lunedì 10 giugno 2013

IL SECCHIO E IL MARE

IL SECCHIO E IL MARE
Pico Rama
- Ice Records - 2013

Qualcuno ricorda quel piccolo capolavoro di equilibrio e misura di suoni anni '70 con, parafrasando gente d'Appennino, "tutto lo sporco degli anni '90" che fu THE LAST TEMPTATION? Partire da un pregevole lavoro hard rock di Alice Cooper per raccontare un cd hip hop italiano che non tratti necessariamente di donne e motori potrebbe sembrare un controsenso o comunque  un azzardo; in molti però sanno di una antica, sana, passione di Pier Enrico Ruggeri per il maestro dello shock rock e notoria è la presenza di un allora dodicenne Pico al PalaGeorge di Montichiari nel dicembre del 2002 accompagnato dal padre Enrico. Quel disco al momento della sua uscita nel 1994 fu abbinato ad un fumetto ideato e sceneggiato dal maestro Neil Gaiman, celebre per la saga di Sandman, il quale seppe catapultare tanto il lettore quanto l'ascoltatore in una dimensione di incubo e vizio attraverso il personaggio del giovane Steven. Ora, non sappiamo se Emila Sirakova, brava artista di origine bulgara che ha realizzato l'accurata parte grafica del cd, fosse stata messa al corrente di tutto ciò, ma di certo il buon Pico Rama, memore della sua antica passione rock, avrà dato i giusti input affinché il sinistro direttore del "Theatre of the Real" presente sulla quarta di copertina del fumetto originale si trasformasse in un moderno mistico rastafariano alla ricerca della Luce e in continua, inesausta evoluzione. Prodotto da Marco Zangirolami, già al fianco di J-Ax, Fabri Fibra e Dargen D’Amico, ma soprattutto musicista apprezzato dalla famiglia Ruggeri per la sua recente collaborazione con la padrona di casa Andrea Mirò, il disco è uno psichedelico ponte spaziotemporale tra Occidente e Oriente in cui confluiscono sonorità contemporanee e classicheggianti, simboli e racconti di non sempre facile decifrazione, umori di un futuristico quotidiano e richiami a mondi perduti. Fin da Cani Bionici (Technotitlan), primo singolo estratto, è chiara la necessità del giovane autore milanese di trovare una felice sintesi fra passato, presente e futuro, assecondando sapere e trascendenza all'interno della ciclicità della vita. Uno sguardo a tratti asettico, comunque privo di particolari giudizi morali, che osserva, scruta, riflette e medita sul reale e le sue infinite potenzialità solo in parte espresse. Alcune volte in compagnia (Rosa Quantica con il featuring di Danti), altre in solitaria (Manitù, Thor E Fatima) il giovane Ruggeri non scorda le varie declinazioni dell'Amore prima di tornare a fissare l'attenzione su tutti quei momenti di transizione e crisi determinanti per l'essenza dell'individuo (Dopo Il Patto Rise, Modo Nuovo); dettagli e sfumature che, usufruendo di basi più ricercate del previsto, vengono illuminati da una luce nuova nel flusso incessante dei pensieri e delle parole. Se la vita è la sua scuola anche Pico Rama dà potere alla parola.
 
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martedì 4 giugno 2013

DISORDINE

DISORDINE
Cosmo
- 42 Records - 2013

Marco Jacopo Bianchi ha trentun anni, viene da Ivrea ed è da oltre due lustri il frontman dei quotatissimi Drink To Me, indie band di casa nostra capace di ritagliarsi un piccolo spazio in Europa attraverso l'indovinata miscela omogenea, tanto in voga presso le nuove generazioni d'Oltremanica e che trova estimatori anche sul territorio americano, composta aggiungendo un terzo di pop e un terzo di neopsichedelia ad una base di elettronica generata da synth e tastiere. Un po' a sorpresa, dopo aver rilasciato con la band un buon terzo album, nel dicembre del 2012 Marco decide di offrire in free download un tris di cover a nome Cosmo omaggianti due giganti della Musica come Lucio Battisti e Franco Battiato. Suoni profondamente sintetici, cantato in italiano, scelta mirata e non scontata delle canzoni, l'esordio dell'alter ego del signor Bianchi è apprezzabile e solletica l'attenzione di molti. Da lì alla pubblicazione di un album completo, privo tuttavia dei presenti natalizi, il passo è più rapido del previsto. DISORDINE è il frutto di una moderna one-man-band che vede nelle limature del sound engineer Andrea Suriani, presenza stabile nell'ultima incarnazione degli My Awesome Mixtape e già volto noto ai Drink To Me, la giusta pietra di paragone, capace con orecchio clinico di consigliare e correggere eventuali imperfezioni. Che l'interesse per suoni, beat ed effetti sia una priorità di Cosmo pare evidente fin dalle note introduttive di Dedica, sincera dichiarazione di intenti rivolta ad un ascoltatore che presto verrà catapultato e si smarrirà nella chimica decadenza morale di Ho Visto Un Dio, efficacissimo primo singolo del lotto. Eppure anche la parte testuale non è affatto lasciata al caso. Il passaggio dall'inglese alla lingua madre aiuta infatti l'artista piemontese a veicolare un messaggio chiaro e partecipe della quotidianità declinandolo secondo le musiche più attuali. Quella che ripetutamente si fa manifesta è una attenzione al sociale mai sopraffatta dalla retorica; uno sguardo anche disilluso che non si piega però ai partitismi del presente ed è capace anzi di reagire con forza, fosse anche attraverso una corazza di indifferenza, dinnanzi ad una secolarizzazione apparentemente inarrestabile. Una sorta di pensiero positivo che è già 3.0 nel sognante sound prodotto dalla coppia Bianchi-Suriani. Ecco La Felicità. Negli angoli sperduti, nei momenti più imprevedibili. Nel Continente che preannuncia una nuova era; nei Numeri E Parole dell'omonima, rivoluzionaria, canzone; nell'attesa di quell'erede protagonista assoluto di Esistere e concepito tra ansie ed aspettative comuni. L'ennesimo elettrizzante lampo nel caos generato da Cosmo è lo spaccato fallimentare descritto ne Il Digiuno, ma dopo le nuvole torna una volta ancora il sereno con la festa spazio-tribale della title track Disordine, come se gli Amari incontrassero Mory Kanté che si confronta con Battisti. Un disco notturno fatto di danze e campionatori, pensieri e parole; uno sballo multimediale per il cantautorato del prossimo futuro.

lunedì 27 maggio 2013

FRANKENSTEIN

FRANKENSTEIN
Enrico Ruggeri
- Anyway - 2013

C'era già andato molto vicino all'epoca di FANGO E STELLE e più ancora con la suite elettronica de Le Sette Sorelle contenuta nel mai troppo celebrato L'UOMO CHE VOLA. Oggi a distanza rispettivamente di diciassette e tredici anni Enrico Ruggeri porta a compimento il suo primo concept album con un plot narrativo di spessore ed una analitica visione ragionata sulla società contemporanea. In una foga creativa che ha pressoché coinvolto il solo Luigi Schiavone come ai pionieristici tempi di CHAMPAGNE MOLOTOV (1981), il cantautore milanese sceglie di raccontare l'uomo di oggi prendendo spunto dal romanzo ottocentesco per il quale ancora oggi viene celebrata l'allora giovanissima Mary Shelley. La storia del dottor Frankenstein alle prese con la sua creatura è specchio dei nostri tempi in cui si riflettono le nevrosi dell'animo umano, a partire dal desiderio egocentrico di vita eterna che, anche con l'aiuto della scienza, contrasta e sfida le leggi di Natura. Il superuomo di nietzschiana memoria, il moderno tema della diversità, la mai sopita lotta tra vincenti e perdenti confluiscono in un lavoro piacevolmente fuori dal tempo, e quindi per questo sempre attuale, che vede Ruggeri lavorare alacremente un intero anno alla ricerca del suono e della parola migliore, capaci di conferire all'album, come ci viene spiegato dallo stesso autore nel corposo booklet, tre chiavi di lettura. La prima di commento al moderno Prometeo della Shelley; la seconda atta a considerare ogni canzone un'opera se stante; la terza utile per seguire brano dopo brano i capitoli del romanzo breve L'Uomo al Centro del Cerchio allegato al progetto discografico. Così, quando La Nave salpa tra le onde, nella foschia, al suono del flauto traverso dell'amico Elio, ci troviamo catapultati in una dimensione di avventura che non prescinde da quella personale: Il Capitano è fotografia di tutti coloro i quali, mossi da curiosità e ambizione, sono pronti a ripartire per oltrepassare le colonne d'Ercole della propria conoscenza. Sono queste Le Affinità Elettive con un altro personaggio letterario, l'eroe omerico Ulisse, sottotesto al classic rock de La Folle Ambizione e nemesi dello stesso dottor Frankenstein impegnato nell'azzardato assemblaggio della propria creatura (Per Costruire Un Uomo). Pietosa preghiera pagano-superomistica è invece il pop-prog della title track che diventa un tutt'uno con il vertice musicale del concept. La cowbell anni '70, il chitarrone di Schiavone lanciato in un assolo, l'indovinato cambio di atmosfera centrale caratterizzano la strepitosa Aspettando I Superuomini, in equilibrio a metà dell'opera. A ruota trova spazio il singolo Diverso Dagli Altri, dalle liquide sonorità elettroniche già sperimentate nel 2000 e che ora ci conducono nell'antro dei pensieri più reconditi della Creatura. Qui Il Cuore Del Mostro, quasi una rallentata Notte Di Calore, pulsa e sanguina sotto una pioggia fredda, penetrante, mentre la minaccia si fa largo e prende forma. Gli sferragliamenti prodotti dal violino di Andrea Mirò in Ucciderò (Se Non Avrò Il Mio Amore) fanno il paio con il clangore sinistro de L'Odio Porta Odio e con la voce di Ruggeri filtrata meccanicamente ad urlare quella interiore del "mostro" ribellatosi al suo creatore. Dopo la tempesta ecco la quiete. Mentre guardiamo malinconicamente il tramonto una brezza leggera soffia ne Il Tuo Destino È Il Mio, eterna convivenza fra miseria e ingegno umani sottolineata dalla tromba dell'amico Billa. L'Infinito Avrà I Tuoi Occhi. E una lacrima scende su una fotografia in bianco e nero; la Creatura dall'altro capo del supporto ottico ci guarda mentre sbiadisce lentamente. La redenzione risiede altrove.

venerdì 24 maggio 2013

ANTROPOFAGIA

ANTROPOFAGIA
Patrizio Fariselli
- Cramps - ristampa 2013

È il 1977 quando un operoso Patrizio Fariselli, alle prese con i fortunati responsi di pubblico e critica legati al tour Anto/logicamente portato in scena dagli Area dopo l'esaltante viatico dei concerti al Teatro Uomo di Milano, rilascia il suo primo album solista per la DIVerso, collana dedicata alla musica improvvisata e al solismo creativo della già allora imprescindibile Cramps. ANTROPOFAGIA è quel vinile che ti puoi aspettare da uno sperimentatore, da un ricercatore deciso ad esplorare le potenzialità del proprio strumento sganciandosi da tutte quelle regole che il mercato impone. Ciò che non ti aspetti è che, con una delle sue tante mosse controcorrente, l'etichetta dell'amico-mentore Gianni Sassi decida di stampare e pubblicare l'esemplare in sole 500 copie, lasciando di fatto senza ascolto centinaia di appassionati. Non tanto forse i contemporanei di allora, quanto tutti coloro i quali, avvicinandosi nei decenni successivi alla proposta di Demetrio Stratos e compagni, avessero deciso di ampliare il discorso, andando a recuperare il materiale registrato dai singoli componenti al fine di comprendere meglio l'avventura programmatica della band attraverso le sue varie anime. In quell'enorme puzzle socio-musicale capace di vivere dall'interno una realtà fatta di ideali e riflusso restava un tassello vuoto che solo oggi viene riempito da questa attesa ristampa su cd rimasterizzata in digitale. Come ebbe modo di dire lo stesso Fariselli nelle note di presentazione al disco «l'improvvisazione in questo lavoro è vissuta in modo "coprofagico" inteso come momento di consapevolezza necessario per sfuggire agli "archetipi culturali che la società ci costruisce addosso"»; più che un monito una direttiva a tutti i suoi colleghi, quasi a voler indicare un metodo per evitare che il sistema ingabbi l'artista, suggerendo di muoversi certamente in forme aperte, ma pur sempre attorno ad un preciso progetto. In questa maniera dunque si sviluppano i sei episodi per pianoforte acustico e preparato (con, addirittura, una bistecca di manzo per Roastbeef, cacofonica opener in cui compare la chitarra di Marzio Zoffoli), tra sperimentazione e suggestioni che consentono ad una musica nuda, spesso cruda e spartana, di crescere progressivamente, concretizzando idee vincenti come nel caso di Scorie, brano licenziato adoperando le 32 note inutilizzate da Beethoven nella composizione di Für Elise, e in occasione dell'amplesso musicato che sta alla base di In-side-out-side. A chi pensa tuttavia che un lp del 1977 suoni oggi datato è consigliato l'ascolto di Antropofagia, title track di una attualità spaventosa. Echi di decadenza e malessere, vibrazioni e rumorismo primordiale costituiscono uno dei primi esempi progettuali di ricerca sonora senza accomodamenti mentre un corrosivo Antonin Artaud, personaggio da tempo caro a due spiriti affini come Pierpaolo Capovilla e Xabier Iriondo, partecipa attivamente attraverso una controversa registrazione del 1948. Non poteva esserci miglior chiusura. Per un'Arte senza tempo e senza compromessi.

giovedì 16 maggio 2013

ANARCHIA CORDIS

ANARCHIA CORDIS
Diego Nota
- autoproduzione - 2013
 
Esistiamo veramente solo se qualcuno ci ascolta. Così deve aver pensato anche il trentaquattrenne Diego Corda, un passato in prima linea con i laziali Ultimavera (e tre dischi all'attivo con la band frusinate), un presente che è una sfida e un futuro ancora tutto da decifrare all'interno di un panorama musicale che, saturo di proposte, fatica ogni giorno di più a premiare e a promuovere i migliori. Orecchiabile e ben confezionato come solo il pop di vertice riesce ad essere, intenso, crudo, a tratti irriverente come la migliore tradizione rock insegna, ANARCHIA CORDIS è il viscerale esordio solista, autoprodotto, del cantautore di San Giovanni Incarico, equilibrista delle parole e dei suoni, oggi assai più a suo agio con metriche e melodie dopo la separazione dalla sua band di origine. Libero ed emancipato da tutto e da tutti, Nota, polistrumentista autodidatta prestato al canto, trova nuovi stimoli in questa seconda vita artistica dimostrando a sé stesso prima ancora che agli altri di essere in grado di sbrigarsela da solo, mettendo a fuoco ragionamenti e intuizioni senza dover mai addivenire a compromessi con chicchessia. Le dieci canzoni composte nell'ultimo anno e mezzo sono lo specchio migliore per riflettere sulle indiscusse capacità del loro autore che non fa nulla per nascondere il proprio disagio e una irrequietezza di fondo nei confronti di una società in debito di ossigeno. Tanto in città quanto in provincia. Con la corrosiva San Pietro Calamitato va in scena uno dei tanti spaccati urbani sempre più comuni e diffusi che cercano un delicato punto di equilibrio con tutti i sacrifici e le arrabbiature del caso. Piccoli universi che confluiscono pure nelle Scene Della Vita Di Provincia in cui la lezione stilistica dei Marta sui Tubi viene messa a buon frutto attraverso un caos dialettico ben organizzato. Già con lo scattante pop rock di Anarchia Cordis avevamo intuito la propensione a una dettagliata trattazione socio-sentimentale basata sull'osservazione meticolosa del mondo che ci circonda e dei nostri sentimenti che su di esso inevitabilmente si riversano; lo stesso spirito analitico che si respira nella ricerca esistenziale di Rupestre e nella coraltà della melliflua Cosmonauta con Mariposa e Lucio Dalla meta d'arrivo. Ironico  nel tex mex sbarazzino benedetto dal Ponentino di Per Un Pugno Di Domeniche e in Antropoteca, ottimo singolo di lancio con Daniele Pulciani e Roberto Toti a macinare il ritmo, Nota è inarrestabile nella sua volontà di comunicazione, "per riprendersi la vita" e non smarrirsi più, come canta nell'intreccio chitarristico in compagnia di Giovanni Stracqualursi nella riuscita Canzone Per I Nostri Sei Piedi. E mentre la delicata descrizione famigliare di Radio Silenzio getta un'aura di malinconia chiude il cerchio Polvere Di Rospo, omaggio allo sperimentatore linguistico Tommaso Landolfi che diventa, anche alla luce dei recenti avvenimenti, un saluto agli Ultimavera i quali per primi decisero di inciderla nel loro ep d'esordio. Disco autarchico e d'autarchia il lusinghiero ANARCHIA CORDIS è un debutto che chiede ora un successore degno dei risultati raggiunti magari, è auspicabile per il suo stesso autore, potendo usufruire di un budget più sostanzioso, capace così di premiare l'ottima ispirazione concretizzatasi in questo 2013. Come si suole dire in questi casi? In bocca al...la lupa!
 
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mercoledì 15 maggio 2013

NOIANESS

NOIANESS
Giorgieness
- autoproduzione - 2013
 
Arriva da Morbegno, alle porte della Valtellina, il trio dei Giorgieness formato nel giugno del 2011 dall'agguerrita Giorgia D'Eraclea, voce e chitarra con un iniziale approccio ai palchi da cantautrice ribelle, e dal batterista Andrea De Poi, compagno di palco nonché di vita, che trovano nel bassista Samuele Franceschini il partner ideale per rifugiarsi in sala di incisione un anno e mezzo dopo e fissare su nastro i primi quattro brani ufficiali andati a completare il qui presente ep di esordio. Con grinta e sfrontata passione per tutto ciò che circonda le nostre vite, le canzoni dei Giorgieness sono piccoli racconti di intensa quotidianità vissuta sulla propria pelle minuto per minuto, registrate in presa diretta con gusto per la melodia e sincera adesione al collage rock dalle venature punk di Lemonheads ed affini. Mentre Sai Parlare ci riporta indietro di qualche anno all'esordio della splendida Cristina Donà di TREGUA, la luminosa Lampadari conserva tutta l'urgenza istantanea e senza tempo della gioventù che, consapevole del proprio passato prossimo, guarda al futuro, urlando un disagio esistenziale personalissimo eppure sempre più diffuso; lo stesso urlo neppure troppo sommesso di un Vasco Brondi al femminile o di un Giorgio Canali appassionato come non mai in compagnia di NOSTRA SIGNORA DELLA DINAMITE. Accantonati per l'occasione avant-garde music ed elettronica, Brian Burgan si mette al servizio delle band con le sue tastiere, colorando di spensierato flower pop la rabbiosa confessione amorosa di Magari Sta Sera, rock semplice venato punk, con quel confidenziale guizzo vocale che anche il giovane Lucio Battisti avrebbe gradito. Chiusura col botto grazie alla graffiante Brividi/Lividi la quale smussando le iniziali asperità superflue riesce una volta ancora a descrivere l'intensità di una condizione umana viva, ma tutt'altro che imperitura. Membro aggiunto al basso e indispensabile guida per ricreare l'impatto live anche fra le mura amiche del Morbid Sound Studio di Milano è il "pettirosso" Andrea Maglia, quarto allegro ragazzo morto al seguito della band di Davide Toffolo ed Enrico Molteni da un po' di tempo, nonché tecnico del suono old school, felice presenza in cabina di regia e in fase di arrangiamento. La perfetta sinergia tra la giovane promessa made in Sondrio e il frontman dei Manetti! diventa così un toccasana per tutti coloro i quali nella musica cercano l'anima anche nelle soluzioni armoniche più semplici; in attesa del futuro lavoro su lunga distanza, che a questo punto è giusto reclamare e attendere con impazienza per verificare se le promesse qui fatte verranno mantenute, pigiamo una volta ancora il tasto play e ci facciamo nuovamente rapire dalle note di Giorgia e compagni. Perché una sorpresa è proprio quello che vuoi quando meno te lo aspetti.

martedì 14 maggio 2013

L'AMORE È UN PRECARIO

L'AMORE È UN PRECARIO
Uross
- autoproduzione - 2013

In quasi tredici anni di carriera il monopolitano Giuseppe Giannuzzi in arte Uross è giunto al secondo lavoro discografico mantenendo un low profile che non ha affatto intaccato le sue buone doti di cantautore già in parte riscontrate nel precedente 29 FEBBRAIO (LO SQUILIBRISTA). Se però l'esordio discografico ufficiale, registrato in compagnia dei cosiddetti Anartisti per quella che in ultima istanza poteva considerarsi una band vera e propria dedita ad una canzone d'autore ricca sì di contaminazioni, ma mai realmente svincolata dalle maglie del pop rock, aveva fatto ben sperare il suo seguito è una piccola, significativa, rivoluzione. Dopo un paio di anni il progetto Uross torna infatti ad identificarsi con il solo rosso frontman che cappeggia ora sulla copertina de L'AMORE È UN PRECARIO. Accompagnato da Andrea Acquaviva al basso e Andrea Brunetti al pianoforte e alle tastiere, unici Anartisti sopravvissuti alla fatica precedente, Uross dà briglia sciolta alla sua passione mai sopita per un rock meticcio da cui trae linfa vitale e, con tanta buona volontà, allestisce un ensemble di otto elementi pronto a musicare le numerose storie da raccontare, una volta ancora punto di forza della sua vicenda artistica. Anche quando le cose non girano per il verso giusto come accade ad esempio nel singolo Claustrofobikronico, poco accattivante e inspiegabilmente scelto come brano di punta a scapito di episodi ben più concreti e funzionali a tale scopo. Maggiore impatto avrebbero avuto probabilmente canzoni già assimilate nei live come Chiedi Alla Polvere oppure episodi più enigmatici come Ego, da annoverare senza dubbio tra le migliori tracce del cd accanto alla seduttiva Noir, così ricca di suggestioni e fascino, e alla polverosa Cane Vagabondo, western desertico dal retrogusto new wave che pare tratto dal canzoniere litfibiano di Gianluigi Cavallo e dai Simple Minds di inizio anni '90, sospesa com'è tra i bassopiani del Sertão e il Joshua Tree. Anche Bu$ine$$, caratterizzata dall'Hammond di Brunetti, cavalca la felice onda del latin rock fiorentino caro al duo Pelù-Renzulli mescolandosi un po' a sorpresa, ma con risultati apprezzabili, con il crescendo sonico dei Marlene Kuntz. E se il riuscito tributo a Rino Gaetano concretizzatosi nella rivisitazione de Il Cielo È Sempre Più Blu, interpretato nelle battute iniziali à-la Dente meglio di Giuseppe Peveri, è un altro bel biglietto da visita, risulta altrettanto piacevole ascoltare le atmosfere del cantautore di Fidenza fondersi con quelle dei Negrita più recenti nel duetto con Angela Smeralda presente in Sto Così Scomodo Che Resto. Ancora un po' di pepe nel ritmato Flusso D'Incoscienza che fotografa la nostra condizione umana e infine tutti pronti a marciare cinematograficamente Al Mio Funerale. È tempo di percorrere nuove strade e andare Lontano, molto lontano. Verso l'infinito. Così, giusto per capire come andrà davvero a finire.
 
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venerdì 3 maggio 2013

POLAROID... DI UNA VECCHIA MODERNITÀ

POLAROID... DI UNA VECCHIA MODERNITÀ
Simone Piva & i Viola Velluto
- Gartin Records - 2013

L'ultima fatica discografica in ordine di tempo rilasciata dalla band friulana dei Viola Velluto è un esplosivo candelotto di rock vecchio stampo fabbricato presso il West Link Studio di Cascina, capace di ingannare l'attesa, grazie alle sue derive garage sanguigne e graffianti, a quanti attendevano un degno sequel al precedente, acerbo, lavoro d'esordio in studio CI VUOLE FEGATO PER VIVERE. Quattro istantanee compatte, ma ugualmente sghembe che testimoniano l'attuale, buono, stato di salute del trio capitanato da Simone Piva nei mesi precedenti la lavorazione del futuro cd previsto verosimilmente per il 2014. Avvalendosi di un divertente videoclip girato in un unico piano sequenza nella storica discoteca Al Lago di Cavazzo, spetta alla potente, e pure un poco ruffiana, Ok Man! fare gli onori di casa, rivelando senza troppi fronzoli una sana attitudine per il party rock più sfrenato e contagioso; a tratti perfino ballabile. Vamos Compañeros, con il suo evidente omaggio al Maestro Canali, si assesta tuttavia solo in parte sulla direttiva tracciata dall'episodio scelto a ragione per promozionare l'ep, preferendo piuttosto incentrare ritmi e armonie su un roboante grunge d'annata che bandisca scientemente ogni tentativo di artificioso divertimento ignorante e dozzinale per quello che, in ultima analisi, si rivela a sorpresa il momento cantautorale dell'intero lavoro, con le sue inquetudini e le sue mire rivoluzionarie. Deciso cambio di registro per Cronaca Di Una Fine Annunciata; è infatti forte qui il debito contratto da Christian De Franceschi e Omar Della Morte, rispettivamente basso e batteria dei Viola Velluto, con il reggae e la dancehall afro-giamaicane, almeno tanto quanto quello dei No Doubt confluito (e capitalizzato) nel singolone Hey Baby ormai una dozzina di anni fa. La versatilità del trio non comporta in ogni caso un allontanamento troppo marcato dai territori del rock più classico come testimonia l'ultimo episodio proposto nel quarto d'ora racchiuso nel sintetico book fotografico di queste polaroid. Fede Abbi Fede è così la dirompente risposta senza mezze misure ai Ministri, altro power trio metropolitano capace di esprimere il proprio malcontento sociale con una identità artistica ben precisa e riconoscibile. Ecco, questo è l'augurio che va fatto ai friulani: il raggiungimento di uno stile personale, efficace ed espressivo che non perda mai di vista la forma canzone. Una missione vera e propria, insomma. Forse, per ora, non finiranno nei manuali di storia della musica; tuttavia Simone Piva & i Viola Velluto uno spazio in un paio di recenti pubblicazioni editoriali rilasciate dagli scrittori Alberto De Poli e Matteo Strukul se lo sono già guadagnato. Per tutto il resto diamo tempo al tempo.
 

giovedì 2 maggio 2013

CECI N'EST PAS UN EP

CECI N'EST PAS UN EP
Sakee Sed
- Appropolipo Records - 2013

Cd. Ep. Cd. Ep. Realizzato e distribuito sempre con buoni risultati numerici quello che una volta veniva definito long playing, ecco che come di consueto è già ora per i Sakee Sed di mandare in stampa il (mini) lavoro successivo. Quasi una catena di montaggio artistico perfetta e sicuramente ben oliata. Per battere il ferro finché è caldo, ma soprattutto per concretizzare una esigenza compositiva urgente e, al momento, inesausta. Tra le giovani formazioni più creative degli ultimi anni non si fa fatica a citare il duo bergamasco dei Sakee Sed quali paladini di un garage rock nudo e crudo, scevro da compiacimenti e sotterfugi elettronici, lontano dalle mode hip hop del momento e con il cuore ballerino capace di trarre continua linfa vitale dalle radici del blues. Un po' White Stripes; un po' Tom Waits con una attitudine à-la Melvins, per un riuscito intreccio di sonorità spigolose e oblique, ma non per questo necessariamente grezze o prive di melodia. Quasi una factory sui generis, capace di mutare pelle tanto nei lavori in studio quanto nei live grazie al continuo innesto di ospiti cercati tra persone care ed amici, Marco Ghezzi e Gianluca Perucchini dopo il buon A PIEDI NUBI procedono spediti, proponendo nel nuovissimo vinile CECI N'EST PAS UN EP (grazie René) cinque pezzi registrati e mixati tra gennaio e marzo dell'anno in corso uniti ad un sesto episodio datato 2012, posto in apertura del lato A e con un inconsapevole debito nei riguardi dei Nomadi di metà anni '70. Boccaleone con il suo perentorio wurlitzer a garantire una costante progressione sonora, uploada infatti la lezione di Augusto Daolio e soci tenuta con GORDON, misconosciuto album psichedelico del combo emiliano, fregiandosi di un assolo ad opera di Guido Leidi che ne irrobustisce sound e ragione sociale. Heartbreakers. Alla lisergicità di questo episodio fa seguito la diatriba chitarristica de Il Mio Altereggae che, poggiando sulla sempre tonante batteria del barbuto Perucchini, trova modo di innestare fiati e vibrafono al calor bianco. Una passione antica per suoni robusti e saturi mutuati dal grunge emerge in tutta la sua distorta potenza sonora nel Metal Zoo gestito in società con Jonathan Locatelli mentre il divertissement da saloon di Jimmy È Perso Nel Delirio, dal vago sapore Verdena, fa da ponte ideale fra l'Olderifa Express e gli Strappi Bianchi posti in chiusura, parabola blues ripiegata su sé stessa con interessante coda strumentale. Neanche 20 minuti di musica per un lavoro rivelatore solo in parte di ciò che il futuro in casa Sakee Sed riserverà a loro e a noi. Forse manca il brano di punta, il guizzo vincente, quello capace di catalizzare l'attenzione come a suo tempo fece invece Bacco nel precedente ep omonimo; prevale piuttosto un senso di compattezza che è il nuovo punto di forza dei nostri, capaci di colpire come la folgore con la rapidità di un temporale estivo.
 
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martedì 30 aprile 2013

UN GIORNO DI FESTA

UN GIORNO DI FESTA
Statuto
- Le Foglie e Il Vento - 2013

30 aprile 2013. Una data che assume un doppio valore per la band ska numero uno in Italia e tra le più longeve del continente europeo. Correva l'anno 1983 e al Parco della Tesoriera di Torino, in occasione della festa del Primo Maggio, saliva sul palco un nugolo di giovani musicisti Mod destinati a divenire su scala nazionale punto di riferimento caratterizzante una città e un movimento intero, che a sei lustri di distanza da quella prima, rocambolesca, apparizione pubblica gode di ottima salute e festeggia oggi il suo (primo) trentennale con una nuova formazione, un nuovo album, una nuova agenzia di booking e un nuovo, caldissimo, tour. Il cavallo di ritorno è Alex Loggia, storico chitarrista del combo torinese già da qualche tempo di nuovo al fianco di oSKAr e soci, prima in coabitazione live con il transfuga Valerio Giambelli (passato a dare mano forte all'amico Danilo Sacco), ora solista a tutti gli effetti. Consolidata la collaborazione artistica con Ron, per l'etichetta del quale esce UN GIORNO DI FESTA, gli Statuto salgono sulle loro Vespa e, marcia in-granata, sono pronti a sprintare a tutto gas fin dalle prime note della spumeggiante title track, racconto di quotidiana complicità e solidarietà fra padre e figlio ai tempi della crisi. Con un occhio di riguardo sempre puntato sulla strada, maestra di vita e fonte di ispirazione, e l'altro sintonizzato sui rapporti interpersonali, l'accoppiata Giammarinaro-Loggia firma dieci dei dodici brani, tutti in grado di inserirsi tranquillamente anche in questa occasione nel solco della tradizione musicale della band. Sempre più matura e sempre meno allineata alle mode del momento. Ska, soul, brit-pop, R&B, rock: potendo contare su questo tipo di basi padroneggiate con invidiabile disinvoltura, è facile sperimentare e flirtare addirittura con la musica classica attraverso un arrangiamento per soli archi ad opera del maestro Ezio Bosso, ieri bassista della band, oggi stimato compositore internazionale. Nella antica Non Sperarci, qui cantata in duetto con Alessandra Contini a sostituire l'originale Lucia Tomasi, è lui a condurre il quartetto d'archi su ci poggia l'intera composizione edita nel 1987 come lato B del singolo Ghetto. Chi però dagli Statuto vuole ritmi decisi e fiati a profusione non faticherà a trovare sicuro ristoro sonoro dal divertito omaggio in levare per Rudy Zerbi contenuto in Rudy Playboy (cover degli oscuri Locomotive), così come dalla brillante Invisibile o addirittura lungo le stade percorse Pedalando Elegante in compagnia del Mod su due ruote Bradley Wiggins. Restando in ambito sportivo, nella scia tracciata dalla strepitosa Grande e dalla più recente Facci Un Gol si inserisce l'ennesimo ottimo ritratto di fede torinista: meritatamente questa è la volta di Giorgio Ferrini, Il Capitano per l'appunto, quello di lungo corso, uomo di indiscusso talento agonistico e ineccepibili qualità morali. Di calcio si parla pure in Intercity Firm, ma è con la pungente critica sociale della grintosa Colpevole Di Essere Giovane che gli Statuto alzano il tiro, rifiutando la massificazione del sistema gerontocratico in cui viviamo e rinnovando la propria fede modernista in Io Non Ho La Mia Età, una personalissima My Generation sui generis sbocciata all'ombra della Mole, tra Oasis e Paul Weller. E se Torino diventa protagonista de La Mia Città, la Madrid degli amici Mod spagnoli ne è la gemella portata nel cuore. In chiusura ancora una promessa che è pure rivendicazione salace di indipendenza da tutto e da tutti: Il Meglio Arriverà e sarà "tutto per noi". Che i festeggiamenti abbiano inizio.
 
un link al seguente post e il post stesso sono presente qui: http://www.statuto.net/ e, conseguentemente, qui (in data 17 giugno): http://ildiariostatuto.blogspot.it/

venerdì 26 aprile 2013

WHY HAST THOU FORSAKEN ME?
Universal Daughters 
- Santeria - 2013  

Ha un sapore lisergico, psichedelico, imprescindibilmente cosmico, raccolto e a tratti magico il debutto degli Universal Daughters. Combo sorto da un'idea di Marco Damiani e Marco Fasolo dei Jennifer Gentle dopo una lunga chiacchierata con Chris Robinson al termine del live italiano che i Black Crowes tennero a Vigevano nel 2011, esso va a coinvolgere pure il produttore Jean-Charles Carbone e Maurizio Boldrin, elemento ritmico fondamentale negli Anni '60 per I Condor e I Craaash e oggi impegnato alla batteria con i Mamuthones, in quella che può definirsi inusuale e sorprendente backing band per una pletora di prestigiose voci provenienti principalmente dagli Stati Uniti d'America. La finalità benefica in favore della Città della Speranza, fondazione patavina che finanzia il centro di oncoematologia pediatrica di Padova, è la ciliegina di richiamo sulla gustosa torta che Santeria e Rough Trade ci servono. È un disco di presenze questo WHY HAST THOU FORSAKEN ME?. Reali ed extrasensoriali. Il progetto si caratterizza infatti per il recupero di canzoni d'Oltremanica e d'Oltreoceano, il più delle volte fedeli agli originali, capaci di attraversare il secolo scorso (si va infatti dagli Anni '20 al principio degli Anni '80) con l'innesto di ospiti prestigiosi quanto inaspettati che caratterizzano con la propria performance vocale i singoli episodi. Ma c'è un alone, un'aura, una condizione di indefinibile contatto con l'aldilà che permea tutto il lavoro. I Hear Voices, rivela un Alan Vega al limite della possessione. Non si tratta di singoli casi; è la sensazione di insieme che tocca le anime più sensibili inebriandole di un profumo trascendentale. Forse è il riverbero sulla voce di First Of May, con il frontman dei Pulp Jarvis Cocker a sostituire Barry Gibb; oppure dipende dall'Hong Kong Blues cantato dal noto performer transessuale Baby Dee in vece di Hoagy Carmichael. Forse è il jazz soffuso e sempre evocativo di Midnight, The Stars And You che il crooner Al Bowlly pare aver cucito su misura per Lisa Germano ottant'anni fa; o magari è l'evocativo mantra del sud degli Stati Uniti che il già citato Robinson recita con la benedizione di Washington Phillips in I Am Born To Preach The Gospel riallacciandosi ad un filone tradizionale di innegabile fascino e vitalità a cui pare non sottrarsi l'ottimo Steve Wynn con la splendida ballad Psycho. Anche i Big Star di Alex Chilton non sono mai stati così spettrali con la loro Kangaroo come invece gli Universal Daughters, in collaborazione con Gavin Friday dei Virgin Prunes, riescono ad esserlo. Né Jerry Leiber e Mike Stoller hanno mai avuto un interprete capace di toccare corde così profonde in Is That All There Is? come al contrario fa l'ex Wall of Voodoo Stan Ridgway. Ritmo e dinamismo sostengono l'indiavolata It's Your Voodoo Working (lead vocals affidate a Mick Collins) tanto quanto tutta l'aura di inquietudine espressa da Pino Donaggio con la strumentale For The Last Time We'll Pray per il film Carrie - Lo Sguardo di Satana si conserva e viene, se possibile, amplificata. Portiamo avanti le lancette dell'orologio con Swamp Dogg. Passa il tempo ed è già sera; l'amore, la morte, la gioia, la tristezza, l'allegria e la depressione... Mother, tutto passerà.

lunedì 22 aprile 2013

M'ORS

M'ORS
M'ors
- Infecta / Calacas Records - 2013

Un equilibrista in bilico fra le note. Questo è Marco Orsini da Roma. Con il suo elettrizzante progetto M'ors compie un variegato excursus nel miglior cantautorato italiano che non disdegna la fruibilità per le masse, ma anzi si lascia di fatto contaminare pigramente da un piacevolissimo afflato pop capace di rinnovare gli stilemi del genere e sempre utile per arrotondare le spigolature e rimpolpare la melodia che, rispettivamente, il rock e il folk (a cui ci si rifà) portano con sé. Con un occhio al sud del mondo. A tutti i sud del mondo. Una patchanka di gran classe dunque per l'esordio di questo sestetto generatosi quindici anni or sono tra Roma e la Romagna. Potenzialmente ogni canzone ha tutti i crismi per divenire il singolo trascinante dell'album; scelta, questa, ricaduta su un fantasioso Rock-Co-Co-Co dalle pulsioni beat, ottimo esempio di pop rock d'Oltremanica desideroso di incontrare il folk punk sviluppato dai Green Day in Warning. Eppure non ci sarebbero stati problemi nel lanciare sulle piattaforme mediatiche la solare Eritrea, con il suo sound estivo e i suoi ritmi calypso-tropicali che fanno pensare a certe trovate dei quasi corregionali Ridillo; o addirittura la più impegnativa Il Re Nel Fango la quale, seguendo coordinate sonore care a Dente e rintracciabili anche altrove in compagnia de Il Mio Amico Gramsci, tratteggia la figura di un sovrano vanesio e compiaciuto di sé, ben poco disposto a scendere da un trono effimero, decorato con lustrini e paillettes. Non un solo momento di stanca: anche nell'interlocutoria, ma non per questo meno incisiva, Fantasia, Orsini, Ciuzz, Pica, Jack Tormenta, Piddu e Zena hanno trovato la giusta chimica affinché, grazie anche alla naturale collaborazione in sala di registrazione con Manuel "Max Stirner" Fusaroli (con Tormenta nei, anzi "i" Don Vito e i Veleno), le dieci tracce del platter funzionino nel miglior modo possibile. Semplicità è la parola d'ordine in casa M'ors. Bandita ogni forma di esasperato e complicato tecnicismo, è la Poesia a prendere il sopravvento, quella stessa poesia fatta di autentica spontaneità che ci fa vivere meglio tanto la spensierata leggerezza di una bella giornata di sole quanto l'espressionismo della stupenda Anima Nera, intreccio sincopato di chitarre talmente ben riuscito da essere stato preferito nella sua versione demo. E anche quando è la matrice sociale a connaturare le riflessioni del sestetto (l'incrocio avventuroso in acustico fra Subsonica e Mano Negra di Tutti In Piazza con il piano di Zena a imperversare; il precariato di coppia in Pericolante) è l'innata tensione al viaggio a manifestarsi una volta ancora. Il Lungo Viaggio di una donna africana scappata dalla guerra e sopravvissuta alle difficoltà che l'hanno infine condotta nel nostro paese. "Tra sogni di pace, amore e di un tanto atteso parto imminente."

mercoledì 17 aprile 2013

MALA TESTA

MALA TESTA
Alessio Lega
- A Buzz Supreme - 2013

Disco di storie, di luoghi e di anarchia. Così ci piace presentare l'ultima fatica di Alessio Lega, al quinto album del suo percorso cantautoral-militante comprendente anche un riuscito ep omaggio alle canzoni del professor Gianni Nebbiosi. Un personaggio simbolo delle più urgenti istanze sociali capace di mettersi sempre in gioco; ora con disinvoltura accanto ai funambolici Mariposa negli esordi del pluripremiato RESISTENZA E AMORE, ora con malcelata emozione e sanguigna deferenza quando si tratta di misurarsi con la grande canzone d'Oltralpe di Leo Ferré o "Tonton" Brassens. Abile costruttore di trame narrative (la ricercatezza formale di Isabella Di Morra su tutte), Lega viaggia attraverso la memoria collettiva e quella personale, fatta di libri, approfondimenti e indagini a tutto campo, scegliendo una carrellata di figure forse mai celebrate abbastanza eppure così ben radicate e rappresentative dell'italico sentire comune, utili per imbastire un discorso trasversalmente politico in cui è la tripartizione narrativa a suggerire le coordinate e a dettare i tempi del lavoro. Passione e attenzione sono le molle capaci di spingere una volta ancora le riflessioni poetiche dell'artista salentino là dove altri operano mediante più ampie pubblicazioni editoriali. Qua il racconto è necessariamente sintetico eppure parimenti descrittivo e felicemente compiuto. L'enigmatica scritta Frizullo sulle navi carretta in balia del Mediterraneo, le Risaie mollemente fertili ("i chicchi bianchi della fame nera") che  si estendono nelle terre d'acqua del Vercellese e della Bassa Novarese, il delitto Matteotti sullo sfondo della quotidianità familiare di un presente che si incarna fiero nel futuro sono l'ombelico di un mondo poeticamente credibile e condivisibile. Irriverente sindacalista con Ascanio Celestini in Monte Calvario e leggero cantore ne La Scoperta Di Milano, Lega approfondisce la tematica amorosa grazie all'amaro volo solitario di Icaro e a quello romanticamente rigenerante de I Baci, sviscerando ansie e aspettative comuni mettendone a nudo i tratti salienti. Esempio di folk song senza tempo, con dedica mirata al poeta Roberto Roversi, è poi Spartaco, omaggio al gladiatore tracio che assurge al ruolo di eroe contemporaneo, trasfigurato infatti nella quotidianità odierna di un precariato vissuto fra cantieri e lavori interinali e proprio per questo mosso, una volta ancora, alla ribellione. Per non soccombere. E mentre con Paolo Pietrangeli rivendichiamo Canzoni Da Amare e una voce ci suggerisce "Difendi L'Allegria!", è La Piazza, La Loggia, La Gru l'ennesima occasione imprescindibile di riflessione, civile e circostanziata, in cui realtà fra loro differenti si intrecciano nel flusso inesorabile degli eventi. Vola alto Alessio Lega, senza paura e come sempre lontano dalla retorica di questo o quel partito. Libero e battagliero. Coraggio, pietà non è morta.
 

martedì 16 aprile 2013

FERMOIMMAGINE

FERMOIMMAGINE
ERO
- Zetafactory - 2012

A tutti gli orfani degli impareggiabili Coldturkey che a metà anni '00 seppero realmente emozionare con un cd meritevole di miglior sorte come ASSALTACUSTICO l'invito è quello di non disperare. Nulla si distrugge. Semplicemente tutto scorre. E cambia. ERO è infatti la nuova creatura di Simone Magnani, il frontman di quell'imprevedibile duo che, perseverante, ora si mette al servizio di una nuova formazione dal taglio decisamente più rock, ma con variegate contaminazioni e mutevoli umori musicali alla base di un crossover maturo e poetico. Sì, perché Magnani non ha perso il dono della scrittura in questi anni di silenzio, ma anzi l'ha affinato ulteriormente. E per raccontarlo ci piace andare controcorrente partendo dal finale del cd, da quella Se, piano-ballad lunare da brividi, capace di mettere in evidenza la sensibilità musicale del giovane cantautore carpigiano e occasione per ritagliarsi un momento unico di sognante intimità amorosa dopo le tante occasioni, riuscite, di convulsa energia che pervadono il resto del lavoro. FERMOIMMAGINE è infatti una rigenerante caduta in quella spirale che folgorò decine di migliaia di persone sulla strada del Rock; quel rock con la R maiuscola, dal potenziale dinamitardo. Mai domo. Fiero. Difficile da disinnescare. Si prenda l'esplosione chitarristica de Il Santo, con gli axemen Enrico Gherli e Luca Righi decisamente sugli scudi, o il vortice grunge de La Macchina Del Tempo con quel nervoso innesto blues di armonica, perfetto contraltare sonoro alla rabbia vocale di Magnani. Le polaroid scattate all'esistenziale dubbio cosmico di Tina sono l'ennesima conferma alla bontà del progetto: cantautorato metropolitano dai bagliori British e performance strumentale niente affatto scontata in cui anche la sezione ritmica di Mattia Crepaldi (già con l'interessante progetto Angus Mc Og) e Marco Manfredini riesce a prendere il sopravvento prima di tracciare la strada in Non Ne Vale La Pena. Semplicemente eccezionale X: con i Temple of The Dog nel cuore e  i Pearl Jam di TEN nelle orecchie la mèta finale del viaggio non può che essere Seattle per quello che è un omaggio alle proprie radici musico-culturali. Cambio di rotta invece con il funky soul grintoso de L'Epitaffio, solo un poco mitigato dalle essenziali linee di tromba che Enrico Pasini, collaboratore di lungo corso dell'indiavolata Beatrice Antolini, tratteggia tra un wah-wah e l'altro. Photophobia è contagiosa, con le sue atmosfere kafkiane rese al meglio dall'interpretazione vigorosa di un sempre più sicuro e deciso Magnani qui sostenuto da un altrettanto robusto hard rock. Giunti alla (jazzata!) title track, ennesimo must del cd, plachiamo per qualche istante l'antico ardore, ci facciam cullare dalla tromba e, accompagnati dalle sei corde, riposiamo nelle prime ore del pomeriggio all'ombra di una quercia secolare, protetti dal cocente sole che batte impietoso sulla pianura padana. Sono i Cocci Sparsi di una vita sincera spesa fra alti e bassi nei paesi, lontano dalle grandi città dove i giochi di potere sono all'ordine del giorno, tra la via Emilia cantata dai Nomadi e la East Coast di un John Frusciante solitario e serenamente irrequieto dopo i fasti redhotchilipeppersiani; là dove è la Natura a prendere a volte il soppravvento (La Scossa, caratterizzata dai vocalizzi della diciannovenne Alice Sacchi) e l'uomo resiste grazie alle sue passioni (Sali E Scendi). Capitani coraggiosi. Visionari illuminati.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/pages/ERO/203361489707253 e si può leggere qua: http://justkidswebzine.tumblr.com/

lunedì 15 aprile 2013

ZOLLE

ZOLLE
Zolle
- Supernatural Cat - 2013

È una poderosa badilata in pieno viso il debutto degli Zolle. Secca. Diretta. Dolorosissima. Lo scapestrato duo lodigiano formato dal MoRkObOt Marcello Bellina, che ormai sembra averci preso gusto nel cimentarsi alla chitarra a fronte anche del recentissimo nuovo album partorito in casa Berlikete, e dal suo antico compagno di scorribande sonore nei Klown, di cui ci è dato sapere solo il nome di battesimo, Stefano, alla batteria e allo xilofono (divertente l'intermezzo di Trynchatowak), è un treno lanciato a folle velocità per le strade di South Park e l'iperspazio di Futurama a suon di stoner rock, lapidario e senza fronzoli. Completamente strumentale ZOLLE possiede una peculiarità: non stanca mai. Il perché è presto detto: la linearità dei singoli pezzi e la loro relativa brevità (solo la conclusiva Moongitruce, bislacca Dazed And Confused ri-zollata, coi suoi quasi 7 minuti e mezzo rifugge infatti da tutto questo) sembrano essere fatti apposta per un ascolto dinamico, ma anche pigramente distratto; un ascolto che richiede sì attenzione, ma che ugualmente presta il fianco a farsi rovente sottofondo tra una pennichella e l'altra. Meglio poi non scervellarsi troppo di fronte a titoli fonosimbolici come Weetellah, LeeQuame o Man Ja To Ya!. Come si può facilmente intuire l'immaginario coltivato è quello agricolo, quello della campagna italiana più verace e sanguigna, coi suoi profumi e i suoi odori, in cui tra forconi e zappe (Forko) ci si sporca le mani non solo con la terra (Heavy Letam); una realtà legata alle radici del duo, in cui le divinità pagane si mescolano con quelle fantastiche immaginate dalla mente di Bellina, il tutto vissuto con leggerezza e goliardia. Uno sberleffo. La scoppiettante Trakthor, oltre a fornire un esordio dinamico al disco, tradisce tutto questo, mescolando in allegria con una grintosa furia heavy la robustezza del mezzo agricolo alla possanza del dio del tuono. Suoni grossi dunque, compatti ed essenziali che uniti a limitate sovraincisioni realizzate presso il Mizkey Studio, dove l'album è stato registrato da Michelangelo Roberti, e a oculati interventi di fertilizzazione per mano dell'Ufomammut Urlo e del Quasiviri Roberto Rizzo diventano gli ingredienti salienti per l'allevamento di Mayale e la coltivazione di Melicow. Di certo non l'ambiente bucolico tratteggiato da Virgilio nelle sue egloghe; ma neppure quel terreno arido e incolto abbandonato a sé stesso che l'industrializzazione e l'inquinamento incivile hanno poco per volta sottratto all'uomo. Eppure di fronte a tutto questa operosità calda e viva, ascolto dopo ascolto, lentamente, affiora una velata componente si potrebbe dire orrorifica, da B-movie americano, percepita come substrato narrativo secondario, forse voluto, forse no. Un percorso che non stupirà i seguaci di Berlikete, non nuovo a queste visioni alternative di boogeyman e uomini neri ritratte con disinvoltura nelle sue stampe e nei suoi piccoli quadri, ma che certo sorprenderà chi dalla campagna si attendeva solo pace e tranquillità. Un ultimo sguardo alla cover dell'album e tutto si fa più chiaro.
 

sabato 13 aprile 2013

BLOOM

BLOOM
LU-PO
- AEF/Radio France International - 2013

Votato al minimalismo della Terra, Gianluca Porcu, titolare nonché deus ex machina del progetto LU-PO, festeggia i dieci anni di attività discografica rilasciando in digitale, con la sinergia di quella AEF già in orbita Radio France Internationale e a soli cinque mesi dal precedente racconto notturno STENDERE LA NOTTE, questo ottimo BLOOM che poco ha a che spartire, musicalmente parlando, con il suo predecessore se non fosse per quell'evocativo astrattismo strumentale e l'indubbia capacità tecnica del suo esecutore che ne contraddistinguono la trama. Sono cambiati infatti gli scenari sonori così come le modalità di esecuzione hanno seguito il nuovo mood dal quale si è originato questo prodotto dal taglio internazionale. Mentre cinque mesi fa la collaborazione con archi e ottoni aveva partorito una sintesi fra genio umano e meccanica elettronica, qui tutto è ridotto e riconducibile all'intelligenza delle macchine che, partendo da uno spunto sonoro caldo come può esserlo un arpeggio di chitarra, prendono il sopravvento per disegnare un landscape maggiormente algido ed etereo. Didascalica in tal senso è l'introduttiva Angel in cui, oltre a rimandare emotivamente ad una dimensione ultraterrena, viene testimoniata la crescita artistica del musicista sardo. Registrato tra Cagliari e Torino, BLOOM mette infatti a frutto una ricerca musicale matura, basata sulla elaborazione del suono che si piega alle esigenze di synth e tastiere anche quando concepito su una strumentazione più tradizionale. Uno slancio capace di bilanciare le aspettative di quanti sono più legati alla tradizione di suoni acustici e quanti amano perdersi invece nelle derive moderne dell'elettronica intelligente che sa dare concretezza a immaginifiche cattedrali del pensiero. Quanto LU-PO produce e successivamente trasmette alle nostre orecchie è anche una ricerca interiore, meditativa ed emotivamente delicata che tende alla descrizione oggettiva e analitica della realtà. Anche se parziale e mai del tutto rivelata. È un continuo scavare in profondità, alla perenne ricerca di un qualcosa di indefinito e indefinibile. La liquida Guilty Guitar, il gorgo che pare inghiottire Autumn, la felpata Bloom, la percussività di Tree, il tranquillo paesaggio d'acqua dolce tratteggiato in Lake, l'insospettabile crepuscolarità crepitante di Daylight, il moto ciclico delle mare esercitato da Moon e Moon II sondano il campo e si addentrano, mai invasive, nei misteri della Natura, mutando ed evolvendosi in una sequenza di stati d'animo e sensazioni (il più delle volte malinconiche) sperimentabili dall'individuo nel corso della propria esistenza umana. Uno sguardo riflesso nella sospensione infinita tra astratto e concreto. Giocando con le unità di tempo, luogo e spazio senza paura dell'Infinito.

martedì 9 aprile 2013

ARTISTI VARI RISUONANO I FRIGIDAIRE TANGO

ARTISTI VARI RISUONANO I FRIGIDAIRE TANGO
AA.VV.
- Go Down Records - 2013

Sono tra le prime realtà italiane che all'inizio degli anni '80 del secolo scorso hanno aperto le porte all'avvento della new wave proveniente da Oltremanica, lasciandosi fascinare da suoni sintetici e scuri, unendo chitarre elettriche taglienti a ritmiche sincopate e nervose. Un album importante per tutta la scena (THE COCK, 1981), un mini lp poco tempo dopo, preludio ad un secondo 33 giri presto accantonato, la partecipazione alla gloriosa compilation BODY SECTION, accanto fra gli altri a Litfiba, Diaframma, Rinf e Kirlian Camera. Diversi concerti. Addirittura una documentario targato RAI. Poi, inevitabili, qualche tensione interna e alcune frizioni con l'esterno; lo scioglimento nel 1986 e il parziale oblio durato vent'anni. Il ritorno sulle scene è datato infatti 2006 e si manifesta attraverso il rilascio di un succulento box, le cui chicche sono proprio quel secondo album mai uscito e un live registrato principalmente in Spagna, seguito successivamente dal maturo L'ILLUSIONE DEL VOLO, cd fatto di pregevoli spunti sonori e testuali, questi ultimi una volta ancora appannaggio di Charlie Cazale, e ricco di amici corsi a supportare il sestetto di Bassano del Grappa nella sua rentrée. Non sorprenda perciò l'uscita di questo tributo per quella che in fin dei conti non è riuscita ad elevarsi oltre il rango di cult band; ci si mobiliti piuttosto per recuperare quello che è un frammento della nostra storia musicale, relativamente marginale forse, eppure capace di toccare indistintamente le corde di uno spirito affine come il Maestro Canali, intento a riappropriarsi dell'antica Recall (proposta in chiusura anche dai Radiofiera nella sua versione anglofona) piegandola alle esigenze della lingua italiana per tramutarla in un Richiamo sognante, poeticamente rabbioso e malinconico, e quelle di una giovane artista vicentina promettente come Camilla Fascina, qui in duo con il produttore Giuseppe Piol per una accattivante Normalmente Triste. Tra questi due poli ecco intercettate altre nuove leve del musicartigianato moderno come l'Operaja Criminale, alle prese con la storica Vanity Fair, eterea e frammentata, i Wora Wora Washington di Brain Rock, solida scheggia post punk sviluppata su un tappeto di synth, e i "pestilenti" Muleta con una ottima This Day '78. Non mancano ovviamente gli amici di mille battaglie. Primo fra tutti Miss Xox in combutta per la riedizione di Push con Gianmaria Accusani, e i suoi Sick Tamburo, come ai tempi dello storico The Great Complotto; a ruota seguono i Diaframma di Federico Fiumani (a loro volta omaggiati nel 2008 dal valido IL DONO - ARTISTI VARI INTERPRETANO I DIAFRAMMA) e la recente Poesia Di Luce, quindi l'ex Detonazione Bruno Romani, in trio con Xabier Iriondo e il pianista Giorgio Pacoring, per l'improvvisazione situazionista di Presage. Interessante la nu wave jungle di Faust Degada, leader dei seminali Degada Saf, che si impadronisce di Natural Mente, e la dilatata operazione tra elettronica e post punk di Dream City, riletta con mirate sfumature ambient dagli Adam Carpet, innovativa formazione di Diego Galeri. Metabolizzate a dovere, pure la clandestina The Tiger e le classiche Frigidaire Tango e Take Over From Me vengono (ri)messe in circolo rispettivamente dagli OJM, da Knup e da Phinx. Una segnalazione la meritano pure Il Magnetofono con Tutto, Niente, Qualcosa, Ilenia Volpe (chitarra e voce per Milioni Di Parole) e Il Corto Maltese di Mescola Le Razze. Ma non finisce qui: anche Sergio Volpato e i suoi Plasticost sono della partita (in compagnia de I Mutanti) per l'attesa The Cock (Miniaturizzato). Tracce e suggestioni che lasciano il segno. Anche nel nuovo millennio. Eleganti. Decise. A passo di tango.

sabato 6 aprile 2013

BERSERK!

BERSERK!
Berserk!
- RareNoiseRecords - 2013
 
Sono spiriti ampiamente inquieti quelli manifestatisi attraverso le note prodotte dalle musiche d'avanguardia composte e realizzate da FEL, a.k.a. Lorenzo Feliciati, una militanza importante nei primi, rivoluzionari, Tiromancino e in seguito guru del basso fretless, e LEF, al secolo Lorenzo Esposito Fornasari, musicista, produttore, agitatore sonoro in uscita quasi contemporaneamente a questo BERSERK! con SAGA, IL CANTO DEI CANTI, l'opera equestre scritta e cantata da Giovanni Lindo Ferretti, divenuta poi parte integrante della colonna sonora del film Fedele Alla Linea diretto da Germano Mazzoni. Sono demoni evocati e ben presto assoldati dal duo emiliano-capitolino per generare spazi e ambienti mistici, atemporali, privi di ogni caducità terrena, ricchi di sentori e sfumature trascendentali che pescano a piene mani tanto nel free jazz quanto nel rock sperimentale. Una miscela alchemico-matematica, dunque niente affatto immediata, densa, che è tuttavia moderno rituale ancestrale condotto da un collettivo apparentemente aperto nel numero delle collaborazioni, ma in realtà rigidamente soggetto agli schemi della sua stessa sperimentazione. C'è un'aura di sacralità pagana nel lento incedere lamentoso scandito dal drumming di Simone Cavina, fratello del forse più noto Luca, che sviluppa Macabre Dance mentre il trombone di Gianluca Petrella va a contrappuntare la voce cavernosa di Mr.LEF prima che il reticolato pianistico intessuto da Jamie Saft, già collaboratore di lungo corso di John Zorn, diventi parte strutturale della successiva, e diversamente gemella, Fetal Claustrophobia. La massiccia elettronica di Not Dead, preceduta dal contrabbasso di Feliciati che anima Blow, incanala l'altrimenti rarefatto trip hop progressivo di dantesca inquietudine lungo i binari di un ambient inquisitorio, carico di luciferina desolazione e disperata solitudine, andando a spalancare un vorticoso baratro sull'orrore. Un clima meno esasperato, eppure ugualmente oppressivo, si respira in First, spettrale raduno di anime elette in cui per la prima volta compaiono la batteria del crimsoniano Pat Mastellotto e il pianoforte del jazzista Fabrizio Puglisi, protagonisti a tutto tondo della speculare Wait Until Dark, decadente heavy song marchiata da un gelido sigillo gotico. Con Latent Prints gli scampoli controllati di cacofonia iniziale non sono mai motivo di frattura, anzi cedono lentamente il passo alla misura ordinata che si fa fusione di stili ed espressioni per mano del norvegese Eivind Aarset. C'è spazio anche per episodi a loro modo più personali. I sogni di Fornasari, coadiuvato dai soli Petrella e Aarset, vengono tracciati in Dream Made Of Wind e Dream Made Of Water; Feliciati si fa chiaroveggente nella strumentale Clairvoyance, occasione per il trombone di Petrella di incrociare la batteria percossa qui da Cristiano Calcagnile, per una emancipazione programmatica, fatta di idee e ipotesi tramutatesi concreticamente in avanguardia universale per mezzo degli arditi interpreti delle sette note alla base del progetto Berserk!. Un orizzonte logico, complesso e affascinante.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.berserkband.com/news/page/2/ qui: http://www.facebook.com/berserkband 

giovedì 4 aprile 2013

SAUDADE

SAUDADE
Selton
- Ghost Records - 2013

Sono passati ormai cinque anni da quel riuscito esordio discografico che fu BANANA A' MILANESA quando l'allora giovanissimo quartetto brasiliano dei Selton, sostenuto fra gli altri dal sempre imprevedibile Enzo Jannacci e dalla surreale ditta targata Cochi & Renato, recuperava in chiave rock una decina abbondante di brani tratti dall'immortale canzoniere di questi tanto stralunati quanto arguti padri della Canzone italiana, riuscendo innanzitutto a comprenderne l'essenza amara e ridanciana allo stesso tempo e, in seconda battuta, a realizzare un esotico ponte ideale tra Porto Alegre e la Bovisa. Misuratisi successivamente con un fortunato tour in supporto ad un secondo album omonimo di soli inediti, felice nei contenuti e nelle soluzioni formali, i Selton tornano oggi alla carica con il terzo disco della loro carriera. Aiutati da una nutrita schiera di appassionati sulla consolidata piattaforma di crowdfunding Indiegogo e supportati dalla competenza di Tommaso Colliva in cabina di regia, Daniel, Eduardo, Ramiro e Ricardo hanno una volta ancora partita vinta. C'è forse un pizzico di immediatezza in meno e soprattutto un briciolo di malinconia in più, già evidenziato nella cover di Come Deve Andare inserita in un recente album tributo agli 883, rispetto al precedente SELTON; si prenda ad esempio la fluida analisi esistenziale di Un Ricordo Per Me, carica di sospensione cosmica e irrisolto disagio psicologico. Tuttavia le buone vibrazioni che accompagnano da sempre la band hanno fatto sì che anche questa volta ci si possa gustare una spensierata mezz'ora di solare e festosa alchimia, riconoscibilissima fin dalle prime note del singolo apripista eseguito in collaborazione con l'amico Dente. Il cantautore fidentino, oltre a ritagliarsi appunto un cameo vocale (e video) in Piccola Sbronza, regala al quartetto la delicatezza corale de Un Passato Al Futuro presiedendo una volta ancora alla supervisione dei testi in italiano. Testi che, spaziando al solito dalla lingua di Dante al portoghese, approdano per la prima volta, ma con uguale disinvoltura, all'inglese. Ecco dunque la già collaudata Across The Sea, romantica love story bucaniera proposta spesso in passato durante i concerti; l'ondivaga Ghost Song, in cui è Claudinha Palma ad occuparsi delle voci spiritiche, e il colorato treno dall'anima latina di You're Good, introdotta dal divertissement vocale di Eduardo e Daniel Serviço Bem Feito. A garantire un ulteriore prestigio internazionale a SAUDADE ci pensa la collaborazione con l'ex Lounge Lizards Arto Lindsay, protagonista del rock carioca espresso da Qui Nem Giló (Saudade), brillante omaggio al re del baião Luiz Gonzaga, in cui le chitarre di Ramiro e Ricardo si sostituiscono alla fisarmonica originale donando al pezzo una aura di classica attualità. Lo stesso respiro senza tempo che l'eccellente mix tra Beatles e Beach Boys (davvero splendide le armonie vocali supportate dalla bionda Vania Marques) pervade la conclusiva Eu Nasci No Meio De Um Monte De Gente, caldo abbraccio dell'Oceano che è anche piccolo bignami autobiografico di formazione. Un lavoro che fa sintesi del percorso fin qui intrapreso (Vado Via è introdotta "in differita" da Renato Pozzetto), con lo sguardo rivolto ad un futuro non troppo lontano caratterizzato da un nuovo cantautorato globale in cui i tratti peculiari di più realtà si fondono in modo compatto pur mantenendo distinte le proprie specificità.