mercoledì 30 marzo 2011

PIANTE GRASSE
Trombe Di Falloppio
- Sepolcreta - 2006

Eccole!! Eccole!! Sono tornate!! Sono tornate!! A bordo come sempre della loro mirabolante Duna bianca e a distanza di due anni dai gironi infernali del POVERO DIABOLUS, Falloppio, Strega, Allo, Flober e Il Ciffo si ripropongono come la miglior evvi-metal band nostrana. E non come la bagna caüda (nostrana pure quella). Sì, perché sotto la scorza di indefessi guasconi tra il goliardico e il demenziale si cela una cuore durissimo, fatto di metallo pesante, forgiato da passione e capacità tecniche di prim'ordine. La ricetta non tradisce le aspettative neanche questa volta: fin dall'ottima Angelone posta in apertura pare di veder lo scapigliato cantante, fintamente lungocrinito e novello Giovanni Buongiovanni, urlarci in faccia che, anche in qualità di padrone del suddetto cagnone, questa "è la mia vita!". E sono tanti gli omaggi pienamente riusciti che si susseguono nel platter. Vicks Sinex ha in mente gli scorpioni migliori di Germania mentre la collaudata coppia di axeman Strega-Ciffo si diletta a infarcire di ritmiche e soli l'anthematico rimedio farmaceutico nonché singolo mancato. Le Rane Fritte riprendono uno dei classici della vergine di ferro con un Marchino Strega davvero indiavolato e superlativo, da sempre valore aggiunto del quintetto piemontese che successivamente sprinta in Ho Il Culo Basso portando a casa l'ennesimo brano da applausi, forse il migliore del cd. Con Hulk si tocca il nirvana, seppur verdi di rabbia e livore per i troppi soprusi subìti, con la sezione ritmica in mano al "francese" Flobér e ad Allo, affidabilissimo e mai sopra le righe, che imbastiscono una solida base su cui si innestano chitarre e cantato; Barba Dura è punk a tal punto da aver potuto tranquillamente fare bella figura su TOGLITI IL TAPPO (GAUTE LA NATA) così come su...DOOKIE. Aprite i vostri occhi: Iguano è un ispirato alternative metal che riallacciandosi alle (diss)avventure della classica Rettilario giunge a formulare domande così estremamente filosofiche da lasciar un pò interdetti. L'amore ai tempi di Baget Bozzo è trattato in Coito Col Naylon e la dichiarazione d'amore al contrario di Siete Tutti Uguali prende addirittura a nume tutelare il sig.Rossi prima di abbandonarsi alle sonorità subsoniche di alcuni propri concittadini nel finale. Ottimi come sempre anche gli intermezzi di raccordo, dalla pugilistica Intro alla Merenda Sinoira in salsa mariachi, passando per le feticistiche Piante Grasse di... Frank Sinatra e David Lee Roth?! Il Pierlu, amico di lungo corso, ci introduce infine alla dance suonata di Angelone (Remix), inaspettata, ma ben fatta e di immediato appeal. Su le mani allora: Evribadi A Ridoria!!!

lunedì 28 marzo 2011

27-03-2011
- NOMADI live @ Officina H -
Ivrea (TO)

Non cancellare il passato, ma saperlo recuperare e rinnovarne le tradizioni è quanto di più auspicabile l'uomo possa fare per mantenersi in contatto con le proprie origini ed essere in grado di fornire nuovi stimoli futuri per sé e i suoi simili. Tutto ciò è stato un lento processo messo ormai in atto da più di una decina di anni presso l'ex cortile interno delle Officine Olivetti, una volta sede della nota azienda italiana e oggi interessante spazio sottratto alle incurie e all'abbandono, destinato a spettacoli artistici di diversa natura volti a valorizzare il territorio eporediese e piemontese tutto.

Grande merito per quest'opera a suo modo encomiabile va attribuito all'Associazione Culturale La Terza Isola, alla guida dell'Officina H per il terzo anno consecutivo e multiforme forza promulgatrice in questi anni di asfittiche proposte culturali. A ben guardare, le stesse finalità che auspicavamo per il recupero e la ridefinizione del passato possono tranquillamente essere attribuite per meriti sul campo anche alla band di Novellara, questa sera protagonista assoluta dell'Auditorium e capace di radunare poco meno di un migliaio circa di spettatori per un quasi sold out come spesso è in grado di fare anche in spazi più ampi. Come per ogni tour teatrale che si rispetti la serata si articolerà in due tempi, inframezzati da un quarto d'ora accademico di pausa che consentirà ai musicisti di rifiatare e ai fans, giunti principalmente dal nord ovest, di scambiarsi le prime opinioni in merito alla scaletta dei propri beniamini.

L'attacco è affidato ad un classico di questo tour, infatti l'ariosa La Dimensione abbraccia simbolicamente, grazie alla calda voce di Danilo Sacco, le due ali di folla che siede in platea preparando il terreno al ripescaggio de La Coerenza, accolta da un misto di gioia e stupore e interpretata congiuntamente da Sacco e Massimo Vecchi, da anni grintoso sostituto dell'originaria voce di Francesco Gualerzi che si può ascoltare su QUANDO CI SARAI. I siparietti tra Cico Falzone e l'amico Danilo sono proverbiali; uno di questi precede i ritmi latini di Lo Specchio Ti Riflette che si fa notare per una coda strumentale leggermente allungata anche se la prima canzone memorabile della serata è l'attualissima La Storia, anno di pubblicazione 1977, la quale nell'arrangiamento attuale rivela, grazie a Vecchi, una carica rock solo sfiorata trentaquattro anni prima.

A gentile richiesta del pubblico Sergio Reggioli accenna un brevissimo motivo zigano con il suo violino prima che i sei tornino a fare sul serio con la sempre brillante Due Re Senza Corona, poderosa e affascinante interpretazione di un brano di per sé già molto riuscito e amato. Reggioli al canto fornaciaresco e alla chitarra acustica è successivamente indice che la cover di Zucchero Hey Man è il prossimo brano in scaletta pronto a strappare convinti applausi vista la sentita interpretazione di Danilo Sacco. Mantenendo il violinista all'acustica, torna, dopo qualche tempo, Amore Che Prendi Amore Che Dai, attesissima dalle prime file e come sempre cantata a squarciagola in supporto a Massimo Vecchi mentre Beppe Carletti si concede una fantasia alle tastiere. Dopo una manciata di messaggi letti sul palco, ecco un altro classico che non fa prigionieri: su Dove Si Va la voce di Sacco viene quasi sovrasta dai cori dei novecento paganti mentre nell'altro anthem Pugno Di Sabbia è Falzone a sottolineare con un bel passaggio di chitarra l'acuto del suo frontman. I due hanno poi tutto il palco a loro disposizione nella magica L'Eredità, provata peraltro precedentemente
anche in sedi soliste e per la quale l'affiatamento è così elevato che non sfugge agli occhi dei più attenti la sincera stretta di mano tra cantante e chitarrista al termine del brano come a congratularsi per l'ottima esecuzione regalatasi.

Sacco viene ora raggiunto da Carletti e Reggioli per l'intensa Qui che suscita come sempre applausi a scena aperta ben prima del suo termine: il vibrato di Danilo è sincero ed emozionante, il violino di Reggioli toccante e commovente mentre Carletti orchestra il tutto con le note emozionanti del suo pianoforte. Standing ovation. Per movimentare la serata è tempo de Il Vento Del Nord: il nuovo arrangiamento, fresco e latino, consente a Falzone di esibirsi in un pregevole assolo finale di indubbia classe e offre uno scambio di testimone vocale a Danilo, Massimo e Sergio, le tre voci che si alternano difatti su altrettante strofe della canzone. Sono le 21:44. Ecco la pausa. Il ritorno on stage è battezzato da Il Nulla, meno coreografata rispetto a precedenti uscite teatrali, ma sempre di impatto e riarrangiata in chiave acustica con Reggioli ora al flauto, rispetto alle programmazioni e al computer del cd.

Io Voglio Vivere: fortunatamente niente coriandoli oggi anche perché la botta di vita che esplode ogniqualvolta si esegue questo brano, la Io Vagabondo per l'attuale formazione dei Nomadi, arriva comunque prima di affidarsi alle acque chete di Mediterraneo. Capolavoro assoluto l'assolone di Cico su Mamma Giustizia: finalmente liberata, la creatività del chitarrista ha modo di esprimersi senza vincoli nei sei minuti abbondanti lungo cui si articola la canzone: grandissimo. Altro classico proposto con il consueto pathos è Auschwitz seguita dall'omaggio a Marco Pantani de L'Ultima Salita. Un battesimo nomade formato maxi-extra-papale precede la grintosa, eppure un pò troppo logora, Marinaio Di Vent'Anni, sempre accattivante per carità, ma scontata a questo punto dello spettacolo nonostante i ricami finali di Carletti alle tastiere.

Di altra pasta l'ottima L'Uomo Di Monaco con Beppe che passa con disinvoltura alla fisarmonica mentre scorre nelle parole di Augusto Daolio interpretate da Danilo la storia dell'ex SS ormai vecchio e alla fine dei suoi giorni. Secondo e ultima cover estratta da RACCONTIRACCOLTI, Vent'Anni è l'eccezionale apoteosi del concerto grazie al prolungato acuto di Sacco davvero da brividi: il prezzo del biglietto passa anche da queste parti. "Oh, oh, intenditori..." si lascia scappare serafico il cantante piemontese mentre il pubblico gli tributa i giusti onori consapevole che potrebbe in qualunque momento rivaleggiare anche con Massimo Ranieri. E siamo quasi arrivati al termine dell'evento: le gucciniane Canzone Per Un'Amica e Dio È Morto, quest'ultima sempre molto vigorosa con le sue sfumature rock, sono infatti il classico preambolo alla conclusiva e corale Io Vagabondo, non prima certo di aver ringraziato le centinaia di persone accorse e i fans club presenti, da sempre sicura fonte di sostentamento e motore ben oliato della macchina nomade che macina chilometri in lungo e in largo per tutto lo Stivale italiano da quasi quarantotto anni.

Spetta in realtà al Te Deum far calare definitivamente le luci e il sipario sull'ennesima serata di festa che ha saputo catalizzare l'attenzione e la soddisfazione sia dei molti appassionati sia dei semplici curiosi, amici di vecchia data della band, impossibilitati magari a seguirla nei mesi estivi, che si sbracciano per acclamare e salutare i propri beniamini. Non immalinconisce più il clima uggioso che ha accolto tutti e che ci riaccompagna a casa: gli spazi dell'Officina H sono stati e restano una sicurezza di professionalità e calda accoglienza. Guardando l'orizzonte sull'autostrada si scopre con un sorriso sincero quanto la primavera sia ormai alle porte.

Andrea Barbaglia '11

un ringraziamento per la professionalità e la cordialità dimostrate all'amica Chiara Feliciotti e all'associazione La Terza Isola tutta.

il seguente post è raggiungibile qui: http://www.danilosacco.com/1/news_1842475.html mentre un link è visibile qui: http://www.facebook.com/pages/OH-Officina-H-Ivrea/158562731113 e qui: http://it-it.facebook.com/people/La-Terza-Isola/100000395493535

domenica 27 marzo 2011

26-03-2011
- THE BISHOPS live @ Vinile45 -
Brescia (BS)

Terzo tour italiano per la band dei gemelli Mike e Pete ora affiancati pure dal fratello minore Alex e sorretti dal potente drumming del fiero Chris McConville, quadratissimo batterista scozzese in forza al gruppo fin dagli esordi come trio e valore aggiunto per il rock'n'roll massiccio proposto anche questa sera. Qualcosa è tuttavia cambiato nel sound che piomba addosso alla divertita folla che popola il Vinile45: la ritmica, ora appannaggio di Alex, rende più corposo e grasso il rock esploso dalla chitarra di Mike, indiavolato ed energetico frontman sempre pronto a coinvolgere chi gli si para innanzi, che con gli immancabili coretti vocali è da sempre marchio di fabbrica del Bishops sound, mentre una spruzzata di indie rock va a contaminare le nuove composizioni. Ma andiamo per ordine. Una menzione particolare spetta innanzitutto alla band di apertura, gli autoctoni Le Case Del Futuro che con un fulmineo quanto accattivante set di mezz'ora neanche riescono a strappare convinti applausi di approvazione al pubblico, attento a questa nuova proposta che si muove agile fra sonorità rock mutuate dall'Inghilterra e ritmi più dilatati contaminati da un synth che alla resa dei conti è davvero parte fondamentale del loro sound. Freschi e originali: bravi!

Il tempo di montarsi la batteria, provare gli strumenti e i quattro britannici cominciano il loro concerto. Scoppiettante l'inizio affidato alla classica Higher Now e seguita da altri due estratti dal primo omonimo cd THE BISHOPS: Life In A Hole e Carousel, legate tra loro, sono decisamente più robuste, assolutamente rinvigorite rispetto agli originali, non solo per l'aggiunta della seconda chitarra, all'apparenza marginale, ma anche perché McConville pesta forsennatamente sulla sua batteria senza mai sbagliare un colpo, dando un senso di compattezza all'insieme davvero disarmante rispetto alle prime esibizioni in Italia, di per sé già energetiche e coinvolgenti. "Buonasera noi siamo i Bishops! Come va?" Col sorriso smagliante che mai lo abbandonerà su e giù dal palco, Mike introduce il prossimo brano proveniente direttamente dall'attuale ep SOJURN in promozione: Push And Pull rivela quelle novità alternative di cui sopra e che balzano all'orecchio pure nella più quieta Oll Korrect rallentando appunto il ritmo della serata, ma dimostrando una volontà da parte della band di evolversi in maniera del tutto naturale dopo l'innesto del fratello Alex voluto all'unanimità.

Strade più conosciute vengono battute con City Lights, brillante rock song dagli accattivanti cori e dall'interessante intreccio di chitarre. Altra sorpresa e novità: il rock-soul di Poly Gonn poggia sul basso di Pete, per l'occasione venato di accattivante funk, nell'attesa di eseguire l'ancora inedita, ma già conosciuta Chase The Night. La scelta di The Only Place I Can Look Is Down mira a continuare su alti ritmi adrenalinici conditi pure da un piccolo assolo di Mike, anche se è già tempo di un altro brano fresco di pubblicazione come Finding Out, l'episodio musicalmente più elaborato e spiazzante della serata, con un paio di cambi di tempo interessanti, ma che pare destinato a non trovare posto costante nelle scalette dei prossimi anni a venire. Come riprendere in mano il pubblico di casa? Bastano due altri classicissimi della band londinese quali Hold On, davvero accattivante e catchy, e Free To Do What You Want, suonata senza soluzione di continuità con il brano precedente, accompagnati dagli spettatori che tengono il tempo con continui ondeggiamenti di capo sulla falsariga di quanto Mike sta continuando a fare da una cinquantina di minuti abbondanti. L'attuale singolo Nowhere To Run è ben fatto e si inserisce senza troppe difficoltà nella scaletta in quanto essenzialmente si tratta del pezzo più old style del nuovo corso a quattro seppur con i dovuti accorgimenti.

Saltata a piè pari la programmata Headlights (On), For Now e l'attesissima If You Leave Today chiudono l'energetico show dei quattro lasciando Mike letteralmente in una camicia di sudore per tutta la carica messa on stage nel tentativo di interagire costantemente col pubblico il quale, dopo un'iniziale titubanza, non si era lasciato sfuggire la possibilità di farsi coinvolgere. Il ritorno sul palco è così d'obbligo. "Do you want one more song?" Lies and Indictments/Sun's Going Down è la prima scelta operata per poi darle un seguito con la contemporanea Back And Forth, quasi a significare di come l'album di esordio sia comunque sempre fucina di ottimi pezzi e luogo presso cui inconsciamente rifugiarsi per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Avanti dunque ancora per una manciata di minuti a tutta velocità poi il tempo scade, l'ora legale incombe e per i tre fratelli e il loro drummer non resta altro che raccogliere gli ultimi meritati applausi di una serata piacevolmente su di giri grazie alla loro verve e al loro naturale affiatamento sul palco. Attendiamo solo il nuovo album per sapere se le nuove influenze saranno state messe definitivamente a fuoco e se dunque il futuro ci riserverà altri live carichi e concentrati come solo loro sanno regalare.

Andrea Barbaglia '11

giovedì 24 marzo 2011

EL TOPO GRAND HOTEL
Timoria
- Polydor - 2001

"Regia di Omar Pedrini". Così recita bene in vista la nota in calce sul retro della copertina. Sì perché dopo un primo album utile soprattutto per ricompattarsi, tirare le fila e rimettersi in carreggiata dopo la separazione non proprio consensuale con Francesco Renga ecco l'accellerata improvvisa, lo scarto qualitativo in avanti a testimonianza di come la band sia più compatta che mai, viva e soprattutto ad ottimi livelli. Grazie, appunto, alle intuizioni del leader Pedrini da un lato, e al visionario ritorno di Joe (Part 2), già protagonista dell'ottimo VIAGGIO SENZA VENTO, uno dei must della discografia del gruppo bresciano che a suo tempo ne rivelò le doti artistiche al grande pubblico, dall'altro. Questo volta il concept album vive di una dimensione prettamente onirica e sognante, tra allucinogene tappe del protagonista in Mexico in compagnia degli Articolo 31, fumosi tuffi nel 1971 (Live In Amsterdam), avventurose rapine nei Supermarket e richieste di aiuto per evadere dalla realtà sempre più mediocre e decadente di Mandami Un Messaggio, alla ricerca di un livello superiore di conoscenza. Vincent Gallo Blues e Ferlinghetti Blues sono sentiti omaggi ad alcuni dei mentori che accompagnano in qualità di fonte di ispirazione i Timoria anche nei live, già da qualche anno occasione di concreta interdisciplinalità tra musica, poesia, arti visuali e mimo; la stessa El Topo Grand Hotel, rifugio temporaneo di Joe e virtualmente gestito da Ugo Tognazzi, ospita, è proprio il casi di dire, un altro nume tutelare della band, quell'Alejandro Jodorowsky non nuovo a collaborazioni con musicisti italiani e qui voce recitante alle prese con una propria composizione sull'ottimo drumming di Diego Galeri. Contaminazioni metal si fondono col funk e l'ossessivo ritmo percussivo di Mork, ennesimo personaggio della cultura popolare citato lungo il viaggio e da Joe incontrato nel sempre più vicino A.D.2019; i ritmi in levare incontrano il rock semplice e diretto in Magico e il punk corale ci fa innamorare di Valentine. Destinato a restare nella memoria collettiva l'ottimo primo singolo Sole Spento, perfetta composizione rock in cui Omar e Sasha Torrisi si dividono le parti vocali in un crescendo liberatorio caratterizzato dallo slancio titanico del ritornello che ci proietta fulminei come schegge verso la tanto agognata rivincita sul mondo, ma che non nasconde la paura di fallire nuovamente, quasi si trattasse, novelli Icaro, di un secondo tentativo di raggiungere proprio il sole, ma sempre con ali di cera. Sempre entusiasmante la voce basso di Illorca che ci guida su Cielo Immenso accompagnato alle backing vocals dalle altre voci maschili e da quella sempre preziosa di Lucia Tarì mentre il noto sessionman James Thompson colora l'intensa ballad con il proprio flauto in attesa di far altrettanto, questa volta col sax, sull'ipnotica psichedelia che caratterizza Febbre. Il risveglio dal sogno è per Joe motivo di turbamento e smarrimento mentre la band, affidandosi nuovamente a Carlo Alberto Pellegrini, pare consolarlo con l'intensa Alba Fragile (Ultima Notte Sulla Terra), vertice conclusivo dell'opera. Quel che accade nel 2021 a New Tikal sul pianeta Europa 3 è solo accennato in Cielo Immenso 2: a noi non resta che aspettare che il sogno diventi realtà.

mercoledì 23 marzo 2011

ULTERIORMENTE
Francesco-C
- Mescal - 2005

Meno elettronica e più punk nel nuovo capitolo dell'avventura discografica di Francesco Cieri da Aosta. A ben quattro anni dal precedente lavoro per la Mescal di Valerio Soave, fucina di musicisti e band che hanno contraddistinto il panorama rock italiano a cavallo tra gli anni '90 e il nuovo millennio, l'arlekkino della Vallée torna con un dirompente sequel che pur non ricalcando nelle forme il suo predecessore ne rinnova la vitalità e la sostanza. In questo posto adesso è infatti Tutto Nuovo grida orgoglioso nella potente opener dall'impatto hard rock filtrato dalle adeguate manipolazioni sonore ad opera di Madaski e dal N.A.M.B. Davide Tomat, entrambi qui presenti in cabina di regia e, a volte, pure sul palco durante i live (come non ricordare l'ottima performance a Sala Biellese nell'estate 2005 durante il Libera Festival?). Esterno è ha tutta la carica punk del '77, ma più ragionata; Solo Romy è punk n' fun fuori controllo, venato da striature dark, come del resto la vita della protagonista. Riflessioni amare, "in your face" e fuori dal mondo nella successiva Fuori Città, episodio intrigante, dalle tastiere lunari che regalano sensazioni campestri nonostante la ruvidezza degli strumenti elettrici. Un umore ancora più ombroso è presente nella splendida Tornando Da Un Sogno, un must che potrebbe tranquillamente reggersi su chitarra e voce, sintomo evidente della facilità di scrittura testuale e musicale di Francesco, capace poi in un secondo tempo di rivestire le sue idee base con sonorità forse non all'avanguardia, ma certamente al passo coi tempi senza perdere, cosa essenziale, in efficacia e comunicazione. Un approccio ancora più diretto, malato e personale nell'intensa Maledentro, autolesionistico misto di rabbia e resa di fronte alla consapevolezza dei propri limiti personali e di quelli imposti dalla società. Violenta critica al mondo giornalistico-televisivo nella skeggia impazzita di In-Successo (Nel Successo), attacco senza filtri o censura rivolto a prezzolati articolisti, condotto a suon di sfrontatissime chitarre, condensato in soli centocinque secondi: record! Eppure "sarò il migliore" pur essendo un perdente, anzi il Perdente Nr.1: ne La Lista Della Spesa difatti troviamo tutti gli ingredienti per emergere, nel privato e nel pubblico sparandoci in cuore una dose di Amore, unico metadone puro e naturale in grado di garantirci adrenalina come si respira in questo esaltante pezzo dai sapori glam metal. In Sopportarsi emerge prepotentemente l'attitudine industrial à la Marilyn Manson che qualcuno aveva già ravvisato un pò a sproposito nei coretti femminili dell'apprezzato singolo Ulteriormente: qua però siamo dalle parti di HOLY WOOD e non di mOBSCENE, dunque nell'oscurità della Valle della Morte e non durante i frizzi e i lazzi della Belle Époque del Grotesque. Una volta ancora mai standard.

martedì 22 marzo 2011

PIÙ SIMILE A ME

PIÙ SIMILE A ME
Paolo Martella
- Epic - 2000

Depositario coi suoi Quartiere Latino dell'Italian Style più crossover che a metà Anni '90 ci sia stato nello Stivale, il sciùr Paolo dopo il promettente esordio solista di tre anni prima, affronta il nuovo millennio con lo stesso manipolo di amici e qualche ospitata in meno rispetto al passato più prossimo, "asciugando" in qualche modo le piccole sbavature del precedente episodio discografico. Alla batteria ritroviamo dunque il veterano Mao Granata, portentoso drummer dalla pluriennale esperienza e strepitoso interlocutore alla segreteria telefonica di casa Martella, affiancato, questa volta in pianta stabile, dal basso di Luca Bona che va così a completare l'asse ritmico su cui si innestano in un secondo momento le trame sonore effettuate dai due chitarristi arruolati, il quasi mitologico Pinotauro, alias Claudio Salvatore, e il visionario Marchino Trentacoste, futuro Deasonika e braccio destro di Mario Riso nel progetto Rezophonic. Tastiere e programmazioni, ancora affidate al produttore Michele Violante, sono meno invasive e sintetiche rispetto al passato, anzi, paiono perfette per confezionare un gioiellino come è il singolo apripista Parlo Di Te. Testi che per l'alta densità di parole profuse potrebbero far parte del repertorio di comunicatori di livello come Jovanotti, Frankie Hi-NRG MC o Caparezza si sposano poi con il rock scarno di Più Simile A Me, con le sonorità più chete e sinfoniche di Acque Profonde Navigabili o con la contaminazione simil-jungle di Oggi È Un Bel Giorno Per Ricominciare. L'inesauribile ritmo tribale di Andrea Scaglia consente a Martella di andare davvero Al Di Là di tutto mentre, Appeso A Un Filo, si aggrappa ad un'idea, vero e concreto cibo per l'anima. L'energia violenta, ma stoppata di G.A.V. (Giorni Ad Assetto Variabile) riporta alla mente le già sentite Sentimi Come Mi Sento e Nel Nome Di Chi? addirittura in bella copia mentre Anni Luce, pur presentando alcune sfiziose soluzioni elettroniche, risulta un pò troppo statica. Tuttavia non è stato Tutto Inutile, anzi!? Camminare da soli spesso è difficile, ma come capita al bimbo che ha iniziato a mantenere la posizione eretta e che al piedino destro fa seguire quello sinistro, dopo aver capito come si fa, non lo disimpara più. Avanti dunque: Un Pensiero Di Meno. E facciamo marciare le cucine!!

lunedì 21 marzo 2011

18-03-2011
- MASSIMO VOLUME live @ Bloom -
Mezzago (MB)

Imponenti e quadrati. Descrittivi e fascinosi. Dopo l'apertura math-rock, contaminata da una psichedelia a 360° ad opera dei promettenti Verbal, spiazzante opening band della serata, Emidio Clementi, Egle Sommacal, Vittoria Burattini e Stefano Pilia prendono posizione dietro ai loro strumenti.

Poche le parole rivolte al numeroso pubblico presente; tante, come sempre, quelle che si riversano come fiumi nelle canzoni, veri e propri quadri espressionisti tracciati sulle linee di basso di Clementi e ricamate dalle pennellate elettriche del duo Sommacal-Pilia, fotografie istantanee di un'età contemporanea che molto ha da dire, ma solo in parte riesce ad esprimere. La scaletta è a suo modo una sorpresa e perciò pure una delizia. Che i Nostri credano fermamente nell'ultimo loro album CATTIVE ABITUDINI è fuor di dubbio. E ne hanno ben donde: senza soluzione di continuità, ecco infatti fluire tutto il cd secondo l'ordine ormai da tempo mandato a memoria come la tracklist comanda, quasi fosse un mancato concept album di formazione. Robert Lowell è dunque apertura perfetta per far assaporare il nostro ritorno a Coney Island mentre Le Nostre Ore Contate si fondono, liquide, nel Litio, Tra La Sabbia Dell'Oceano, ultimo stadio di una incontaminata e solitaria libertà che precede la lucida follia umana.

Anche il pubblico capisce la cerimoniosità di questa serata, non limitandosi così a calorosi applausi e a qualche urlo di gradimento: partecipa piuttosto, assorto e contemplativo, sottolineando con la propria compostezza anche formale come ci sia totale comunanza di intenti tra quanto proposto dalla band e le sue aspettative, tra quanto pregustato precedentemente solo su disco e ciò che davvero richiedono e necessitano le centinaia di volti rapiti dalla poesia elettrificata materializzatasi su quel palco, ora illuminato a giorno, ora abbandonato ad affascinanti chiaro-scuri, prolungamento visivo delle inquetudini raccontate da Mimì. Si procede con Avevi Fretta Di Andartene e La Bellezza Violata; con Invito Al Massacro e Mi Piacerebbe Ogni Tanto Averti Qui, sospesi in un limbo sonoro fatto di lisergici appoggi di chitarra e taumaturgiche parole.

Quindi è il turno di Fausto, sicuramente il brano che ha saputo riaccendere le luci della ribalta sui quattro navigati musicisti in questo scorcio di nuovo millennio, ma che paradossalmente risulterà un pò sottotono in questa ottima serata, complice forse una sorta di impasto nel mix che lascia "sotto" gli strumenti di Egle e Stefano precludendone la naturale carica sonica, mentre un grintoso Clementi tuttavia ruggisce sicuro nel microfono. Via Vasco Da Gama è quel lucido viatico tanto atteso per la vorticosa e conclusiva In Un Mondo Dopo il Mondo, autentico tour de force per gli strumenti a corde, indispensabili attrezzi da lavoro tesi a ricostruire un ambiente altro. Si ascolta e apprezza così il lavoro strutturale di Egle che cede a Stefano le svisate rock, siano esse riconducibili poi al più classico suono di chitarra o alle sperimentazioni eseguite con l'archetto. A questo punto si avverte una prima quadratura del cerchio operata da quell'infallibile metronomo umano che diventa Vittoria quando è seduta dietro le pelli della batteria: tutto è compiuto.

Poi una prima discesa dal palco. Ma si tratta di un'istante, breve, interlocutorio. Richiamati infatti a gran voce per i bis con scroscianti applausi degni di situazioni teatrali che non fatichiamo a considerare confacenti per lo status della band, ecco presentarci i propri gioielli. Accolto da convinta approvazione, l'uno-due assestato con Il Primo Dio e Il Tempo Scorre Lungo I Bordi è il primo asso nella manica calato dopo la prima ora di concerto e scandito a menadito non soltanto dalle prime file, ma pure nelle retrovie. E così sarà anche per la formidabili Stagioni, tripudio di distorsioni e feedback, e Fuoco Fatuo, affilata lama rock conficcatosi nel cuore della gente quindici anni prima e lì ancora facilmente visibile ad occhio nudo.

Secondo bis e secondo estratto da DA QUI: l'evocativa La Città Morta è altro must della serata, tra le preferite di sempre e tra le più urlate di oggi, perfetto contraltare dell'adrenalinica Stanze, come sempre eseguita alla perfezione e in un crescendo che mette i brividi. Ancora l'esordio infine, per concludere: In Nome Di Dio viene così direttamente legata allo spasimo lancinante di Ororo, senza meta alcuna, ma col supporto dei fedelissimi ed irriducibili fans che attendevano da anni un tour come quello in corso. Perdonateci così se, abbandonata la sala principale, corriamo verso la nostra macchina con tutta la mia collezione di dischi come unico bagaglio. Era necessario per farci trovare pronti alla prossima occasione.

Andrea Barbaglia '11

sabato 19 marzo 2011

DYING FOR THE WORLD
W.A.S.P.
- Metal-Is Records - 2002

Oscure ombre lunghe si stagliano sulla copertina di questo nuovo capitolo discografico, il decimo in studio, di Mr.Blackie Lawless, ultimo coerente e credibile protagonista degli eccessi glam metal losangelini di inizi Anni '80. Abbandonati già da tempo i lustrini dell'epoca d'oro, i W.A.S.P. tornano a sorpresa, ma solo in parte a ben guardare, sugli scaffali dei negozi di dischi a poco più di un anno dal precedente UNHOLY TERROR, spinti dall'onda emotiva generatasi dopo i disastrosi eventi dell'11 settembre. E gridano vendetta. Su un riff di chitarra che ricorda e omaggia quello di God Of Thunder l'attacco viene sferrato fin dalle prime note di Shadow Man, fiammeggiante inno di guerra, tra i migliori brani del lotto, che gronda sangue e cattiveria in egual misura, prolungamento in musica dei pensieri belligeranti del sempre lucido Lawless, pronto a chiedere in qualche modo perdono per i suoi propositi criminali già in My Wicked Heart. Pur non facendo mai alcun riferimento diretto ai terroristi, ai loro orrori perpetrati e a tutto ciò che anche a livello politico ha riguardato la situazione U.S.A. e mondiale, sono le due fitte pagine introduttive del booklet a fugare ogni dubbio in proposito e ad indicarci la direzione presa dall'album così come l'assoluta urgenza del suo mastermind di convogliare tutte le energie negative accumulate di fronte all'attacco kamikaze al World Trade Center e al Pentagono in una collezione di canzoni "to go kill people with". La rabbia vomitata all'inizio di Hell For Eternity è l'urlo di battaglia per un altro aggressivo momento di totale furia cieca, mitigata solo in parte dallo straziante dolore che, come fumo, sale verso il cielo dalle ceneri di Hallowed Ground, ancora più toccante nella spettrale take acustica posta in chiusura al cd. Armata dalle affilatissime chitarre del gigantesco frontman e della new entry Darrell Roberts la doppietta sparata con Revengeance e Stone Cold Killers si dimostra letale al pari delle rasoiate omicide provenienti da Rubber Man. In tutta questa carneficina per nulla allegorica c'è spazio pure per altri orrori: gli abusi sessuali operati sui minori dalle gerarchie ecclesiali di Black Bone Torso e la morte, sopraggiunta per stenti e patimenti, subita da migliaia di Nativi Americani a metà Ottocento lungo la Trail Of Tears, dieci mesi di marcia forzata che li avrebbe condotti dalle loro terre d'origine al Territorio Indiano, e ribattezzata appunto "sentiero di lacrime". Il miglior album partorito dai tempi di THE CRIMSON IDOL, meno visionario e artistico di quella rock opera licenziata nel 1992, ma altrettanto riuscito: confidiamo che il prossimo disco all'altezza della tradizione W.A.S.P. non debba attendere altri eventi luttuosi per risultare a fuoco e compatto. Nel frattempo Johnny, get your guns..

giovedì 17 marzo 2011

ONE OF A KIND
Killing Touch
- Scarlet Records - 2009

Abbandonati non senza polemiche l'ormai ex collega Olaf Thorn e i suoi Vision Divine, Michele Luppi si rituffa a capofitto in una nuova avventura sostenuto dagli amici Giorgio Terenzani e Michele Vioni, i già noti JT e Dr.Viossy presenti rispettivamente al basso e alla chitarra nell'organico della storica cover metal band dei Mr.Pig. La sincera comunanza di intenti e l'affiatamento sviluppato negli anni passati sono un toccasana ai fini del lodevole risultato conseguito nonché un buono spot promozionale anche per i giovanissimi compagni di squadra che rispondono al nome di Davide Montorsi, seconda chitarra, e Paolo Caridi, batteria. Prendendo spunto dal romanzo di Stephen King The Dead Zone il cantante emiliano realizza un lineare concept album suonato e registrato in presa diretta come già si intuisce fin dall'attacco metallico di The Touch, a suo modo sunto di tutte le esperienze musicali che troveremo scandite nei succesivi undici brani. Power, prog, AOR, metal, hard rock: mescolati tutti questi ingredienti in un unico pentolone, l'abile chef sarà in grado di realizzare una pietanza estremamente saporita e variegata dando la possibilità a quanti si accosteranno alla tavola di ONE OF A KIND di cogliere ogni singolo sapore, ogni singola sfumatura. Dai momenti più tirati come la splendida Wheel Of Fortune alle atmosfere malinconiche della title track, il percorso musicale di questi Killing Touch tocca a suo modo l'apoteosi del platter nella rischiosa scelta degli otto minuti abbondanti per solo pianoforte registrati da Luppi per la strumentale Still Walking: l'incedere cameratistico si concede un gradito taglio classico mentre la mente corre a soluzioni simili già adottate sempre con ottimi risultati dai progressisti Tony Pagliuca o Vittorio Nocenzi anche nel recente passato. Walls Of Sympathy utilizza voci a-là James LaBrie di TRAIN OF THOUGHT mentre il gradito ospite Oleg Smirnoff ricama da par suo le trame tastieristiche di questo heavy prog che si segnala pure per un ottimo assolo di chitarra sul finale. Altri due ex compagni di band prestano le loro abilità musicali al lavoro: il basso di Andrea Torricini pulsa sulla malmsteeniana Mimicking Death, mentre il "Pule" Federico Puleri è chitarra e tastiere sulla dinamica Tommy's Cane, brano di cui è pure coautore accanto all'onnipresente Luppi. La cattiva The Danger Zone, grazie alla presenza di inserzioni atmosferiche rintracciabili successivamente nell'intricata Falling Away e nella variegata Justify, consente poi alla cristallina voce del goliardico cantante di esprimersi con pathos, supportata dalle proprie backing vocals e da un'ottima prova di Vioni. Ancora richiami agli ultimi Dream Theater in Thy Will Be Done mentre la fine si sta avvicinando ineluttabile con le sembianze di una testata nucleare. Saremo pronti a ricominciare dopo l'esplosione e ad attraversare nuovamente la zona morta?
16-03-2011
- AMANDA SOMERVILLE live @ Cinema Teatro Sociale -
Omegna (VB)

A suo modo abituè della, come ama ripetere più volte lei stessa con perfetto accento, "Bella Italia", Amanda Somerville, a poco più di una settimana dal suo compleanno, si regala un piccolo viaggio nel Bel Paese, tra lago Maggiore e lago d'Orta, all'interno della manifestazione organizzata dalla tenace associazione VIVAVCO.

Sembra si trovi proprio a suo agio la procace vocalist americana in questa raccolta dimensione teatrale: già ieri a Cannobio presso il teatro nuovo così come pure questa sera, alla vigilia del 150° anno dell'Unità d'Italia, eccola deliziare un nutrito numero di appassionati e curiosi giunti a riempire il piccolo teatro sociale di Omegna.

La scaletta pesca a piene mani dalla sua carriera solista aggiungendo qualche delizioso inedito e piacevoli sorprese più o meno heavy.
La partenza è affidata a Clean, brano dall'appeal pop in realtà sporcato dal buon lavoro di una band che ha in Simon Oberender la pietra angolare su cui poggerà tutta la serata. Un paio di estratti dall'album di esordio IN THE BEGINNING THERE WAS..., quali sono il crescendo controllato de Blue Nothing e l'armoniosa Puzzling Rapunzel, anticipano una sognante versione de Point Of Safe Return volutamente spogliata dalla carica rock presente in studio e resa essenziale dal drumming secco di Philip Krause al cajon così come dal pianoforte di Oberender. Control e Sugar Shock sono le prime sorprese della serata: già proposte in quel di Domodossola nel febbraio del 2010, le due composizioni, ora ancor più rifinite, attendono solamente di essere pubblicate così some sono su un album di prossima uscita, atteso sequel di quel WINDOWS che potrebbe andare in porto nei prossimi mesi.

Proprio dal cd targato 2009 ecco l'intensa All That I Am, seguita a ruota dal vaudeville di Carnival che ci regala, per di più, un ottimo assolo per mano del lungocrinito Paul Owsinski. La falena che per sua natura è attratta dalla luce della lampadina che la brucerà, oltre ad essere la protagonista di Moth, è metafora di quanto a volte capita pure all'essere umano: pur sapendo cosa ci può distruggere in un attimo ne siamo pericolosamente attratti e corriamo in quella direzione incontro alla nostra fine. Mark Burnash al basso è protagonista non solo con la sua quattro corde targata Hofner, ma pure ai cori di Mayday mentre il ritmo continua a salire con la successiva Inner Whore che, come ci spiega Amanda, rappresenta la sua prima composizione metal realizzata dopo anni di cantato folk, lei che proviene infatti da una famiglia di musicisti da sempre cresciuti a pane, chitarre, banjo e violini: "come over to the dark side, I'm taking you with me!"

Condotti per mano, ci lasciamo trasportare pure all'interno della sofferta relazione amorosa di Get Me le cui asprezze, levigate in studio, affiorano prepontemente in sede live grazie ad un Owsinski in stato di grazia che si fa carico del riff portante della canzone. Ancora bagliori hard e ottimi vocalizzi su Out prima di rendere omaggio agli Asrai, una gothic (industrial?) metal band olandese alla quale, supportata dall'amico Sascha Peath, donò tempo fa la successiva Go. Una storia a suo modo curiosa è all'origine di Bad Girl: la Somerville ci svela di come la canzone sia stata scritta più o meno espressamente per la colonna sonora di Porndogs: The Adventures Of Sadie, una commedia porno i cui "protagonisti" sono simpatici cagnolini "doppiati" però da personaggi del circuito a luci rosse come Ron Jeremy, Marilyn Chambers e Tera Patrick, dopo le insistenze di un tizio che chissà come aveva avuto il suo numero di cellulare. Pazza Amanda. Il ritmo sostenuto del pezzo fa comunque da preambolo al trittico di canzoni scelte per omaggiare l'ennesima sua avventura musicale, ossia il recente progetto a due firmato ed intitolato KISKE/SOMERVILLE che ha per protagoniste queste due voci immense del metal mondiale.

Si parte con il pezzo preferito di tutto l'album da parte dell'ex cantante degli Helloween, quella A Thousand Suns, scritta di proprio pugno dalla stessa Somerville, che cita non senza un briciolo di comprensibile orgoglio ed emozione l'attestato di stima del compagno, e stasera resa più rock, ma meno dinamica rispetto al cd esclusivamente per la mancanza di una seconda chitarra a supporto del sempre affidabile Paul-O. Sander Gommans, fondatore e ormai ex chitarrista degli After Forever, viene quindi ricordato per aver contribuito anche agli altri due estratti di KISKE/SOMERVILLE che stanno per arrivare: intatta la potenza sonora di Arise, incantevole quella di Set Afire,
relegata su cd a bonus track e qui proposta in chiusura della serata poco dopo aver chiesto ed ottenuto un giusto applauso per i suoi musicisti. Ma non c'è spettacolo che si rispetti senza gli attesi bis.

Con sempre una affabilità e una simpatia uniche Amanda torna sul palco per eseguire inizialmente l'inedita Path Of Least Resistance, melodica e blueseggiante, occasione finale per presentare uno per uno Oberender, Owsinski, Burnash e un Krause ora al cajon, e successivamente l'attesa Windows senza il loro ausilio. Solo piano e voce infatti, per una vibrante ed emozionante interpretazione a cuore aperto: "...the eyes are the windows to the soul; for me, my windows are my songs and that's what this song is about". Brividi. Poi un ultimo saluto.


Ma,
una manciata di minuti dopo, eccola di nuovo, questa volta direttamente nel foyer a chiacchierare allegramente con gli astanti, poi al merchandising ad autografare e vendere cd e t-shirt, infine a ringraziare nuovamente gli organizzatori per la calorosa accoglienza. Un'artista a tutto tondo insomma, solare e positiva a cui facilmente ci si affeziona e non solo per la giunonica bellezza: la naturale bravura con cui affronta registri diversi senza difficoltà alcuna merita assoluta attenzione e massimo rispetto. Sappiamo che la incontreremo presto.

Andrea Barbaglia '11

martedì 15 marzo 2011

MILANO ORIGINAL SOUNDTRACK
NoGuru
- Bagana Records - 2010


Resurrezione. Lo gridano forte. Ieri È Un Altro Giorno: sì, ne siamo consapevoli, anche da qui, dalla stanza di questo appartamento in corso Buenos Aires mentre l'incessante scorrere di persone e veicoli affolla le strade, il dedalo di traverse e le parallele di scorrimento ogni santo giorno che Dio ci dona e manda in terra, sia che splenda il pallido sole di secoli fa sia che la pioggia corrotta scenda copiosa sulle nostre teste. Ancora un fischio, un'altra alta sirena. È la quinta in altrettanti gelidi minuti. Dal mio Mare Divano posso fare ben poche cose: dar Fuoco Ai Pescecani è ciò che però mi riesce meglio, un divertimento, ma a suo modo pure un lavoro, mal retribuito eppure necessario, anche quando scendo per strada, tra sguardi attoniti e interrogativi che mi scansano volontariamente, bastardo tra bastardi. No, Non Mi Passa, vedi? Procedo allora invisibile lungo il marciapiede, lucido, solo con i miei pensieri. È tutto chiaro eppure pochi capiscono. Il caos è diffuso, la fine non si vede in questo che a pochi isolati da qui, appena dietro i giardini e la statua di ghisa, alcuni considerano addirittura Il Deserto Degli Dei. Quante macerie e quanti rifiuti inceneriti in centro. Di nuovo, in silenzio mi guardano e fissano con disprezzo. Ed inquietudine, non c'è dubbio. Ho bisogno di Tempo per concludere la mia missione; tu però cerca di dormire, cerca di riposare, cerca di dormire, cerca di riposare. Fosse facile. Nuvole Bianche si stagliano su quello che una volta era l'orizzonte, laggiù in fondo. Riesco ancora a vederlo, ma forse lo percepisco solo io. Vorrei toccarlo, raggiungerlo, per questo Cammino Con Le Mani in alto. Vorrei fantasticarci sopra come facevo da bambino. Bambino?!? Quante parole cadute in disuso ormai... C'è stato un tempo in cui addirittura la Neve era semplicemente un manto bianco piovuto dal cielo. Ora, in tempi di Bassa Fedeltà, l'hanno rovinata, confusa, fatta diventare altro, lucrandoci perfino sopra. Perle Ai Porci, davvero. Ma io non ho paura. E tu, Amore Mutuo, non proferir parola. Assistimi. So che è Complicato. Lo sanno tutti ormai. Ho una bomba nel cuore.

lunedì 14 marzo 2011

13-03-2011
- DANILO SACCO & VALERIO GIAMBELLI live @ Cinema Teatro San Giorgio -
Dello (BS)

Paese che vai, chitarrista che trovi. A soli dieci giorni dall'ottima performance in compagnia di Cico Falzone, Danilo Sacco, approfittando della fisiologica pausa post Novellara dei Nomadi e in attesa di riprendere ancora una volta con sentimento il loro neverending tour, si concede un'altra giornata distensiva in compagnia questa volta del corregionale Valerio Giambelli, chitarrista dei Radiolesa, con cui si presenta fin dalla mattinata di domenica per un pranzo in compagnia della sezione lombarda del suo fanclub.

Dando spazio anche ad altre realtà, il pomeriggio musicale si articola in tre momenti ben definiti. I primi quarantacinque minuti sono affidati al già noto, almeno in ambito nomade, Martino Corti che si presenta sul palco accompagnato dai suoi due chitarristi e da un gruppo di sostenitori qua e là sparsi nel teatro. Sarà il lauto pranzo consumato prima, sarà la pioggerellina pomeridiana che affligge il posto e l'animo delle persone, ma un pò più di vivacità e varietà nelle canzoni non sarebbe guastata. Pace. La tribute band Onda Nomade gioca in casa e si sente, e per la bravura per nulla ostentata dei musicisti coinvolti, su tutti la chitarra solista di Sandro Ghidotti e il basso di Paolo Crovini, e per il continuo gioco delle parti tra il pubblico di amici accorsi a sostenerli e la complicità sorniona del Miser, oggi polistrumentista d'eccezione.

L'attenzione sale ulteriormente quando sul palco compaiono le note sagome di Danilo Sacco e Valerio Giambelli. "Si parte per essere degli eversivi, per suonare qualcosa che in Italia non si conosce molto": Telecaster alla mano i due Radiolesa si affidano a Save Tonight per aprire il loro set che quest'oggi si comporrà di sole cover tese ad omaggiare i grandi songwriter che hanno saputo percorrere la strada del rock americano innestandosi nel solco della sua Storia. Non a caso il secondo pezzo è quella I Won't Back Down scritta a quattro mani da Jeff Lynne e Tom Petty per il primo album solista del leader degli Heartbreakers, eseguita anche in questa versione per sole chitarre e voci con consumata naturalezza ed estrema carica dal grande Valerio Giambelli, lead guitar d'eccezione grazie anche alla pulizia sonora del contesto teatrale e perfetto ai cori ogniqualvolta la musica lo richieda.

A nulla valgono i tentativi di una parte dell'auditorio che intona Il Fiore Nero: oggi niente Nomadi per il loro cantante il quale, abbozzando uno sguardo divertito e un sorriso d'intesa con Giambelli, dà il là a Fiume Sand Creek, una delle due sole concessioni italiane alla scaletta stelle e striscie e sincero segno di stima rivolto al cantautore più americano a cui il Veneto abbia dato i natali, l'amico Massimo Bubola che la scrisse con Fabrizio De André esattamente trent'anni fa. "La normalità è la rivoluzione"; con queste poche parole Sacco propone Country Gentleman, storico brano dell'autoproclamatosi little bastard from Indiana John Mellencamp e attacco neanche troppo velato all'allora presidenza Reagan. "Torna" Bubola, questa volta in compagnia del Gang-ster Sandro Severini per quella che viene presentata dal frontman di Agliano come una di quelle canzoni d'amore tristi eppure sempre molto belle: Dove Scendono Le Strade non è ancora stata assimilata dai più, ma la presenza in scaletta è quasi d'obbligo per la magia delle parole e la sobrietà della musica.

I toni si accendono con il crescendo sprinsteeniano della notissima I'm On Fire che, suonata dal solo Giambelli, regala più volte applausi ai due piemontesi mentre Danilo, novello Boss dell'Alta Astesana, si concede una pausa dalla sua chitarra per concentrarsi, se mai ce ne fosse bisogno, sulla voce. Pubblico più rumoroso, ma pur sempre ligio all'applauso sulla successiva doppietta pettyana: You Wreck Me e Free Fallin' sono i due lati della stessa medaglia visto che la prima è una dichiarazione d'amore a tinte forti rivolta alla propria amata e la seconda una più malinconica riflessione sulle relazioni tra l'universo femminile e quello maschile, tra good girls with broken hearts e bad boys standing in the shadows, con un buon assolo conclusivo di Mr.Valerio.

Un drink per dissetarsi e via con Sweet Home Alabama che forse in duo perde evidentemente un pò della potenza sonora garantita dalla sezione ritmica, ed in questo è un peccato che il pubblico non interagisca tenendo il tempo con le mani, tuttavia non si poteva pretendere brano migliore per fare da traino alla successiva e conclusiva Biko, sei minuti di partecipazione emotiva per il classico di Peter Gabriel dedicato all'attivista sudafricano anti-apartheid Stephen Biko ucciso dopo il suo arresto quando ancora in mano della polizia.

Qui termina l'esibizione del duo che lascia nuovamente lo spazio agli Onda Nomade per i saluti e i ringraziamenti agli organizzatori e al pubblico intervenuto. Eppure: hai la buona ventura di aver sul palco il cantante dei Nomadi, tu suoni in una loro cover band, c'è gente anche dalle regioni vicine, vuoi non approfittarne almeno per un pezzo dopo aver dato un'ulteriore buona prova di te con una grintosa versione de I Tre Miti? La storica Io Vagabondo è dunque momento di duetto tra Matteo Camisani e Danilo Sacco il quale condivide parte dell'incombenza con Martino Corti, nel mentre rientrato sul palco insieme ai suoi musicisti, estemporanei coristi, permettendo il più classico dei cori nomadi ai tanti fans intervenuti. Disponibilità e cortesia non sono mai mancati ai professionisti che han calcato il palco di Dello questa domenica. Baci e abbracci si susseguono perciò ancora per diversi minuti dopo la fine dell'esibizione, gradita ai più e con soddisfazione reciproca del fanclub organizzatore. Complimenti dunque a tutti. Noi si riparte. Yehla Moya.

Andrea Barbaglia '11
il seguente post è presente pure qui: http://www.danilosacco.com/1/news_1842475_0.html

giovedì 10 marzo 2011

NECROLOGICA

NECROLOGICA
Alberto Patrucco
- Foschi Editore - 2010

No, non troverete questo mini cd nei negozi di dischi. A dir il vero ci sarebbe innanzitutto da chiedersi se troverete ancora i negozi di dischi... Ma questa è tutta un'altra storia; limitiamoci a sottolineare la bontà di qui presente nuova fatica del sempre propositivo Alberto Patrucco che deve averci preso gusto con il sempreverde Brassens e la sua poesia senza tempo. Dicevamo che il cd qui in questione non lo si trova nei negozi musicali semplicemente perché allegato ad un volumetto di 192-paginette-centonovantadue da leggersi tutto d'un fiato e intitolato, anche per la gioia dell'editore Foschi, NECROlogica Un Libro Lapidario in cui, con la collaborazione di Antonio Voceri, sono passati in rassegna centinaia di tombati eccellenti per quella che può definirsi come versione rivista e aggiornata agli Anni '00 dell'Antologia di Spoon River, opera che il suo autore Edgar Lee Masters consegnò difatti all'umanità intera dopo averla pubblicata quasi un secolo fa tra il 1914 e il 1916. Ad impreziosire ulteriormente l'ultima fatica in ordine di tempo dell'artista brianzolo compaiono una ventina di illustrazioni realizzate espressamente per quest'opera da Sergio Staino, fumettista che non ha certo bisogno di presentazioni. Tanto andava detto in questa sede del libro. L'ep ad esso coordinato completa il già meritevole album CHI NON LA PENSA COME NOI, recensito su queste pagine qualche tempo fa, andando a pescare nello sconfinato repertorio brassensiano innanzitutto altre tre sagaci composizioni quali sono, nel meticoloso adattamento italiano, l'anarchica La Cricca Della Zucca, la più ritmata Zio Mario e la delicata, ma sempre cinica L'Ochetta Di Ombretta. Accanto ad esse trovano spazio anche le registrazioni di inizio novembre (ma dai?!) 2009 realizzate durante uno spettacolo messo in scena sul palco del teatro Derby di Milano che ci consegnano due eccezionali canzoni: la vigorosa Il Vecchio e la sempre toccante Supplica Per Essere Sepolto In Spiaggia, già lodata sul precedente cd per la riuscitissima traduzione. Accanto a Patrucco, come sempre in questi casi, troviamo nomi prestigiosi della musica italiana come Ellade Bandini alla batteria e Angapiemage Galiano Persico al violino, ma soprattutto c'è l'imprescindibile Quartetto Sotto Spirito diretto da Daniele Caldarini al pianoforte e alle tastiere, in collaborazione con Massimo Villa, Sergio Bassanini e Francesco Gaffuri, tutti musicisti illuminati e accomunati da un sentire comune che concerto dopo concerto, spettacolo dopo spettacolo coinvolge sempre più persone.

martedì 8 marzo 2011

NAIF
Naif
- Didde/People Music - 2005

Un tocco di grazia, una ventata di freschezza, un raggio di sole: così si presenta il primo cd ufficiale dei Naif. Sì perché ancora a metà del 2000 fortunatamente qualcuno in grado di scrivere melodie, musiche e testi che abbiano qualcosa da dire c'è. E arriva dalla "periferia nord" dello Stivale: da quella Valle d'Aosta così spesso fuori dai giri commerciali che contano, ma che forse anche per questo motivo si conserva pura e incontaminata. Nello spirito: perché invece, mu-si-cal-ly spea-ki-ng, Christine, la cantante della band, passa con disinvoltura dall'italiano, al francese, e la band con lei si destreggia tra pop, funk, musica colta e popolare, attingendo al vasto repertorio che Italia e Francia portano con sé e rinnovandolo secondo la propria sensibilità. Molto elevata, viene da dire, se i risultati sono episodi incantevoli come Perlina, la canzone che tanti autori pagherebbero oro per aver scritto e per la quale cantanti più affermate avrebbero fatto carte false pur di poter esibire nel proprio repertorio. Alta qualità pure in Anime Gemelle e con Senza Lei, struggente melodia di pianoforte per un amore interrotto, scritta da Christine in compagnia del batterista Momo ed impreziosita da flauto, arpa e violoncello suonati dai compagni di band Fede e Ste: qua la voce di Naif/Christine cerca e raggiunge alte note, lei che virtuosa dello strumento non è, in grado di emozionare l'ascoltatore anche più distratto. Forse che non vogliamo parlare de Le Saut De L'Épouse? Elegante, raffinata e cadenzata, dà grande libertà ad arpa e archi i quali, prendendoci per mano, ci conducono in un mondo fatato, da sogno, quasi fossero gli strumenti migliori per prolungare l'atmosfera sognante ascoltata poco prima ne La Notte il cui wurlitzer ci aveva per di più già deliziato nell'intensa e funk Dimmi Che Avrai Cura Di Me. A dir il vero l'arrangiamento classico per violino e archi è essenziale perché il brano possa diventare dopo pochi ascolti uno degli episodi chiave dell'album al pari dello scatenato scioglilingua dai colori pastello di Voglio, decisa dichiarazioni d'intenti a tempo di sax dei quattro ragazzi. Divertente il funkettone acustico di Banana, rilassato e a tratti sussurrato da una manciata di amici ospitati alle percussioni e alle voci "faunistiche" di contorno, così come la sbarazzina Comme Ci Comme Ça!. Ma a stupire ancora è la performance della bionda vocalist che si supera nei vocalizzi celtici de Il Cantico Della Luna accompagnata solamente da un'arpa magica e trobadorica. Un disco di questo pregio e passato colpevolmente in sordina sui media necessita al contrario una adeguata e più ampia diffusione, capace come sembra di poter tranquillamente varcare i confini d'Oltralpe e là insediarsi; condividere, fare A Metà con quanti vorranno farsi contaminare è perciò il minimo che oggi ci viene richiesto. Ora però si sta facendo tardi, a minuit il faut rever et maintenant tu dors. Je reste ici... Bonne Nuit. Bisous.

un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/pages/NAIF-HERIN-Official/105088512906592

lunedì 7 marzo 2011

SENZA TITOLO."DEL FREGARSENE DI TUTTO E DEL NON FREGARSENE DI NIENTE"
Fratelli Calafuria
- Massivearts - 2008

Ci vuole stile per andare in manicomio, yeah! Non c'è dubbio: se il buongiorno si vede dal mattino nell'inno all'ozio de La Nobile Arte Andrea Volonté, Paco Vercelloni e Tato Vastola ci danno un primo assaggio gustoso di ciò che saranno i sapori del loro esordio discografico dopo l'autoproduzione VIOLENT PEOPLE e il mini LE CICATRICI. La schizofrenia degli stacchi allucinati e allucinanti dell'impetuosa e dirompente Amico Di Plastica fa il paio con il falsetto della conosciutissima Non So Perché che, tra rimandi al Prince più ispirato e funkettone e chitarroni violenti dal riff killer, è riuscita nell'impresa di fare breccia pure nel programma di Fiorello e Marco Baldini su Radio2; il divertente video registrato negli studi di Festa In Piazza in compagnia di Eugenio Ban e il resto del cast ha contribuito a rendere poi il primo singolo dell'album un autentico caso nazionalpopolare, almeno nel Nord Italia. O quasi. Di certo i concerti non sono mancati: in queste occasioni, in un attimo, si corre il pericolo di diventare Cresico Meme, campionario di rock duro a metà strada tra la balera e il sound of white noise, oppure, al contrario di avere un inaspettato ed esistenzialistico Calodis E Rotonina, così, Di Getto. Meno male che c'è il super energetico (Uachi) La Merendina, autentico tonico spesso e volentieri lanciato sul palco ai loro tre eroi dagli aficionados dopo esserselo amorevolmente portato da casa. Per favore, però, Signora Non Insista: potrebbe essere pericoloso assumerlo in dosi massicce, del resto Riccardo, la sua paura, i suoi sbalzi d'umore sono lì a testimoniarlo. I disturbi compulsivi de L'Inesatto Perché provocano confusione e smarrimento nell'ascoltatore, disorientato da quadri sintomatici e deliri il cui unico risultato è solo Tiepido. Come? Non si capisce più nulla? Come dice? Chi? Cosa? Era stata avvertita! Davvero! Non insista! Sì, ma adesso che il cd è finito? E che sono da solo? Se mi viene un attacco di panico, che faccio??? Beh, innanzitutto me ne frego... Poi ondeggio ripetutamente e faccio E-ò!! E-ò!! ...E-ò!! E-ò! Uuu-ò!! Alla fine ne resterà uno solo anche perché, signora mia, il coraggio si misura in pollici e il vero coraggioso si mette i pollici in culo.