venerdì 30 luglio 2010

TRA I FUOCHI IN MEZZO AL CIELO
Paola Turci
- On The Road - 2005

Il nuovo corso di Paola Turci ormai è ben avviato. Da sempre interprete di ottime canzoni come le famosissime Bambini e Ringrazio Dio così come di successi internazionali, la sua Mi Chiamo Luka è la trasposizione della Luka di Suzanne Vega mentre Questioni Di Sguardi è quella di This Kiss di Faith Hill, ciò che mancava e non rendeva giustizia alle sue performance dal vivo e al suo spirito inquieto era l'eccessiva patina pop che rivestiva i suoi lavori più conosciuti. L'autoproduzione, qui condivisa da Carlo U.Rossi, iniziata con il precedente QUESTA PARTE DI MONDO pare essere stato un toccasana anche per questo gran disco, sempre ottimamente suonato, in bilico tra rock e cantautorato. Paola è cresciuta, ormai è autrice della quasi totalità dei brani che canta; non stupiscono così gli attacchi frontali di Troppo Occidentale o meglio ancora della indignata Rwanda, vero gioiello di questo cd, con l'amico Max Gazzé in entrambi i casi al basso. Da sempre carattere forte e combattivo Paola sa comunque smorzare i toni e accarezzare le orecchie dell'ascoltatore attraverso la suggestiva L'Inverno Senza Neve e la cinematografica Come Eravamo. Dimentichiamo Tutto è il singolo scelto per promuovere il tutto: forse non rappresenta i tanti umori dell'album, ma di certo sa farsi spazio tra tante marchette radiofoniche.

martedì 27 luglio 2010

in concerto

19/07/2010
- AFTERHOURS live @ Carroponte -
Sesto San Giovanni (MI)


È tornato! È tornato!! È tornato!!! Xabier Iriondo è FINALMENTE tornato al fianco di Manuel Agnelli!!! Poco importano ora i motivi più o meno noti della sua dipartita nove anni fa: ciò che conta è che, dopo l'antipasto teatrale della scorsa primavera in alcune date scelte, il tour estivo degli Afterhours ne prevede la presenza in pianta stabile. ...XABIEEEEEEEER!!!!

Dopo l'esordio di tre giorni prima a Sant'Agata Bolognese, il terzo lunedì di luglio vede i Nostri giocare in casa salendo sul palco del Carroponte. Evito di commentare la trafila snervante per raggiungere la location da fuori provincia e le evidenti migliorie organizzative che in questi casi si potevano/possono realizzare perché l'attesa di rivedere i tre piccoli porcellin di nuovo insieme e soprattutto a pieno regime è febbrile e spasmodica.

Son da poco scoccate le 21:30 ed eccoli sul palco! Punto G è l'opener: l'armamentario fetish-dark con cui si presentano sul palco compatta la band anche a livello visivo. I suoni purtroppo sono un pò impastati, ma per quanti conoscono a menadito i brani le (iniziali?) carenze sonore sono egregiamente surclassate dalla felicità di risentire una dietro l'altra Nadir, Germi, Siete Proprio Dei Pulcini, Rapace, Posso Avere Il Tuo Deserto come non accadeva da tempo, brani che uniti agli altri sciorinati via via lungo il loro set faranno della scaletta proposta questa sera una scaletta formato greatest hits, con la giusta esclusione di tanti pezzi tratti da I MILANESI AMMAZZANO IL SABATO (in questo senso la mancata epurazione e dunque il recupero di Tarantella All'Inazione è ancora più gradito) e il sofferto, ma prevedibile taglio di Quello Che Non C'è.
 
Interessante è vedere come Xabier si inserisce senza difficoltà alcuna nelle trame sonore dei pezzi post 2001 e mentre ci si interroga come mai non partecipi alla sola Ballata Per La Mia Piccola Iena è entusiasmante la sua interazione con Manuel & C. in È Solo Febbre, La Sottile Linea Bianca e Sulle Labbra. La furia hardcore di Dea e la più pacata Simbiosi tornano nuovamente a pescare da HAI PAURA DEL BUIO? così come l'attesa Veleno.

C'è spazio pure per Il Paese È Reale, per la storica How We Divide Our Souls e ovviamente per l'anthem Male Di Miele prima di una sentita e rabbiosa Ritorno A Casa.


Nel primo bis è una cover dei The Box Tops ad aprire le danze. A ruota segue la sempre disturbata e disturbante L'Estate. Di seguito l'attacco di Giorgio Prette alla batteria è inequivocabile: Televisione!!! Ecchissenefrega se la conosce solo un terzo dei carropontiani perché ai tempi non fu inclusa in HAI PAURA DEL BUIO?!?!? Come sempre, man mano che ci si avvicina al termine del brano, i musicisti scendono dal palco uno alla volta.

Spiace solo non sentire Andreino Viti al basso e il violino di Dario Ciffo, strumento che fu ancora più essenziale nell'economia della band dopo la dipartita di Iriondo, per quanto Roberto Dell'Era e (don) Rodrigo D'Erasmo ce la mettano tutta nell'importante compito di cementare l'impasto sonoro, non sempre supportati dall'acustica che migliora seppur di poco rispetto all'inizio. Utilissimo e da sempre funzionale è l'indispensabile ruolo di raccordo del mai troppo celebrato Giorgio Ciccarelli, ormai all'undicesimo anno di militanza. A tratti spettacolare è il ritrovato duello sonoro tra le chitarre di Manuel e Xabier che si cercano diverse volte, naturale evoluzione di quanto interrotto dopo il tour di SIAM TRE PICCOLI PORCELLIN.

Questa volta non c'è neanche più bisogno di richiederla a gran voce: nel secondo bis Strategie è solo l'antipasto prima delle conclusive Bungee Jumping, con distorsioni e feedback in gran quantità, e Il Sangue Di Giuda.

E così, 26 brani e 2 ore di musica tirata dopo, lo show giunge al termine.
Assolutamente da rivedere per la carica e per lo spettacolo proposto sperando ovviamente in un'acustica migliore. Certo, di occasioni forse non ce ne sono tantissime dato che il tour estivo s'esaurisce in una manciata di date, ma organizzarsi per tempo e compiere spostamenti importanti sfruttando la bella stagione potrebbe assicurare forti emozioni. Perché ORA gli Afterhours son tornati.

Andrea Barbaglia '10

lunedì 26 luglio 2010

GLI OCCHI DEL MUSICISTA
Enrico Ruggeri
- Anyway - 2003

A tre anni di distanza dall'ultimo album in studio, l'elettronico L'UOMO CHE VOLA, Ruggeri cambia ancora registro e, autoproducendosi, si presenta sul mercato discografico con un cd cantautorale diviso tra rock di gran classe, ben esemplificato da episodi come Turnover, i cui fiati a-là Chicago scritti dal tastierista Pino Di Pietro fanno da degno contrappunto al sempre più preciso e pulito chitarrone di Luigi Schiavone, e aperture folk-bandistiche presenti nell'omonimo brano di apertura Gli Occhi del Musicista così come nell'entusiasmante e coinvolgente Il Matrimonio Di Maria. La svolta "balcanica" è avvenuta anche in virtù della new entry Davide "Billa" Brambilla, già spalla di lungo corso di Davide Van De Sfroos, e dell'ottima performance al Festival di Sanremo con la sorprendente Primavera A Sarajevo dell'anno prima e qui riproposta come bonus track insieme ad altri due episodi fortunati: la già nota e conclusiva I Naviganti, altrimenti reperibile solo sulla ristampa del live LA VIE EN ROUGE, e il riuscitissimo duetto con la compagna Andrea Mirò nell'appassionata denuncia contro la pena di morte affrontata in Nessuno Tocchi Caino. Sorprendentemente è però la jazzata A Un Passo Dalle Nuvole (alle spazzole troviamo un pò a sorpresa il rientrante Marco "Nano" Orsi) il singolo scelto per il lancio del cd, seguita in seconda battuta dalla splendida Morirò D'Amore, più canonica nella sua veste di ballad rock e perfetta per le atmosfere che tanto piacciono di Ruggeri. Eterogeneo, il cd procede affiancando alla raffinata Fuori Piove, le cui atmosfere jazz sono in massima parte sottolineate dalla sezione trombe e dalle trame pianistiche concepite dal veterano Di Pietro, l'emozionante Uccidimi, con un ottimo assolo di tromba del Billa su metafisico testo dell'autore milanese, e la sorniona La Spina, coi suoi ritmi in levare e la fisarmonica ad arrichirne i colori. Ultimo, ma non ultimo il realistico quadro descritto ne La Preghiera Del Matto, omaggio in musica ad una categoria di persone spesso poco presa in considerazione non solo nel mondo musicale, ma nel nostro quotidiano, fino a quando non decidono ahimé di passare all'azione. Andiamo, non fatevi intimorire dall'oscura copertina: mettete piuttosto il cd sul lettore, premete play e ...tacabanda! Lunga È La Notte.

giovedì 22 luglio 2010

INDOSSAI
Alessandro Grazian
- Trovarobato - 2008

Un tuffo negli anni '60, quelli più cantautorali, quelli in bianco e nero, quelli in giacca e cravatta, con i vari Endrigo, Bindi, Tenco, Paoli, allora avanguardie. Questo è il secondo, e atteso, disco di Alessandro Grazian.
Una scrittura testuale ricercata e forbita, accompagnata da chitarra-basso-batteria, ben si mesce ai violini, violoncelli, flauti, clarinetti e contrabbassi disseminati lungo tutto il cd. Ma son le celestiali arpe suonate da Maria Anna Russo ad impreziosire un lavoro che fin dall'introduttiva Indossai ci proietta, tra arpeggi chitarristici e misurati interventi di archi, in questo mondo altro, quasi fosse quell'Arcadia a lungo sognata e (fino ad ora?) mai raggiunta. Ballata evolve e si sviluppa nella bindiana È Vero, qui sorretta da una chitarra acustica poi doppiata dai fiati di Enrico "Prezzemolino" Gabrielli, con una naturalezza allucinante, quasi si trattasse di un brano scritto di proprio pugno. Nella fredda A San Pietroburgo compare il sempre gradito Emidio Clementi, ottima voce recitante e inaspettata presenza sulla prospettiva Nevskij; Sainte Epine è quasi uno scherzo buffo, con testo in francese tratto da una poesia di Louis Aragon, e costruito musicalmente su un frammento di un precedente brano, La Couronne, contenuto nell'ep SOFFIO DI NERO che di questo lavoro possiamo considerare l'antipasto vista poi la presenza dell'omonima canzone. La rediviva Romina Salvadori, ex vocalist degli EstAsia, compare nei cori di Acqua e di Diteci Che Siamo Sani mentre la voce della scoperta Janina Mic' apre e chiude Fiaba Rossa. La notturna Chiasso spiana elegantemente la strada alla strumentale e conclusiva Tema Di Sueña. Un disco barocco, sognante, bucolico, dal sapore mitteleuropeo, benché italianissimo nel lavoro di maniacale cura formale, che cresce ascolto dopo ascolto, da degustare lentamente come quei vini da meditazione prodotti nel Veneto del buon Grazian. Che poi proprio Alessandro sia stato l'unico Musicista ad aver avuto fin qui il privilegio di vantare la presenza contemporanea su di un proprio cd di due factotum come Gabrielli e Nicola "Bologna Violenta" Manzan dovrebbe far riflettere una volta di più. Chapeau.
CORPO ESTRANEO
Nomadi
- Atlantic - 2004

Attacco più grintoso di così non potevano scegliere né sferrare: L'Ordine Dall'Alto, il miglior brano di sempre con Massimo Vecchi alla voce, dà subito le coordinate di quello che è il sorprendente 24esimo disco in studio di Beppe Carletti e soci, grazie alla sua urgenza sonora, urlata e diretta. Già qualche avvisaglia col precedente AMORE CHE PRENDI AMORE CHE DAI si era avuta, ma difficilmente un ascoltatore distratto avrebbe mai pensato di dover correre ai ripari per la pioggia sonora di decibel scaricata dai Nomadi con questo cd assai maturo e dai forti accenti hard. Oriente è il singolo apripista che, su riff di Cico Falzone e tappeto di tastiere, lascia libero sfogo al sempre ottimo Danilo Sacco: se con quella voce può, come si suol dire, fare ciò che vuole, qua risulta incisivo come non mai per un brano dall'ampio respiro, immediato, ma per nulla scontato. Daniele Campani picchia come un dannato sui pezzi più tirati, merito anche di una produzione snella che non ne mortifica la bravura dietro le pelli; la potente title track Corpo Estraneo è micidiale sia in studio, con ancora Falzone sugli scudi, sia dal vivo, dove saranno ben tre le chitarre elettriche utilizzate per eseguirla. Il rock di Essere O Non Essere è abbastanza standard, ma pur sempre di buona fattura, eppure sono da preferirgli Vulcani, ben più ispirata e pronta a farci gettare il cuore oltre alle fiamme, e Stringi I Pugni, ariosa composizione dai toni pacati, ma decisi. La più compassata In Piedi, mancato brano per la vetrina sanremese, e la country-oriented Stella Cieca, affidata a Vecchi, saranno due brani frequentemente eseguiti anche nei tour successivi. Sorte analoga capiterà all'emozionante Confesso, vero e proprio spot per Sergio Reggioli e il suo violino, mentre Sacco ci spiega la differenza tra il confidare e il confessare. E, mentre l'hard-blues della conclusiva La Voce Dell'Amore fa muovere su e giù la testa una volta ancora grazie ad un ispirato Vecchi, autore del brano con Carletti e con una vecchia conoscenza in casa Nomadi come Aida Satta Flores, menzione particolare va fatta per la stupenda Soldato: intro di pianoforte, accompagnamento di violino a dar la linea guida e Danilo Sacco che entra nuovamente da par suo seguìto a ruota da tutti gli altri strumenti per quello che, alla luce dei poco meno 47' di durata, risulta essere un altro capolavoro da sfoggiare con classe ed eleganza. Tutti in guardia!

venerdì 16 luglio 2010

UN PÒ ARTISTA UN PÒ NO(BRAINO)

Dei Nobraino si può dire tutto e il contrario di tutto. In Romagna sono una band cult, con centinaia di live alle spalle nei posti più disparati, dai locali più in ai pub sulla spiaggia. Ogni data è un piccolo grande evento.
Spettacolo, ritmo e preparazione musicale sono all’ordine del giorno.
Nel febbraio 2009 passarono a Le Piccole Iene in provincia di Novara con il loro spettacolo. Quest'anno son apparsi a furor di popolo a Parla Con Me, in seconda serata, su Rai3. Consiglio vivamente di non lasciarveli sfuggire quando passeranno dalle vostre parti.
Nel frattempo, Signore e Signori (della Corte), a Voi il funambolico Kruger, frontman dei Nostri.


Che effetto fa suonare nel nord Italia, “settore ovest”, voi che perlopiù avete un buon seguito sulla costa adriatica e nel sud?
Kruger: Qui in effetti siamo stati poco, al momento diciamo che è ancora una zona ostica, però ci piace andare nei posti dove non ci conoscono. I motivi di questa nostra scarsa presenza da voi sono quegli stessi che al contrario ci hanno portato a suonare altrove. Si aprono dei varchi e dopo le cose vengono da sé. Da queste parti non è mai partito nulla, non abbiamo mai fatto live significativi che alla fine sono quelli che ti portano altri concerti. Tutto questo è però successo altrove. La nostra promozione sostanzialmente è rappresentata dai concerti per cui dove siamo andati, dove siamo tornati, abbiamo creato un motivo di permanenza.

Però avete già due album all’attivo.
Kruger: Mah, i due cd non sono neanche da calcolare, cioé io penso che un album per poter esser chiamato tale debba avere una sua vicenda discografica, anche solo a livello prettamente di vendita, di ascolto o di distribuzione. Se io produco un telefono che però non si vende, non è sul mercato, non è da nessuna parte è un po’ ambiguo parlare di produzioni all’attivo. Io penso che i Nobraino abbiano messo a disposizione del proprio pubblico dei pezzi ascoltabili su disco; questa è la verità. Ci piacerebbe in effetti lavorare ad un disco vero e proprio, ma premesso che non c’è attualmente un mercato o una realtà felice per questo tipo di prodotto, rimane la lavorazione al disco che è ciò che ti fa dire se hai attirato minimamente l’attenzione di una qualche radio o se c’è stata una “infiltrazione” in quel settore piuttosto che sulla stampa, sul web, ecc.. Questo tipo di meccanismo si chiama lavorare ad un disco. Entrare in studio e mettere su un supporto dodici tracce non è fare un disco per me, ma è semplicemente registrare dei pezzi.


Come nascono i Nobraino?
Kruger:
Più o meno il discorso fatto fino adesso è in linea con la nostra vicenda nel senso che nascono dal fare una cosa insieme; non c’è premeditazione, non è un progetto scritto a tavolino per cui... semplicemente è così, si fa. I Nobraino stanno insieme, i Nobraino suonano, non c’è qualcosa di precostituito che mi può far rispondere alla domanda.

Collaborazioni?
Kruger:
Mmm…no, no, perché siamo ancora un gruppo…

…autarchico?
Kruger: No, secondo me siamo semplicemente ancora un po’ immaturi per collaborare. La nostra identità ha ancora un pò il timore di fare mosse del genere.


Però le potenzialità ci sono.
Kruger: Sì, sì, lo so, però ci piace ancora stare un pò nella nostra nicchia, nella nostra famiglia. Sicuramente quando ci sarà uno sviluppo ulteriore...; cioé sostanzialmente ancora non ci annoiamo, è sempre tutto una scoperta continua come ad esempio andare in un posto dove ancora non ti conoscono nonostante siano molti anni che suoni. E comunque abbiamo un movimento che è sempre in positivo, nel senso che rispetto a ieri anche un centesimo di euro oggi è un centesimo di euro in più; nell’arco di un anno è nulla, però il segno dei Nobraino è sempre un “+” ed è un orgasmo prolungato all’infinito, bello ogni volta.
Una serata come quella di stasera ad esempio sarà sempre emotivamente bella. Entro certi limiti può sembrare un ragionamento poco credibile, però è ancora un bel periodo questo dove ti lasci andare con la testa, con i sogni, fai tutto con una emotività diversa rispetto a chi magari ha altre priorità di carriera o di soldi.

Percepisco una tua disillusione rispetto al futuro, come mai?
Kruger: Beh, è un momento un pò fermo per tutti quindi inevitabilmente si finisce per subire la realtà, o presunta tale, per cui c’è un pò di rallentamento: hai voglia di fare, ma cazzo, manca sempre qualcosa. Parliamo dei soldi per esempio, quelli mancano; mancano per sopravvivere quasi, per cui…il futuro lo vedo bene rispetto al discorso che ho fatto prima, però alla fine dell’anno sono 3 gli euro in più, non 30.000. E ti vengono meno le forze. Si resiste per il gusto di cui ti parlavo.

Nei tuoi testi vengono ritratti molti personaggi sopra le righe le cui storie colpiscono l’ascoltatore al punto tale da domandarsi da dove possano venir fuori.
Kruger:
Quello è uno sforzo compositivo. Scrivo ciò che vorrei leggere, ma non sono così fortunato da svegliarmi la mattina col testo pronto. È come quando uno cucina bene e gli amici gli fanno i complimenti: lui si impegna a cucinare bene per far loro qualcosa di buono da mangiare.

Nel caso dei Nobraino ritieni che il tuo tentativo sia andato a buon fine?
Kruger:
No, siamo ancora lontani. Mi sono accorto che ultimamente scrivo più di sentimento, cosa sempre evitata come la peste, il che vuol dire che ho un periodo di debolezza.
Io ho sempre creduto che in Italia scrivere d’amore fosse troppo facile, nella musica così come nella poetica. È un tema spontaneo. È difficile parlarne bene. Forse è anche questo: il confronto è talmente vasto che un pò annichilisce… Ho sempre un pò evitato questa tematica perché mi faceva più figo riuscire a parlare d’altro: fare una canzone interessante che non parlasse d’amore. Al limite di morte! Ho avuto un periodo un pò più dark in questo senso, un pò più di cronaca... Questo solo per far capire che penso a ciò che devo scrivere.


Quali sono i tuoi numi tutelari? Dicevi che è difficile parlare d’amore bene perché probabilmente qualcuno in passato l’ha già fatto. A chi fai riferimento?
Kruger:
Uno su tutti Battiato che scrive in maniera impeccabile di sentimenti. A me piace tantissimo. Un altro è Conte perché è un gran maschilista, un grande uomo d’altri tempi, aristocratico. Ci sono modelli che tengo a mente e con cui mentalmente mi confronto quando scrivo: magari ne avessi di più!!

Mai pensato di fare una loro cover? Anche perché in repertorio ne avete parecchie e tutte rielaborate secondo il vostro stile.
Kruger:
Battiato manca. Di Conte ne facciamo ben due per cui in questo caso siamo già coperti.
La cover è una dimensione che abbiamo dapprima negato perché ad un certo punto abbiamo sentito l’esigenza di affrancarci dal cliché della cover band che normalmente agli inizi tutti perseguono e perché volevamo imporci di suonare pezzi nostri mentre in un secondo momento, arrivata un pò più di tranquillità su quello che eravamo, siamo stati in grado di fare degli arrangiamenti andati a buon fine e apprezzati innanzitutto da noi stessi. Sui contemporanei facciamo ancora fatica a esporci, ma coi grandi classici da Carosone a Buscaglione passando per De André, De Gregori, Conte, Patty Pravo, Toto Cutugno, Capossela ci siamo misurati nel modo in cui t’ho raccontato.

Una persona che non vi conosce perché dovrebbe venire a vedervi?
Kruger: Mah, per nessun buon motivo se non che qualcuno gli dice di venire: di solito è ciò che succede. Il passaparola penso sia ancora un mezzo importante perché un amico, quindi una persona di cui ci fidiamo o ancora meglio una persona di cui condividiamo i gusti o di cui stimiamo le scelte, se ci dice di andare a vedere un film o di ascoltare un determinato pezzo è inevitabile che verrà ascoltato più che se ce lo viene a dire il dj della radio o l’omino alla tv. È un processo più lento, ma più efficace.
Internet, con myspace, facebook e quant’altro, non fa che potenziare il passaparola, diventa interessante la questione, tant’è che il nostro sviluppo è avvenuto da che esistono questi mezzi di comunicazione. Per cui io che ho un animo un pò "contraddetto" rispetto alla tecnologia sono tranquillo nell’approvare queste forme. Penso ci sia del buono come in tutte le cose, andrebbe solamente gestito da persone coscienti riguardo la direzione da seguire. Il problema è che a volte questo manca, ma manca dappertutto, dal telefonino al tabacco perché, voglio dire, una sigaretta dopo cena penso potrebbe essere un piacere per milioni di persone e invece ci sono degenerazioni: gente che non ne fuma una e gente che ne fuma tre pacchetti…siamo fatti per degenerare…

Sei apocalittico.
Kruger: Ma, ho avuto un…non vorrei sbilanciarmi, poi non so neanche se questo è lo spazio adatto. L’uomo è divertente perché ha un sano spirito autodistruttivo. Io penso che faccia spettacolo con la sua autodistruttività per cui ci divertiamo tutti un mondo: basta guardarsi intorno. Non penso sia la strada giusta da percorrere, però quello che percepisco è questo.
Qualche giorno fa ragionavo tra me e me e pensavo a come a metà del millennio scorso, quando ancora Colombo doveva arrivare in America, sulla Terra ci fosse un continente dove gli uomini vivevano in simbiosi con la natura mentre dall’altra parte c’era già qualcosa che si stava ammalando, che stava degenerando, tipo una cellula che impazzendo è andata a contaminare l’altra parte. Questo è il senso di cui ti parlavo prima. Da qui a lasciarsi condizionare e diventare pessimisti senza aver voglia di fare niente per migliorare, non se ne parla. Il panorama non è dei migliori, ma il proprio giardino si può tenere pulito.

Anche in ambito musicale, giusto?
Kruger:
Di band valide ce ne sono tante, forse manca un circuito che ci tenga in vita, che ci sfami. Tuttavia, come ti dicevo prima a proposito delle collaborazioni, anche in questo caso se uno lavora intensamente sul proprio, io credo ce la si possa fare. Magari siamo ancora squattrinati, abbiamo sempre poco tempo, abbiamo sempre poco di tutto per riuscire a fare anche una collaborazione, però…

..l’unione fa la forza.
Kruger: A volte vedo un pò dispersiva questa tendenza a far un progetto, poi un altro e un altro ancora. Io stesso a volte mi faccio prendere dall’idea di far altre cose, però poi mi accorgo che se metto quello che devo mettere qua, alla fine mi rimane ben poco. Però cerco; ho molti scambi con altri musicisti con cui mi trovo bene, con cui parliamo, con cui pontifichiamo, con cui ci ubriachiamo e parliamo della musica che vorremmo fare, poi niente: la mattina dopo smaltiamo la sbronza..


Andrea Barbaglia ‘10.
A SANGUE FREDDO
Il Teatro Degli Orrori
- La Tempesta - 2009

..2009, 2010, 2011, 2012: signori, questo è un EVERGREEN, altroché date!?! Scommettiamo? C'è davvero tutto: potenza, melodia, recitato, distorsioni, poesia, disperazione, vita, morte. Un delay ci tiene sospesi per circa un minuto prima che Io Ti Aspetto ci introduca, meditativa, nel cd: si leggon cose terribili ogni giorno nei giornali, alla tv non parlan d'altro, e noi attendiamo ben oltre le 4:00 del mattino, pesanti come un colpo, per cogliere l'Essenza. Oppure un arrivo. O un ritorno, soffrendo, forse è vero, di continue paure non giustificate. Con Due ecco giungere invece il primo assalto sonoro teso a sottolinearci rabbiosamente come tutto quanto sia destinato a scomparire!!. A Sangue Freddo è il singolo perfetto, così ficcante, crudo, melodico, aggressivo, profondo: un applauso alla memoria di Ken Saro Wiwa, e che diamine!?! Sembra di sentire il buon Pierpaolo Capovilla incitare e scuotere la folla ai concerti del suo gruppo, sempre più numerosa e attenta tanto alle performance quanto alle parole messe in musica. Quel che sorprende è come dopo il monolitico carrarmatorock del precedente L'IMPERO DELLE TENEBRE il gruppo veneto abbia mandato in stampa un cd così ben bilanciato tra slanci critici e qualità artistico-culturali che da troppo tempo mancavano qui in Italia. Senza mai ripetersi. Direzioni Diverse pulsa infatti beat grazie anche alla collaborazione con Bob Cornelius Rifo, già mente del progetto The Bloody Beetroots, mentre l'Amore tramonta malinconicamente di fronte all'orizzonte dei protagonisti. La sublime Majakovskij ha la riuscita capacità di portare Carmelo Bene e un certo teatro-canzone di gaberiana memoria su lidi rock, tra dissonanti trame chitarristiche e improvvisi momenti di vuoto sonoro, lasciando all'urlo de Il Terzo Mondo, alla schizofrenia marziale di Alt! e alla catartica È Colpa Mia il compito di assestare educativi schiaffi in faccia e calci nello stomaco a tutti quanti i benpensanti. Certo, La Vita È Breve. Se ci sarà una futura e prossima Redenzione non ci è dato saperlo per intanto, ma se è vero come è vero che la Bellezza salverà il mondo speriamo allora che questo sia Die Zeit giusto. Basterà un Padre Nostro? Mai Dire Mai.

mercoledì 14 luglio 2010

SONGS OF FLESH & BLOOD
Juan Mordecai 
- V2 Records - 2007

Primavera/estate 2007. Juan Mordecai. Ah, bene! Ecco, ma... Juan Mordecai chi? Effettivamente, a tutta prima, non è facile individuare dietro questo nome dal sapore sciamanico il progetto che vede in prima linea David Moretti e Andrea Viti affiancati da tutti gli ex compagni dei Karma più una pletora di ospiti che promettono di far sfracelli, in studio e dal vivo. E discone fu!
Prodigal Son e Someone Better spingono sull'accelleratore fin da subito tanto per mettere in chiaro che gli ingranaggi non si sono arrugginiti in tutti questi anni di silenzio; l'ipnotica The Flesh Song, così polverosa e arida, ci trasporta in pieno deserto. Skin & Bones urla nervosa; Desert Tree, uno dei picchi del cd, è talmente cinematografica, obliqua e spettrale da mettere i brividi dopo pochi ascolti.
Ma il clou vero e proprio è la febbri-eccitante Demon Lover posta in chiusura: l'incedere ipnotico e la voce (!!) di Viti conducono gli ascoltatori per oltre 9 minuti in un mondo parallelo, supportati dai noises dell'"alchimista" Xabier Iriondo che si prenderà i suoi spazi durante il tour successivo.
E una menzione va fatta proprio per le date live che si (s)materializzeranno nel corso del 2008: Juan Mordecai salirà sul palco coi Karma al gran completo affiancati da Xabier alla chitarra e da Franci Omi (sì, quello de Il Grande Omi!). Potentissimi, Mordecai non farà prigionieri: i brani tratti da SONGS OF FLESH & BLOOD si alterneranno, tra le altre, alle karmiane Il Cielo, Cosa Resta, La Terra. Dalle ceneri sparse sui palchi di quella tourneé risorgeranno nell'estate del 2010 i Karma. E il ciclo continua...