martedì 30 settembre 2014

PETALI

PETALI
Gian Luca Mondo
- Controrecords - 2014

Se non fossimo nell'era del digitale a tutti i costi PETALI sarebbe uno degli indiscussi caposaldi del rock italiano. E Mondo Gian Luca da Genova il suo riconosciuto profeta di questo primo scorcio di millennio. Con buona pace di addetti ai lavori sull'orlo di una crisi di nervi con la ventiquattro ore per compagna e miopi talent scout dal naso incipriato. Succede però che in questi tempi la musica indotta spesso rifletta il momento, schiacciando la creatività nell'omologazione quando non nell'inerzia, premiando una vuota operosità e privando di giusto merito lo spunto creativo. Rivedere il nostro modo di essere e agire: questa deve essere la priorità a cui il musicista, il poeta, l'Artista non può assolutamente rinunciare. Diversamente sarebbe più opportuno starsene zitti e contemplare il passato. Davanti alle provocazioni di una situazione in fase di stallo Mondo reagisce con le sue poderose ballate trasversali, capaci di lacerare le convenzioni come uno stiletto affilato. Le spinte centrifughe originate dal cristallino PETALI, secondo disco in uscita per la Controrecords di Davide Tosches dopo il debut album autoprodotto PIUME, invitano alla lotta. L'uomo del terzo millennio non può e non deve temere il proprio tempo. Non è solo un problema di spazio. Tutta la nostra vita è segnata dalla ricerca: coniugare la razionalità della testa e il calore del cuore deve essere lo stimolante impulso in grado di spingere a una pienezza più totalizzante, in grado di vincere i demoni del proprio inferno personale in funzione di una vita meravigliosa (Istruzioni Per Lipe) che il raziocinante lavoro di Mondo convoglia in dodici luminose gemme grezze, taglienti come il diamante, trasversalmente naturali e sincere come l'aria. Come se l'ultimo Vasco Brondi anziché lasciarsi (temporaneamente?) fascinare da quel poco di elettronica che è andata a sporcare le sue recenti COSTELLAZIONI musicali si fosse immerso nel catino battesimale del Lou Reed più abrasivo. E non necessariamente più celebrato. Come un moderno Fausto Rossi che immerso nelle fatiche e nelle sofferenze dell'uomo sa abbracciare tutta la carnalità del corpo, svelandone le maschere, mettendo in fuga i mostri della ragione e sposando la molteplicità dello spirito. Con una onestà intellettuale propria del cantautorato sghembo e a volte zoppo di Tom Waits, lucida come la scrittura del sempre mai troppo celebrato Cesare Basile - pietra di paragone ormai sempre più imprescindibile per un certo tipo di rock viscerale ed elettrificato - si compie una missione che non solo conduce lontano, ma va incontro a chi lontano è, elevandosi sopra la schiavitù di quel quotidiano, di quella esistenza che solitamente si subisce, per costruirne una nuova, senza tempo, ma ugualmente reale e tangibile. I musicisti non sono sognatori staccati dalla realtà, ma gente che vive la propria interiorità come un tesoro comune da far crescere e comunicare. Ora occorre anche pensare a proteggerlo, diffonderlo sempre di più, perché non si perda il senso dell'uomo, per non trovarci a diventare come i carnefici vorrebbero farci diventare, ovvero esattamente uguali a loro. Io, Te, Lei, Lui lo sappiamo. Angeli e demoni ce l'hanno insegnato. 

lunedì 29 settembre 2014

MOSTRO FRAGILE

MOSTRO FRAGILE
Manoloca & Massimo Vecchi
- I Nomadi - 2014

Galvanizzati dall'ottimo responso tributato insindacabilmente dall'affezionato popolo nomade al precedente debut album LONTANO DAL CERCHIO e sorretti da una invidiabile nonché costante crescita sui palchi di mezza Italia che ne ha affinato le qualità e amplificato a dovere il sound, tornano i Manoloca di Massimo Vecchi con un cd che vuole essere da un lato il giusto sequel al lavoro di tre anni fa, dall'altro un naturale passo avanti rispetto a quella prima prova, capace di veicolare con ancora più grinta e passione - le stesse riconosciute in sede live - il messaggio di attualità sociale che ne contraddistingue l'essenza originaria. Indiscussa protagonista è qui più ancora che in passato la chitarra di Dave Colombo, la quale fin dal wah-wah iniziale dell'orchestrale Segni Di Rispetto traccia le coordinate e lascia intravedere ruspanti riflessi hard rock per un platter che saprà spingere sull'acceleratore con giusta misura dall'inizio alla fine. Con un baldanzoso mood party metal che sembra esser uscito da un indovinato riff di Ricky Portera Manoloca è la canzone in grado di sintetizzare in poco più di tre minuti la miscela di vigoroso rock e sfrontata attitudine alla base della ragione sociale della band. Colombo non ha grossi problemi a ricordarci come Eddie Van Halen sia stato l'ultimo grande innovatore della chitarra metal; nell'assolo e nei licks della circolare e pachidermica Ancora Rido c'è tutta la sua ammirazione per la band di David Lee Roth (chi rammenta l'omaggio ai Van Hagar con l'inusuale scelta di proporre la misconosciuta strumentale Baluchitherium nei passati concerti?) e addirittura una punta di manierismo nel ricordare lo stratosferico Randy Rhodes, altro talentuoso axe-man che non necessita certo di alcuna presentazione. Così, quando si parla la stessa lingua è più facile comunicare. E lo sa bene Agostino Barbieri che si ritaglia sempre maggior spazio con le sue tastiere vintage senza mai risultare invadente o peggio ancora prolisso, ma piuttosto sostenendo diverse composizioni come la spumeggiante Sei Di Nuovo Tu (ottima la prova di Daniele Radice al basso) e la più compassata, ma ugualmente ariosa Non Sei Più Dio. A Massimo Vecchi restano allora solo le briciole? Evidentemente no. Sempre più calato nel ruolo di front-man e interprete lungo tutta la durata di MOSTRO FRAGILE ruba letteralmente la scena quando si tratta di accendere l'infuocata Polvere Di Vuoto in un felice dai e vai con l'onnipresente Colombo, perfetta spalla musicale per le scorribande soliste del bassista di casa Nomadi. E svela un lato confidenziale - a conti fatti abbastanza inedito - nella riuscita ballad Che Ne Sai aperta da un semplice arpeggio di chitarra molto atmosferico in grado di riportare alla mente di chi scrive le introduzioni acustiche dei Metallica prima maniera. Impossibile non citare il faticatore del ritmo Franz Piatto e il suo sodale Radice che oltre a costituire la spina dorsale del progetto determinano attraverso una sinergia simbiotica la direzione del gruppo. La funky Quello Che Tocca così come la tonante Lettera All'Amico R. non sarebbero risultate altrettanto efficacemente quadrate se al loro posto la band avesse arruolato una sezione ritmica meno affiatata. In chiusura arriva l'ottima Tu Da Che Parte Stai, ennesima conferma, probabilmente la più completa del lotto, atta ad avvalorare questa tesi, nella sua corsa lanciata a tutta velocità su quel treno che nessuno ha voglia di fermare. Una finestra - e una garanzia - spalancata sul futuro.

martedì 23 settembre 2014

SACRA MASSA

SACRA MASSA
NoN
- Garage Records/El-Sop - 2014

Entusiasmante. Al primo lavoro i NoN hanno già fatto centro. SACRA MASSA ha infatti tutte le caratteristiche per restare a lungo sul proprio lettore cd. Energico, ipnotico, immaginifico. Un concentrato di scarica adrenalinica e tormentata tensione condensate in poco più di venti intensissimi minuti. Non uno di più. Così. Volutamente. Per catalizzare al meglio l'attenzione e non disperdere energie preziose nel viscerale percorso che il trio fiorentino intraprende con l'ascoltatore. Dopo un lungo e in fin dei conti tormentato passato fatto di eterogenee esperienze in campo artistico e musicale, Andrea Zingoni e Massimiliano Leggieri sembrano aver trovato finalmente la giusta direzione da perseguire attraverso il decisivo apporto di Alvaro Buzzegoli alla batteria. Completato infatti il periodo di rodaggio all'interno dei propedeutici NonViolentateJennifer che avrebbero partorito gli attuali NoN sul finire dello scorso anno, affinata e convogliata la propria tensione emotiva in una scrittura lirica e musicale sempre più convincente e funzionale al proprio credo, i tre musicisti toscani avrebbero annunciato il loro nuovo avvento attraverso un platter dalla notevole forza drammatica, con un approccio alienante pur muovendosi negli stili tradizionali del rock - oscuro - d'autore. Con MASSA SACRA i NoN si smarcano presto dai pallidi epigoni che vorrebbero, ma non possono. Fin dalle prime note dell'emblematica La Fine Del Mondo ci danno l'idea di come una musica robusta moderna potrebbe e dovrebbe suonare oggi, metabolizzate e fatte proprie tutte le molteplici pulsioni provenienti dalla storia senza per questo limitarsi ad un avvilente scimmiottamento privo di spina dorsale e credibilità. L'approccio al dark, al post rock, perfino allo stoner vengono qui cementificati e compattati in un sound unico, granitico, ma fluido, capace di trascinarci all'interno dell'oscura voragine senza fondo nella quale la nostra società è caduta. Non c'è sorgente luminosa né salvezza là sotto, nella visione quasi apocalittica della band. Ma noi non lo sappiamo ancora e così tutta la narrazione nichilistica della band non alienerà l'ascoltatore, ma lo condurrà più semplicemente nel labirinto sotterraneo che si rivela all'improvviso davanti ai nostri occhi e attraverso il quale avanzeremo, brancolando a tentoni, al fine di colmare, ingenui, una atavica sete di conoscenza destinata a rimanere viva e lancinante. Un'Altra Notte è alle porte. Difficile la risalita. Massimo l'impegno, ma inconsistente il risultato. L'omologazione al basso, alla mediocrità, al piattume ha la meglio e la massa, ovverosia quell'insieme indistinto di individui privo di reale autonomia decisionale, la "sacra massa" sarà presto destinata alla fagocitazione nel caos primigenio. Cadere e non tornare più. Sparire per scomparire. Definitivamente. Ombre: non lo siamo tutti? Abbandonate dunque ogni speranza, voi che sprofondate. Il nuovo Messia, L'Uomo Che Sarà non vi appartiene.

lunedì 22 settembre 2014

Á LA CARTE

Á LA CARTE
Serazzi & La Cucina
- autoproduzione - 2014

Quando un musicista raggiunge e supera oltre un quarto di secolo in musica, arriva il giorno in cui può permettersi di fare ciò che gli pare. Quando vuole e dove vuole. È il caso dell'eclettico Paolo Serazzi, un lontano passato nei ruggenti Party Kidz, un dinamico presente  in prima linea a trasmettere good vibrations attraverso decine di situazioni e contesti aperti, in totale libertà e senza costrizioni. Con il nuovo progetto ribattezzato Serazzi & La Cucina il biondo interprete e arrangiatore torinese,  compositore di musiche per varie trasmissioni RAI e colonne sonore per il cinema, dà libero sfogo alla sua passione per i suoni esotici e i ritmi funk con un orecchio ben teso su quanto accade nei Balcani. È il sogno nel cassetto che diventa realtà, che concretizza idee e spunti accumulati in un percorso musicale lungo una vita e che solo oggi trova tempi giusti e opportunità di emergere. Un po' come accaduto con Bengi Benati e il suo FACCIA DA SOUL, anche Serazzi offre un variegato menù per tutti i palati. Da quelli più fini a quelli più ruspanti. Come un abile chef impegnato a proporre nuovi piatti tanto quanto a rielaborarne di antichi più legati alla tradizione, ecco dunque uscire dalla sua cucina un susseguirsi di portate che sanno soddisfare l'avventore occasionale e il cliente abituale, offrendo gustose suggestioni tropicali e rinfrescanti cocktail "sbagliati", appoggiandosi al ritmo come unico ingrediente comune. Dalle sonorità cubane di Come Una Rumba a quelle pigramente indolenti e rilassate soffocate dalla canicola della messicaneggiante Mundo Mejor la connotazione contiana emergere prepotentemente restituendo in maniera speculare l'immediatezza dei concerti dal vivo a cui Serazzi torna sempre, in una piacevole quanto inaspettata sintesi tra Paolo Belli e Vinicio Capossela. Non si fatica ad assecondare la passione di Serazzi: basta sintonizzarsi sull'onda lunga delle sue trovate legate ad un cantautorato scanzonato che, ascolto dopo ascolto, lascia il segno ed esplora con garbo un mondo di fantasia con una freschezza compositiva di buona fattura. Imprevedibile, come la scoscesa Con Un Salto, e ricca di rimandi popular nel senso più alto del termine, gli stessi che conducono dritti fino agli immancabili Beatles citati da par suo in Finalmente. Con un repentino cambio di direzione non è poi tralasciata l'esperienza teatrale percorsa dal multiforme cantautore piemontese il quale, attraverso il piacevolissimo swing de Il Portiere Fosco e la dinamica tirata caposseliana ritratta in Laundrette Soap, mette a segno due ottimi temi per personaggi in cerca di autore e non privi di fascino e mistero. Storie a 360° capaci di tenere alta l'attenzione dell'ascoltatore, fruitore ultimo di un lavoro ben prodotto e ancora meglio suonato, con un occhio attento ai testi e l'altro fisso alle esigenze di un suono mutevole, sempre dinamico e brillante grazie alla presenza quasi ossessiva dei fiati, piacevolissimo strumento di "tortura" che garantisce una marcia in più al cd. Insomma, una entrée, tre primi, un sorbetto, due secondi, dolce, frutta, caffè e ammazzacaffè: cos'altro volere? Attendiamo il conto.

venerdì 19 settembre 2014

da MELT

WHEN I HEAR YOU TALK YOU MAKE ME WANNA MOVE TO THE JUNGLE
- J Moon - 2014

 
Diretto da Jean De Oliveira

giovedì 18 settembre 2014

METROMORALITÀ

METROMORALITÀ
Adolfo Dececco
- Zelda Music/Warner - 2014

Arriva dall'Abruzzo il nuovo cantautorato metropolitano della porta accanto. Sono passati ben otto anni da quel promettente esordio che aveva rivelato il talento di Adolfo Dececco nelle ballate rock blues di  O SI SCRIVE O SI CANTA. La manciata di canzoni che l'allora giovanissimo studente universitario alla San Raffaele di Milano scelse per promuoversi fa ora il paio con un nuovo capitolo discografico più maturo nei suoni e nelle intuizioni liriche. Senza premeditazione alcuna e immersi nel fiume sotterraneo della musica popolare i dieci brani che vanno a comporre METROMORALITÀ continuano in parte il discorso intrapreso con la prima prova in studio sulla lunga distanza. Rispetto al passato, se da un lato qui tutto accade in maniera più centrata e definita allargando prospettive di scrittura e arrangiamento, dall'altro non si è affatto perso il gusto per una disamina pungente e sarcastica del quotidiano che ci circonda. La disincantata title track è illuminante in questo senso. Dececco si trova infatti sempre a suo agio quando si tratta di raccontare e raccontarsi, mettendo a nudo sé stesso e la propria generazione attraverso storie di ordinaria semplicità provinciale come quella alla base della furba Touchscreen. Con una backing band comprendente fra gli altri ora la sezione ritmica dei Musici di Francesco Guccini - oggi al servizio dell'ex Nomadi Danilo Sacco - ora i collaboratori più stretti dei fratelli De Gregori, con la supervisione artistica di due vecchie volpi della musica come Vince Tempera e Guido Guglielminetti, il cantautore pescarese affonda il dito nella piaga della crisi economica, ma più ancora morale in cui lo stivale italiano sembra essere caduto. E lo fa con una naturalezza che si è soliti riconoscere ai grandi della canzone d'autore, quando il disincanto è poesia prima ancora che amara realtà. Troppo facile lanciare il sasso e ritrarre immediatamente la mano. Se le vicissitudini della vita rimettono costantemente in discussione le prospettive di ognuno Dietro Le Nuvole lascia intatta la speranza in un futuro comunque migliore così come fa la solitudine celebrata nella dinamica A Cena Da Soli rispetto al vuoto caos organizzato, incapace di colmare l'abisso. Tutto diventa pretesto per narrare gioie e miserie del nostro Belpaese. Anche l'amore. Metafora del rapporto tra individuo e società è la reciprocità fra uomo e donna cantata con il piglio del miglior Dalla ne Il Tempo Dell'Amore mentre l'enigmatica donna dello schermo 2.0 protagonista di Chiara Che Pensi? riflette muta antichi ideali di vita nuova. Sarebbe un peccato soffermarsi con imperdonabile superficialità sui testi, la metà dei quali scritta in collaborazione con l'amico di sempre Giorgio D'Orazio; ciononostante Canzone Semplice è lì a mo' di sberleffo proprio a dimostrare il contrario, a sottolineare cioè quanto spesso canzoni seriose, ma senza pretese vengano a sproposito caricate di eccessive aspettative in ultima analisi impossibili da mantenere. Dececco insomma non ha paura di cambiare registro né tantomeno si preoccupa di andare fuori target. L'importante è volere. Credere e volere. Mettendoci la faccia. Facendosi spazio. E galleggiando così, tra intimismo e riflessione collettiva, sostenuto da un Dio comodo fino al venerdì.

mercoledì 17 settembre 2014

LO SPECCHIO



LO SPECCHIO
L'Ame Noire
- autoproduzione - 2014

Se ci trovassimo di fronte ad un album strumentale avremmo fra le mani un buon disco di rock melodico, lineare, ma dal forte impatto, certamente ancora perfezionabile, di sicuro avvenire sulla media/lunga distanza. Esemplare in tal senso è il dinamico groove di Stranieri In Paradiso, con cui il tema dell'abbandono viene trattato ispirandosi al celebre (e omonimo) lavoro del fumettista americano Terry Moore. A complicare le cose nell'album d'esordio dei cuneesi L'Ame Noire ci pensa tuttavia il cantato che certamente è giusto aspettarsi quando la proposta di una band poggia su ampie tessiture melodiche con forti accenti punk e che ancora risentono del riflusso emo-core di metà anni '00, ma che al tempo stesso, in questo caso, penalizza pure il risultato finale. Quasi sempre piuttosto monocorde e spesso regolata su note alte, con enfasi, ma senza una vera caratterizzazione che ne contraddistingua l'essenza, la voce di Maurizio Griglio - frontman e chitarra ritmica - non convince anche a scapito di pregevoli orchestrazioni che il quartetto sa proporre come nel caso del singolo Lo Specchio, aperto da un semplice, ma efficace giro di basso e sorretto dalle intuizioni armoniche di Ettore Diliberto, produttore del cd in collaborazione con Anna Portalupi e Alex Polifrone. La sensazione che però qualcosa non sia andata bene anche in fase di produzione si ha poi andando a recuperare in rete qualche filmato che testimonia l'attività on stage del quartetto piemontese, maggiormente a proprio agio su un palco rispetto alla sala d'incisione. Anche il notevole assolo di Giuseppe Scarpato - direttamente dalla band di Edoardo Bennato - in Immobile appare infatti al momento sprecato e fuori contesto, per quanto assolutamente di pregevole fattura. Insomma, tutto da rifare? Dipende, anche perché quando Griglio resta su registri meno impegnativi (il flower pop punk del VOL.4 dei Senzabenza che risorge in E Adesso Tu, la già citata Stranieri In Paradiso) e soprattutto "sporca" la propria ugola il risultato è soddisfacente e molto più sincero rispetto alle sue reali potenzialità; certo, resta ugualmente impietoso il confronto con la voce di Laura Di Marzio e Barbara Neglia delle Canone Inverso, ospiti nella perfetta Atomizzazione - l'episodio più a fuoco del lotto, ma di certo con qualche accorgimento e una decisa virata di ragione sociale i risultati possono solo migliorare. Come crisalide nel bozzo i L'Ame Noire aspettano solamente di venire alla luce rivelando un più ampio spettro di colori e soluzioni sonore ancora nascosto. Il grintoso riff de Il Nichilista, la personale (questa sì!) riproposizione dell'harrisoniana While My Guitar Gently Weeps indicano strade meno oblique e decisamente più percorribili anche nell'immediato futuro, spostando il baricentro della composizione sul terreno di un rock meno edulcorato e di più sicura presa. Spetta a questi giovani piemontesi la prossima, già decisiva, mossa. Diamo loro una mano affinché non sia l'ultima.     

sabato 13 settembre 2014

MELT

MELT
J Moon
- Bosworth Recorded Music - 2014

Abbiamo dovuto pazientare sei lunghi, interminabili mesi di falsa estate, ma ora, a un passo dalla cangiante stagione autunnale, il tanto atteso debut album di J Moon è davvero in dirittura d'arrivo. E come ci aveva lasciato ampiamente intendere il prezioso ep HIDDEN GARDEN il percorso solista della ammaliante miss Einaudi continua a regalare gemme musicali di rara bellezza. Bisogna saper entrare in punta di piedi nel suo mondo, senza movimenti bruschi o tantomeno urla scomposte. Solo così la ricompensa sarà formidabile. Lei ci accoglierà con assoluta naturalezza sfoggiando il vestito più ricco e semplice insieme. In silenzio, con un muto sorriso in grado però di abbattere i normali confini della comunicazione per rivelare una realtà fantastica, ricca di mistero e suggestione, illuminata da quei fascinosi chiaro scuri che tanto sembrano piacerle. Come la luna. Questo satellite silenzioso, tanto presente nelle nostre esistenze quanto distante; faro sicuro nell'oscurità della notte. Una continua fonte di ispirazione per Jessica, specchio luminescente di una bellezza misteriosa e incantevole. Perché è la Bellezza ad emozionare, a volte fino alle lacrime. Camuffare abilmente questa piacevole debolezza richiede tempo e ingegno: occorre tessere nuove trame, filtrare con veli, innestare una dimensione di sogno nei racconti, dare libero sfogo alla fantasia, lasciarsi suggestionare e guidare dalle infinite possibilità della nostra mente. Quante pagine di quaderno scritte, subito cancellate e riprese in un secondo tempo; quante ore davanti al foglio bianco ben presto riempito di nuove emozioni e meraviglie?! MELT fonde tutte queste sensazioni, mescola l'alto e il basso, l'umile e il sublime, il ricercato e il quotidiano. Il sangue al veleno (Poison). Completa con una ampia gamma di colori quello che oggi, a ragione, possiamo considerare il prelibato assaggio proveniente dal giardino segreto del precedente ep, amplificandone aromi e sapori. Così l'inesorabile scorrere del tempo si fa più accettabile (The Window) nonostante lucidi propositi suicidi; l'incertezza della propria esistenza sprofonda nei buchi neri della quotidianità, volti anonimi, senza memoria e senza età (Faces). La luna, quella stessa luna di cui parlavamo poc'anzi appare in tutta la sua grandezza; si fa addirittura proiezione di Jessica, personificandosi in lei e sublimandone la figura al suono dell'ancestrale percussività di When I Hear You Talk You Make Me Wanna Move To The Jungle, ipnotico singolo cristallino scelto per promozionare il disco. Vengono spazzate vie le schematiche regole di routine per fare spazio a più seducenti mondi e realtà. Può servire un ricordo di infanzia per riportare alla mente le incerte certezze dell'amore (With You) come può un sogno estemporaneo solleticare la nostra curiosità anticipando nuove, futuribili esperienze (Climb Trees). Con tutto questo bagaglio di sogno e ricerca MELT è in ultima analisi una sorta di piccolo Alice in Wonderland dai toni chiaroscurali, "scritto in una  fase di grande apertura verso il mondo esterno, ma anche di grande ascolto di me stessa", in una inesausta tensione verso l'infinito pur mantenendo le radici ben piantate a terra. L'incanto, in cui tutto è lasciato al caso, opportunamente ancorato all'ambiente circostante. Un tuffo nelle acque di un mare ancora tutto da esplorare. Prima di perdersi all'orizzonte e immergersi completamente sparendo alla nostra vista.

venerdì 12 settembre 2014

HIGHER DIMENSIONS

HIGHER DIMENSIONS
Active Heed
- autoproduzione - 2014

Come promesso, a distanza di un solo anno dal sorprendente VISIONS FROM REALITIES torna l'instancabile Umberto Pagnini con il secondo capitolo di un progetto a lunga gittata che, a questo punto della storia, ci auguriamo possa diventare sempre più ampio e completo nei mesi a venire. È HIGHER DIMENSIONS il nuovo concept in cui la narrazione incentrata sulla figura dell'errabondo Mr.Forest viene ampliata e portata a (un primo) compimento. Addentratosi in categorie di conoscenza sempre più complesse e articolate, l'alter ego di Pagnini - una volta ancora compositore a tutto tondo, ma non esecutore in qualsivoglia forma della sua opera - si trova presto a percorrere livelli di realtà superiore che ne forgeranno certamente la tempra, ma che contribuiranno a lasciare in lui, accanto a nuove consapevolezze, ulteriori quesiti irrisolti, privi di una adeguata risposta. In un suggestivo incontro/scontro con il tempo e le leggi fisiche di natura questo novello Rael del nuovo millennio si trova ad affrontare un percorso ad ostacoli in grado tuttavia di garantirgli l'affermazione della propria personalità. È nella conclusiva Not Left And Not Taken il nocciolo della questione: dopo l'ennesimo lungo peregrinare la malinconica riflessione di Forest, pioniere clandestino e solitario portatore di conoscenza fuoriuscito incolume dalla caverna 2.0 del mito platonico, se da un lato ha condotto a una strana sensazione di gioia mai provata prima, dall'altro rivela tutta l'insoddisfazione che la condizione umana ha generato nell'individuo. L'uomo scambia per realtà tutto ciò che di essa è solo una fallace proiezione. Questa consapevolezza è dura da accettare, ma ancora più difficile e arduo è trasmetterla agli altri individui, imprigionati come sono dalle catene della loro limitata esperienza. Registrato presso Arci Tom's LaSala1 di Mantova e la Ninja Academy di Vestfold in Norvegia, HIGHER DIMENSIONS vede un sostanzioso cambio di organico rispetto al suo predecessore. Della formazione che cantò le visioni di realtà A.D. 2013 resta infatti il solo PelleK, pseudonimo del rocker norvegese Per Fredrik Åsly, una volta ancora reclutato per indossare in musica i panni di Mr.Forest. Al suo fianco non più l'affiatata coppia del ritmo Poli-Giorgi, ma innanzitutto l'altrettanto noto Cristiano Roversi al basso e alle tastiere e, dietro le pelli, il grintoso Gian Maria Roveda direttamente dalla giovane prog band Gran Torino. A completare la line up virtuale di questa seconda incarnazione degli Active Heed ci pensa Mirco Ravenoldi, già chitarra per I Catafalchi Del Cyber e collaboratore di lungo corso dello stesso Roversi. A un cambio così formalmente drastico di assetto non poteva che corrispondere un altrettanto radicale rinnovamento in termini di suono. Abbandonata solo in parte la deriva neo prog che aveva ampiamente contraddistinto il cd di debutto, fin dalle prima note dell'opener The War Of Tempos assistiamo ad un deciso irrobustimento delle sonorità le quali, pur continuando ovviamente a pescare a piene mani in ambito progressive, rivelano un marcato taglio metallico sconosciuto in passato (No Speed Limit, The Numbers Of God). A controbilanciare queste impennate di potenza ci pensano la brillante lucentezza folk di Gaps In Time, il sospeso dinamismo caratterizzante Multiple Replies e la mistica Ternary Level One. Ma è soprattutto la riuscita commistione tra nuovo e vecchio sound a rivelare una modalità espressiva differente: Kick-Ass Grammar, Crop Squares e Far Escape sintetizzano al meglio il nuovo corso laddove la tradizione non viene vista come semplice e vuoto culto delle ceneri, ma alla stregua di vitale custodia del fuoco. Un armonioso intreccio in grado di cristallizzare il punto di vista di Pagnini senza deviare dal sentiero tracciato fin qua. In attesa di accompagnare - spettatori privilegiati - il signor Forest nelle sue prossime avventure tra razionalismo e new age.   

mercoledì 10 settembre 2014

SCIMMIE

SCIMMIE
Luigi Porto
- Snowdonia - 2014

Leggi Snowdonia e già hai capito dove (non) si andrà a parare. Leggi Romano Scavolini e capisci che la devianza è dietro l'angolo. Leggi Luigi Porto e sai che la comprensione di un mondo underground legato a doppio filo con la quotidianità più innocente ha trovato un nuovo interprete in grado di assecondare tutte le scintillanti ombre che da esso sistematicamente si originano. Non c'è nulla di particolarmente tradizionale in questa colonna sonora scritta per l'anticonvenzionale L'Apocalisse delle scimmie, film in tre volumi pensato (e distribuito?) come unico evento. SCIMMIE è il primo lavoro a proprio nome del compositore italiano di stanza a New York che riflette attraverso un percorso parallelo fatto di armonie dissociate - sporcate da quella feroce adesione al film per cui è stata composta - la proposta indecente dell'opera cinematografica sperimentale di Scavolini. È lo sguardo nascosto, psichedelico e morboso, che maschera la patologia con l'ingenuità, la normalità con la doppiezza.  Contro ogni legge di mercato, anche quando la scrittura pare ricalcare aulici voli classicheggianti fruibili da un pubblico trasversale, la luce accecante del giorno svanisce ben presto nella psicosi oscura che Porto sa raccontare come un baratro che si apre all'improvviso davanti ai nostri piedi giusto un istante prima di finirci dentro, pronto ad inghiottire e a sprofondarci nel Nulla. "Nascondere a volte il lavoro della scrittura; altre, invece, mostrarlo nudo, farlo riemergere. Scrivere ordinatamente, incidere, far decantare fino al distacco emotivo e poi maltrattare il materiale, improvvisarci sopra, a volte abbandonarsi alla casualità e scoprire nuovi percorsi: questo per me è un metodo e una liturgia". Ha le idee ben chiare il deus ex machina del progetto Appleyard College e, organicamente, sa come organizzarle e concretizzarle. Supportato da un immaginario visivo e grafico a metà strada tra il linguaggio visuale di Keith Haring e il mondo dei freak di inizio '900 SCIMMIE propone musica che vive di vita autonoma, capace di un'esistenza a sé stante anche quando le immagini del lungometraggio termineranno. Mescolando improptu e ligio rispetto dei canoni il risultato finale è una ossessiva sospensione indefinita, ora gelida ora carnale; una implosione delle certezze declinata con lucidità, senza una collocazione volutamene precisa. È il pensiero che prende il sopravvento sul corpo e si muove concretamente nel disordine degli eventi. Ne percepisce la consistenza, ma ne rigetta gli aspetti più scontati badando solo alla "luccicanza", allo shining caratterizzante l'essenza del singolo istante. Diventano così presenze preziose gli ospiti che di volta in volta si inseriscono nella sequenza di note e partiture, rappresentanze - per dirla con le parole di Porto - capaci di far emergere più volte e a più livelli la musica; identità contrastanti in una amalgama disarmonica e contradittoria. Qual è la distanza fra il soprano Carmen D'Onofrio, solista dei Camerata Mediolanense e qui interprete dell'Ave Maria in russo Bogoroditse Djevo, e il rapper Mr.Dead - oscuro Tricky metropolitano in Distaste II? La stessa riscontrabile fra il canto di protesta di Rudi Assuntino - che inserisce la rustica Contrabbandieri in Cecilia O La Danza Spinata - e il Soul Sigh Gospel Choir impegnato nella solenne Scimmie Ouverture, lettera d'addio di un kamikaze giapponese della Seconda Guerra Mondiale ora tramutata in sempiterno canto latino. Eppure tutte queste differenze si ricompongono sotto l'egida di Porto e la sua visione sonora; tutto dialoga. Senza equilibrio reale, ma semplicemente liberando forze ed energie in grado di sopperire ad ogni necessità, generatrici di quella stessa vertigine di amore estremo ricercata dal visionario Scavolini.