lo aiuterà a far breccia presso le nuove generazioni, ma di certo il suo deciso e continuo istinto a mettersi in musica è segno di una rinnovata e costante apertura nel perseguire i propri obiettivi. Per sé stesso certo, ma anche per chi crede e ha creduto in lui. Come il buon Alessio Russo. Musicista mite e schivo che attraverso la sua semplicità e bravura ha saputo sempre farsi amare da tanti per rimanere - immortale - nei cuori di tutti in queste cronache musicali 2.0.

venerdì 23 maggio 2014

THE ESCAPE THEORY

THE ESCAPE THEORY
Club Voltaire
- La Fleur - 2014

Rock'n'roll o ballate che siano le canzoni della teoria della fuga rappresentano alla perfezione un ottimo viatico per riconciliarsi con la buona musica. D'autore e con la marcia in più; come quella della Citroën DS rappresentata ai piedi della torre Eiffel sulla copertina del cd, nostalgico ritratto di un'epoca passata, ma ancora viva nell'immaginario comune.   Ben prodotti, immediati senza mai essere scontati, i dieci brani (più un prologo orchestrato dall'ingegnere del suono nonché musicista aggiunto Matteo Cantaluppi) proposti dai Club Voltaire sono un bell'esempio di musica adatta per qualsiasi musicofilo incallito che imbattutosi un po' per caso nell'esordio discografico su lunga distanza del quartetto comasco si porta a casa un lavoro eccellente. Una musica che guarda molto anche Oltremanica tracciando un ideale - e idealizzato - parallelo spazio-temporale tra il lago di Como e i sobborghi urbani del Merseyside. I Beatles, il sergente Pepper e la swinging London emergono prepotentemente nelle impeccabili Rendez-Vous e Pieces Of Beach, senza avvertire il benché minimo peso di cotanto paragone. Ma potremmo parlare anche dei Jam e di Paul Weller, al quale vengono tributati gli onori nell'omonima traccia centrale del lavoro; di continui e pulsanti rimandi ai Secret Affair, a Elvis Costello e ai protagonisti del brit-pop di inizio anni '90 quando a contendersi le classifiche di mezzo mondo trovavamo Oasis e Blur. Proprio ad alcune soluzioni adottate dalla band di Damon Albarn e Graham Coxon pare rivolgersi il soul contaminato di Midnight Chance e certa esagitata spensieratezza di Don't! così come non vengono neppure trascurati i Primal Scream del periodo ROCKS. Poi, chissà per quale motivo, mentre continuiamo l'ascolto del cd ci vengono improvvisamente in mente immagini in bianco e nero di partite di calcio, del Torino, dell'Italia di Vittorio Pozzo (uscita per mano della Corea del Sud, neanche farlo apposta, ai mondiali inglesi del 1966) e dell'indimenticabile Gigi Meroni, amato campione, assoluto protagonista di un calcio romantico ormai scomparso e anticonformista per eccellenza. Genio e sregolatezza insomma. E ci troviamo a ipotizzare di quanto THE ESCAPE THEORY sarebbe potuto piacere alla Farfalla, da sempre amante della musica proveniente dalla terra d'Albione, che avrebbe apprezzato un complesso italiano dedito a fare concretamente proprie le pulsioni più alla moda provenienti dall'estero, rileggendole secondo le proprie sensibilità. Che poi fra i musicisti dei Club Voltaire ci sia un Meroni beh, è il colpo di teatro che non ti aspetti, il rimando insperato, il link tra passato e presente che sorprende, ma alla fine rivela semplicemente il filo rosso che unisce tutto e porta a compimento sensazioni e affinità nascoste. Club Voltaire: che bella scoperta! Chi ha già avuto modo di accaparrarsi l'ep ABOUT THE SURFACE si troverà ora fra le mani il sequel ideale, forse meno frenetico e di impatto, ma più a fuoco e curato, capace di aggiungere un nuovo tassello al percorso e alla crescita artistica della band lombarda. Senza essere necessariamente innovativi, ma avendo ben in mente il know how. Quando vintage e modernariato vanno  braccetto.

giovedì 22 maggio 2014

NI NA

NI NA
New Idea No Artist
- TdE Music ProductionZ - 2014

La nuova scommessa di Momo Riva e del TdE Studio arriva da Ferrara. È un duo. Si nutre di pop, ma vive di elettronica. NI NA è il suo nome in codice. Sta per New Idea No Artist ed è alle prese con la sua prima pubblicazione ufficiale. Un ep. Quattro brani. Due voci. Due esseri umani alle spalle. Giacomo Tebaldi. Luca Rizzo. Poi è tutto un tripudio di synth, cavi e processori per quella che nelle intenzioni del nuovo dinamico duo pare essere un lungo viaggio verso luoghi fantastici e irreali che solo un processo di ricostruzione mentale consente di visualizzare nella realtà. Un loop continuo e incessante che si abbatte sull'ascoltatore viziandolo e stuzzicando la sua fantasia. Qualche chitarrina qua e là, giusto per inseguire la linea del basso al solito usato alla perfezione per confezionare ed amalgamare il tutto. Un solo ospite. Le corde vocali di Alice Pisano, giovanissima nuova proposta della porta accanto alla corte degli Estensi. Con lei Columbus solca gli oceani sterminati dell'elettronica viaggiando costantemente a poche miglia dalle caleidoscopiche spiagge desertiche di un paradiso terrestre fuori dal cosmo. È il groove che avviluppa e non concede requie. È l'inconsapevole ricordo di una terra promessa che visitammo tanto tempo fa; il nostro già vissuto che torna prepotentemente a farci visita, sinuoso e affascinante. Così abbandonarsi alla corrente di beat e armonie diventa presto estremamente piacevole e rilassante rivelando una naturale predisposizione per le atmosfere più spontanee generate lungo questi risicatissimi duecentoquaranta secondi di alchimia sonora che connaturano l'ep. Catapultandoci in un'epoca senza tempo Bushido traccia nuove coordinate emozionali, rigide nella loro codificata linea comportamentale eppure espressive tanto quanto la sospensione notturna di Time Pollution, capitolo di ecologico europop che meglio mette in luce la concezione di internazionalità dei NI NA con quel riuscito scambio di idee in musica tra Air, i Nightcrawlers di John Reid, nostrani Serpenti e vocoderati Eiffel 65. Più algidamente marziale e dark, Hermund chiude i giochi rimandando per molti versi agli Amari posti sotto l'ala protettiva del Gran Master Mogol. Ed è già tempo di ricominciare. Nella voluta astrazione delle idee, nella sperimentazione analogico-syntetica, nella melodia leggera, ma energetica Giacomo e Luca trovano la via maestra per tornare rapidamente in studio e mettersi di buzzo buono alla lavorazione del sequel su lunga distanza. Fin qua hanno potuto deliziarci con uno stuzzicante aperitivo, ma l'attesa per le portate principali che ci sono state fatte pregustare, sostanziose e nutrienti, ora sono attese con maggiore impazienza. L'appetito vien mangiando. Allora Momo, scommessa vinta? Pare proprio di sì. E chi non è d'accordo si presenti in cassa e paghi il conto.
 

lunedì 19 maggio 2014

EX LIVE

EX LIVE
gianCarlo Onorato - Cristiano Godano
- Lilium Produzioni - 2014

È una questione di affinità. Una questione di affinità. Non ricordo più bene. Una affinità. Gennaio 2013. Esce per la Volo Libero Edizioni EX - Semi di Musica Vivifica, testo di formazione in buona parte autobiografico a cura di gianCarlo Onorato. Agosto 2013. I Marlene Kuntz tornano a raccontare la Bellezza secondo loro con NELLA TUA LUCE. Per una serie di casi fortuiti a completare un inatteso trittico di straniante tepore artistico capita a proposito, nello stesso arco temporale, l'acquisto alla cieca del dvd targato Cristiano Godano e Riccardo Tesio, Nel Vuoto - Il Reading di Terrore. Che ci si trovi di fronte a un inconsapevole polittico culturale organizzato su più fronti è una considerazione che cresce lenta in noi dopo aver completato rispettivamente ascolto, lettura e visione dei tre elementi sopracitati, ancora oggi in bella vista negli archivi di casa. Maggio 2014. A poco meno di qualche mese dai fatti qui sopra esposti ecco uscire per la Lilium Produzioni un album dal vivo pronto a sancire le molteplici corrispondenze del duo Onorato-Godano rivelatesi attraverso EX - Live, tour congiunto dei due frontman, la registrazione della data bresciana del quale è alla base di questo omonimo cd. Fedele testimonianza della serata condotta a due voci e molti strumenti (nb: ciao Alessio!) presso la Latteria Molloy, EX LIVE diventa l'occasione per celebrare in maniera minimalista e sussurrata "la storia sentimentale ed immaginifica di due artisti, simili e differenti al contempo, in dialogo fra loro", attraverso letture, riletture di classici e brani autografi. Non è un corsa contro il tempo che fugge, ma una più pacata e incisiva ricerca e determinazione continua di sé, un elogio affettuosamente malinconico per ciò che si è stati rivisitato a distanza di anni con gli occhi dell'oggi, con tutto lo scarto qualitativo assunto attraverso la crescita, sia essa fisica che intellettuale; il bagaglio di una esperienza sanguigna e sensuale raccolta, analizzata e messa a nudo attraverso ciò che il corso degli eventi e delle scelte consapevoli ha fatto di noi. Naturale trovare perciò tra gli accordi alla base delle canzoni che si susseguono senza soluzione di continuità ricordi del passato mischiati a lucide riflessioni di ragazzi maturi "in grado di viaggiare con la stessa fascinazione tra punk rock, musica contemporanea, cinema, avanguardie estetiche e filosofia della scienza". Sorprendente accorgersi di come, in ultima analisi, tutto questo gesto artistico, decadente e romantico insieme, ruoti costantemente intorno all'Amore. In ogni sua forma o deriva. Ecco dunque comparire l'Androide Mirna, Lou Reed e i Velvet Underground con Nico, la Musa dei Marlene Kuntz, il Neil Young solitario di HARVEST a bordo di un pick-up e il Nick Cave carnalmente fiabesco al timone della sua nave, in un susseguirsi di emozioni e occhi lucidi, scintillanti tanto di rimpianti (pochi) quanto di felicità (molta). Perché, chiosa del resto Onorato nella quarta di copertina del suo libro, forse ad aggiustare le sorti del mondo non basta la bellezza. Tuttavia essa vi contribuisce parecchio.

giovedì 15 maggio 2014

WEAPONS OF MASS DISTRACTION

WEAPONS OF MASS DISTRACTION - EP
1st Class Passengers
- Animal Farm - 2014
 
Quante (non convenzionali) armi di distrazione di massa circolano pericolosamente libere nella società d'oggi? Molte. Tante. Troppe. Esibite con ostentata superficialità oppure più subdolamente mascherate ci hanno lentamente sedotto fino a mutare il modo di vivere la quotidianità così com'era conosciuta anche solo un decennio fa. E hanno coinvolto tutti. Grandi e piccini, professionisti o semplici mestieranti dell'espediente, senza distinzione sociale o religiosa; anzi, paradossalmente attecchendo più presso chi fino a poco tempo fa faceva parte delle cosiddette classi disagiate che altrove. Dal vertice alla base insomma. E non hanno risparmiato nemmeno l'infanzia, invadendo luoghi e territori prima sacri e inviolabili. Emblematici sono in tal senso la copertina e l'etichetta adesiva del cd sfornato in questo scorcio di primavera dai 1st Class Passengers che vede tristemente dimenticate su un pavimento di autobloccanti un paio di appariscenti bambole, antico oggetto dei desideri, mentre le bambine loro proprietarie "giocano", umbratili e istupidite, con degli smartphone. Un riuscitissimo gioco grafico a cura dell'ottima Michela Fiorendi che evidenzia anche visivamente il raggelante contrasto tra un oggetto inanimato, ma comunque col sorriso sulle labbra - la bambola, e una vita umana che di per sé dovrebbe essere effervescente e carica di energie, ma che in realtà è già grigia e spenta fin dalla tenera età per scelte sconsiderati fatte da adulti a loro volta avviliti e depressi. È il buon senso dunque a parlare muto e silenzioso. Ed è la band anglo-bergamasca nata dalle ceneri degli Addicted (ça va sans dir...) a farsi portavoce di questo disagio sociale diffuso, nel tentativo se non proprio di spezzare questo circolo vizioso, almeno di porre l'accento sulla problematica. Solo cinque pezzi rilasciati attraverso l'etichetta inglese Animal Farm che già mostrano però la maturità di Lucian Beierling e soci, a loro agio tanto con la lingua inglese quanto con la scelta stilistica adottata e basata su un rock ritmico, ma decisamente strutturato. The Great Western Railway è il convincente biglietto da visita a cui fa subito seguito l'altrettanto azzeccata Groundhog Day. In una manciata di minuti i passeggeri di prima classe aprono il proprio bagaglio a mano e ne rivelano il contenuto. Senza grosse sperimentazioni, ma con perfetta capacità di sintesi rock, funk e ritmi in levare confluiscono e si amalgamano in un sound vivace, ma ugualmente spigoloso, capace di far muovere il piedino all'ascoltatore più navigato e la testolina alla sua accompagnatrice. Giocare a carte scoperte e non aver paura di farlo. Consapevoli delle proprie possibilità con un occhio all'Italia, e com'è giusto che sia, l'altro all'Inghilterra i 1st Class Passengers alzano la posta in palio rallentando con la vibrante Unknown Quantity, ricca di cambi di tempo e riff che sembrano uscire dalla fucina degli Incubus, giocando con atmosfere acustiche (Not Alone, Not Alone, Not Alone), pestando sull'articolato groove disco di Temporary. Molte sollecitazioni, tante cose da dire e un unico denominatore comune: la passione, quella vera, quella che brucia e arde costantemente energie rigenerandone sempre di nuove. Queste in estrema sintesi le peculiarità di una band che si spera riesca presto ad emergere, ritagliandosi un'ampia fetta di consensi non solo tra gli addetti ai lavori, ma soprattutto presso un pubblico ampio. Magari anche dozzinale, ma proprio per questo numericamente utile a smuovere qualcosa. Per spegnere un cellulare e riaccendere il sorriso al fanciullino che è in noi.

martedì 13 maggio 2014

WARSAW

WARSAW
The Gluts
- autoproduzione - 2014

Poi ci sono quelle band che fin dai primi ascolti su disco ti incuriosiscono a tal punto da volerle vedere dal vivo al più presto, per toccare con mano quanto di buono hai già potuto apprezzare dal cd selezionato nel lettore o, come in questo caso, direttamente dai solchi di un vinile. E sono quelle stesse realtà capaci di investirti (e "spettinarti") con un'onda d'urto roboante e fragorosa che resta impressa nella memoria per giorni ogniqualvolta ci si appropinqua sotto al loro stage. I The Gluts rientrano senz'altro in queste categorie emozionali, forti di un album d'esordio come WARSAW già maturo nei suoni e nella produzione a dispetto della giovane età dei suoi esecutori. Sul palco il quartetto milanese dal cuore new wave nero pece accentua, se possibile, l'irruenza sonora che il noise rock di brani come Please Be Patient With Your Dad (i primi Soundgarden centrifugati dagli A Place To Bury Strangers) e Don't Tease Me Please va a caratterizzare la loro energica proposta. Al pari dell'affascinante Claudia Cesana al basso (notevole il suo lavoro su Iceman) Nicolò Campana, bizzarro anello di congiunzione fra Ian Curtis e Billy Corgan, catalizza l'attenzione su di sé attraverso una convincente performance che ne esplicita i propri demoni personali, presto esorcizzati, evidenziando allo stesso tempo una tenuta a sette polmoni continuamente sollecitata e messa a dura prova dalla compattezza strumentale dei The Gluts, oggi cementata dall'innesto di Mattia Toselli, new entry alla batteria per tutto il tour in corso. Il continuo ricorso all'effettistica più appropriata è poi appannaggio di Marco Campana, stratega sonoro e figura chiave della band, in ultima analisi responsabile con le sue chitarre di quel suono volutamente saturo e lancinante capace di fendere vorticosamente l'aria e direzionare le forze centripete generate; siano esse di chiara matrice dark (Rag Doll) oppure maggiormente claustrofobiche (Vietnam). Eppure c'è una terza componente non meno importante che affiora decisa. È quella "psichedelicamente" shoegaze che si esprime nei ritmi rapidi e nelle dilatazioni strumentali su cui si innestano improvvisazioni situazionistiche solo in parte codificate dalle giornate trascorse in sala prove. È la parte più sperimentale di una giovane band conscia delle proprie potenzialità, slegata dalle facili sirene dell'ormai sempre più obsoleto indie rock e forse proprio per questo sorprendentemente briosa e solare; quadrata, ma multiforme, senza un target definito, ricettiva e aperta a differenti soluzioni. Desiderosa di esserci per il gusto cameratesco di esserci. In questo modo prendono forma composizioni tex-punk come la vibrante Bad Man, posta in chiusura di lato A, l'heavy abrasivo di Enemies e l'ipnotica ninna nanna stratificata Don't Believe In Fairy Tales completata un po' a sorpresa da un racconto scritto di proprio pugno direttamente dalla band, omaggio agli acquirenti di ogni singola copia vinilica di questo debutto. Quaranta minuti che scorrono veloci e indicano la strada da percorrere. Nuove lacrime di inchiostro sui nostri (e loro) visi. Un motivo in più per guardare alle proposte di casa nostra senza lasciarsi sedurre una volta ancora dall'iper-fertilizzata erba del vicino.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/thegluts

lunedì 12 maggio 2014

7:59 ONE TO EIGHT


7:59 ONE TO EIGHT
MiG 29 Over Disneyland
- autoproduzione - 2014
 
MiG 29 Over Disneyland è un nome che non può di certo passare inoßervato. Titolari della curiosa sigla da oltre un lustro sono quattro ragazzi friulani che hanno deciso di unire le proprie forze sul finire degli anni '00 in un avventuroso tourbillon di suoni e colori. Con una prolifica e strategicamente folle attività discografica alle spalle che li ha già portati ad incidere ben quattro cd e altrettanti ep in solo cinque anni di attività, i Nostri hanno ritenuto opportuno battezzare il 2014 (e consolidare la nuova line-up bagnata dall'esordio neppure dodici mesi prima sull'irrisolto AUTOMATIC DAY) entrando per l'ennesima volta in studio e completando una nuova prova sulla lunga distanza nel tentativo di consegnare alle stampe il disco definitivo di questa fase musicale della band. Sì, perché se qui fanno ora la loro comparsa episodi nuovi di zecca come la punkeggiante Suite Tomb Alabamba, la più articolata One To Hate, capace di sprigionare neri bagliori grunge per nulla in antitesi con il febbrile dinamismo in levare di Static Brain, e la presa per i fondelli di Princess, è altrettanto vero che trovano ugualmente spazio brani - rivisitati e corretti - caratterizzanti le precedenti prove in sala di registrazione. Automatic Day si lascia oggi fascinare dalle sonorità elettroniche dei teutonici Liquido (chi si ricorda dell'hit single Ordinary Life?) rinunciando all'iniziale pesantezza grunge; No Money e London Scene, entrambi provenienti dall'ep 2&2 ISN'T 4, assumono una patina pop che non ne scalfisce l'originaria irruenza punk, ma ne smußa semplicemente gli angoli più spigolosi limando quelle asperità che ritroveremo comunque in sede live, dimensione dove forse la band continua ancora ad esprimersi al meglio. Anche Mechanical Children viene investita dalla rivoluzione sonora in corso; abbandonata una più scontata veste punk con cui fu presentata nel recente passato, per l'occasione l'opener del nuovo disco si tramuta in azzardato riempipista elettro-pop, maggiormente pulsante e di certo inaspettatamente funzionale all'obiettivo dei quattro tolmezzini. Quando dunque eravamo quasi certi di aver inquadrato l'attitudine dei "nuovi" MiG 29 Over Disneyland ecco che a scompaginare le carte in tavola ci pensano il sopraccitato pun fintamente mansoniano, ma soprattutto la conclusiva Fi Di Youth Dem, reggae-friulan-party-punk song davvero degna di lode, capace di mescolare senza ritegno in poco più di centoventi secondi italiano, friulano e inglese. Non nuovi a dimostrazioni di affetto nei riguardi della propria terra natale, pur essendo a qualche tornante di distanza da quell'Europa asburgica che già saltuariamente li ha accolti con entusiasmo, Alessandro De Cecco, Andrea Losanni, Alessandro Fusetti e Luca Rainis attraverso episodi di questo tipo dimostrano di aver individuato con (in)consapevolezza una dimensione personale, sedimentata nel proprio DNA, che potrebbe far fare loro il tanto agognato salto di qualità se percorsa con convinzione in barba a chißà quali cervellotiche ricerche di mercato e logiche di marketing. Una band eclettica ancora alla ricerca della quadratura del cerchio, ma che nella stabilità della propria line-up potrebbe aver trovato la prima pietra su cui costruire il proprio futuro. Libera di osare, senza schemi né preconcetti mentali o sonori.