mercoledì 29 febbraio 2012

JE VOULÈ TOIS MON AMOUR ...NON È FRANCESE
Saskatchewan
- autoproduzione - 2009

Saskatchewan è un fiume del Canada che nasce dalla confluenza di due generosi corsi d'acqua quasi speculari prima di gettarsi in uno degli innumerevoli laghi presenti sul territorio. Saskatchewan è pure il nome di una formazione emiliana nata dall'unione artistica di tre amici di lungo corso cresciuti fino a quel momento a pane, lambrusco e gnocco fritto. Sul finire degli anni '70 Fernando Reggiani e Gabriele Mastini trovano nell'allora diciottenne Perry Magnani il giusto alter ego per concretizzare i loro sogni di rock'n'roll in quel di Fabbrico, paesone della Bassa reggiana che ha già dato i natali ad un promettente bassista di nome Dante e al chitarrista Claudio Messori. Con un organico basato su chitarra, basso e ben due pianoforti (l'accoppiata Reggiani-Magnani) prende il via la loro avventura. La formazione si assesta negli anni seguenti in un quartetto che prevederà la presenza alla batteria del fratello di Messori, Giancarlo detto Woody, per quella che fin dalla prima prova in studio, il prezioso ...LUNGO LE VIE DI FABBRICO, risulterà essere una istrionica e originalissima patchanka rock-blues dai contorni jazz, non priva tuttavia di quel sanguigno sapore pop tipicamente emiliano, in grado di sciogliere in una risata anche i momenti più drammatici della vita. Lo stesso mood conviviale che si respira sul sorprendente JE VOULÈ TOIS MON AMOUR, il ritorno degli Saskatchewan in questo nuovo millennio, tra intelligenti soluzioni alte (Oltre Il Confine) e derive goliardiche giustamente mai accantonate (L'Uomo Barbuto). E ci sono proprio tutti i protagonisti di una stagione che sembrava ormai perduta. C'è anche Dante infatti. Sì, proprio Dante Pergreffi. Il basso pulsante di quello che dopo l'esperienza Saskatchewan sarebbe diventato solida pietra angolare per i Nomadi di Augusto Daolio fa, come sempre, ottima mostra di sé nelle due registrazioni targate 1982, l'"hit" Non Siamo Un Kilo e la notturna Aspettando La Luna che, oltre a regalarci nuovamente gli interventi di sax di Giovanni Borciani, paiono peraltro non risentire affatto dello scorrere del tempo, inserendosi alla perfezione nell'economia del cd registrato nell'arco di un paio di anni e, quel che più conta, senza alcun tipo di pressione. Emozionante. Emozionante ritrovare tutto come allora. Anche le nuove composizioni, più mature certamente rispetto agli esordi, catturano all'istante. Si prendano le malinconiche note introduttive de Il Pittore: oltre a riportarci alla memoria l'altrettanto intensa Money For Dope di Daniele Luttazzi, ci conducono per mano nel vortice dell'estasi pittorica dell'artista a cui la tela pare non bastare più. Ritratto da Mastini nello sforzo realizzativo, eccolo dipingere direttamente "le pareti della stanza" mentre "il dipinto si espande, si torce e vola fuori dalla finestra e diventa il paesaggio, e tutta la realta' che lo circonda, inglobandolo in un turbine di colori". O ancora, la strumentale Habanera Sul Po che nel suo crescendo orchestrale sfocia nel divertissement jazzato di Brutta, antico brano dall'irresistibile verve, rivisitato à-la Louis Armstrong. Altro recupero degno di nota è La Notte Di San Desiderio, affascinante descrizione campestre in notturna che, come macchina del tempo, vivifica gli attimi di vita passati accompagnandoci nel mondo dei sogni. Dopo il brivido elettro-noir provato con Bruto Nell'Ombra, si accellera con la contagiosa Cimitero D'Auto Nuvolante per scoprire la sorte di Mìngon, unico episodio dialettale inserito. E che dire di Orticami: fatta propria la lezione jannacciana, il quartetto fabbricese la rielabora per dare un (in)consapevole seguito a quella Silvano portata al successo da Cochi e Renato. Summa dello spirito saskatchewano è tuttavia Je Voulè Tois Mon Amour in cui sono gli arrangiamenti ritmici di Woody e Perry ad avviluppare una non-storia così incomprensibile da risultare universale. Una medicina dicono espressamente in coro i quattro, terapeutica e priva di controindicazioni da non necessitare di bugiardini. Come fare per averla? Rispondete a queste domande: sai recitare Mìngon in dialetto sardo? Ti sei iscritto al Rotoballa Club? Hai fatto un corso per nutrire un girino? ...no, non è francese...

un link al seguente post è presente qui: http://it-it.facebook.com/people/Perry-Magnani/1046315941

lunedì 27 febbraio 2012

25-02-2012
- NOMADI live @ Teatro Tenda -
Novellara (RE)

Si è parlato tanto, troppo e molto spesso a sproposito in questi ultimi due anni e mezzo. Tanto ancora si dirà nelle settimane e nei mesi a venire dell'abbandono di Danilo Sacco in seno ai Nomadi. Diciannove anni là su quel palco, in prima fila dopo l'incolmabile vuoto provocato dalla scomparsa del grande Augusto Daolio, all'inizio condividendo la responsabilità del canto con Francesco Gualerzi poi, dal 1998 in solitaria, da frontman navigato e maturo, non si cancellano in un istante e sicuramente possono portare con sé, alla luce di quanto accaduto, polemiche (sempre sterili) e riflessioni. A fronte dell'addio per motivi di salute del cantante astigiano, vittima, ricordiamolo, nella primavera del 2009 di un infarto che pareva potesse pregiudicarne la salute prima ancora che la carriera, è giusto così registrare e prendere atto dello scontento di quanti hanno seguìto, e forse addirittura scoperto, la band di Beppe Carletti negli anni post Augusto proprio grazie alla crescita artistica dell'ex cantante della Comitiva Brambilla, ora delusi in primis per la decisione maturata e, in seconda battuta, per un presunto atteggiamento "freddo" della band all'indomani della notizia resa pubblica da Danilo sul suo sito. Concluso il tour teatrale in supporto a CUORE VIVO, raccolta di rifacimenti nomadi tra 1967 e 1977 con due inediti, non senza questo imbarazzo di fondo, dal primo gennaio 2012 le strade delle parti in causa si sono così ufficialmente separate. Danilo Sacco si rifugia nell'abbraccio della sua Agliano, prende un po' di tempo per riordinare le idee e lascia intendere come, a tempo debito, una nuova avventura musicale verrà abbracciata e condivisa con quanti vorranno seguirlo nel suo percorso.

Di riflesso i Nomadi hanno la necessità di trovare un nuovo cantante in grado di affrontare un gravoso impegno: raccogliere l'eredità dello stesso Sacco e, come a quest'ultimo accaduto, quella sempre pesantissima di Augusto Daolio, ineguagliabile per carisma e sensibilità artistica, del quale nel 2012 ricorrono fra l'altro i vent'anni dalla scomparsa. Gli stessi trascorsi dalla morte di Dante Pergreffi, quel Principe Desiderio ricordato sempre sorridente al basso e che solo il destino ebbe la forza di portare via anzitempo in quello sciagurato 1992. Ricorrenze e anniversari. A 365 giorni dai cinquant'anni di carriera della band. Febbrili, le prove con i nuovi candidati vocalist si sono protratte fino a qualche settimana fa, nel riserbo più assoluto. Da fine novembre ad oggi si sono succedute voci, smentite, ipotesi; nomi ne sono stati fatti davvero molti, da Roberto Tiranti dei Labyrinth a Paolo Montanari dei Ma Noi No, cover band nomade d.o.c.g., passando per la compagna dello stesso Tiranti, Irene Fornaciari, già al fianco del sestetto novellarese in più di una occasione. Niente da fare. Il nuovo cantante sarà presentato sabato 25 febbraio, in occasione del XX Tributo ad Augusto, appuntamento classico per il popolo nomade, dove farà la sua prima uscita ufficiale. E il 26 si bissa.

Arrivati nel tardo pomeriggio di sabato sostiamo qualche istante al di fuori del tendone sotto cui si svolgerà il concerto ascoltando commenti e aspettative. C'è cauto ottimismo per quanto accadrà da qui in avanti nella storia dei Nomadi anche se un calo numerico di presenze al momento è un dato ben visibile. Entriamo, e anche sotto al tendone ci si muove senza grossi problemi. Certo, son passate da poco le 20:30 dunque tutto sommato è ancora presto. Però... Conclusa la breve esibizione a suon di ritmi caraibici di Pepe e Los Trinitarios, è la volta di Martino Corti, mascotte nomade rimasta nei cuori di qualche fans e oggi di nuovo sul palco ad aprire la serata come spesso accaduto nel corso del tour 2010. A scaldare davvero il pubblico ci pensa però l'arrivo di Cisco, uno dei tanti nomi dati per papabili e in corsa alla successione di Danilo Sacco almeno fino alla fine dello scorso novembre, quando a far naufragare la sua possibile candidatura nel ruolo di nuovo cantante nomade apparve sul sito internet dell'artista la notizia di fine registrazioni del nuovo disco solista. Forte dell'esperienza ultradecennale maturata tra le fila dei Modena City Ramblers e dotato di un naturale carisma, il buon Bellotti ha gioco facile nell'intrattenere la platea intonando uno dei nuovi brani contenuti in FUORI I SECONDI, sua ultima fatica discografica uscita da meno di un mese. Scritto in collaborazione con il chitarrista Andrea Faccioli, presente sul palco in compagnia di Simone Copellini allo xilofono, Augusto non poteva infatti che essere dedicato all'indimenticabile Daolio e gli applausi commossi e sinceri delle persone che via via stanno arrivando ne impongono un bis immediato. Poi è la volta di Beppe Carletti.

Accompagnato sul palco da Red Ronnie, che con la sua innovativa Roxy Bar TV seguirà in diretta mondiale la due giorni di Novellara, e con Pietro Casarini presentatore di giornata, la parola passa però subito al protagonista più importante che la storia nomade abbia mai avuto. Sul maxischermo alle loro spalle compare infatti un Augusto d'annata che all'intervistatore di turno ha modo di ricordare come
i Nomadi dopo, già allora, oltre venti anni di onorata carriera siano non solo una band, ma uno stile di vita vero e proprio. Che cresce e guarda al futuro. Quel futuro che ora, febbraio 2012, è il nostro presente, qui, proprio in quel di Novellara. Al rientro dall'intervista sono la comparsa on stage della chitarra di Daolio e del basso di Dante Pergreffi a colpire e suscitare emozione. Lo stesso moto d'animo e di affetto che tra gli applausi scroscianti di tutti accompagna le parole di ringraziamento rivolte al pubblico da parte di Carletti. Affetto certo, ma anche qualche sassolino finito nelle scarpe lungo il camminare di questi ultimi mesi e che ora pare necessario togliersi. Con una certezza incrollabile: "Possiamo guardare al domani perché abbiamo un passato fortissimo". Siamo in ritardo di qualche minuto sulla tabella di marcia, ma poco importa.

Oggi è una festa. Una festa con una sorpresa di nome Cristiano e l'attesa è naturalmente palpabile. Poi, quando meno te lo aspetti, si spengono le luci e tutto si fa buio sotto al tendone. È qui che "nasce la terza vita nomade". Protetti dal profilo di Augusto Daolio che compare sul lato destro della scenografia quasi a osservare la sua band, i cinque veterani della band salgono sul palco, si posizionano dietro ai loro strumenti e rivolgono lo sguardo nuovamente al maxischermo dietro di loro. Ancora Augusto, da un passato che si fa presente, prende la parola: "Allora, grazie per essere venuti questa sera; oggi... ancora un'altra volta, con tanto sentimento, sempre Nomadi!" All'istante le note di Ricordarti si propagano dai pick up della chitarra di Cico Falzone, che taglia l'aria e annulla quell'aura di sogno nella quale ci si stava pigramente crogiolando. E sono note pesanti, massicce, che corrono a ritroso nel tempo per riannodarsi a quei fili mai recisi vent'anni prima. Spetta a Massimo Vecchi, che alcuni avrebbero voluto promuovere sul campo nel ruolo di voce unica dei Nomadi, l'incombenza del canto; ma la seconda strofa è tutta per Sergio Reggioli mentre la terza tocca al già citato Falzone. Esecuzione corale supportata dalle inattese, ma sempre gradite presenze di Cristina Montanari e Monica Magnani che si fanno sentire con la misura che le contraddistingue nel finale. L'attesa per poter ascoltare e conoscere il nuovo cantante non è dunque terminata. Fotocamere e cellulari restano ancora a bocca asciutta anche durante il secondo brano in scaletta, la veemente Ad Est, Ad Est affidata a Vecchi, grintoso e carico al basso tanto quanto pare esserlo l'infaticabile Daniele Campani dietro la batteria.
Tutto sotto l'occhio vigile di Carletti. Ormai ci siamo.

È tempo di un nuovo, importante battesimo. Spetta al grande Augusto "officiare" dal maxischermo: "Ti dedichiamo questa canzone; con questa canzone diventi praticamente battezzata. Sei a posto con Dio, con la terra, con il mondo, con tutti e soprattutto fai parte della grande famiglia dei Nomadi". Signore e signori ecco a voi Cristiano Turato. Tre inchini carichi di emozione rivolti ai tre spazi in cui si divide il pubblico. "Heilà! Alloraaa!! ...Ciao a tutti." Basettoni, pizzetto, di nero vestito, con una voce molto corposa e strutturata anche nel parlare e con una cresta cyberpunk che mai s'era vista da queste parti, il primo impatto con il nuovo cantante è sorprendente. Quasi un pugno nell'occhio. Inutile paragonarlo, anche solo esteticamente, a Danilo Sacco o tantomeno ad Augusto Daolio. Altri tempi, altre necessità. "Prima di tutto, ragazzi, volevo veramente, veramente, col cuore, con tutto me stesso, ringraziare loro perché mi hanno scelto... e non so ancora perché!?! Per me, per me è come sposarmi di nuovo, avere una nuova famiglia. C'è tutto da fare, c'è tutto da costruire, e io voglio farlo insieme a voi. Mi date una mano? Grazie." Grande prova di umiltà da parte della ventitreesima new entry in casa Nomadi lungo questi quasi cinquant'anni di carriera.

"Se riusciremo a passare questa due giorni indenni - ammonisce tra il serio e il faceto Falzone - ce la faremo". Si riparte. L'hard rock di Sangue Al Cuore non risente affatto del cambiamento vocale operato dal nuovo arrivato che ci mette anzi del suo per mantenere l'usuale potenza sprigionata dalla musica, lasciando intravedere smaglianti bagliori metal e sfiorando addirittura il growl.
Potentissimo. Con Una Storia Da Raccontare Turato divide il cantato con Vecchi e anche in questa occasione imprime una aggressività nuova all'interpretazione che ben si sposa alle liriche contro la pena di morte. Sempre in ambito sociale fa la sua comparsa Il Serpente Piumato, affidata nella sua interezza al bassista e seguita a ruota dalla più disimpegnata, ma non meno efficace Toccami Il Cuore, appannaggio invece del nuovo frontman. Qualche comprensibile incertezza per lui in questo pezzo, ma il giovane cantante patavino, classe '74, può contare su una squadra di professionisti affiatata che sopperisce alle sue veniali lacune garantendogli fiducia e sostegno incondizionato. È a questo punto che purtroppo per noi termina la prima giornata del tanto atteso XX Tributo ad Augusto. Le note de La Libertà Di Volare e Auschwitz rieccheggeranno di lì a breve frammentarie e lontane alle nostre orecchie mentre saremo costretti da uno spiacevole imprevisto ad abbandonare il luogo del concerto, non certo per stanchezza o peggio ancora per delusione rispetto a quanto ascoltato fino a quel momento. Peccato, perché il fattore T piace e potrebbe regalare soddisfazioni anche alle "vedove inconsolabili" di Danilo, già da queste prime apparizioni. Tempo al tempo. Dove si va? Per intanto poco oltre la collina c'è il paese che ci aspetta. Domani pomeriggio torneremo invece a Novellara, quando sarà tutto a posto.

Andrea Barbaglia '12

le fotografie pubblicate sono tratte dal sito web www.nomadi.it

venerdì 24 febbraio 2012

Tra blues destrutturato ed alternative rock i Bud Spencer Blues Explosion giungono a Brescia con il nuovo album "DO IT"

BUD SPENCER BLUES EXPLOSION
+ Disco Not Disco Dj Set


SABATO 25 FEBBRAIO 2012
VINILE 45
Via del Serpente, 45
Zona Ind. Fornaci Brescia
INFO: 335 53 50 615
http://www.vinile45.com/

INGRESSO riservato ai tesserati Arci
con un contributo di 10 EURO


BUD SPENCER BLUES EXPLOSION - http://www.myspace.com/budspencerbluesexplosion

I Bud Spencer Blues Explosion si formano a Roma nel gennaio 2007 e dopo due mesi esce il loro primo EP autoprodotto HAPPY. La gavetta inizia dai locali della capitale e si espande subito al resto d'Italia grazie anche a un ottimo seguito sul web attraverso i canali di myspace e You Tube.

Il 2008 inizia con le registrazioni del primo disco prodotto dalla Yorpikus Sound, BUD SPENCER BLUES EXPLOSION, che viene prima distribuito on line e poi, a partire dal luglio 2009, nei negozi tramite Audioglobe e con l'aggiunta di due tracce live.

Volano negli Stati Uniti per il primo tour oltreoceano con date a New York e Seattle; al ritorno in Italia esce il primo videoclip ufficiale del pezzo Hey Boy Hey Girl cover reinterpretata in chiave chitarra e batteria del celebre brano dei Chemical Brothers.

Il 23 gennaio 2010 si esibiscono come headliner in una delle serate della rassegna Generazione X al fianco di Alessio Bertallot e del bassista Saturnino.

Il primo maggio del 2010 i BSBE tornano sul palco del Concertone in Piazza San Giovanni a Roma nel cast ufficiale della manifestazione. Durante l’estate si segnalano un numero impressionante di concerti e la partecipazione a festival e rassegne di primo piano, come il MiAmi e Italia Wave.

Tra un concerto e l’altro va in scena il “secondo incontro ravvicinato” con Alessio Bertallot e Saturnino. Il collettivo B.S.B.E. (acronimo che sta per Bud Spencer Blues Explosion, ovviamente, ma anche per Bertallot Saturnino Blues Explosion) si è ritrovato infatti alle Officine Meccaniche di Milano per registrare una versione impetuosa e travolgente di Daft Punk Is Playing At My House, il classico “per tempi moderni” firmato LCD Soundsystem: il brano è stato lanciato sempre sul web in free downaloading.

Il 6 maggio 2011 prende il via un nuovo tour viene pubblicato A FUOCO LENTO - LIVE EP AL CIRCOLO DEGLI ARTISTI, ROMA, un extended play disponibile in CD, vinile 10’ pollici e in downloading che ha raccontato il concerto tenuto il 14 marzo al Circolo degli Artisti. Da maggio a settembre i Bud Spencer Blues Explosion hanno tenuto più di 50 concerti, tutti accolti con entusiasmo da parte del pubblico. In quei mesi hanno preso il via le registrazioni del nuovo album, DO IT, la cui pubblicazione viene fissata per il 4 novembre 2011.
Il dj veneziano che ha spopolato in tutto il mondo grazie a hit da
 club come Groovejet (If This Ain't Love), Jumbo o Cry Baby. Ha collaborato con artisti del 
calibro di St Germain, Run–D.M.C., Sophie Ellis-Bextor, Royksopp. Il suo
 dj-set è una miscela esplosiva di elettronica e house.

DJ SPILLER - Serata Laserdance
+ Franz e Paul BHN

VENERDì 24 FEBBRAIO 2012
VINILE 45
Via del Serpente, 45
Zona Ind. Fornaci Brescia
INFO: 335 53 50 615
http://www.vinile45.com/

INGRESSO riservato ai tesserati Arci
con un contributo di 5 EURO


DJ SPILLER - http://www.nano-rec.com/site/artists.html

Venerdì 24 Febbraio si terrà “Laserdance”, l’appuntamento elettronico mensile del Vinile 45, con un ospite di fama internazionale davvero d’eccezione: il dj veneziano Spiller, punto di riferimento della scena dance, che ha spopolato in tutto il mondo grazie a hit da club come Groovejet (If This Ain't Love), Jumbo o Cry Baby, proporrà per la prima volta a Brescia il suo set esplosivo a base di elettronica e house. Ha collaborato con artisti del calibro di St Germain, Run D.M.C., Sophie Ellis-Bextor, Royksopp.

Apriranno la serata, alle 23.00, Franz (nu-disco) e Paul BHN (deep house).

Visual performance a cura di Glam Noise: set di arte visiva rigorosamente in real-time composto da videoriprese, effetti grafici, animazione 3D.

giovedì 23 febbraio 2012


SON OF THE DUST
Movie Star Junkies
- Outside Inside Records & Wild Honey Records - 2012

Dieci nuovi pezzi per i rinnovati alfieri italiani del rock polveroso di matrice tex mex e Americana. C'è molto Urge Overkill e Bad Seeds qui, nel terzo album della band torinese. Meno potenti e rabbiosi dei più compatti e desertici Juan Mordecai, a tratti più sbilenchi degli storici Santa Sangre, i Movie Star Junkies imbastiscono una trama sonora incalzante ed estremamente cinematografica che ci accompagna dalla prima all'ultima nota nei meandri più reconditi della nostra immaginazione, raccontandoci, visionaria, di mondi e luoghi quasi ancestrali. Abbandonati certi eccessi rumoristici che ne avevano impedito forse una maggiore fruibilità presso un numero più ampio di possibili ascoltatori, fin dal primo singolo These Woods Have Hears incombe un alone spettrale nelle vicende polverose raccontate dal quintetto piemontese, rinnovato nei suoni e, crediamo, nello spirito. Che di fondo si avvertisse anche nei suoi lavori passati un amore per certe atmosfere care al Nick Cave delle MURDER BALLADS è ora più evidente che mai. Ci si muove febbricitanti tra assolati deserti southern, arsi dal caldo e per nulla appagati da whiskey e margaritas, procedendo verso una meta che non c'è. Lungo il viaggio (Cold Stone Road) ci fanno compagnia personaggi improbabili e creature sciamaniche; incrociamo poeti e malviventi, avvoltoi e coyotes. Leonard Cohen e Neil Young. Iron & Wine e i Calexico. Tutto è possibile in questo anomalo ombelico del mondo. Ma il viaggio è lungo e il giorno cede il passo alla notte (End Of The Day). Viene freddo. Fuochi fatui si alzano al cielo mentre un falò prova a rischiarare le tenebre. Tutto intorno è silenzio. Dobbiamo muoverci, non c'è molto tempo. All'indomani eccoci in marcia verso la prima cittadina abitata. Si raccontano strane dicerie su questo piccolo agglomerato di costruzioni in legno, dei suoi trascorsi poco chiari e delle sua storia (Son Of The Dust). Gli abitanti ci scansano, hanno ben poca voglia di rivolgerci la parola. Ci guardano di traverso. E tirano dritto bofochiando qualcosa. Ciotoli e vetri rotti sul selciato che conduce alla drogheria del posto. Un pozzo sorge dietro la chiesa. Sembra fosse l'unica fonte di abbeveraggio per gli autoctoni, almeno fino a qualche decennio fa; poi l'inizio della brutta stagione (In An Autumn Made Of Gold), la maledizione (A Long Goodbye) e i lutti (The Damage Is Done). Rimangono una croce e un piccolo simulacro sulla collina; impossibile saperne di più (How It All Began). There's A Storm: senza grossi rimpianti ci rimettiamo in viaggio. Nella testa un rock primordiale e i racconti portati dal vento. Le leggende di un popolo sono antiche come le montagne.

mercoledì 22 febbraio 2012

COME GLI AEROPLANI
Enzo Jannacci
- Ala Bianca - 2001

Un disco rabbioso. Un disco indignato. Un disco di protesta. Un disco di rottura. Un disco di eroi. Un disco che a Jannacci deve essere costato molto in termini di bile versata di fronte all'ottusità e alla scarsa lungimiranza di certe etichette e case discografiche, tutte restie a concedergli carta bianca per un nuovo album di inediti. Poi la sempre propositiva Ala Bianca, non nuova ad operazioni di qualità, nella figura di Toni Verona "ha spazzato via dubbi e incertezze con eleganza, metodo e precisione ed ha nuovamente aperto a Enzo i confini della sua comunicazione." Così recitano le parole del figlio Paolo all'interno del booklet che accompagna COME GLI AEROPLANI, il cd del ritorno dopo sette lunghi anni da I SOLITI ACCORDI; parole semplici, ma ferme che confermano quelle ben più critiche ed aspre dello stesso cantautore milanese che poco più sopra nei suoi non ringraziamenti si dichiarava "piuttosto amareggiato" da coloro i quali dopo averlo incensato negli ultimi quattro anni e più, gli avevano rifilato "una pedata nel culo, subito dopo". Nel suo studio casalingo di Milano, spronato anche dall'amato Paolino in cabina di regia, Jannacci mette perciò in fila ben diciassette canzoni "completamente nuove", segno evidente di una vena creativa per nulla esaurita, ma anzi alimentata dalla impellente volontà di dimostrare tutto il suo talento in barba a scettici e miscredenti. Aspettatevi l'inaspettato dunque. Una magistrale Via Del Campo è il primo capolavoro del cd; viatico di sofferta poesia e nostalgica raffinatezza, consente a Jannacci di concedersi una performance da brividi al pianoforte e maiuscola nell'interpretazione delle liriche, seguito ideale di quanto ascoltato al concerto-tributo in omaggio a Fabrizio De André un anno prima e immortalato nel doppio FABER, AMICO FRAGILE.... A ruota arriva la title track, seconda perla di rara bellezza emotiva, canzone di feroce invettiva che traccia, per nulla velatamente, il profilo di quanti operano nella società e in politica per il proprio tornaconto personale; mai in favore, ma anzi a scapito del prossimo, venendo così meno a tutte quelle regole non scritte basate sul rispetto e l'altruismo. Valori questi ultimi che non mancano di contro agli umili e agli emarginati, alle persone di buon cuore e alla brava gente raccontata anche in passato attraverso le vicende del barbone di El Portava I Scarp Da Tennis o la protagonista di Vincenzina; personaggi amari, disillusi, a tratti grotteschi, in cui l'alto e il basso si compenetrano costantemente. Qua la tradizione è perpretata dal sofferto dialogo monco tra un matto e il satellite terrestre di Ti Luna, dal clandestino di Sono Timido e dalle insicurezze narrate in Curiosità; il rock di Brutta Gente ironizza tra gente per bene e gente per male mentre il partigiano Cesare rinnova i fasti delle collaborazioni con Dario Fo sullo sfondo delle lotte dopo l'8 settembre. Altro episodio clou, da manuale, è Lettera Da Lontano, momento cantautoriale superiore per sola voce e pianoforte; autobiografico, sincero. A stemperare un poco l'atmosfera ecco le milanesissime trattazioni sportive di Varenne e Luna Rossa, passioni uniche capaci di unire lo Stivale in quest'epoca fagocitata da guerre e tecnologia, e l'omaggio a Cochi e Renato di Libelà. Il compagno del Derby compare nel danzereccio non sense di Gippo Gippo cui fa seguito la liberatoria Rido. Un tocco jazzato per Anche Oggi Piove e Avevo Un Sogno, col flicorno di Marco Brioschi in bella evidenza. In ultimo, conclusione magistrale con I Mulini Dei Ricordi in cui nell'atmosfera rarefatta realizzata dal figlio Paolo il padre Enzo si accomiata dall'ascoltatore sulle malinconiche note del classico di Michel Legrand. Quanti a mangiarsi le mani dopo un lavoro così bello?! Ma non c'è tempo per le rivalse; noi, pilotati dall'ufficiale di aeronautica Giuseppe Jannacci ritratto in copertina, ci libriamo in volo. Più su. Come gli aeroplani.

martedì 14 febbraio 2012

SANREMO 2012
-TONY PAGLIUCA SCRIVE AD ADRIANO CELENTANO-

Caro Adriano,

Io sono Tony Pagliuca ex componente delle Orme, dal 1° Gennaio mi è stato tolto il Fondo solidarietà dei soci SIAE, un mensile di 615 euro; era il mio unico sostegno economico sicuro e non so come andrò avanti con moglie insegnante precaria e due figli che studiano, mutuo prima casa, ecc.

Ma ora non protesto perché mi sento ancora libero e al fianco di tutti coloro che cercano un posto di lavoro onesto e perché ho fiducia nel futuro e confido nell'operato del presidente del consiglio Mario Monti che mi sembra una persona per bene.

Ho pagato ancora a malincuore il canone Rai e mi permetto di dirti che se quest'anno vai a Sanremo cerca di rimanere nel tuo campo, quello che ti ha dato il successo e cioé il canto, canta le tue belle canzoni partecipando magari anche tu alla gara. E se invece sentirai il prorompente bisogno di monologare allora raccontala giusta.

Racconta che la cultura deve tornare a circolare libera nei suoi spazi e non deve essere mai più in mano alla casta della canzone.

Racconta che ciò che si sente in radio e si vede in tv non è il meglio di ciò che la nostra bella Italia produce. Perché gran parte delle programmazioni sono al soldo delle case discografiche e dei grandi management S.p.a.

Racconta che nel nostro paese ci sono tanti giovani talenti che non trovano mai spazio e se lo trovano sono spremuti e gettati come limoni.

Racconta, se permetti, che il sottoscritto pur avendo scritto delle pagine di musica rock progressive riconosciute in tutto il mondo, per partecipare in gara a Sanremo con il suo gruppo ha dovuto pagare 50 milioni di lire per “ il parrucchiere” mentre tanti altri concorrenti privilegiati non solo non hanno pagato niente, ma sono stati loro pagati fior di quattrini per la loro prestazione.

Racconta che tanti altri musicisti come il sottoscritto hanno cercato, rinunciando a facili guadagni, di elevarsi all'altezze dei grandi della musica producendo, in proprio, lavori di pregio che non si sentiranno in Rai e non si vedranno in TV a causa dei conduttori corrotti e se le loro opere non saranno conosciute non potranno di conseguenza fare il loro lavoro e cioé i concerti.

E se condurrai più di una serata: chiedi che Sanremo sia un concorso di giovani che studiano la musica non il cimitero degli elefanti. Chiedi infine di bonificare l'ambiente dagli spacciatori di droga, dai giornalisti corrotti, dai manager evasori. E infine la mia preghiera: non duettare con Madonna (il solo nome dovrebbe farti allontanare) e chiedi per Sanremo la benedizione di Benedetto XVI; il Papa ama la musica, l’Italia e vuole bene a tutti gli artisti.


Antonio (Tony Pagliuca)

sabato 11 febbraio 2012

LA VITA QUOTIDIANA IN ITALIA

LA VITA QUOTIDIANA IN ITALIA
Enrico Brizzi/Yuguerra
- Irma Records - 2011

Di dischi barricaderi ne escono sempre molti. In Italia come nel resto del mondo. Maestri loro malgrado i Clash di Joe Strummer che nella breve, ma intensa parabola della loro esistenza seppero coniugare la sfrontatezza punk a quegli aspetti di disagio largamente diffusi nella società, sperimentati spesso in prima linea e in prima persona, attraverso un vissuto quotidiano certamente personale eppure al tempo stesso cosmopolita. Storie di almeno trent'anni fa, quando non solo l'Inghilterra, ma pure il nostro paese bruciava in quelli che passeranno tristemente alla storia come gli anni di piombo. Poi, qua come Oltremanica, le cose almeno superficialmente rientrano: è la metà degli anni '80, gli anni del pentapartito, della Milano da bere, gli anni in cui la televisione non è più solo saggio grillo parlante, ma getta poco per volta le basi per quello che nei decenni a venire sembrerà essere un pericoloso cambiamento funzionale; quasi un tradimento, basato su di un appiattimento culturale forse senza precedenti, allettante, ma effimero specchietto per le allodole dispensante fama, successo, denaro. Facili ovviamente. Troppo facili. E se la provincia pare essere il baluardo ultimo di fronte a questo istupidimento generale, quale grande capoluogo di regione pare assurgerne a simbolo metropolitano? Dio Salvi Bologna. Bologna è stata anche vittima sacrificale del terrorismo. Lei e i suoi 85 morti, i suoi 200 feriti della strage alla stazione ferroviaria del 2 agosto 1980. Lei che, traboccante vita, dinamismo e cultura, venne nuovamente colpita dopo la già pesante ferita dell'Italicus di sei anni prima. Eppure è anche dalla cittadina felsinea che l'Italia trova la forza per reagire sotto lo sguardo vigile di San Petronio e all'ombra della torre degli Asinelli. La provincia che si fa città (Rialzati Bologna) trova nel suo sottobosco tante cellule dormienti pronte a ribellarsi di fronte all'imbarbarimento culturale negli anni del berlusconismo. Enrico Brizzi è una di queste. Vigile, attento, partecipe. Disposto ad una reazione forse composta, sicuramente ferma. L'intellettuale moderno, a 360°, che non si occupa più solo di scritti e teatro, ma che si fa promotore di una realtà nella quale inglobare pure la musica e i viaggi, fonti di arricchimento culturale parallele. Dopo gli esordi discografici coi Frida X, in seguito all'interessante IL PELLEGRINO DALLE BRACCIA D'INCHIOSTRO per il quale venne affiancato dai Numero 6, Brizzi trova ora in Yuguerra il nuovo compagno col quale narrare, a suon di combat rock emiliano e punk padano, malinconiche e grottesche scene di vita tratte dagli ultimi venticinque anni in Italia, a cavallo tra la "Prima e Seconda Repubblica di un Paese che ha guardato troppa televisione: Pertini e Supergulp, Berlinguer e Bim Bum Bam, Craxi e Drive in; e poi Tangentopoli, le istituzioni gambe all’aria e l’epoca del Silvio, il grande raccontatore di miracoli che ha dapprima esaltato, quindi guidato a modo suo e infine messo in imbarazzo una intera Nazione". Undici tracce per raccontare Lo Specchio Della Società, lo stato del Paese durante la Silvio Summer nel modo più efficace possibile: con le parole della poesia e l'urgenza del rock. Frusciante è uscito dal gruppo una seconda volta, non per occuparsi con insano voyeurismo de Le Vite Degli Altri, ma per salutare Un'Altra Primavera. Fino Ad Un Attimo Prima Sembrava Impossibile.

un link al seguente post è presente qui: https://www.facebook.com/enricobrizzi.yuguerra

mercoledì 8 febbraio 2012

BIRDY
Birdy
- 14th Floor Records - 2011

Poche delicate note introduttive di pianoforte. Poi una voce. Melodiosa e sicura al tempo stesso. È quella a colpirci e ad emozionare all'istante non appena sul lettore cd arriva il momento di Skinny Love. Erano passati appena cinque minuti da quando l'altrettanto seducente 1901 aveva già catturato impunemente la nostra attenzione tra i tanti ascolti che ogni giorno si susseguono da queste parti. Nei successivi centottanta secondi abbiamo bisogno di avere attorno a noi assoluto silenzio. Nessun ascolto in cuffia: il volume dello stereo si regola da sé mentre una nuova ondata di brividi corre lungo la schiena. Magia. Magia per quelle note prese con sicurezza e padronanza dei propri mezzi. Jasmine van den Bogaerde è impressionante. Davvero fa quasi spavento la sua bravura tanto è sviluppata in questa ragazzina di neanche sedici anni proveniente dall'Hampshire la capacità di interpretare con maturità brani già di per sé freschi, rinnovandoli ulteriormente. Fatta eccezione per Fire And Water di James Taylor, la decisione di ripescare canzoni che non siano state fino ad ora grossi successi commerciali è scelta intelligente e condivisibile; non ci stupiremmo tuttavia se tra qualche anno accanto a Bon Iver e Phoenix, tanto per citare gli interpreti dei brani di cui sopra, trovassimo Rolling Stones e U2, rimodellati con lo stesso gusto dalla creatività della giovane britannica di origine olandese. Una band come gli A Perfect Circle "osò" rileggere nel suo eMOTIVe una canzone di pace e speranza come Imagine stravolgendola a tal punto da sottolineare comunque la grandezza di Lennon, anzi amplificandola perché illuminata da un'altra prospettiva, ben più oscura e malata, con il risultato allora di realizzare in musica la summa del malessere post 11 settembre. Un angolo prospettico differente rispetto all'originale insomma; qua spesso basta un pianoforte per ottenere un effetto straniante simile. Un pianoforte e una voce ovviamente. Si prenda Shelter: mentre per gli XX l'atmosferico dialogo interiore poggia su un elegante effetto di sospensione a cui partecipano tutti gli strumenti che mano a mano vengono inseriti, Birdy limita inizialmente al solo pianoforte l'intervento strumentale, in un crescendo evocativo molto pop rafforzato dai raddoppiamenti della voce. O ancora, si veda il caso della più strutturata People Help The People dei Cherry Ghost: ripulita dalle importanti derive indie rock che le hanno garantito una certa attenzione Oltremanica, nelle mani di Jasmine si trasforma in un affascinante canto ancestrale dal retrogusto gospel, maestoso e ambizioso insieme, da impreziosirsi affidandosi alle cure di un'intera orchestra sinfonica. E che dire di Young Blood? Synth-pop dalle derive dreamy nell'originale dei The Naked and Famous sviluppa e mette in risalto una interessante matrice trip hop altrettanto sognante. I ritmi campestri di White Winter Hymnal dei Fleet Foxes sfumano in un più educato canto natalizio, delizioso e festante. Anche nei casi dove arrangiamento e sonorità restano più fedeli all'originale (I'll Never Forget You del misconosciuto Francis and the Lights; The District Sleeps Alone Tonight degli electro-indie The Postal Service) è Birdy a regalare nuove emozioni, filtrando le parole, flirtando con le atmosfere. Quasi in chiusura ecco l'inedito firmato da Jasmine, una Without A Word che si muove sulle coordinate della migliore Tori Amos irrobustita dallo spirito pugnace di Anouk. Anche in questo caso, senza particolari pressioni, vengono valorizzate le sue doti canore, quelle stesse che emergono in ultimo nella Terrible Love dei The National, tra archi a profusione e gusto per la melodia tipicamente internazionale. Che esordio!?! 

lunedì 6 febbraio 2012

LA FABBRICA DEI RICORDI
Delsaceleste
- autoproduzione - 2011

Marco Del Santo è il cantautore della porta accanto. Un musicista che prima di entrare in casa di qualcuno con la sua musica bussa, chiede garbatamente permesso e ringrazia per l'ospitalità. Sorridendo. Solo a quel punto, ma sempre in punta di piedi quasi avesse paura di disturbare, imbraccia la chitarra e inizia a raccontarci, novello cantastorie senza fissa dimora, le emozioni provenienti dal suo cuore e dalla sua anima, incurante dell'eventuale indifferenza a cui potrebbe andare incontro qualora si fosse presentato alla porta sbagliata. L'imbarazzo che un'anima gentile di questa natura spesso cela maldestramente attraverso il rossore sul proprio viso è riversato da un cantautore nelle sue composizioni; e così fa Marco. Giunto al secondo album, l'amore per la dimensione concettuale propria dei grandi gruppi progressive italiani (Le Orme) ed inglesi (Gentle Giant, Genesis) viene filtrata da un importante taglio che vira verso il pop nobile degli anni '70 sperimentato dal migliore Battisti (le tastiere di Mario Fiorin su La Stanza Dei Momenti potrebbero tranquillamente appartenere ad un inedito di IO TU NOI TUTTI) e dal primo Alan Sorrenti, la cui voce sembra spesso rieccheggiare nelle tonalità più morbide di Delsaceleste. Della grande tradizione prog rock sono in ultime analisi alcune atmosfere folk, sottolineate dal flauto traverso della giovane Melania Di Santo (La Fabbrica Dei Ricordi PT.1), a risultare quelle più evidenti da un punto di vista prettamente musicale. Non ci sono intricate trame strumentali su cui poggiare i ricordi e i percorsi della propria vita; è tuttavia da un punto di vista testuale che il debito nei riguardi dei concept album si fa maggiormente manifesto. Da un ambiente all'altro delLA FABBRICA DEI RICORDI Del Santo, accompagnato da una backing band stabilizzata dalla presenza di Davide Minelli alla chitarra, Fabio Testa al basso, Paolo Zucchetti alla batteria e della già citata Di Santo al flauto traverso, traccia un sottile filo rosso che scava nel passato, lo porta alla luce e ne diffonde l'eredità. Interlocutore privilegiato la persona amata, unica forse in grado di custodirne gelosamente l'essenza. Così, di stanza in stanza, il flusso continuo di pensiero vive trasposto nel rock de La Stanza Dei Silenzi, nelle delicate atmosfere pastello de La Stanza Delle Storie e nelle riflessive immagini de La Stanza Degli Sguardi, episodio dal sapore jazzato grazie all'arrangiamento di Luca Talamona. Con La Stanza Degli Incanti si realizza il momento più solare dell'intero lavoro dove, tra rimandi a Niccolò Fabi e Pacifico, il synth di Daniele Lanzara fa bella mostra di sé per quello che risulta essere il primo singolo dell'album, accompagnato da un divertente videoclip affidato ad Alessandro Pinferetti. Poi, con la stessa discrezione con cui era comparso, Del Santo se ne va. Sorride garbatamente, chiede scusa non si sa per quale motivo e ci saluta che è già in strada: La Fabbrica Dei Ricordi PT.2 chiude così il cerchio aperto dall'iniziale Sulle Pareti. A noi non resta che spegnere le luci di casa. 

domenica 5 febbraio 2012

03-02-2012
- PAOLA TURCI + NAIF HÉRIN live @ Teatro Giacosa -
Aosta (AO)

Freddo, ghiaccio, neve. Il viaggio per raggiungere l'evento di oggi inserito nel calendario della Saison Culturelle non è dei più agevoli. Tutta Italia è investita da qualche giorno da un'ondata di gelo e precipitazioni nevose che ne hanno mutato il paesaggio rendendolo simile in tutto e per tutto a certi panorami dell'est europeo. Almeno sulla carta. Le condizioni meteo che via via andiamo infatti a sperimentare durante la trasferta migliorano sempre più arrivando in Valle d'Aosta dove, seppur rigido, il freddo non è così pungente come in pianura e di neve ne si vede in quantità ridotta solo sui campi. Questa sera la canzone italiana e la chanson française si incontrano sullo stesso palco con due interpreti che da queste parti non necessitano di presentazioni: Paola Turci, splendida cantautrice amata dal grande pubblico con un repertorio appassionato e sempre più pensante, e Naif Hérin, leader indiscussa di un certo cantautorato trasversale, fresco e accattivante, autonomo come la regione da cui la bionda Artista proviene. Italia e Francia dunque. Due popoli vicini, da sempre un po' rivali, per quella che è una rivalità spesso costruttiva, soprattutto in campo artistico; occasione di scambio e crescita reciproca. Così, in questa prospettiva devono essere intesi gli interventi delle due comunque italianissime voci femminili preposte a fare gli onori di casa. "Ci incontriamo sul palco della Saison Culturelle", hanno dichiarato in sede di presentazione, "per proporre un progetto inedito: i grandi classici della Canzone Italiana e Francese dal primo dopoguerra fino ai giorni nostri sono qui arrangiati e riproposti in una formula inusuale, del tutto originale." Nessuna indiscrezione, anzi massimo riserbo sui titoli che saranno eseguiti questa sera.

Il Teatro Giacosa è a due passi da piazza Chanoux; per le strade poca gente, ma il caffé attiguo è pieno. Siamo in anticipo. Aspettiamo che la biglietteria apra per recuperare le nostre prenotazioni poi, è proprio il caso di dirlo, saliamo in quota e ci "arrampichiamo" in piccionaia da dove il panorama sembra fare concorrenza con quelli apprezzabili dal massiccio del Monte Bianco. Attendiamo. Quando intorno a noi i posti sono pressoché tutti occupati le uniche luci che restano accese sono quelle tese ad illuminare la scena: due set di strumenti si spartiscono equamente il palco. È la sua parte di destra a prendere vita per prima. Naif entra in scena tra gli applausi che Momo ha già dato il là a Mon Manège À Moi di Edith Piaf in compagnia del fido Manouche e dei redivivi Stefano Blanc e Federico Marchetti, rispettivamente al violoncello e al flauto traverso, componenti originari di quella prima formazione che, agli esordi, andava tutta sotto la dicitura Naif. Il passato e il presente si fondono così in un unico abbraccio a Pierre Aymonod, artista valdostano scomparso solo cinque giorni prima dopo lunga malattia, nell'intensa riproposizione brassensiana de Les Passantes che, siamo certi, sarebbe piaciuta pure ad Alberto Patrucco, tra i più creativi appassionati dell'artista di Sète. Serge Gainsbourg è omaggiato nel corale funk Couleur Café. In poco meno di un quarto d'ora tre giganti della Musica non solo d'Oltralpe vengono così cantati e celebrati, uniti da quell'invisibile file rouge portatore di emozioni e significato che solo i più grandi sanno realmente imbastire per tessere capolavori senza tempo. Il basso pulsante della signorina Hérin qui si arresta.

Buio in sala. È la volta dell'Italia. Per farlo, direttamente dalla Capitale ecco arrivare Paola Turci, abito rosso e acustica Gibson in mano, supportata dall'immancabile Pier Paolo Ranieri al basso e dall'elegante violino di Andrea Di Cesare. Un poco a sorpresa forse si comincia con Domani È Un Altro Giorno canzone certamente storica, portata al successo da Ornella Vanoni quarant'anni fa e che la Turci padroneggia abilmente regalandole con la sua convincente interpretazione una inaspettata anima da protest song, ma originariamente hit statunitense della star del country Tammy Wynette. Del resto "qua si fa la Musica che ci piace" ammonisce Paola, perciò al bando le bandiere e libera circolazione ad autori e interpreti che "ci stanno a cuore". Cuccurucucù è anche in questa occasione un momento di festa totale così che l'impressione è quella di attendersi da un momento all'altro l'arrivo del mai banale Franco Battiato per un clamoroso duetto, ma è con Pensiero Stupendo di Fossati che si tocca un'intensa complicità e partecipazione tra palco e spettatori, per questa raccolta versione pianoforte (affidato a Di Cesare), chitarra e voce amalgamati dalle poche note di basso. Brividi per l'accoppiata Tenco-De André: ai più passa in secondo piano il fatto che a Mi Son Innamorato Di Te si faccia seguire proprio Preghiera In Gennaio. Ma un motivo c'è, è ben noto alle cronache e siamo sicuri che scientemente la cantautrice romana abbia voluto rendere omaggio ai due Artisti con garbo e riservatezza, regalando questa sera la rivoluzionaria preghiera di De André scritta giusto in memoria dell'amico Luigi. Si spengono le luci sul lato sinistro del palco, torna la vita negli spazi di quello destro.

Una sbarazzina Naif, la cui giacca militare con decorazioni oro ricorda vagamente quella di un Michael Jackson d'annata, presta voce e fischio per la divertente Comme Un Garçon di Sylvie Vartan, quindi richiama all'ordine la band e ci conduce sulle strade di San Francisco in compagnia di Maxime Le Forestier. L'alternanza sulla scena tra le due interpreti italiane ha termine nei minuti successivi di questo certamen musicale. Illuminata nel buio di sala da una luce naturale, Naif introduce al piano elettrico le prime strofe de Tous Les Visages De L'Amour mentre l'occhio di bue corre ad inquadrare la Turci che completerà la poesia in musica di Aznavour con passione nonostante la difficoltà della lingua. Commovente il duetto per La Canzone Dei Vecchi Amanti, versione italiana de La Chanson Des Vieux Amants di Jacques Brel, in cui il trasporto per le vicende umane della coppia protagonista nel quadro espressionista tracciato dalle parole di Battiato, occupatosi dell'adattamento per l'Italia, si fa partecipativamente universale. A movimentare una volta ancora la scaletta ci pensa Christine, orfana di Paola, ma supportata dall'affiatato quartetto alle sue spalle per l'esplosione rock del medley Téléphone/Indochine sulle note dell'aggressiva Argent Trop Cher prima e della fortunata Tes Yeux Noirs poi, in una veste essenziale, semi-plugged, spogliata dalle sue sfumature new wave e post punk.


Nonostante la scia di sangue e dolore impressa nella memoria collettiva dopo l'omicidio Trintignant, si commetterebbe un errore se si parlasse di rock francese senza menzionare Bertrand Cantat e i Noir Désir. Detto fatto: la stupenda Le Vent Nous Portera, dall'ipnotico incedere chitarristico di Marchetti, è fatta apposta per prendere le veci one-night-only della "naiffiana" Goodbye London, grintosa locomotiva a vapore spinta a tutta forza da accordi e note per un viaggio senza stazioni. "In questo repertorio di autori, di rappresentanti della musica italiana ho voluto inserire un autore a mio avviso tra i più grandi contemporanei anche se è poco conosciuto forse ai più"; con queste poche parole è nuovamente Paola Turci a tornare in scena, dando una volta ancora il cambio all'amica valdostana, per un omaggio a Marcello Murru, cantautore sardo dalla voce corposa e strutturata, da decenni trapiantato a Roma, collaboratore da qualche tempo della stessa Turci per alcuni episodi ben scritti come Attraversami Il Cuore. Altro contemporaneo apprezzato da pubblico e critica è Vinicio Capossela di cui viene riletta una minimalista Ovunque Proteggi prima degli ultimi fuochi. Il mai troppo celebrato Gaber (Si Può "uploadata" al 2012) e l'amato Modugno (Dio, Come Ti Amo) sono gli assi nella manica per concludere col botto una serata unica nel suo genere, in cui folk e pop viaggiano paralleli ad una rinnovata sensibilità italo-francese, tra melodia e musicalità, fra passione e teatralità. Una sfida si diceva all'inizio, ma senza vincitori. E nemmeno vinti. Il primo bis è la sintesi di questo processo: il duo Turci-Hérin pesca dal proprio repertorio comune una Tous Les Jours che non ammette repliche.

Risale infatti a questa composizione, presente in GIORNI DI ROSE di Paola, l'inizio della collaborazione fra le due protagoniste che ora si scambiano strofe, sguardi, sorrisi e cenni di intesa, interagendo ed aprendosi, dopo i mesi passati a provare e riprovare scalette e tempi dello spettacolo, in un ipotetico abbraccio rivolto all'auditorio, protette, semmai ce ne fosse bisogno, dalla sontuosa backing band, allargatasi stabilmente a sei elementi, salita in cattedra con un affiatamento davvero invidiabile. Finale affidato alla classica e liberatoria Bambini, ovviamente a due voci, accolta da un boato e sommersa dagli applausi di tutto il Giacosa che aspetterà nel foyer i suoi beniamini per fotografie e autografi di rito. Così confusi tra amici, parenti e funklubbers raccogliamo le testimonianze di quanti sono saliti in Valle appositamente dal vicino Piemonte, dalla gelida Lombardia, dalla siberiana Emilia Romagna e addirittura dall'innevato Lazio. Gran serata davvero dunque, per intensità, repertorio proposto ed esecuzione. Un'idea sulle differenze e sulle affinità, concretizzatasi grazie alle menti illuminate di due Artiste che hanno avuto la fortuna di aver trovato i giusti interlocutori in un'isola felice come Aosta e la sua Valle, disposta ad ospitare un evento che è svago, ma pure memoria e insegnamento. Per l'Italia. Per la Francia. Per l'Europa. Mercì Naif! Mercì Paolà! À la prochain.

Andrea Barbaglia '12

un link al seguente post è presente qui: http://it-it.facebook.com/pages/NAIF-HERIN-Official/105088512906592 e qui: http://twitter.com/#!/naifherin

sabato 4 febbraio 2012

Presentazione di 'LUCERTOLE', tra noise e psichedelia è l'eccellente album d'esordio per Disastro Recors del giovane quartetto tra i protagonisti della nuova scena bresciana.

LE CASE DEL FUTURO
+ Disco Not Disco Dj Set

SABATO 4 FEBBRAIO 2012
VINILE 45
Via del Serpente, 45
Zona Ind. Fornaci Brescia
INFO: 335 53 50 615
http://www.vinile45.com/

INGRESSO riservato ai tesserati Arci
con un contributo di 3 EURO

LE CASE DEL FUTURO - http://lecasedelfuturo.blogspot.com/
Ascolta: http://soundcloud.com/lecasedelfuturo/tracks
Guarda il teaser: http://www.youtube.com/watch?v=RPhy_xhSl2U

Gusto indie anni ’00, psichedelia e beat italiano sono le fondamenta su cui poggiano Le Case Del Futuro.
Testi in italiano, fortemente evocativi, in una sorta di pastiche postmodernista fatto di immagini a colori contrastanti.
Ne Le Case Del Futuro trovate tutto questo. Giovanissimi, ma con le idee molto chiare, si formano nel 2007 a Brescia dove, da subito, si ritagliano un ruolo di primo piano nella ricca scena musicale locale. Nel 2010, sotto la direzione di Pierluigi Ballarin (The R's) e Stefano Moretti (Pink Holy Days), realizzano un omonimo EP presso il TUP studio. Il loro primo album LUCERTOLE è in uscita a febbraio 2012 su etichetta Disastro Records (Il Genio, Girl With The Gun, Il Lato Beat).

venerdì 3 febbraio 2012

CHI NON LA PENSA COME NOI

08-12 febbraio 2012
 CHI NON LA PENSA COME NOI
 Comicità & Canzoni
 ALBERTO PATRUCCO e la SOTTO SPIRITO BAND
Daniele Caldarini (Pianoforte, Tastiere e Direzione Musicale)
Francesco Gaffuri (Contrabbasso e Basso Elettrico)
Massimo Villa (Chitarre)
Testi di Alberto Patrucco e Antonio Voceri
Musiche di Georges Brassens
Produzione Moroni in scena srl
live @ Spazio Tertulliano - Milano (MI)


Alberto Patrucco torna a cantare in uno spettacolo comico, coinvolgente e graffiante che si colora, qua e là, di musica e poesia. Un insieme di emozioni dove al serrato ritmo del monologo puro segue la genialità di Georges Brassens. “CHI NON LA PENSA COME NOI” è prima di ogni altra cosa un incontro. Quello tra la verve satirica di uno dei più brillanti monologhisti di casa nostra e il caustico disincanto poetico del più raffinato e pungente cantautore francese. Un viaggio, quindi, alla ricerca dei tanti tesori presenti nell’opera di questo straordinario autore.


BIGLIETTERIA
Prezzi dei biglietti
intero: 15€ + 1€ tessera associativa
ridotto under 26 e over 60: 10€ + 1€ tessera associativa
convenzionati: 8€ + 1€ tessera associativa

Orari spettacoli:
da mercoledì a sabato ore 21.00
domenica ore 16.00

Per informazioni e prenotazioni:
02.49472369 oppure 320/6874363
dal martedì al venerdì
dalle ore 16.00 alle ore 19.00.

Ritiro dei biglietti:
a partire da un’ora prima dall’inizio dello spettacolo.

È sempre possibile prenotare via e.mail all’indirizzo: biglietteria@spaziotertulliano.it


mercoledì 1 febbraio 2012

LE CANZONI AI TESTIMONI

LE CANZONI AI TESTIMONI
Enrico Ruggeri
- Universal - 2012

Correva l'anno 1988. Di ritorno dall'abbuffata nazionalpopolare di Si Può Dare Di Più in compagnia di Gianni Morandi e Umberto Tozzi, dopo un importante e riuscitissimo tour teatrale supportato dall'Orchestra Filarmonica di Alessandria e dai fidati Champagne Molotov il trentunenne Ruggeri si appresta a realizzare un album che dovrebbe, almeno sulla carta, consolidarne la fama di cantautore impegnato col vizio del rock. Ciò che nell'autunno di quell'anno viene però rilasciato col titolo LA PAROLA AI TESTIMONI è un album che realizza solo in minima parte le aspettative della casa discografica di allora e anzi, complice una, col senno di poi, errata logica di mercato cui si deve la poco convincente decisione di affidarsi a collaboratori esterni per la sua realizzazione, vede addirittura sgretolarsi l'idea di gruppo e affiatamento alla base del sodalizio con gli Champagne Molotov fino a quel momento ritenuta imprescindibile. Ci vorranno due anni, un disco di cover pure questo dai risultati altalenanti poi, grazie alla parabola rock de IL FALCO E IL GABBIANO, il Rouge tornerà finalmente in carreggiata con sempre buoni, spesso ottimi, risultati. A volte pure d'eccellenza. Giunto al ventisettesimo lavoro discografico recante il suo nome in copertina, tra inediti, live album e raccolte, cosa resta da inventarsi per stupire ancora e restare sempre al passo coi tempi? Un tributo a sé stesso, con la chiamata a raccolta di band e artisti che mantengono fertile quel sempre ricettivo sottobosco musicale italiano da cui lo stesso Ruggeri proviene avendone sperimentato l'esistenza coi suoi Decibel, anni fa, al tempo degli esordi. E al tributo il cantautorocker meneghino partecipa attivamente! Sì perché, dopo aver vagliato in compagnia dello stimato Mario Riso la nouvelle vague con cui confrontarsi, Enrico scende in campo duettando con i quattordici prescelti. Il singolone con cui abbattere la diffidenza di radio e network musicali è l'inatteso remake elettronico di Tenax, brano scritto agli inizi degli anni '80 per la voce di Diana Est, oggi proposto dall'accattivante duo dei Serpenti. Il videoclip che lo accompagna diventa viatico per parlare di una dentesca Pernod che Giuseppe Peveri fa brillantemente sua, e una eccezionale Quello Che Le Donne Non Dicono, minimalista ed eterea, affidata alla voce della mai troppo celebrata L'Aura Abela con gli arrangiamenti degli GnuQuartet. Tre soluzioni sonore per altrettante diverse realtà legate fra loro dai brevi episodi in musica realizzati dalla Santicorna di Bergamo. Ma le soprese non terminano certo qua. Classe e stile per Diego Mancino e Boosta, rispettivamente con il raffinato trip hop sintetico di Rien Ne Va Plus e la destrutturata Il Mare D'Inverno, liquida e sospesa. Andy recupera l'anima new wave dei Bluvertigo e la infonde nell'ottima Polvere; i Linea77 giocano pesante con Tanti Auguri al pari dei Marta Sui Tubi che, da par loro, stravolgono l'intoccabile Contessa. Un quartetto da sogno (Max Zanotti, Roberto Tiranti, Cristina Scabbia, Pino Scotto) sotto l'egida Rezophonic armonizza e si spartisce vocalmente l'hard rock di Mistero. Pop&punk con i Vanilla Sky (Punk (Prima Di Te)) e i più giovani The Bankrobber (Señorita, solo su i-Tunes). Purtroppo incolore la Prima Del Temporale ad opera dei The Fire a cui si preferisce la versione dei Nomadi (prossima band di Tiranti?) presente sul loro RACCONTIRACCOLTI di fine 2010. Ritmi in levare con gli storici Africa Unite per Eroi Solitari e infinita classe per Andrea Mirò nella carezza rock di Quando Sogno Non Ho Età. Eppure c'è ancora spazio per un capolavoro: Bugo si supera e, attraverso un processo di dilatazione filtrato da lontane suggestioni raga, possiede lo space rock de Il Lavaggio Del Cervello. Ma in tutto questo Ruggeri è semplice spettatore? No, per nulla. Il suo è al contrario un ruolo da co-protagonista. Mai invadente, lascia la costruzione del gioco ai suoi tanti compagni di squadra, smarcandosi ripetutamente in piena area di rigore giusto in tempo per lasciare la zampata vincente del fuoriclasse. Fiuta momenti ed atmosfere, illumina stili e sonorità. Fondamentale sempre, omologato mai.