venerdì 31 dicembre 2010

TROUBLEMAKERS #1
Thee S.T.P.
- AMMONIA RECORDS - 2002

Provenienti da quella terra di mezzo che sta tra la provincia di Milano e quella di Verbania i nostrani Thee S.T.P. realizzano col loro terzo album in studio un platter di portata europea prodotto dall'agguerrita Ammonia Records. James Cagney, Junkie See, Junkie Do, Good Clean Fun, tanto per citare a caso qualche titolo, non hanno assolutamente nulla da invidiare ai pezzi presenti sugli album dei ben più quotati e giustamente pubblicizzati Hardcore Superstar, Hellacopters o Backyard Babies. Il rock'n'roll venato di speed, glam e spruzzato di punk la fa da padrone in tutti i dodici tiratissimi episodi: dalla party song Kick You Out alla conclusiva Superstar, passando per la citazione dei The Dave Clark Five in Sin Temptation And Pain oppure attraverso l'indiavolata Fadin' Away e l'infiammabile Pyromaniac Mary, Il Metius, affiancato dai graffianti Stiv America e Casey Cooper alle chitarre e da Pretty Paul alla quattro corde, si conferma in ottimo stato di grazia anche nei brani più cadenzati come la bellissima Lessons. Ecco perciò per la prima volta comparire sulla copertina di un loro album direttamente loro, i "casinisti numeri 1", cresciuti a pane, Guns n' Roses, Stooges e Ramones.
Tutto a gonfie e vele? Non esattamente, ahinoi. Se non proprio vacante resta quantomeno aperta la posizione del batterista. Mentre sul cd le pelli vengono affidate infatti ad un altrettanto in palla Danny Boy, sicuramente quinto motore pulsante lungo questi 40' di speed glam, in line up si cita un improbabile Keith Mone che pare destinato a futuro oblio. Amici ai quattro bad boys non mancano (tra l'altro partecipa, principalmente ai cori, una manciata di membri provenienti da Senzabenza, Shandon e Peawees) perciò difficilmente resteranno scoperti là dietro; sarebbe un peccato il contrario viste la facilità di scrittura riscontrata nei pezzi e l'energia sprigionata dalla band al completo nei live in Italia e, udite udite, in Europa. Keep on rockin'!

martedì 28 dicembre 2010

ORA SIAMO CONSAPEVOLI

Dopo la due giorni passata in compagnia dei Clinic, equivalente a metà del loro tour italiano, è stato estremamente naturale concordare coi misteriosi "chirurghi" di Liverpool una chiacchierata che ci permettesse di scoprire un pò meglio con chi avessimo temerariamente avuto a che fare. La coordialità con cui i quattro hanno accettato l'invito è diventata per me proverbiale. Qua di seguito ecco cosa ci siamo detti nelle settimane successive, una volta rientrati in patria per le festività natalizie.

Prima di esordire come Clinic facevate parte di qualche altra band?
Carl: La stessa line-up dei Clinic suonò con il nome di Pure Morning a partire dal 1994.

Cosa non funzionò con quella band per sentire l'esigenza di cambiare identità?
Carl: I Pure Morning erano estremamente legati alle sonorità di quel periodo: un sacco di chitarre distorte e un produzione lo-fi influenzata pesantemente da band come Pavement, Sonic Youth e altre simili. I Clinic sono stati una sorta di reazione a quello stile; volevamo fare qualcosa di totalmente differente che significasse in qualche modo modificare la strumentazione e sperimentare con sonorità differenti. Tutto prese la piega giusta quando trovammo una vecchia tastiera Philips e la collegammo ad un amplificatore distorcendone il suono. Questo keyboard-sound del resto lo si può trovare in maniera massiccia nelle prime registrazioni dei Clinic.

Molte recensioni riguardanti il vostro ultimo album BUBBLEGUM parlano di un nuovo mood nella vostra musica; ora, siccome oggigiorno un musicista non cambia a tavolino il proprio sound, cos'è successo durante la lavorazione di questo cd?
Carl: Quando iniziammo a comporre ci fu una lunga lista di cose che volevamo o includere o escludere nel tentativo di realizzare qualcosa di differente dal passato. Il produttore John Congleton ha compiuto un buon lavoro in cabina di regia, nella registrazione e nel mixaggio; calcola che era la prima volta dai tempi di WINCHESTER CATHEDRAL che lavoravamo con un produttore esterno. È lui che ci ha incoraggiato a inserire elementi a cui normalmente non avremmo pensato, come per esempio i sontuosi arrangiamenti di archi, e il risultato è stato quello di portar a termine l'album più accessibile della nostra carriera, ispirato anche dagli ascolti di dischi easy listening come quelli di Demis Roussos e The Sandpipers.

Appunto, a volte un produttore ha gusti simili a quelli della band di cui si occupa, a volte diametralmente opposti: perché avete scelto proprio Congleton?
Carl: John ci è stato consigliato dai Shearwater, una band con cui andammo in tour negli Stati Uniti. A noi piaceva molto il sound dei loro album mentre loro ci sottolinearono quanto lui fosse molto creativo e di come fosse facile lavorarci insieme. Congleton poi suona in una band perciò sa come approcciarsi a tutto il processo di registrazione sia come musicista sia come produttore il che sicuramente è stato d'aiuto.

Gli addetti ai lavori vi descrivono come art punk band. Vi ritrovate in questa definizione e che significato ha per voi?
Carl: Abbiamo sempre cercato di rendere difficile incasellare la band in un genere predefinito e in alcuni casi questo è stata per noi un'arma a doppio taglio. Ogni album mischia stili differenti, dal punk all'easy listening, all'elettronica, ecc.. e siamo stati criticati per suonare la stessa cosa cercando da sempre di essere differenti. Credo che il nostro sia un approccio alla musica un pò più distruttivo che va per sottrazione di elementi per cui anti-art punk potrebbe essere una definizione più corretta.

Quest'anno, a inizio dicembre, avete suonato per quattro date in Italia, ma se non sbaglio questa era già la vostra seconda calata nel Belpaese. Avete notato un approccio differente alla vostra musica?
Carl
: Amiamo suonare in Italia. Abbiamo sempre ricevuto una calda accoglienza e commenti molto positivi sulla nostra musica. Non parliamo poi del cibo che è eccezionale!

Come ben sai ho assistito a due dei live qui proposti e in nessuno avete suonato I'm Aware, singolo di lancio del nuovo cd: complimenti per la scelta strana e coraggiosa!

Carl: In realtà l'abbiamo suonato durante i concerti del nostro recente tour americano e proprio in quell'occasione è stato tagliato. La ragione principale è stata quella per cui volevamo che il nostro set fosse il più possibile sostenuto e che mantenesse un ritmo maggiormente veloce lungo tutta la sua durata. I'm Aware è invece un pezzo più dolce.

Parliamo ora della vostra immagine sul palco: perché le mascherine da chirurghi? Non vi manca il fatto che, per esempio, alla fine di un concerto nessuno vi riconosca specialmente quando siete all'estero?
Carl
: Indossare le maschere inizialmente era da intendersi come un divertimento visivo, un tributo a band come Crime, Devo e The Residents. È stato anche un modo per distogliere il pubblico dalle identità di noi musicisti e costringerlo a concentrarsi maggiormente sulla musica.
Nessuno ci riconosce mai: l'anonimato è una cosa meravigliosa!!

E cosa ci puoi dire dei brillanti e divertenti videoclip animati realizzati fin qui per i singoli? È possibile ipotizzare in futuro un dvd che li raccolga tutti magari da allegarsi ad una deluxe edition di BUBBLEGUM?
Carl
: Siamo molto soddisfatti dei video anche se non sappiamo cosa succederà in futuro. Intanto mostrano il fantastico talento di artisti come Pete Fowler (regista di I'm Aware) e Alasdair & Jock (registi di Bubblegum); al momento però non c'è in agenda la realizzazione di un'uscita in dvd anche se non sarebbe male l'idea di una video compilation più avanti.

Dieci anni di carriera e sette album realizzati: si può vivere di musica?
Carl
: Penso continueremo ad andare avanti nonostante tutto, del resto...ce l'abbiamo fatta fin qui!

Andrea Barbaglia '10

il seguente post è visibile pure a indirizzo: / n.b.. you can also find a link to this post here: http://www.facebook.com/Clinic / http://twitter.com/clinicvoot

domenica 26 dicembre 2010

DOVE SEI TU
Cristina Donà
- MESCAL - 2003

Abbandonate le asperità stilistiche di TREGUA e mettendo a frutto la successiva esperienza di NIDO la cantautrice lombarda trova nell'ex Cousteau Davey Ray Moon il partner speculare per affrontare la nuova fatica in studio. Raffinatissimo, il terzo album è l'ennesima conferma del talento di Cristina e un nuovo scarto qualitativo nella sua carriera, mai troppo sotto i riflettori e sempre alla ricerca di nuove sonorità, non tanto per stupire le orecchie dell'ascoltatore quanto per sviluppare in concreto l'esigenza di percorsi sonori sempre differenti che ne testimoniano l'urgenza artistica. La scelta di affidarsi a Nel Mio Giardino come primo singolo diviene così naturale e paradigmatica del nuovo cammino cantautorale: viola, violino e violoncello colorano con discrezione, ma in profondità la melodia e le dolci parole della Donà fino al prezioso intervento di Massimo Marcer alla tromba. Invisibile e In Fondo Al Mare sono altre due gemme del nuovo canzoniere: magica e ipnotica la prima, delicata e panìca la seconda. La voce di Cristina, fin qua lieve e carezzevole come il trittico di brani proposti, si muove su binari più "dinamici" con Triathlon e graffia in The Truman Show (Lui Riprende Dall'Alto), sarcastica trattazione di una certa deriva sociale non solo italiana. Dove Sei Tu è un'altra memorabile pagina dalle sfumature blueseggianti e jazzate, col piano di Moor a tessere la trama su cui si innestano un breve solo di trombone e le evoluzioni di violoncello. Una fisarmonica costituisce la spina dorsale della successiva Il Mondo mentre il fido Lorenzo Corti esce allo scoperto con la sua chitarra in L'Uomo Che Non Parla, ragionamento rabbioso e meditato sul fascino misterioso del silenzio umano. Ancora due brani, Give It Back (To Me) in inglese è in qualche modo anticipatore del successivo disco in lingua d'Oltremanica pubblicato per il mercato internazionale nel corso del 2004, e, dopo il divertissement della spensierata Salti Nell'Aria (Milly's Song), elogio all'immaginazione un pò fanciullesca e rivoluzionaria di tutti noi, eccoci in dirittura d'arrivo. E sarà proprio Un Giorno Perfetto quando potremo permetterci di cantare all'unisono con la sua autrice meravigliosi versi quali la bellezza di questa giornata è che non tornerà indietro / ma ogni giorno se lo vuoi sarà un giorno perfetto. Eppure non è finita: quelle che altrove si sarebbero dette semplici bonus track qui hanno il piacevole compito di segnalarsi quali nuove prospettive di genere. La Nel Mio Giardino (Reprise) è una alternative take dell'opener mentre la rivoluzione sonora che si consuma nel Casasonica Remix di Triathlon permette un inaspettato e riuscito duetto con Samuel Romano direttamente dai Subsonica. Con i nostri occhi scintillanti teniamo al minimo il battito e controlliamo che il respiro non ceda e ci segua.
'AΠΟΚÀΛΥΨΙΣ
Chelsea Wolfe
- / - 2010


La cannibalistica intro Primal//Carnal degna di un horror di prima categoria è forse l'evento meno disturbante del qui presente parto della dolce Miss Chelsea. Già la copertina mette in guardia rispetto a quanto proposto da questa giovane musicista proveniente dalla West Coast: chi ha detto infatti che la California è solamente la patria del surf, del sole e del relax più disimpegnato? Mer è la risposta al contrario più chiara per la domanda appena formulata: resa inquietante dalla voce spettrale della sua interprete, in sottofondo pare di sentire e addirittura veder fluttuare, spiriti e anime in pena, tenute flebilmente a bada dalla musica scaturita dalla backing band che la Wolfe utilizza e che vede nella sorpresa Ben Chisholm alle tastiere un ottimo elemento. L'incedere doom della successiva Tracks (Tall Bodies) è leggermente mitigato dalla sua voce eterea e tuttavia sempre ultraterrena che affascina l'ascoltatore insieme alla sua immagine, lei, luciferina Tori Amos e novella Diamanda Galas di questo freddo inverno. Parimenti a Friedrichshain, Demons è il pezzo più rock a trovar spazio su questa release, ma una volta ancora la voce effettata e registrata bassa nel mix regala gli ennesimi brividi lungo la schiena mentre tentiamo di seminare i demoni che rapidi si sono posti al nostro inseguimento. Non c'è tregua: The Wasteland è un altro incubo ad occhi aperti con voci spettrali ad infestare l'altrimenti già di per sé gotica canzone. Moses è una supplica, forse una richiesta d'aiuto, ma desolatamente funebre; Pale On Pale è una drammatica descrizione di morte incombente con urla lancinanti e suoni metallici prima del silenzio definitivo. C'è spazio anche per la strumentale To The Forest, Towards The Sea prima del requiem finale di Movie Screen. Qui Chelsea ci ammonisce ripetutamente, consigliandoci quasi fosse un mantra pagano di non attraversare più quella linea di confine delle nostri menti, anche se ormai siamo consapevoli di come le immagini e l'esperienza vissuta fin qua non potranno cancellarsi mai più nella nostra anima e nella nostra psiche. Almeno fino all'arrivo dell'Apocalisse. Lasciate ogni speranza o voi che entrate.

mercoledì 22 dicembre 2010

CYBERCLOWN
Alberto Camerini
- 316 RECORDS - 2000


A sette anni di distanza dall'inaspettato, tanto per sonorità quanto per tematiche, DOVE L'ARCOBALENO ARRIVA il nuovo millennio vede tornare in scena un autentico Mito degli Anni '80 con un nuovo progetto musicale: l'Arlecchino portato in scena da Alberto Camerini vent'anni prima ha subìto una mutazione irreversibile trasformandosi in cybernetico clown per gli Anni '00! Il Prologo rappato e sporcato da chitarroni metal sembra l'avveneristico, ma un pò troppo facilotto, Manifesto programmatico di un Jovanotti maledetto e alternativo al suo stesso pensiero positivo. Le marionette ribelli compaiono già in Un Altro Sogno, ma Alberto torna prepotentemente alla ribalta solo con il violentissimo punk di Subtelevision Punx (Klonati) e con l'altrettanto scheggia impazzita Istruzioni, quasi a testimoniare di come l'inscindibile legame con la tecnologia sia la dimensione più congeniale e sentita quando affrontata nei testi. La base di Cyberclone e più avanti di Vivo sembrano rispettivamente una part II e III della già citata Prologo: ognuna dà il là a mini trittici accomunati da una sostanziale omogeneità di stili. Sempre senza mai rinunciare al punk bubblegum dei migliori Ramones (Alice Forse Lo Sa Già), nel primo caso è il rock il minimo comune denominatore (Roquette, Orfeo) così come lo ska la fa invece da padrone nel secondo (Non Rompermi Le Skatole! e l'uploadatura di Ska-Skatenati). Quando siam sul punto di credere che il reggae fumato di Fatti Una Canna! sia probabilmente non solo il pezzo più brutto e imbarazzante di una carriera intera, ma soprattutto l'inevitabile morte di una Stella del firmamento musicale, eccolo il colpo di coda tanto desiderato! L'operistica e malinconica Cyberclown posta in chiusura non solo incenerisce letteralmente quanto ascoltato fino ad un istante prima, ma rivela una volta ancora la notevole sensibilità artistica di un cantautore colto e raffinato.
Album eterogeneo e non immediato a discapito delle scelte stilistiche effettuate, CYBERCLOWN non riuscirà nell'intento di riposizionare l'artista italo-brasiliano ai vertici di un mercato discografico che ormai pare logorarsi e saturare sempre più, ma avrà l'indiscusso pregio di riconsegnarci bagliori e sprazzi di luce provenienti da un grande della Musica troppo spesso immeritatamente declassato al ruolo di semplice meteora.

martedì 21 dicembre 2010

CUTS
Soldout
- Anorak Supersport - 2008

A quattro anni dal debutto STOP TALKING e a tre dal remix album DEAD TAPES ecco tornare il duo belga dei Soldout, nuovi alfieri dell'electrofunk europeo. La scoperta del dinamico duo composto dalla scapestrata Charlotte Maison e dal casinista David Baboulis ha portato con sé la considerazione di come sia davvero possibile al giorno d'oggi aver le carte assolutamente in regola per competere a livello mondiale con chiunque anche senza stupire con effetti particolarmente speciali. La sequenza di canzoni presenti sul platter è poi talmente crossover nel suo genere indie che potrebbe appassionare tanto gli amanti dell'elettronica quanto i meno puristi tra i rockettari. Fautori di una miscela esplosiva a base di synth-pop e armati di carica punk la vocalist belga e il suo compagno di machines riescono a lanciarci nel vortice della danza con una manciata di pezzi acidi quali Build It Up/Knock It Down e Mysteries oppure semplicemente eseguendo la strumentale Midnight Express. Il singolo è The Cut, ritmatissimo e sufficiente sboccato per farsi notare fin da subito anche grazie all'affascinante voce di Charlotte che ricorda da vicino quella di Shirley Manson seppur più aggressivamente indolente. La similitudine col timbro della vocalist dei Garbage è anche più evidente in Come On (Part.1), punkettona e quasi jungle, in netto contrasto con la sua gemella Come On (Part.2), più sognante e canonica. Le linee di The Box sono assolutamente punk e non ci saremmo stupiti di ascoltarle su un qualsiasi album dei più sponsorizzati The Kills se solo il duo americano avesse deciso di pigiare il tasto dell'electro. Eppure VV e Hotel non hanno nulla da temere: i Soldout mantengono infatti un loro stile coerente e riconoscibilissimo giacché elaborato secondo i propri gusti come già nell'opener The Call. A dimostrazione di ciò valgano i remix usciti successivamente per questo e il precedente album in studio.
A dir il vero anche qua in Italia abbiamo un giovane alfiere in gonnella simil latex che risponde al nome di Tying Tiffany e che ama bazzicare questi territori, così come una band ancora immeritatamente poco nota, ma qualitativamente seconda a nessuno, come i Mallory Switch: forse il futuro è virato al femminile.

giovedì 16 dicembre 2010

REQUIEM
Verdena
- BLACK OUT - 2007

Non si è mai stati grandi fan del trio di Bergamo da queste parti, anzi l'uscita di VERDENA, ma soprattutto quella del loro primo singolo Valvonauta nel lontano 1999 aveva lasciato pressoché indifferenti nonostante, o forse proprio a causa di, la sua continua heavy rotation sui canali musicali di allora. Ma il tempo è galantuomo e spesso ripaga con gli interessi le cocenti delusioni se non gli errori di sbaglio che possiamo subire oppure commettere. Non che l'allora attesissimo SOLO UN GRANDE SASSO (2001) prima e il già più a fuoco IL SUICIDIO DEL SAMURAI dopo (2004) siano stati ulteriori buchi nell'acqua, anzi!? Epppure è solo con REQUIEM che i fratelli Ferrari e la bassista Roberta Sammarelli sembrano aver definitivamente trovato la quadratura del cerchio e aperto una nuova, decisiva e più matura pagina all'interno del loro percorso musicale. La scelta di Muori Delay come singolo apripista ha il pregio di compattare fin dal riff iniziale rockers, alternativi, orfani del grunge e hipster della domenica intorno alla gloriosa e storica bandiera del Rock, con una semplicità raramente sentita prima. La sorpresa tuttavia è la leggerezza con cui anche i brani a tutta prima più complessi e articolati, da sempre cifra stilistica dei Nostri insieme agli arzigogolati e onirici testi di Alberto, si fanno apprezzare: su tutti è Il Gulliver ad impressionare per la scorrevolezza nonostante i pachidermici 12 minuti scarsi di durata e i preventivabili cambi di tempo ed atmosfera! Il fulmineo intro citazionistico di Rock'n'Roll della premiata ditta Page/Plant è solamente il viatico migliore per lo sfogo sonoro al quale di lì a poco i tre ragazzi, accompagnati dal già ex Fidel Fogaroli al rhodes, si abbandonano per realizzare la loro summa creativa di sempre. Senza sbagliare colpo. Mai. Si vada pure a random: Isacco Nucleare, la delicata Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne, l'inarrestabile carrarmato rock di Don Calisto, la transoceanica e ondosa Caños, la sferragliante Non Prendere L'Acme, Eugenio, il vortice stoner-grunge de Il Caos Strisciante, Angie...tutti episodi essenziali ed esaltanti, ognuno secondo le proprie peculiarità, introdotti spesso e volentieri da brevi frammenti sonori (Faro, Aha, Martin in The Sky, Opanopono). E che dire dell'ennesima cavalcata vintage di Sotto Prescrizione del Dottor Huxley? Capolavoro. Amen.

venerdì 10 dicembre 2010

NEW LIBERALISTIC PLEASURES
The Death Of Anna Karina
- UNHIP - 2006

Che botta di vita?! Finalmente una band che definire semplicemente hardcore pare ingiusto e limitativo, davvero in gamba e con quella giusta carica di aggressività/rabbia che spesso manca a nomi più titolati o sponsorizzati del genere. Forse una volta tanto anche un pizzico di screamo (la bellissima Me And Wittgenstein Down The Street By The Schoolyard) non guasta per rendere se possibile ancora più spietato l'attacco sonoro di questa band emiliana. Eppure una buona dose di melodia e musicalità si riscontra spesso anche all'interno degli episodi più violenti mentre la sostanziosa e sostanziale spruzzata di elettronica new wave (Decapitation Decapitation, The Cure) ad opera di Rocco arrichisce ed estende ulteriormente l'orizzonte sonoro dei ragazzi di Carpi. Strafottenti e provocatori in Every Revolution Is A Throw Of Dice, eccoli "ripiegare" su soluzioni strumentali più dilatate e a tratti psichedeliche in Jlg And Anna Karina In A Bar e nella conclusiva Instrumental che poggia tutta la sua essenza su di un coraggioso pianoforte inizialmente incastonato tra la marzialità della sezione ritmica e le divagazioni sonore delle chitarre per poi cedere il posto ad un suono di organo post operistico. Il vocalist Giulio torna ad aggredire l'ascoltatore in Castration mentre le tastiere disegnano un tappeto sonoro saturo e ossessivo salvo assumere successivamente un ruolo meno dominante in I Hear The Seduction Of New Liberalistic Pleasures On Your CD, brano che ci suoi 6 minuti e oltre di durata si segnala come il più lungo del lotto. Nuovamente deflagranti e rabbiosi in Simon Le Bon Against The Tradition (Revisited) i sei death&rollers realizzano con Giulio Favero in cabina di regia un ottimo successore al precedente omonimo disco d'esordio facendo intuire un potenziale non ancora espresso del tutto e che ci auguriamo di poter tornare a trattare anche su queste pagine.

mercoledì 8 dicembre 2010

02-12-2010
- CLINIC live @ Live Forum -
Assago (MI)

In tour coi Clinic. Ammetto che fino ad una settimana fa di questa band inglese avevo forse letto il nome da qualche parte, ma non avevo mai ascoltato nulla. Eppure sono attivi da più di dieci anni e hanno nel loro carnet, oltre ad una manciata di Ep, ben sette album, l'ultimo dei quali, BUBBLEGUM, è il motivo di questa loro calata italica di inizio dicembre.

Il pubblico milanese questo giovedì è veramente scarso in termini numerici, vuoi per la concomitante presenza di altri live in città, vuoi forse per la location forse poco nota e che molti tendono a confondere con il più noto Mediolanum Forum al di sotto del quale il Live Forum è stato ricavato. Poco importa: noi si entra e si presta attenzione pure all'italianissimo quanto sconosciuto supporting act che risponde al nome di Mexican Chili Funeral Party e che nell'oretta scarsa a disposizione tiene bene il palco con una formazione giovane e ben assortita presentando una sequenza di brani interessanti, inframezzati da una cover dilatata e personale di Hells Bells. Ottimo il lavoro dei due chitarristi, specie gli interventi di chitarra solista, molto utili per dare una marcia in più allo stoner di cui i Brianzoli si nutrono. Da tenere d'occhio.

Rapido cambio di palco ed ecco entrare in scena quattro loschi figuri con mantellina guatemalteca (!!), cuffia e mascherina chirurgica: benvenuti in Clinic-a! Si parte senza dire una parola con Bubblegum, omonimo brano d'apertura del nuovo cd uscito ad ottobre e secondo singolo in programmazione, che col suo wah-wah ad opera del sempre schivo Jonathan Hartley alla chitarra, è proprio il caso di dirlo, ti si appiccica in testa e non ti lascia più. Ancora novità con Lion Tamer e la zuccherosa Milk & Honey che, per una serie di assonanze, a me nel finale fa canticchiare "vorrei cantare insieme a voi in magica armonia", inframezzate dalla più nota Memories, utile per farci iniziare a battere il piedino a tempo: buon segno! Welcome è un altro esempio di ottimo art rock del quartetto proveniente da Liverpool e introdotto dalla melodica, o dinamica che dir si voglia, suonata dal singer Ade Blackburn e marchio di fabbrica del clinic-sound.

Ciò che poi colpisce a questo punto della serata è come, a differenza dell'apparente staticità degli altri tre e soprattutto del pubblico davanti a lui, il buon Brian Campbell, pur mantenendo la posizione e senza mai distogliere lo sguardo dai presenti, continui imperterrito a ondeggiare su se stesso e a seguire col corpo le vibrazioni di ogni singolo pezzo suonato dal suo basso: grande!

Ancora due brani targati 2010: Baby e la b-side Gentle Lady non sfigurano nell'alternanza con la decisamente più datata (1998) e punkeggiante Monkey On Your Back, durante la quale Blackburn schitarra con la sua SG mentre Hartley opera in "sala tastiere", e la festante T.K.. Da VISITATIONS viene estratta la sola Harvest (Within You) con il suo incedere tribale esercitato dal quadrato drumming di Carl Turney e dalle tastierine suonate questa volta da Ade. Inutile dire che se Hartley riconquista il "buio della ribalta" e se ne ritorna nella penombra macinando accordi nervosi, Brian si dimena da par suo sul fianco destro del palco manco fossimo, due piani sopra, ad un concerto dei Subsonica, tanto per far un nome a caso. Fantastica l'onirica Distortions, priva di chitarre e così intensa da aver catturato l'attenzione degli Arcade Fire in sede live, ma che pure non sfigurerebbe nell'album dei migliori Radiohead o dei migliori Coldplay; poi ancora strepitoso art punk con la storica I.P.C. Subeditors Dictate Our Youth e nuovamente spazio all'ultimo album con Evelyn.
La tiratissima Shopping Bag, ancora DO IT!, è il preludio a Infernal Wrangler che con Orangutan si segnala come atto conclusivo di questa prima parte di live. I quattro a questo punto scendono dal palco per la (non) concordata pausa pre-bis, ma, non si sa per quale motivo, viene già diffusa la musica di fine serata!?!

Attimi di stupore tra i paganti, e forse pure dietro alle quinte, quand'ecco che i chirurghi tornano per altri tre brani: Porno, The Return Of Evil Bill e la fortunata Walking With Thee.

Soddisfatti per questo ottimo live decidiamo di fermarci per un drink, quando ecco che un energumeno in abiti civili, da sopra il palco ci lancia un amichevole "cheers!": è Brian, che smessi i panni di chirurgo guatemalteco sta smontando il palco e riponendo i suoi strumenti nelle custodie. Quattro inaspettate chiacchiere con la band al completo diventano così la promessa di seguirli nuovamente in una loro prossima tappa qui in Italy.
Where? When? Ieri erano a Roma, domani saranno a Bologna e sabato in Liguria: ehh, davvero troppo lontano, purtroppo.

Detto, fatto: due giorni dopo quando entriamo al Virgola di Sestri Levante, mentre sul palco gli Antigone stanno concludendo il loro set, veniamo accolti da un ormai familiare "Cheers!"
Visto? Promessa mantenuta!

Andrea Barbaglia '10

venerdì 3 dicembre 2010

CROCEVIA
La Crus
- WEA - 2001

Si sa: a fare una cover o si decide di restare fedeli all'originale oppure si stravolge il brano e lo si interpreta secondo il proprio stile.
Beh, di stile Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti ne hanno sempre avuto parecchio, dai tempi dei Carnival Of Fools il primo e da quelli dei Weimar Gesang e degli Afterhours il secondo. Aggiungiamoci la presenza sempre determinante in studio di Alessandro Cremonesi a completare la stesura dei testi e avremo un terzetto di classe che può permettersi di accostare in questo suo nuovo lavoro brani immortali della Musica quali sono Via Con Me di Paolo Conte (Cristina Donà e l'ex EstAsia Romina Salvadori ai cori) o L'Illogica Allegria di Giorgio Gaber (con un graditissimo featuring di Samule Bersani), a nuovi classici della Stessa, come l'Annarella degli ultimi CCCP-Fedeli Alla Linea. Etereo il trip hop della battistiana E Penso A Te, sognante, grazie anche alla tromba di Paolo Milanesi, quello dell'opener Estate di Bruno Martino, il cd viaggia su binari solidi e consolidati non per mancanza di audacia o idee, ma per la qualità messa al servizio della Canzone. Nessun baratro; molti i picchi. Forse due sono le canzoni astonishing, che colpiscono più di tutte per la loro bellezza: Pensiero Stupendo e Ricordare. Se nella canzone di Ivano Fossati e Oscar Prudente troviamo la stessa Patty Pravo che la portò al successo più di vent'anni prima, ciò non significa si tratti di un puro e mero lavoro didascalico: il triangolo evocato dalla canzone si materializza quando oltre all'artista veneziana e a Joe, compare la voce di Manuel Agnelli. La morbosità e la libido trattenuta vengono così accentuate e sottolineate da un incedere voluttuoso e sensuale che cattura fin dal primo ascolto. In Ricordare è la giostra della memoria a essere messa in moto: la consapevolezza che tutto torna anche contro la nostra volontà viene qui enfatizzata dall'etereo tappeto sonoro, marziale e non privo di accenni morriconiani, assumendo una maestosa e drammatica meccanicità sonora grazie ai fiati ancora una volta curati da Milanesi. Ma come non citare l'immensa Giugno '73 (sì, De André!) o l'altrettanto splendida La Costruzione Di Un Amore del già citato Fossati? Premio Tenco 2001.

giovedì 2 dicembre 2010

THE DEVIL YOU KNOW
Heaven & Hell
- ROADRUNNER RECORDS - 2009

Sontuoso. Nel lontano 1992 l'allora reunion dei Black Sabbath nella formazione Dio-Iommi-Butler-Appice, nonostante avesse partorito il granitico e heavy DEHUMANIZER, s'era di lì a poco nuovamente sciolta, scornandosi per divergenze di ordine gestionale e lasciando l'amaro in bocca a quanti ne avevano pronosticato una seconda giovinezza anche in piena era grunge. Diciassette anni dopo ecco il tanto agognato quanto inaspettato comeback. Complice una raccolta di vecchi classici rimpinguata da tre inediti nuovi di zecca, Tony Iommi si ritrova col folletto del metal Ronnie James Dio per celebrare quel periodo del Sabba Nero post Ozzy Osbourne con una nuova linfa vitale e creativa. Dopo una falsa partenza con Bill Ward nuovamente dietro le pelli, la sezione ritmica si compatta attorno al duo Butler-Appice, modifica per esigenze contrattuali il monicker in Heaven & Hell, parte per un tour, poi per un secondo, fa uscire un live album di ottima fattura, torna in studio, partorisce il qui presente cd. I blue skies di Atom And Evil (chi ha detto Adamo ed Eva?) sono in realtà ben più neri e cupi di quanto il lirismo di Dio non ci voglia far credere. Ritmiche rallentate, incedere funereo, inquietudine: è doom, e dei più pesanti mai realizzati dai quattro. Il senso di buio profondo "sporcato" da un'inquitante luce cremisi permane lungo tutto il platter: Follow The Tears mantiene le coordinate appena menzionate in maniera anche più solenne e impressionante con un assolo di Iommi che tuttavia non spezza ansia e turbamento. Che dire poi di Bible Black? Ottimo singolo, altro riffone e pesantissimo solo del baffuto chitarrista, intenso il cantato, pachidermica la sezione ritmica. Siamo davvero su un altro pianeta! E quando si decide di accellerare i risultati sono gli stessi: Eating The Cannibals, il bestiale basso di Double The Pain, Neverwhere sono solo una declinazione dell'atmosfera claustrofobica che si respira da queste parti mentre la lancinante Fear e l'ennesimo episodio doom di The Turn Of the Screw ci attendono un istante prima che tutto Breaking Into Heaven. Che ritorno!?! Eccezionale e irripetibile. Ottima la prova vocale di quel vero gentleman che risponde al nome di Ronnie James. L'ultima.