martedì 25 giugno 2019

PINHDAR - Pinhdar

PINHDAR
Pinhdar
- autoproduzione - 2019
 
Nati dal cuore pulsante dei mai dimenticati Nomoredolls, i Pinhdar sono la nuova creatura dell'affiatato duo composto da Cecilia Miradoli e Max Terenzi. Dopo anni di silenzio discografico ampiamente compensati dall'organizzazione dello sfizioso festival A Night Like This, capace di valorizzare giovani emergenti e futuri big della musica internazionale in quel della piccola Chiaverano, eccoli riaffacciarsi alla ribalta con un progetto che solo in minima parte ripercorre le orme sonore del passato (Awful Heart), ma che ne conserva la brillante capacità di scrittura e la freschezza compositiva. Con un orecchio rivolto alle sonorità d'Oltremanica e l'altro a quelle portate alla ribalta anche dai colleghi giunti nel Canavese nel corso della manifestazione di cui sopra, i sette brani che compongono il disco d'esordio dei Pinhdar mantengono una significativa dichiarazione di poetica artistica, suggestiva e simbolica. Nell'art rock elettronico dell'opener Toy sono per la verità già rintracciabili le coordinate che non solo caratterizzano le successive canzoni, ma che addirittura rivelano l'intenzione del progetto tutto. La fluidità melodica e una costruzione sonora fatta spesso di ricercate quando non ardite trame musicali, minimaliste (Speak In A Corner) o gioiosamente arricchite d'un eclettismo dilagante (Breaking) a seconda delle esigenze dei musicisti sono in netta contrapposizione alla seriale povertà di soluzioni dilagante oggigiorno altrove e diventano le protagoniste indiscusse della loro fervida attività di ricerca. Il plurilinguismo musicale sviluppato tra trip hop, folk contaminato, post rock e ambient non è mancanza di equilibrio, ma volontà di esplorazione, rappresentazione interiore e creatività visionaria nel tentativo di esaltare i singoli suoni, in particolar modo la voce di Cecilia, in alcuni episodi mai così sottile e dolce come ora. Una tavolozza di colori al servizio della musica,  unica vera protagonista per un esordio inatteso e vincente.
 

sabato 25 maggio 2019

DNA - Deproducers

DNA
Deproducers
- Al-kemi Records/Ala Bianca - 2019

Dopo l'esplorazione del cosmo (PLANETARIO) e dell'universo vegetale (BOTANICA) il viaggio dei Deproducers continua con una potentissima zoomata all'interno del corpo umano: DNA è il terzo capitolo delle musiche per conferenze scientifiche sviluppate dal collettivo guidato da Vittorio Cosma, Max Casacci, Gianni Maroccolo e Riccardo Sinigalllia ora alla scoperta dell'infinitesimamente piccolo, dell'invisibile vitale dentro noi. Partendo come sempre dal presupposto che la scienza abbia belle storie da raccontare spetta all'innovativo intreccio di linguaggi comunicativi messo in gioco dal quartetto, qui coadiuvato dal filosofo evoluzionista Telmo Pievani - nuovo sorprendente frontman sulla scia dei predecessori Fabio Peri e Stefano Mancuso - sviscerare la stupefacente storia della vita e quella del suo lato oscuro, il cancro, tra riproducibilità, mutazioni ed evoluzione. Con la musica intesa come forma di libero sapere umano capace di trasformare istintivamente in emozione il linguaggio scientifico, spesso ostico e settoriale, l'impegno e il dovere di condivisione della ricerca trovano modalità di espressione nuove, dall'ampia portata e dall'immediata fruibilità; scopo finale dell'azione sarà quello di convertire tutti i concetti razionali presi in esame in storie musicali affinché possano suscitare in un pubblico che scientifico non è lo stesso tipo di emozioni che sono già in grado di suscitare presso scienziati e ricercatori. Una pop opera avvincente ed originale dunque, lisergica e spigolosa, poggiante sulla dinamica evolutiva di Abiogenesi (con l'inatteso Tullio De Piscopo alla batteria), sul falso strumentale Caso E Necessità e sulla decisiva Suite Cellulare, quattro movimenti propedeutici all'introduzione di quella pietra fondante che è L.U.C.A., acronimo dell'unico antenato comune universale alla base di ogni forma di vita come la conosciamo, argomento dinamico di sperimentazione e ricerca. In collaborazione con AIRC. Per la ricerca. Per la Vita.

giovedì 23 maggio 2019

ALTRI OCCHI - Cara

ALTRI OCCHI
Cara
- autoproduzione - 2019

Con il suo incedere indolente e malizioso spetta al singolone Prendo Senza Chiedere anticipare e promuovere il secondo album di Cara, al secolo Daniela Resconi, un passato prossimo condiviso con il sinnersaint CJ Cobos nel duo The Loud Vice, un presente vibrante e puntellato da cinico realismo, un futuro promettente e carico di giuste aspettative, proiezione articolata di una personalità ferma e decisa. ALTRI OCCHI riparte dal precedente RESPIRA, ma ne smorza le asperità più elementari concentrando l'attenzione su scene di vita quotidiana non più meramente relegate a semplice sfondo cronachistico. La visceralità, il fuoco interiore, lo spleen di Cara continuano così a diffondersi in forme musicali diverse, eppure sempre in modo capillare, come una emorragia, come una ferita incapace di rimarginarsi, emozione pura che sgorga dal cuore, condizione sentimentale destinata a non esaurirsi. Seducente nella sua tensione irrisolta, priva di solennità e ricca di guizzi chiaroscurali, l'irrequietezza di fondo è tratto distintivo e familiare della canzone resconiana, mai pretesto manierista. È l'interiorità esplicitata attraverso musica e parole, centro di un universo personale che nulla chiede al prossimo, ma che sa farsi comprendere sfruttando veloci sottolineature impressioniste e semplici costruzioni volumetriche. Con una naturalezza stupefacente. Mai una accelerazione di ritmo che vada ad inficiare il complesso procedimento mentale sintetizzato e restituito all'ascoltatore attraverso note, testi e melodie; eppure tutto concorre ad accrescere la tensione introspettiva e mostrarne sempre il volto migliore. Figlia diretta del miglior rock anni '90 Cara allarga gli orizzonti e riscopre la coerenza della scena che due generazioni fa l'ha preceduta. Attraverso impercettibili mutamenti, tra malinconia e disincanto, tra penombra e trasognanti illuminazioni.   

martedì 30 aprile 2019

IN/OUT - Zuffanti

IN/OUT o LA FINE DELL'AMORE
Zuffanti
- AMS Records - 2019

Discograficamente parlando avevamo lasciato Fabio Zuffanti alle prese con l'interessante operazione di recupero e restituzione emotiva attuata da Mox Christadoro attraverso il suo inatteso album d'esordio, capace di spaziare dall'afflato poetico della coppia Dalla-Roversi fino ai primi aggressivi Decibel targati Ruggeri, passando per il Baglioni a suo modo più ostico di fine anni '70. Ora, a distanza di due anni, ecco licenziato - questa volta a suo nome - per la sempre competitiva AMS Records il sorprendente IN/OUT, una volta ancora prodotto da Livio Magnini ed egregiamente supportato da un nucleo di collaboratori fidati, capaci di mettere in bella copia ciò che nelle intenzioni del musicologo ligure è summa di sperimentazione e rischio. Attraverso le nove tracce proposte da questo nuovo lavoro, mediato e meditato a lungo, è una nuova koinè musicale quella che viene proposta in nuce. Su una base prog ben definita che spesso e non solo nelle fasi più acustiche si fa piacevole omaggio a Le Orme di Aldo Tagliapietra, ecco svilupparsi e alternarsi funzionanti meccaniche drum and bass, sospesi ritmi jazz, progressioni new wave specchiantisi nei Bluvertigo e inediti sviluppi dance; con la preziosa voce di Fabio Cinti orchestrata su direttrici sonore spesso parallele, tesa a riappropriarsi di uno spazio principalmente onirico ed estatico, quasi a rovesciare luoghi comuni di genere e forma. Ciò che si chiede a Zuffanti non è del resto una rivoluzione copernicana del progressive, ma una sua attenta ed esaustiva rivisitazione, sfruttando competenze e soluzioni alternative ad una estetica musicale sempre aperta alla sperimentazione. Puo' sembrare una idea perturbante, ma alla fine è semplicemente quel metafisico desiderio tutto umano che ci consente una volta ancora di ammirare il mondo con meraviglia e stupore; Ascoltate Attentamente Perché Sono Cambiate Le Nostre Opzioni.

lunedì 29 aprile 2019

UNO - Cevolani - Inghes

UNO
Cevolani - Inghes
- autoproduzione - 2019

È il ticchettio persistente di un orologio ad introdurci al primo lavoro composto, suonato, registrato, arrangiato e prodotto da Mario Inghes con la fattiva collaborazione della rediviva Valeria Cevolani. Un incontro a suo modo imprevedibile tra due anime che, verosimilmente, ad un certo punto delle proprie esistenze devono aver compreso come entro un certo limite la limpidezza della forma canzone rischiava di diventare caotica sciatteria e la melodia sciocca banalità. Muovendosi con macchine analogiche tra post punk e alternative rock, tra elettronica e dark wave, il duo apre il proprio vissuto ai dolori, ma soprattutto alle speranze della storia contemporanea avvalendosi di una proprietà di scrittura e composizione utile per correggere e sostituire quell'apparente impressione di facilità - altrove inopportunamente tanto in voga - con una elaborazione fine e ragionata, alla base di uno stile peculiare capace di aprirsi ad un possibile ascolto europeo. Se l'ambiziosa fantasia plurilinguista di Andromeda è infatti il primo vero episodio musicale dopo l'iniziale minuto di assestamento che risulterebbe senz'altro caro ai Deproducers di PLANETARIO, il pieno assorbimento delle energie di UNO si traduce nella linearità dilatata delle chitarre di Secouez Moi, nel vivido codice synthetico di Etere, capace di fondere Socrate, Kraftwerk e Talking Heads, e nell'eleganza futurista di Volevo Dirti, plasmabile materia pop, via di mezzo tra Nine Inch Nails e Deasonika coi CCCP-Fedeli alla Linea ben vivi nel cuore. Nel moto perpetuo delle sonorità liquide che si sviluppano lungo tutto l'EP nulla viene lasciato al caso: attraverso la trasformazione di ciò che è immediatamente percepito affiora il segno di un nuovo ordinamento, si delineano le categorie fondamentali della ricerca, trova compimento l'impronta originale della propria personalità.

venerdì 26 aprile 2019

MIRA BOULEVARD - Mira Boulevard

MIRA BOULEVARD
Mira Boulevard
- autoproduzione - 2019

Quando la creatività è libera da vincoli e costrizioni di qualsivoglia natura ci si può tranquillamente imbattere in progetti artistici che pur partendo in sordina avrebbero tutte le carte in regola per ambire a riconoscimenti di prestigio. È il caso del collettivo Mira Boulevard  studiato, pensato e progettato dal poliedrico Lory Muratti, nome ben spendibile nel circuito musicale varesino da oltre un decennio, che individuati i giusti spiriti affini ha saputo sviluppare il margine individuale d'azione in maniera misurata e priva di frenesia per ottenere una amalgama di spessore. Il passare in rassegna con metodo i dieci episodi musicali che compongono l'esordio digitale della band pone l'ascoltatore non solo nella classica condizione di fruitore esterno, tutto teso a decifrare nella fattispecie il messaggio/racconto di Stefano Miramonti, l'autore prescelto per sviluppare le liriche, ma più ancora consente di integrarsi per osmosi a tal punto da divenire soggetto principe della narrazione e oggetto ultimo delle riflessioni che ne conseguono. Guidati dalla calda voce di Davide Gammon e da quella ugualmente suggestiva di Jade Hoffman Canali ci incamminiamo lungo un percorso che porta diritto al confronto tra l'io interiore e il mondo che ci circonda, non senza esserci resi conto che solo all'apparenza le due realtà divergono; fin dall'inquietante calma illusoria che pervade Dal Tetto Di Un Palazzo la bellezza compositiva è il solo tramite in grado di superare crisi e rigetti, frenesie e nevrosi, così da ritagliarci un piccolo spazio vitale che non anticiperà una nuova età dell'oro, ma renderà la ciclicità delle cose assai più sopportabile e comprensibile. Nel tentativo di scandagliare il nostro subconscio con onestà intellettuale anche quando è scomodo e difficile rivelare quanto si è visto MIRA BOULEVARD è "il racconto di uno che sa cosa fa perché fa quello che deve", ne è il percorso condiviso e la parabola vitale. L'ultimo baluardo solitario affinché il dubbio non mini la nostra essenza dalle fondamenta.

lunedì 15 aprile 2019

ENEA - Epo

 
ENEA
Epo
- Soundfly - 2019
 
Non demordono gli Epo di Ciro Tuzzi e con questo loro quarto album, licenziato attraverso una fruttuosa campagna sulla piattaforma di crowdfunding Musicraiser, confezionano quello che, pur ponendosi in forte e deciso contrasto con l'immediato passato rappresentato dal precedente ep SERPENTI del 2016, assurge al ruolo di miglior lavoro finora concepito e realizzato dall'attuale formazione partenopea stabilizzatasi da qualche tempo in quintetto anche grazie agli innesti della garanzia Gabriele Lazzarotti al basso e di Mauro Rosati alle tastiere. La svolta principale sta tutta nella decisione di affidarsi per la prima volta esclusivamente al cantato napoletano, scelta solo in parte utilizzata in precedenza (Notte Doce, il tributo a Pasquale Cannavacciuolo de Tu Nunn' O' Ssaje, l'ancora più antica Core) e che oggi, oltre ad aver costretto il gruppo per sua stessa ammissione a reinventarsi come musicisti, dona un tocco quasi esotico a canzoni dall'energia mediterranea, ma sviluppate secondo i crismi di una world music ancestrale capace di risalire l'intera Europa continentale. Così spetta all'opener Addo' Staje Tu farsi stella polare e indirizzare l'ascoltatore verso i nuovi lidi sonori mentre la centralissima Damme 'na Voce non è solo una richiesta sussurrata di amore, ma soprattutto si fa nucleo  intorno a cui l'intelletto di un artista costruisce pazientemente il suo lavoro; nuova possibilità di comunicazione verso l'esterno anche quando veicolata da quell'uomo-schermo che qui veste i panni dell'eroe virgiliano. Da questa condivisione parte il viaggio degli Epo, senza requie, alla ricerca di un comune senso da dare alla realtà, pilastro di consapevolezza, testimonianza di significatività in un territorio non semplice come quello dell'animo umano.

venerdì 12 aprile 2019

SOON - Lags

SOON
Lags
- To Lose La Track/Fuzzy Cluster Records - 2019

Sfrontati e lineari i Lags si ripresentano a distanza di quasi quattro anni dall'esordio PILOT con un secondo album non troppo distaccato dalle sferzate del suo predecessore, ma al tempo stesso per nulla ancorato ad una rigorosa procedura post hardcore riscontrabile in tanti lavori di genere. Con un approccio primordiale al limite del punk e tanto sudore speso negli anni che hanno separato la genesi dei due capitoli discografici dal quartetto laziale sui palchi medio-piccoli della provincia italiana, se da un lato l'impatto è sempre e comunque in your face è la cura dei particolari a fornire dall'altro una linfa nuova, quasi introspettiva quando non malinconica alla decina di pezzi scelti per andare a comporre il nuovo SOON. È la stratificazione psicologica delle nostre esistenze, la deriva greve e cinica del sociale in cui viviamo a farla da padrone; una realtà minore eppure sempre più diffusa e convulsa in cui frustrazioni e speranze si scontrano, si compenetrano per osmosi e alla fine si fanno narrazione di ricordi, ma mai dichiarazione di resa. Anche se la minaccia costante del fallimento aleggia sulle vite dei protagonisti e per estensione su di noi è la rabbia che cova sotto la cenere a spingere una volta ancora alla ribellione, ad elaborare un pensiero indipendente, un urgentissimo orgoglio di resistenza. Un disco a suo modo di lotta, di passione in senso lato e di tenacia in cui i ruoli sono ben definiti e i problemi esorcizzati come carburante di vita. Un disco che guarda alla ineluttabilità del fato come momento di sospensione e immediatezza: terrificante finzione, immaginifica consapevolezza.

lunedì 8 aprile 2019

1985 - Alosi

 1985
Alosi
- La Tempesta Dischi - 2019 

Per alcuni (lungimiranti?) ascoltatori Il Pan del Diavolo è stato da sempre un progetto riconducibile al solo Pietro Alessandro Alosi, allargato a duo fin dagli esordi per implementare la carica rock di un altrimenti sanguigno folk blues che in Italia aveva avuto punte di eccellenza fin dalla prima metà degli anni '70. In pausa dal sodale Gianluca Bartolo dopo una decina di anni di carriera vissuti fianco a fianco, è in questa anomala primavera italiana che Alosi abbandona la strada più consolidata e sicura, ma forse anche un poco logora e carente di stimoli, per addentrarsi in un percorso di extravaganza rock già ampiamente rintracciabile a partire dal demo d'esordio de Il Pan del Diavolo datato 2009, che solo ora puo' dare libero sfogo a pulsioni elettriche definite e sferzanti, accentuate da una trama new wave su un ordito punk. A colpire sono tanto la fluidità narrativa quanto quella sonora che crescono e soprattutto si compattano ascolto dopo ascolto, sia che ci si trovi di fronte a canzoni autobiografiche (la quasi sanremese La mia vita in tre accordi, la conclusiva Solo e vivo) sia che si venga travolti da vortici sonori elementari, ma sempre d'effetto (666, Comete). Non si può fare musica come se fosse un mestiere normale né serve qui cercare una linea direttrice a questo lavoro; basta assaporarne l'atmosfera, il sentimento sincero che valorizza un'esperienza ora messa nero su bianco con singolare trasparenza e che reclama il dovere di farsi ascoltare. Non è solo una voce, ma una intera realtà che porta i segni dell'età contemporanea anche se vagamente fuori moda. Ci vogliono occhio e orecchio; Alosi ce li ha e sa cosa vuol fare. È il suo ritorno al futuro, scritto e ritmato da un linguaggio fresco ed empatico. Rem tene, verba sequentur.

venerdì 15 marzo 2019

EMOTIONAL GARBAGE - Oblomov

 EMOTIONAL GARBAGE
Oblomov
- Oneiric Productions - 2019 
 
Non c'è forse definizione migliore rispetto a quanto affermato oltre un secolo fa da Friedrich Nietzsche riguardo l'arte, e cioè che essa stessa nasce dall'unione di due elementi, un grande realismo e una grande irrealtà, in grado di descrivere l'essenza degli Oblomov, eclettico duo avanguardista giunto al suo secondo lavoro su lunga distanza dopo la propedeutica parentesi dell'ep MULTIEXIT. Se infatti l'arte è per l'arte e non ha altro fine che la creazione dell'arte stessa, gli Oblomov sono per gli Oblomov e il loro fine è l'esistenza della loro stessa potenza vitale basata su suoni e percezioni visive provenienti dall'esterno, senza soluzione di continuità, come nel caso dei dipinti e dei disegni firmati da Alessandro "Sicioldr" Bianchi che fanno bella mostra di sé nel curatissimo booklet di EMOTIONAL GARBAGE. Un cd proposto e distribuito all'interno di una cornice in legno, che si fa concreto oggetto artistico concepito in una visione situazionista della musica, dove l'ascoltatore è tuttavia visto apaticamente quasi come un intruso, come lo straniero, come un alieno in uno sviluppo controllato di pulsante new wave e psichedelico post rock. Pare non esserci comunicazione tra autori e fruitori - del resto è lo stesso gesto artistico a non dover significare nulla - né viene richiesta alcuna comprensione a riguardo. Eppure è proprio in questa frattura degli spazi, così netta e sconcertante come ben restituiscono gli anti-concerto proposti dagli Oblomov, che si manifesta la forza stessa dell'evento, la sua autenticità. È qui che emerge una neutralità di fondo che consente a ciascuno di noi di farsi parte attiva nel ricomporre attraverso l'intelletto e l'ascolto la propria esperienza personale in una circolarità altrimenti fine a sé stessa; qui la vita si fa evento e verità. E ci viene restituita. Anche se soltanto dal buco di una serratura da cui ci siamo accorti di spiare morbosamente.