sabato 29 gennaio 2011

28-01-11
- RADIOLESA live @ Il Maltese -
Cassinasco (AT)

Primo appuntamento dell'anno per l'avventura extra Nomadi di Danilo Sacco che sfoga la propria passione per il rock più immediato e sanguigno in compagnia dello storico compagno di suonate Adamo Bono, del prezioso axe man nonché uomo dei cori Valerio Giambelli e dell'instancabile Gianluca Rosso alla batteria.
La scaletta anche questa sera propone un repertorio di cover che spaziano dall'immancabile Tom Petty, con o senza gli Heartbreakers, a Joe Jackson, passando per Bruce Springsteen e Lynyrd Skynyrd, via via fino ad una manciata di brani propri, rodati in sede live da parecchio tempo in attesa di una futura uscita su cd: "musica per vecchie cariatidi" ci scherza su Sacco spalleggiato dai compagni.

L'attacco è affidato alla one hit wonder Eagle-Eye Cherry che con la sua Save Tonight, una quindicina di anni fa circa imperversò su radio e tv di tutto il globo quasi a voler significare di come la buona musica potrebbe tranquillamente raggiungere anche le giovani generazioni se adeguatamente promossa. Dal connubio tra Tom Petty e l'ex Electric Light Orchestra Jeff Lynne viene ripescata I Won't Back Down, classico mid tempo declinato anche questa sera da Mr.Giambelli le cui trame chitarristiche non avrebbero sfigurato sull'originale e che in questa sede si compenetrano in maniera quasi del tutto naturale con quello di un altro gigante della Musica, quel Massimo Bubola di cui viene riletta e proposta Fiume Sand Creek in maniera del tutto fedele, fatta eccezione per il graditissimo assolo finale. Dopo aver minacciato un improbabile spogliarello per il pubblico femminile, il quartetto ripropone il punk estremamente raffinato di Joe Jackson, omaggiandolo con una One More Time decisamente più robusta rispetto all'originale presente su LOOK SHARP!, esordio discografico del musicista inglese, seguita dalla critica sociale di Country Gentleman dal repertorio di John Mellencamp.

L'attacco di All The Wrong Reasons è inconfondibile e ormai non necessita neppure di presentazione, cosa che invece accade quando si tratta di eseguire Dove Scendono Le Strade: la musica di Bubola completata dalle parole dei fratelli Severini dei The Gang e a loro regalata, pur raggiungendo vette poetiche cui solo i grandissimi possono aspirare ha avuto decisamente meno fortuna rispetto a tanti altri episodi. La scelta dei Blind Faith di Steve Winwood non può sorprendere: ciò che lascia a bocca aperta è l'assolone di slow hand Giambelli che su Can't Find My Way Home non fa rimpiangere la mancanza di Eric Clapton. Un momento di riposo per il drummer Rosso e I'm On Fire viene così sorretta dal convinto clap clap del pubblico. Ancora il Cougar Mellencamp: Small Town e le sue storie di sano provincialismo ben si sposano con le origini di quanti, sul palco e non, antepongono la felicità del vivere quotidiano alla asperità della vita. E finalmente ecco gli attesissimi pezzi dei Radiolesa: poggiando su un rock pacificato che con moderazione spinge sull'accelleratore nel finale, Fino Alla Fine parte dal dramma di Eluana Englaro per allargare la riflessione ad un piano universale secondo cui tutti hanno sì diritto di vivere così come di morire, ma pur sempre con dignità. Un Altro Me è decisamente più sostenuta, sferzante nelle schitarrate che Sacco e Giambelli assestano lungo i quattro minuti di durata mentre Gianluca Rosso fa quadrato con Adamo Bono, irrobustendo la sezione ritmica per questa arrabbiata denuncia sociale riguardante le morti bianche.

E proprio l'accomodante bassista ha il suo bel da fare pure nella successiva You Wreck Me che mantendo i toni sostenuti di questa parte di concerto lascia sfogare Danilo e Gianluca nell'ennesimo tributo al rocker di Gainesville prima di farsi cullare dalla magica seppur amara Free Fallin'. Si gioca in casa per cui il finale è quanto di più adatto alla festa: l'immortale Sweet Home Alabama mixata peraltro all'altrettanto classica No Woman No Cry è preceduta da On The Road Again, standard dei Canned Heat entrato nella memoria collettiva. Siamo in dirittura d'arrivo e l'attesa Biko spazza via ogni dubbio sulla bontà di questo progetto se mai ce ne fosse ancora bisogno: la concentrazione del vocalist nello scandire le parole che furono di Peter Gabriel è totale, l'affiatamento tra i musicisti pure anche al termine delle due ore tirate, ma al contempo vissute senza ansie o pressioni particolari. L'unica pecca è da segnalarsi nell'impianto audio del locale; nella fattispecie una cassa alla destra del palco fa i capricci, sparisce, ricompare, non riuscendo probabilmente a reggere l'importante urto sonoro dei baldi giovani. Attendiamo il cd in studio ora. Dai ragazzi, questo è l'anno buono!!

Andrea Barbaglia '11
il seguente post è visibile pure a questo indirizzo: http://www.danilosacco.com/1/news_1842475.html
SEASONS
Jonny Kaplan & The Lazy Stars
- Ripe Records - 2008

Nelle parole di Jonny, rocker, musicista e revolutionary, "questo album celebra gli alti e i bassi, le gioie e i dolori, il cameratismo e la solitudine, tutti aspetti che fanno parte della vita on the road."
E sul catrame fumante della strada veniamo subito catapultati in Smoking Tar che ci accoglie sotto il sole cocente della California, dopo essere ruzzolati nella polvere, sbattuti violentemente fuori da una cabina di un truck, in perfetto equilibrio tra Black Crowes e Tom Petty grazie anche alla voce a tratti nasale del rocker di Philadelphia, protagonista assoluta dell'immensa Seasons che tra un'armonica davvero suggestiva nell'economia del brano e un organo vintage ci accompagna nel lento, ma inesorabile scorrere del tempo a suon di chitarre dylaniane. Grandissimo! Toni ancora malinconici in Still Lonely, che si segnala per un pregevole arpeggio, e atmosfere che paiono provenire direttamente da AMORICA nell'intensa Golden Years, riuscito esempio di southern rock impreziosito da un wah-wah e da un assolo molto bluesy ad opera di Rik Sanchez. Il bassista iberico Jokin Salaberria, compagno di bevute nonché colonna portante delle Lazy Stars, svolge, laddove non sostituito dall'ex Ju Ju Hounds e attuale Buckcherry Jimmy Ashurst, un'ottima funzione di raccordo senza mai eccedere, lasciando piuttosto sempre grande spazio alle chitarre come accade nell'anthematica Keep Rollin' poggiante su un tappeto di hammond e dal forte impatto live come nella migliore tradizione rock'n'roll. Interessante il duetto tra Jonny e la voce di Pricilla Ahn nel finale. Miracle Mile Madonna potrebbe tranquillamente far da colonna sonora a qualche sparatoria da saloon, mentre gocce di rock a-là Guns N'Roses sono rintracciabili in Long Rain che non ci stupiremmo fosse stata scritta in compagnia di Izzy Stradlin' durante la stessa sessione di Dust & Bones. Come concludere al meglio il terzo disco? Chitarra e voce, e il gioco è fatto: Sunflower Hair dà l'appuntamento alla prossima occasione utile per un drink e per un live in compagnia di chi il rock lo vive davvero sulla propria pelle ogni giorno, inguaribile romantico (Together In The Morning), avventuriero tra avventurieri.

lunedì 24 gennaio 2011

in concerto.

22-01-2011
- DAMO SUZUKI'S NETWORK live @ Vinile45 -
Brescia (BS)

What an experience!?!

Imperdibile. Impressionante. Impareggiabile. Cercatelo, raggiungetelo, sintonizzatevi, intercettatelo, muovetevi, insomma, non lasciatevelo scappare!! Sì perché il Damo Suzuki's Network è in realtà un progetto mobile, instabile, un flusso continuo di suoni e parole prodotte e rappresentate in scena dall'ex cantante dei Can, assistito di volta in volta da musicisti altrettanto mobili e intercambiabili visto il continuo girovagare dell'instancabile Damo San.

In questo inizio di 2011 il piccolo giapponese, ormai ultrasessantenne e vera icona dello sperimentalismo sonoro fin dagli Anni '60, sceglie l'Italia come punto di partenza per l'ennesimo tour mondiale e nella fattispecie si appresta a compiere una mini tourneé di cinque date spalleggiato da nomi ormai altisonanti all'interno del rock italico: Manuel Agnelli al piano e ai synth, Xabier Iriondo alla chitarra e al suo Mahai Metak, Enrico Gabrielli al sax e al bass clarinet, e Cristiano Calcagnile alla batteria. Dopo due serate a Milano, una a Roma e una a Bologna, quello di questa sera è dunque il live conclusivo per Damo e soci, materializzatisi a Brescia in un Vinile45 in grado di radunare per l'occasione clienti abituali, astanti dall'udito fino e numerosi curiosi. Anche questa sera, come per le giornate precedenti, è difficile parlare di una vera e propria scaletta perché quelli che potremmo definire i "movimenti" in cui lo spettacolo si articola nascono dall'improvvisazione pura e semplice che i musicisti articolano e modellano a loro piacimento, a seconda di ciò che un accordo, un suono o una parola recitata va a stimolare della loro creatività.

L'attacco del Primo Movimento è abbastanza traumatico giacché il recitato di Damo è cacofonico e salmodiante al tempo stesso; le parole, a tratti incomprensibili perché sovrastate dalla musica, vengono ripetute quasi fossero un mantra tibetano mentre Iriondo, con il Mahai Metak prima e la sua Telecaster poi, è l'ideale tappeto sonoro per le sferzanti inserzioni di sax e flauto traverso di Gabrielli e per le rullate di Calcagnile.

Oggetti di riciclo saranno utilizzati nel corso di tutti i brani dall'ex batterista di Cristina Donà, già al fianco di Xabier negli Uncode Duello così come in altri progetti del chitarrista italo-basco che, verso fine brano, ha uno scatto improvviso di pazzia sonora quasi stesse violentando il suo strumento, spingendo di conseguenza tutto il resto della band a fare altrettando ed esasperando così le sonorità fin qui relativamente assimilabili, mentre Damo ringhia nel microfono, inarcandosi più volte sull'asta dello stesso come punto nella carne da stilettate sonore invisibili, ma vive e ben assestate da chissà quale presenza sovrumana.

Sono passati quasi venti minuti quando parte il Secondo Movimento: è da Agnelli, con la complicità di Gabrielli, che si origina questo nuovo brano, inizialmente quieto, onirico eppure sempre così ben piantato a terra grazie alla pressoché totale immobilità di Suzuki, sempre "arrampicato" all'asta del microfono, stretta quasi fosse il bastone sicuro su cui poggiare il peso delle parole emesse tra buio e luce. Davanti ai nostri occhi compaiono senza soluzione di continuità le pianure del Giappone medioevale e le praterie americane; poi la musica cessa. Anche la chitarra, che fino ad allora ci aveva accompagnato in questo viaggio della mente, tace e resta il solo piccolo grande uomo a fronteggiare il pubblico, muto e in religioso silenzio. Ma è solo un brevissimo istante, una manciata scarsa di secondi, forse meno, poi sono ancora svisate, lancinanti note free incrociate tra chitarra e fiati, il Mahai Metak messo a dura prova tra batticarni, biglie, anelli vibranti per uso sessuale e archetti, in un crescendo ritmico destinato ad esaurirsi con la stessa violenza con cui l'onda del mare si infrange sugli scogli.

Nei quaranta minuti in cui siamo tutti immersi, il piano di Manuel, spesso sovrastato dagli altri strumenti, si ritaglia spazio tra una dissonanza e l'altra, tra una rasoiata di sax e una fucilata di Telecaster, prendendo per mano l'ascoltatore, ma senza mai rassicurarlo nel marasma generale in cui le note si susseguono. L'unico veramente a proprio agio sembra sempre Suzuki, guida cieca in questa sconfinata terra di nessuno che è l'improvvisazione, seguito a breve distanza dal discepolo Iriondo, avvezzo da più tempo ai territorio esplorati dal Maestro. Terzo Movimento.

A Gabrielli tocca l'onore e l'onere di incominciarlo con note fluttuanti, mentre Xabier, ieratico, utilizzando pure un richiamo per le allodole, armeggia in delay con la sua chitarra per dar una colorazione musicale sempre più corposa col passare dei minuti, grazie anche alla Ludwig di Calcagnile, per quello che risulterà essere il brano forse più accessibile e lineare tra le composizioni realizzate questa sera. No, le asprezze non sono messe da parte, neppure per un istante; a qualcuno sanguineranno pure le orecchie per una certa cattiveria iniettata nel gorgo di note suonate, ma complice anche la relativa brevità del pezzo, il pubblico ha occasione di rielabolarlo più velocemente in attesa che gli si dia in pasto altra Musica. Una pausa ora però è d'obbligo, per far tirare il fiato al sensei e ai suoi quattro veicolatori di suono. Il ritorno sul palco è di nuovo una ghiotta occasione per portare all'esasperazione sonorità oblique e totalmente libere, con il frontman intento a recitare oscuri versi rocciosi e gutturali mentre il sax gabrielliano ingaggia ancora una volta un duello all'ultima nota con Iriondo. Il piano di Manuel, filtrato da alcuni effetti che lo rendono anche un synth, trova, in questo Ultimo Movimento avant-garde prodotto dal duo, l'occasione di farsi finalmente sentire in tutta la sua potenza e potenzialità, superando in decibel la pur fragorosa batteria di Calcagnile.

Il finale è difatti un crescendo ipnotico, frammentato e a suo modo sempre sospeso tra la carnalità e i Grandi Pascoli celesti finché, ancora una volta, l'attitudine rock dell'ensemble esce allo scoperto, cacofonizzando gli ultimi istanti dei venti minuti in cui il bis prende forma e sostanza. Provatissimi, i musicisti sul palco raccolgono entusiasti consensi tra la soddisfazione di tutti: la performance del Network è quanto di più fisico si poteva chiedere ad una serata come questa e sentire il buon Manuel Agnelli affermare sorridente nel backstage accanto a Xabier, Damo e Cristiano "A un certo punto mi son detto o suono o muoio!" dà la cifra corretta dell'impegno notevole affrontato dai musicanti sul palco. L'ottimo Suzuki, felpa d'ordinanza e zainetto da busker in spalla, s'aggira nell'aftershow mescolato tra la folla, scrutando con occhi sempre vivi e curiosi la realtà che lo circonda e nella quale i suoi passi l'hanno condotto. Noi facciamo altrettanto e cerchiamo di assorbire il più possibile dalle energie scaturite poco prima. Nuovi percorsi, nuove dinamiche. Aprite le vostre orecchie.

Andrea Barbaglia '11

il seguente post è visibile qua (sez.orange) : http://www.damosuzuki.de/

venerdì 21 gennaio 2011

RESPIRIAMO LIBERI (UN OMAGGIO A LUCIO BATTISTI)

RESPIRIAMO LIBERI (UN OMAGGIO A LUCIO BATTISTI)
AA.VV.
- Mucchio Extra - 2005

Di compilation è da sempre pieno il mercato. Mero strumento di marketing natalizio per racimolare qualche royalties in più o sentito tributo verso l'Artista che si va ad omaggiare, spesso all'ascoltatore medio non interessa sapere granché. Ma qua un minimo di cernita andava fatta e tra tutti i tribute album dedicati all'Artista di Poggio Bustone, usciti anche dopo la sua dipartita terrena, questo cd allegato al trimestrale de Il Mucchio Selvaggio si segnala per aver allineato nomi magari non particolarmente altisonanti nelle classifiche di vendita, ma che alla prova live san sempre garantire un buon numero di appassionati che li supportano e ne diffondono la creatività. I nomi grossi sono sicuramente quattro: i Gang, protagonisti di una versione springsteeniana per E Penso A Te; Moltheni che con la complicità di Pietro Canali rende l'originale rock de Il Tempo Di Morire uno straordinario esempio di folk americano secondo il proprio stile affinatosi successivamente in album come TOILETTE MEMORIA e I SEGRETI DEL CORALLO; i Lombroso di Dario Ciffo e Agostino Nascimbeni autori di una spumeggiante quanto essenziale Per Una Lira; il Maestro Giorgio Canali e i suoi Rossofuoco che, dopo il grande rifiuto da parte dell'etichetta di fronte alla rivisitazione anarchica di Bayla Linda, scelgono la conclusiva La Canzone Del Sole per una corale quanto agreste versione. Nel mezzo tante realtà più piccole, ma estremamente vitali come i TBH dell'eterea e sognante Anche Per Te, forse l'episodio migliore di tutta la raccolta; il norvegese Terje Nordgarden che col suo accento molto Sixties registra nella sua stanza una minimale 29 Settembre; i Terramare e la loro mediterranea Respirando; o ancora i Damien a supporto di Marco Sanchioni in Non È Francesca e i Goodmorningboy di Marco Iacampo nella elettronica Il Mio Canto Libero. Non ha certo bisogno di presentazione poi il buon Gianni Maroccolo, qua presente con la sua protetta Ivana Gatti sotto l'acronimo IG nel trip hop de Il Vento o i 24Grana, votati al rock sincopato de L'Aquila. Unico brano del periodo pannelliano è La Metro Eccetera affidata e destrutturata da Y:DK, quasi a sottolineare come davvero Battisti avesse anticipato e ispirato certe sonorità ancora di nicchia oggi e quasi completamente bistrattate a suo tempo. Colorati, gitani e trasversali, gli Acustimantico centrano infine il bersaglio, conservando lo spirito primigenio di Anima Latina e riproponendolo a distanza di 30 anni quasi fosse una loro composizione. Tanta la carne al fuoco dunque, e anche per questo si lascia all'ascoltatore la ri-scoperta di Confusione, Io Vorrei Non Vorrei Ma Se Vuoi, Anna, Ho Un Anno Di Più e Ancora Tu attraverso la scoperta di "Mr Grady?", Daunbailò, Epo, Kyrie e 4 Fiori Per Zoe: i brani sono caposaldi della Musica italiana, i loro interpreti speriamo lo diventino presto.

martedì 18 gennaio 2011

NON SIAMO DI QUI
Cosmetic
- La Tempesta - 2009

Giunti alle soglie del secondo album il quartetto riminese si accasa presso La Tempesta di Enrico Molteni e soci deciso a fare un concreto e proficuo passo avanti rispetto agli esordi di SURSUM CORDA.
L'incedere indolente di Bolgia Celeste, con l'intro che rimanda ai The Music di una Freedom Fighters più anemica, apre a sonorità in qualche modo più soniche mentre Né Noi Nè Leandro si segnala come riuscito esempio di quello shoegaze a cui Bart, Pain, Mone ed Emily si ispirano e che rielaborano attraverso le proprie radici italiane e cosmopolite con una sensibilità pop nel senso più nobile del termine. Ho perso un pò di grinta ultimamente: anche la malinconica Sangue+Sole procede sulla falsariga del brano che l'ha preceduta, sempre con energia contenuta e mai sopra le righe. Il vortice sonoro di Via Maj dura un istante, tra un'accellerata e l'altra, mantenendo toni vocali soft, omaggiando i Dinosaur Jr di J.Mascis e in attesa di poter riempire le Pagine Bianche della propria vita con memorabili gesta da tramandare ad ascoltatori e generazioni future. Anche per quest'ultimo episodio, come quasi in tutti gli altri, la voce resta volutamente "indietro" rispetto alla musica che, sognante e rilassata, produce benefici effetti onirici; tuttavia di etereo c'è ben poco grazie alle incessanti note di basso prodotte dalla piccola Zhu, cinese d'origine, ma italiana da sempre. L'aver poca fiducia in sè è la peculiarità di quel Ragazzo Crudele che potrebbe aver dato vita ad una Zuffa molto punk e, a suo modo, di classe, tra rimandi di Cure e Sonic Youth. L'attitudine riot che affiora nelle undici composizioni presenti sul cd viene sempre filtrata da una sensibilità e da un gusto per il pop quasi innato e tale da renderle accessibili fin dal primo ascolto, come accade nel caso dell'ottima Carlo Ha Detto. Crostata è l'altro lampo rock dei quattro che ripiegano però subito su una Ehi, Sintonia più quieta e fluttuante, mentre spetta a In Ogni Momento Aspetto Che Arrivi Qualcosa A Distrarmi chiudere il platter. Fuori dal disco restano poi una manciata di canzoni tra cui quella che dà il titolo all'album; si tratta di una mancanza temporanea visto che a gennaio 2011 si dà l'opportunità di scaricare gratuitamente un Ep contenente questi cinque brani "dispersi" che, oltre a completare il lavoro qui recensito, ne mantengono alto il livello qualitativo.
Occhi bassi e tanta strada davanti.

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domenica 16 gennaio 2011

15-01-2011
- STATUTO live @ Rock'n'Roll Arena -
Romagnano Sesia (NO)

Più potenti. E decisamente più compatti. L'assenza dei fiati per questa seconda trance di tour promozionale di È GIÀ DOMENICA vede infatti la storica band torinese proporsi in un inedito quanto inusuale quartetto che sta percorrendo lo stivale italiano in lungo e in largo. L'imprescindibile oSKAr con il sempre più tonico Naska, l'immarcescibile rocker Mr.No alla chitarra e la nuova leva Ennio Teen Mod al basso torna così a calcare il palco di Romagnano Sesia a distanza di due anni, quando ancora il locale ospitava lo storico Le Piccole Iene. Sorprende che il marchio Rock'n'Roll sponsorizzi il live di una band ska, ma il quartetto piemontese nei suoi quasi trent'anni di carriera ha suonato davvero ovunque e in qualunque spazio che forse risulta meno sorprendente accostarne il nome a questo marchio anziché a quello del Festival di Sanremo, manifestazione che li vide comunque protagonisti quasi venti anni fa. Coordinati come sempre dal fido Leo Tutino in qualità di tecnico del suono è il nuovo inno Mod Rabbia E Stile ad aver l'onore di aprire la serata seguita a ruota dalla sempre incalzante I Campioni Siamo Noi e dalla più British Solo Tu che vede oSKAr accennare i suoi primi caratteristici passi di danza e Mr.No esprimersi al meglio nell'assolo di chitarra in chiusura di pezzo. Le prime parole pronunciate dal vocalist di fronte ad un pubblico di aficionados che però deve ancora carburare a dovere sono dedicate al maestro e amico Gigi Restagno scomparso proprio il 15 gennaio di quattordici anni prima e a cui il concerto viene interamente dedicato. Mentre il ricordo corre veloce al musicista torinese che più di ogni altro ha influenzato la realtà Mod torinese a partire dagli anni '80, gli applausi si mescolano con quelli tributati a Matteo Bagnaresi, sfortunato ragazzo protagonista della successiva Un Ragazzo Come Me.

Vattene Sceriffo è l'altra hit di inizio concerto: chitarre tex mex, sezione ritmica precisissima e serrata, testo di protesta sempre attuale, la mancanza dei fiati che solitamente fanno da contrappunto alle parole di oSKAr si fa sentire ben poco grazie anche agli interventi ai cori di Mr.No che, pur avendo problemi di audio sul palco, con la sua Telecaster è autore di una prova davvero maiuscola. Anche sull'accorata Libertà, mentre Naska pesta potente sulla sua batteria, è di nuovo protagonista pur senza mai oscurare la brillante verve del suo cantante, meno solare del solito per la verità, che in Facci Un Goal vede finalmente davanti a sé parte del pubblico accennare qualche convinto passo di danza. La lotta contro la TAV in Val di Susa è cantata in Alta Velocità, brano assai più aggressivo in questa dimensione live che nel cd su cui appare, quell'ottimo progetto di northern soul che prese il nome di COME UN PUGNO CHIUSO. Dall'ultimo È GIÀ DOMENICA vengono invece estratte due canzoni abbastanza differenti tra loro, la spensierata Bella Come Il Sole, dedicata a tutte le signorine presenti questa sera, e l'omaggio al bel calcio di una volta celebrato in Controcalcio. Se si parla di Calcio con la C maiuscola il pensiero non può non correre ad una delle squadre leggendarie per eccellenza, il Grande Torino di capitan Mazzola che gli Statuto da sempre celebrano attraverso l'esecuzione dell'attesissima Grande, uno dei più bei tributi in musica dedicati a quella compagine italiana a cui, nel 1949, solo il Destino potè interrompere l'irripetibile favola un pomeriggio di inizio maggio. Senza respiro ecco arrivare uno dei pezzi più belli e completi dell'ultimo cd: Io Salgo, oltre all'ennesima occasione per Mr.Giambelli di ritagliarsi lo spazio per un assolo, consente a Ennio di ricevere i meritati applausi per la sua prova, anche questa volta convincente, al basso. Dopo Sempre Insieme A Te e gli auguri per "i 59 anni" di (nonno) Naska, è il turno dell'omaggio all'amico Zorro con Una Donna Per Amico seguita a ruota da una rinnovata Una Città Di Cantare, eseguita senza l'accellerata ska del finale presente su cd e nelle date iniziali del tour 2010.

Annunciata come una canzone per un'Italia unica, unita e senza razzismo ecco È Tornato Garibaldi, forse l'unico brano dell'intera serata a risentire però della mancanza di sax e tromba, nonostante carica ed energia restino immutate. L'energia non scema neppure quando in scaletta arriva il turno di Sole Mare, ricordo di una vacanza tragicomica, di gran divertimento, ma anche di gran fame vissuta dai nostri eroi "qualche" anno fa: una skeggia!?! L'atmosfera però muta completamente, si fa più raccolta, quando l'arpeggio di chitarra annuncia l'emozionante È Già Domenica scritta dall'attento oSKAr in compagnia di Mr.No partendo dai sentimenti scaturiti dopo la morte di Gabriele Sandri, altra prematura e assurda scomparsa nel mondo delle tifoserie organizzate. Sempre sul pezzo, In Fabbrica è l'ennesimo omaggio della serata, questa volta rivolto ai propri nonni e ai propri papà, rivendicando un'appartenenza proletaria che la band ha orgogliosamente nel suo DNA fin dai tempi della sua formazione. E mentre il pubblico ormai stenta a stare fermo, il tris composto da Ghetto, tiratissima, Ragazzo Ultrà e Qui Non C'è Il Mare sancisce la fine della prima ora abbondante di concerto.

L'attesa per i bis è ingannata ascoltando i pareri positivi espressi dagli astanti in favore del quartetto torinese e accennando vecchi classici della band la quale ricompare sul palco senza oSKAr per consentire innanzitutto a Naska di esibirsi in un prodigioso drum solo, che magari un giorno finirà pure in rete, durante l'esecuzione di Fulmine, e a chitarra e basso di scaldare i motori per le conclusive Piera e Abbiamo Vinto Il Festival Di Sanremo destinate, come sempre, a raccogliere gli applausi più convinti della serata. Insomma questa (temporanea) tourneé priva dei classici fiati funziona oppure no? Sì, è decisamente promossa a pieni voti anche perché la scaletta è stata assemblata ad hoc proprio per valorizzarne al meglio il lato più rock e permettendo a un signor chitarrista come Mr.No, generalmente poco sotto i riflettori, di esprimersi al meglio risultando così reale valore aggiunto del combo ska. Ora riprendetevi il cielo e le strade di Torino!

Andrea Barbaglia '11

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giovedì 13 gennaio 2011

DOVE COMINCIA IL SOLE
Pooh
- TRIO RECORDS - 2010

Per chi sta storcendo il naso nel trovarsi sotto gli occhi questa recensione in questi spazi, il suggerimento è uno solo: "ASCOLTA" prima di parlare! Maestoso, sinfonico, progressive: tre aggettivi che ben descrivono il primo album di inediti dopo la dipartita dalla band del veterano Stefano D'Orazio ai tamburi. Non sappiamo se questo addio fosse proprio necessario, ma di certo è stato catartico e produttivo se il risultato è questo splendido (semi)concept album. Si parte col botto: Dove Comincia Il Sole è una strepitosa suite di ben 11', qui suddivisa in due episodi, il primo cantato dai tre veterani della musica italiana e il secondo completamente strumentale, con la chitarra di Dodi Battaglia finalmente assoluta protagonista mentre i compagni di viaggio completano senza sbavature un brano destinato a resistere nel tempo. Liberi da schemi, liberi di osare, libere da logiche di mercato che ne hanno limitato la creatività, questi Pooh stupiscono non tanto per la bravura strumentale, mai messa in discussione, ma per la freschezza di suoni e per la tanto invocata resa rock, sempre troppo sacrificata anche in sede live negli anni passati, in nome di un pop ripetitivo e fine a sé stesso. Un pop che ora è invece brillante e di altissima qualità, senza sbavature: Fammi Sognare Ancora, affidata alla voce melodrammatica di Roby Facchinetti, è il vertice di questa poetica che, seppur delicata, non rinuncia a graffiare evitando così ogni caduta stucchevole. L'Aquila E Il Falco, con il suo introduttivo canto gregoriano recitato in latino, così come Isabel sono invece gli altri clamorosi esempi del nuovo corso rock: l'ottimo innesto di Steve Ferrone alla batteria rende solido e quadrato il drumming su cui le tastiere pompose di Facchinetti disegnano scenari immaginifici e da sogno che mettono a fuoco anche oniricamente gli impasti vocali simil Def Leppard e i testi, ora appannaggio del solo Valerio Negrini. Battaglia poi è il mattatore indiscusso e negli arpeggi acustici della toccante Reporter e nell'assolo finale di Vento Nell'Anima. Musica è un tributo alla vita on the road che la band ha scelto come proprio lifestyle da più di quarant'anni e Un Anno In Più Che Non Hai vede Red Canzian protagonista di un altro graffiante rock di stampo americano non privo di gradite asperità sonore sempre ad opera del tocco chitarristico di Dodi. Chiudere in bellezza a questo punto diventa un obbligo e la dichiarazione di intenti di Questo Sono Io centra il bersaglio dopo decenni. Finalmente.

lunedì 10 gennaio 2011

08-01-2011
- NOBRAINO live @ Tambourine -
Seregno (MB)

Fedeli al principio per cui ogni concerto non potrà mai ricalcare quello precedente, i Nobraino si presentano in Lombardia con una formazione inedita rispetto al numero dei propri componenti. Privi del Duca D'Abruzzo e con il forfait mattutino del Barbatosta David Jr., la band romagnola torna alle origini, suonando come classico quartetto rock voce, chitarra, basso, batteria. A proprio agio pure in questa dimensione, cappello in pelle, soprabito e occhialoni arancioni indosso, Kruger compare in scena intonando una jazzata Partì Per L'America mentre l'Ammiraglio Bartok pizzica le corde del suo basso con una naturalezza e una pulizia che la mancanza dei fiati evidenzia piacevolmente.

Le prime note di Grand Hotel richiamano già il pubblico, segno evidente di come NO USA! NO UK! sia stato ampiamente metabolizzato anche in Brianza e spianano il terreno a Il Giro Del Mondo, nuovo spot per il bassista e primo cambio di copricapo per il singer romagnolo.
Ancora un pò rallentati da un inizio di scaletta relativamente soft i Nobraino scelgono Narcisisti Misti per ingranare una marcia più alta e rassicurare lo zoccolo duro degli amici accorsi dal vicino Piemonte che anche senza trombe e tromboni sono in grado di tenere botta e anzi, di spingere di più. La Giacca Di Ernesto è la spia di quello che di lì a poco capiterà: inconfondibile, l'ormai classico arpeggio di Nestor Fabbri sorregge il pezzo e suscita i primi applausi davvero convinti della serata. Ma attenzione!?! Imprevisto!! Si rompe una corda proprio dopo l'ultima nota suonata e il chitarrista è così costretto a riparare in sala macchine per sostituire il Mi fallato. Che fare? Semplicissimo: suonare!! L'affidabile sezione ritmica composta da Bartok e Vix non viene colta impreparata e, con grande naturalezza, improvvisa quella che di lì a poco diventa la base musicale su cui si innesta il recitato di uno dei banconieri del Tambourine il quale, invitato dal Kruger, sale sul palco e si ritaglia qualche minuto di "notorietà" accompagnato pure dal rientrante Nestor.

I giochi di luce realizzati con una sfera luminosa su Ballerina Straordinaria sono motivo di stupore e sorpresa per i ragazzi sotto al palco, rapiti dalle prime "instabilità" del vocalist e dall'ottimo assolo di chitarra che chiude il pezzo. L'Onesta Monarchia Di Luigi Filippo Jore, per quanto tirato e potente, è il pezzo dove inevitabilmente questa sera più si sente la mancanza del Barbatosta, nonostante l'istrionico Kruger rubi la scena ritrovandosi, armato di pistola, a cavalcare uno sgabellino. Un attimo di requie con la protagonista di Troppo Romantica e, una volta ancora, il basso del Bartok poi è il tempo di Western Bossa che, sinuosa e con qualche modifica al testo, risulta sempre pericolosa quando Lorenzo s'aggira on stage con la mazza ferrata. L'Italiano di Toto Cutugno, rivista e corretta, è la svolta: chi l'avrebbe mai detto che un giorno la gente ci avrebbe pogato sopra?

Kruger finalmente scende dal palco e incomincia ad "interagire" fisicamente con le prime file mentre sul palco Nestor è protagonista indiscusso. Sotto si continua a ballare grazie al ripescaggio della classica Spider Italiana e ci si ritrova davanti ad un whisky con la malinconica Strano E Inaffidabile. Ruggente intermezzo strumentale per evidenziare le doti musicali degli strumentisti, poi saltano gli equilibri; Kruger prima ruba una fotocamera ad una signorina, scattando foto a compagni e astanti, quindi scende di nuovo tra il pubblico e si scatena con La Signora Guardalmar, brano irrefrenabile dalle forti tinte punk quest'oggi. La marcia di In Ogni Caserma diverte per una manciata di minuti prima che anche a Seregno cali un velo di inquietudine, qualche brivido e un pò di violenza con la teatrale Ballata Stocastica, brano noir dalle tinte forti.

Spari sulla folla e l'attenzione si fa massima mentre il frontman si appoggia ad una delle pareti laterali illuminate da giochi di luce gialloverdi estremamente psichedelici. Torna il sereno con Cecilia e la campanella che suona imperterrita, oltre a ricordarci future nozze, assume una valenza molto più ludica quasi fosse quella della ricreazione vista anche la divertita reazione del pubblico.

"Buonanotte a tutti... Andatevene a letto fino a che siete in tempo. Buonanotte! Grazie!" Con queste parole si conclude la prima parte dello spettacolo, quando i quattro si ritirano nei camerini per riprendere fiato e prepararsi al gran finale. Il primo a rientrare è il serafico Vix, seguito a ruota da Bartok, protagonista assoluto della serata e spronato ad ampi gesti pure da Nestor per.. darcene di più, darcene di più! Titti Di Più è cattivissima e punk come mai s'era avuto occasione di ascoltare prima, con Kruger che quasi se la urla tutta scaldando ulteriormente l'ambiente , ora pronto a cantare in coro l'attesa Bifolco. Anche la successiva I Signori Della Corte, con la coreografica performance del cantante, ottiene applausi spontanei e richieste di ulteriori bis quando ormai siamo davvero giunti alla conclusione e non resta che il tempo per eseguire l'ultimo cavallo di battaglia, Le Tre Sorelle.

Che il pezzo oggi paghi un poco l'assenza dei fiati è tuttavia un dettaglio; i volti felici di quanti avevano poc'anzi visto i Nobraino per la prima volta e i commenti positivi dei più esperti di fronte all'ennesima prova convincente confermano sul campo il sondaggio di XL, l'accreditata rivista di Repubblica, che vede l'ensemble romagnolo come la più nota ed apprezzata indie rock band di tutta Italia davanti a pesi massimi come Il Teatro Degli Orrori, Baustelle e Virginiana Miller. Meditate gente, meditate.

Andrea Barbaglia '11

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sabato 8 gennaio 2011

PHOTOGRAPHS OF 1971
Don DiLego
- VELVET ELK RECORDS - 2007

L'aver appreso che tra fine marzo e inizio aprile Donald DiLego tornerà nuovamente in Italia per il tour di supporto all'ancora per poco inedito cd MAGNIFICENT RAM A ci consente di riscoprire questo suo precedente album di alternative, folk, rock, Americana, uscito qualche tempo fa. Il cantautore proveniente dall'industrioso Massachussets è tra i musicisti più sensibili in cui ci si può imbattere nella vita. Spesso e volentieri la sua indole così pacifica e gentile emerge prepotentemente tra le pieghe delle sue melodie Sixties rivedute e opportunamente rivisitate grazie ad una sostanziale passione musicale che gli permette di sopperire ad eventuali carenze di ipertecnicismo, consentendogli di poter spaziare a 360° nella storia del Rock. La lap steel di Don Piper rende estremamente evocativa e sognante l'iniziale Dreamin' mentre a bordo di una classica Cadillac Pink del '59 o più semplicemente alla guida di un ben più ruspante pick-up ci avventuriamo lungo la Route 66. Scritte in due anni di lavoro tra Portland e New York con l'aiuto di Gregg Williams che dell'album è il principale batterista, le 16 PHOTOGRAPHS OF 1971 non sono per nulla sbiadite, ma anzi a fuoco, con l'esposizione migliore. Pulsante e ossessivo il basso della kinksiana I'm Not Like Everybody Else, rende giustizia ad una interpretazione dalle sfumature tex mex di una misconosciuta b-side di Ray Davies; Falling Into Space sta esattamente a cavallo tra gli Heartbreakers del Tom Petty più classico e i nostrani Perturbazione ed è perciò stupefacente come il buon Tommaso Cerasuolo possa così specchiarsi nel quasi coetaneo Don, quasi ci fosse un ponte tra Rivoli e il Nord America, mentre Lonely And Afraid è un'intima confessione di autostima proveniente dall'animo, un apparente riscatto dopo anni bui. I wish you well: il benaugurante ritornello della title track, suonata quasi interamente dal polistrumentista DiLego, così come accade per la brillante At The Texaco, è un mantra occidentale dai toni pastello simili a quelli presenti in Forgiveness, country blues da suonarsi preferibilmente al tramonto, quando il cielo inizia ad imbrunire, il sole pian piano scompare all'orizzonte e i Ghosts in the middle of the night are walking. Noi non ci preoccupiamo: dalla camera oscura dove stiamo sviluppando gli scatti futuri suggeriamo una sola cosa: turn on the radio 'cause there's something in the air!

giovedì 6 gennaio 2011

ASSALTACUSTICO
Coldturkey
- autoproduzione - 2006

No, Layne Staley non è morto. Abita a Carpi, parla italiano ed è in ottima forma. Per alcuni potrebbe sembrare blasfemia quanto appena letto, eppure Simone Magnani fosse nato negli U.S.A. e avesse incrociato sulla sua strada un qualsiasi produttore agli albori dell'esplosione grunge avrebbe goduto oggi di fama internazionale. E invece, fortunatamente per noi e magari un pò meno per lui, è italiano DOC e sulla propria strada ha trovato un ottimo Jerry Cantrell nostrano che risponde al nome di Alessio Vicentini in arte Janne, talentuoso come il suo collega di Seattle, ma dedito esclusivamente alla chitarra acustica suonata però con contagiosa energia. Se non fosse uscito a suo tempo quel JAR OF FLIES degli Alice In Chains che balzò direttamente al numero 1 della classifica di Billboard, per trarre ispirazione dopo DIRT, avremmo potuto suggerire a Staley e Cantrell di ascoltarsi questo gioiellino acustico, prodotto dal duo modenese in collaborazione con l'illuminato di turno, l'ottimo Paolo Benvegnù. Tre, quattro, cinque.., ma quanti sono i gioielli del cd? Davvero tanti, calcolando la presenza di soli dieci brani nel platter (voto 10 poi al packaging cartonato affidato a Luca Lattuga e al Collettivo Meat). Lettera Dal Fronte è da brividi: leggere capolavori come Per Chi Suona La Campana di Hemingway, un qualsiasi racconto dei reduci della Grande Guerra oppure quelli della vita partigiana post 8 settembre come Il Partigiano Johnny di Fenoglio, sarebbe l'ideale punto di congiunzione con quanto descritto nel testo evocativo e nostalgico di Magnani che per l'universalità della tematica è da considerarsi un evergreen. Stra-or-di-na-ri-a è Prometto Che Ti Aspetterò, delicata e non convenzionale ballata di speranza presente in questa opera prima destinata però, la storia ce lo insegnerà, ad essere l'unicum nella carriera dei Coldturkey. Paura Del Buio è invece..eccezionale! A metà tra rock e spoken word, realizzata come tutto il cd con solo chitarra e voce amalgamate da misurati interventi di synth, l'interpretazione di Simo è da brividi e scava nelle nostre recondite paure infantili quando il sole perde la sua quota. Se Guardo Indietro, "sgraziata" e imperfetta, risulta credibile ed accattivante in maniera estremamente naturale. Libero è una terapia in note per le nevrosi della vita di coppia; il nervoso riff di Percezione Musicale la perfetta espressione sonora per gli sfoghi e gli sforzi di composizione mentre Di Critici E Amenità è il sarcastico e vivo invito a cambiar mestiere rivolto agli operatori di settore. Blues Per Un Amico risulta il più aliceinchainsiano brano qui presente scritto dai due musicisti. La condizione spesso disagiata dell'immigrato è il tema della commovente Makun Bebe il cui titolo fa riferimento ad una filastrocca tradizionale del Malì, ripresa nel finale tribaleggiante. Degna infine la conclusione con La Danza Della Realtà: quando colui che credeva di esser cieco si toglie gli occhiali scuri vede la luce. Questa è la realtà.

mercoledì 5 gennaio 2011

MOJO
Tom Petty And The Heartbreakers
- REPRISE - 2010

L'aveva dichiarato il buon vecchio Tom: il prossimo sarà un disco maggiormente blues-based. E questo è MOJO. Scordatevi perciò i brani in your face da 3 minuti o poco più che hanno fatto da sempre il successo degli Heartbreakers: qua siamo al cospetto di lunghe cavalcate basate su classiche progressioni di accordi come si evince fin dalle prime note dell'opener Jefferson Jericho Blues, richiamo al blues delle origini, riveduto e corretto in un crescendo di chitarre molto roots, accompagnate da pregevoli interventi di armonica del redivivo bassista Ron Blair, al rientro in pianta stabile negli Heartbreakers dopo la fugace apparizione otto anni prima per una manciata di canzoni su THE LAST DJ. La prima jam session vera e propria la si incontra nella seguente First Flash Of Freedom, lisergica e dilatata come forse mai era capitato di sentire su un album del rocker di Gainesville e sostenuta dal drumming semplice, ma efficace del sempre affidabile Steve Ferrone e dai contrappunti chitarristici di Mike Campbell e Thurston Moore. Un ruolo chiave in molte delle nuove composizioni ce l'ha Benmont Tench: hammond e wurlitzer colorano da sempre i dischi a cui partecipa, risultando vero e proprio marchio di fabbrica imprescindibile per le atmosfere tanto care ai fan di Tom Petty. Qui sfruttando questa sorprendente, ma naturale propensione alla jam, si ritaglia un grande spazio con spunti notevoli come è possibile notare nelle atmosfere sognanti di The Trip To Pirate's Cove, segnata dalla voce nasale di Tom, già protagonista a sua volta nella più rock Running Man's Bible. Candy e Takin' My Time mantengono il profilo (alto) da jammin' band, eppure il lavoro di labor lime c'è e nulla viene lasciato al caso come nella stupenda No Reason To Cry con Campbell alla lap steel. L'hard blues di I Should Have Known It rappresenta uno dei brani più spigolosi del platter con i suoi assoli e l'incattivita interpretazione del leader degli Heartbreakers che non le manda certo a dire alla donna cantata. Biascicante nell'amaro divertissement di U.S.41, Petty è protagonista di un'altra matura interpretazione in Let Yourself Go la quale, musicalmente parlando, non avrebbe sfigurato su un album come PURPENDICULAR, prima uscita del grande Steve Morse nei Deep Purple. Don't Pull Me Over è un reggae di protesta irrobustito dalle tre chitarre e con ancora un Tench sugli scudi; il lamento di Lover's Touch un'altra tirata blues riuscita come lo sciamanico testo che completa divinamente High In The Morning rituffandoci nelle piantagioni di cotone di metà Ottocento. La riflessiva Something Good Comin' riporta alla mente la storica Learning To Fly anche se più pacata ed essenziale. E mentre la giornata nei campi volge al termine ecco salire la preghiera conclusiva di Good Enough. Album non assimilabile al primo ascolto, cresce, e molto, sulla distanza. Nell'attesa un buon sigaro e due dita di whiskey possono farci compagnia.

sabato 1 gennaio 2011

31-12-2010
- ENRICO RUGGERI live @ Piazza delle Erbe -
Mantova (MN)

Il salotto buono di Mantova accoglie per questa fine anno un Artista che per tutto il 2010 si è distinto e ha lottato su più fronti portando sempre a casa il risultato. Sanremo, il nuovo cd LA RUOTA, il prestigioso tour che è seguito, l'attività con la Nazionale Italiana Cantanti, il controverso impegno televisivo con X Factor, la nascita della terzogenita Eva. L'appuntamento di questa sera è dunque la chiosa finale per un anno vissuto così costantemente all'attacco dal fantasista milanese perciò decidiamo di non mancare nell'affascinante Piazza delle Erbe per vedere ed ascoltare gli ultimi botti di questa annata particolarmente ricca di eventi.

22:30 spaccate si parte! Una punkettona White Christmas è eccezionalmente per questa sera il brano di apertura. Vero: niente ruota elettronica sul palco allestito accanto al Palazzo del Podestà e a quello della Ragione, a solo due passi da Sant'Andrea, e nessuna chiamata tra gli astanti per girarla, ma la carriera di Ruggeri è talmente costellata di grandi capolavori e piccole perle da riscoprire che anche oggi sarà in grado di soddisfare il pubblico più esigente.

Un saluto alla piazza ed è già tempo de Il Portiere Di Notte nel suo riuscito arrangiamento elettro-rock che da qualche tour sta ottenendo decisi consensi tra gli aficionados lasciando forse un pò interdetti gli agnostici di sempre. Non importa, tanto tutto va come deve andare: è L'Ordine Naturale delle cose! Le prime file ringraziano per questo spumeggiante estratto dall'ultimo cd così che un pezzo più lento e datato come I Dubbi Dell'Amore pare la giusta compensazione e il primo trampolino di lancio per gli assoli dell'insostituibile Luigi Schiavone.

Three, four: Rock Show!! L'antica piazza Broletto via via si riempie e, anche grazie a questo energico brano dai bagliori metal, si scalda mentre il vocal coach Fabrizio Palermo coordina i cori di Paolo Zanetti, ormai storica seconda chitarra, e dell'ultimo arrivato alle tastiere Francesco Luppi. Da manuale l'assolo finale. E a proposito di stacchi chitarristici da brividi, il buon Schiavone ruba la scena anche nell'intermezzo di Ti Avrò, ennesimo classico che non poteva mancare questa serata.

Enrico, un occhio all'orologio e uno alla piazza, ci ricorda di come siano parecchi i motivi che spingono una persona a scrivere canzoni; a volte lo si fa perché ci sono cose della propria vita che diventano chiare solo se messe nero su bianco, altre perché capita di incuriosirsi, magari leggendo un libro, guardando un film oppure indignandosi quando si accende la tv. Altre ancora perché ci si innamora di una città, come quella che Ruggeri sta per descriverci considerandola la "grande scommessa che l'Europa del XX secolo ha perduto": gli accenti zingari di Primavera A Sarajevo sono attenuati in questa live version, ma lo spirito balcanico permane e tra la folla alcuni iniziano a saltellare e a ballare.


A questo punto è doveroso un accenno all'esperienza, più o meno condivisibile, di X Factor e per farlo nel migliore dei modi possibili al cantautore meneghino non resta che chiamare sul palco i suoi protetti Kymera che, giunti a un passo dalla finale e stasera emozionati per l'affetto tributato dal pubblico, si accingono ad eseguire l'inedito promosso nel talent show e scritto dall'accoppiata Palermo-Ruggeri con quest'ultimo "relegato" per l'occasione alla (terza!) chitarra, ma visibilmente trasportato dall'energia del pezzo. Atlantide è peraltro eseguita davvero bene e con molto entusiasmo, con la commistione di voci dei valdostani che raggiunge l'apice quando Simone Giglio e Davide Dugros salgono nel finale fiancheggiati dalle chitarre; ma la loro ospitata non si limita a questo singolo episodio.

Il raffinato intro vocale di Polvere è infatti affidato al duo, poi però è solo hard rock con il Rouge che riconquista fiero e aggressivo il microfono, assistito alla perfezione dalla band che gira a mille. Dopo anni in cui al controcanto finale si sono succeduti, così a memoria, Stefania Schiavone, Luigi Fiore, Andrea Mirò, Davide Brambilla e lo stesso Palermo, tocca ora a Simone affiancare un rampante Ruggeri poco prima che sia Nano Orsi a garantirsi le luci della ribalta con un tonante solo di batteria: grazie Marco! E grazie pure ai Kymera che scendono temporaneamente dal palco tra gli applausi.
Inconfondibili, le note di Nuovo Swing si diffondono nell'aria per la gioia del fanclub omonimo e per fare il paio con la celeberrima Il Mare D'Inverno cantata ovviamente da tutti i presenti e con ancora un decisivo GigiBBestiAnimaleSchiavone protagonista al centro dello stage con la sua fedele Schecter.

Caffé? Grazie, ma non ne voglio questa sera! Piuttosto, sotto con altro (hard) rock e con Poco Più Di Niente, qui mescolata all'intro di Thunderstruck, ad un accenno di My Sharona e alla già citata Polvere. Nei dieci minuti in cui il brano si snoda c'è così tempo per il Nostro di ringraziare, tra un botto e l'altro, il pubblico, autore di tutti i cori che il brano prevede, i tecnici e lo staff che hanno accompagnato il tour estivo e non, e ovviamente la sua band che sul finale omaggia pure gli Who.
E allora perché non suonare una bella cover tutta per intero come se ci trovassimo a jammare tra amici? La scelta ricade su The Jean Genie di Bowie, già in repertorio dai tempi di PUNK PRIMA DI TE.

Siamo agli sgoccioli del 2010 e pare giusto essere ancora una volta romantici prima di scatenarsi nuovamente di lì a qualche minuto: tra le ballad irrinunciabili non ancora eseguite manca Quello Che Le Donne Non Dicono per cui è giunto il momento di suonarla.
-10! No, per fortuna non sono i gradi percepiti in piazza, ma i minuti che ci separano dalla mezzanotte dunque la nuova hit La Notte Delle Fate insieme ad una punkeggiante Jingle Bells si riveleranno essere le ultime canzoni eseguite prima del brindisi e degli auguri di rito.
-5, -4...Conto alla rovescia e in attesa dei fuochi pirotecnici che di lì a poco verranno sparati sulle sponde del vicino lago, -3, -2...tra un tripudio di mortaretti e petardi, -1...che dire??? BUON ANNO!!
E c'è ancora tempo per un paio di bis: Contessa e Mistero non fanno ovviamente prigionieri, ma anzi scatenano i fan e le migliaia di persone ormai presenti lungo le vie e i vicoli della città un tempo dei Gonzaga. Col palco allargato ai Kymera, richiamati per questi encore direttamente da Enrico, ora di nuovo intabarrato nel suo piumino nero, è semplicemente festa.

Quando partono però le note registrate di Volata Finale capiamo che adesso sì, per oggi è proprio finita, mentre i musicisti si abbracciano sul palco e ringraziano autorità e organizzatori, salutando la folla accorsa nell'incantevole e suggestiva Mantova da un pò tutto il centro nord. Ci sarà ancora tempo per vivere la notte in compagnia di volti conosciuti e meno noti, uniti dalla speranza per un 2011 ancora più ricco di soddisfazioni. Una chiusura in bellezza dunque, voluta e goduta. Tra Champagne & Molotov.

Andrea Barbaglia '11
un link al seguente post è presente qui:http://nuovoswing.forumup.it/about1714-0-asc-150-nuovoswing.html