martedì 30 aprile 2019

IN/OUT - Zuffanti

IN/OUT o LA FINE DELL'AMORE
Zuffanti
- AMS Records - 2019

Discograficamente parlando avevamo lasciato Fabio Zuffanti alle prese con l'interessante operazione di recupero e restituzione emotiva attuata da Mox Christadoro attraverso il suo inatteso album d'esordio, capace di spaziare dall'afflato poetico della coppia Dalla-Roversi fino ai primi aggressivi Decibel targati Ruggeri, passando per il Baglioni a suo modo più ostico di fine anni '70. Ora, a distanza di due anni, ecco licenziato - questa volta a suo nome - per la sempre competitiva AMS Records il sorprendente IN/OUT, una volta ancora prodotto da Livio Magnini ed egregiamente supportato da un nucleo di collaboratori fidati, capaci di mettere in bella copia ciò che nelle intenzioni del musicologo ligure è summa di sperimentazione e rischio. Attraverso le nove tracce proposte da questo nuovo lavoro, mediato e meditato a lungo, è una nuova koinè musicale quella che viene proposta in nuce. Su una base prog ben definita che spesso e non solo nelle fasi più acustiche si fa piacevole omaggio a Le Orme di Aldo Tagliapietra, ecco svilupparsi e alternarsi funzionanti meccaniche drum and bass, sospesi ritmi jazz, progressioni new wave specchiantisi nei Bluvertigo e inediti sviluppi dance; con la preziosa voce di Fabio Cinti orchestrata su direttrici sonore spesso parallele, tesa a riappropriarsi di uno spazio principalmente onirico ed estatico, quasi a rovesciare luoghi comuni di genere e forma. Ciò che si chiede a Zuffanti non è del resto una rivoluzione copernicana del progressive, ma una sua attenta ed esaustiva rivisitazione, sfruttando competenze e soluzioni alternative ad una estetica musicale sempre aperta alla sperimentazione. Puo' sembrare una idea perturbante, ma alla fine è semplicemente quel metafisico desiderio tutto umano che ci consente una volta ancora di ammirare il mondo con meraviglia e stupore; Ascoltate Attentamente Perché Sono Cambiate Le Nostre Opzioni.

lunedì 29 aprile 2019

UNO - Cevolani - Inghes

UNO
Cevolani - Inghes
- autoproduzione - 2019

È il ticchettio persistente di un orologio ad introdurci al primo lavoro composto, suonato, registrato, arrangiato e prodotto da Mario Inghes con la fattiva collaborazione della rediviva Valeria Cevolani. Un incontro a suo modo imprevedibile tra due anime che, verosimilmente, ad un certo punto delle proprie esistenze devono aver compreso come entro un certo limite la limpidezza della forma canzone rischiava di diventare caotica sciatteria e la melodia sciocca banalità. Muovendosi con macchine analogiche tra post punk e alternative rock, tra elettronica e dark wave, il duo apre il proprio vissuto ai dolori, ma soprattutto alle speranze della storia contemporanea avvalendosi di una proprietà di scrittura e composizione utile per correggere e sostituire quell'apparente impressione di facilità - altrove inopportunamente tanto in voga - con una elaborazione fine e ragionata, alla base di uno stile peculiare capace di aprirsi ad un possibile ascolto europeo. Se l'ambiziosa fantasia plurilinguista di Andromeda è infatti il primo vero episodio musicale dopo l'iniziale minuto di assestamento che risulterebbe senz'altro caro ai Deproducers di PLANETARIO, il pieno assorbimento delle energie di UNO si traduce nella linearità dilatata delle chitarre di Secouez Moi, nel vivido codice synthetico di Etere, capace di fondere Socrate, Kraftwerk e Talking Heads, e nell'eleganza futurista di Volevo Dirti, plasmabile materia pop, via di mezzo tra Nine Inch Nails e Deasonika coi CCCP-Fedeli alla Linea ben vivi nel cuore. Nel moto perpetuo delle sonorità liquide che si sviluppano lungo tutto l'EP nulla viene lasciato al caso: attraverso la trasformazione di ciò che è immediatamente percepito affiora il segno di un nuovo ordinamento, si delineano le categorie fondamentali della ricerca, trova compimento l'impronta originale della propria personalità.

venerdì 26 aprile 2019

MIRA BOULEVARD - Mira Boulevard

MIRA BOULEVARD
Mira Boulevard
- autoproduzione - 2019

Quando la creatività è libera da vincoli e costrizioni di qualsivoglia natura ci si può tranquillamente imbattere in progetti artistici che pur partendo in sordina avrebbero tutte le carte in regola per ambire a riconoscimenti di prestigio. È il caso del collettivo Mira Boulevard  studiato, pensato e progettato dal poliedrico Lory Muratti, nome ben spendibile nel circuito musicale varesino da oltre un decennio, che individuati i giusti spiriti affini ha saputo sviluppare il margine individuale d'azione in maniera misurata e priva di frenesia per ottenere una amalgama di spessore. Il passare in rassegna con metodo i dieci episodi musicali che compongono l'esordio digitale della band pone l'ascoltatore non solo nella classica condizione di fruitore esterno, tutto teso a decifrare nella fattispecie il messaggio/racconto di Stefano Miramonti, l'autore prescelto per sviluppare le liriche, ma più ancora consente di integrarsi per osmosi a tal punto da divenire soggetto principe della narrazione e oggetto ultimo delle riflessioni che ne conseguono. Guidati dalla calda voce di Davide Gammon e da quella ugualmente suggestiva di Jade Hoffman Canali ci incamminiamo lungo un percorso che porta diritto al confronto tra l'io interiore e il mondo che ci circonda, non senza esserci resi conto che solo all'apparenza le due realtà divergono; fin dall'inquietante calma illusoria che pervade Dal Tetto Di Un Palazzo la bellezza compositiva è il solo tramite in grado di superare crisi e rigetti, frenesie e nevrosi, così da ritagliarci un piccolo spazio vitale che non anticiperà una nuova età dell'oro, ma renderà la ciclicità delle cose assai più sopportabile e comprensibile. Nel tentativo di scandagliare il nostro subconscio con onestà intellettuale anche quando è scomodo e difficile rivelare quanto si è visto MIRA BOULEVARD è "il racconto di uno che sa cosa fa perché fa quello che deve", ne è il percorso condiviso e la parabola vitale. L'ultimo baluardo solitario affinché il dubbio non mini la nostra essenza dalle fondamenta.

lunedì 15 aprile 2019

ENEA - Epo

 
ENEA
Epo
- Soundfly - 2019
 
Non demordono gli Epo di Ciro Tuzzi e con questo loro quarto album, licenziato attraverso una fruttuosa campagna sulla piattaforma di crowdfunding Musicraiser, confezionano quello che, pur ponendosi in forte e deciso contrasto con l'immediato passato rappresentato dal precedente ep SERPENTI del 2016, assurge al ruolo di miglior lavoro finora concepito e realizzato dall'attuale formazione partenopea stabilizzatasi da qualche tempo in quintetto anche grazie agli innesti della garanzia Gabriele Lazzarotti al basso e di Mauro Rosati alle tastiere. La svolta principale sta tutta nella decisione di affidarsi per la prima volta esclusivamente al cantato napoletano, scelta solo in parte utilizzata in precedenza (Notte Doce, il tributo a Pasquale Cannavacciuolo de Tu Nunn' O' Ssaje, l'ancora più antica Core) e che oggi, oltre ad aver costretto il gruppo per sua stessa ammissione a reinventarsi come musicisti, dona un tocco quasi esotico a canzoni dall'energia mediterranea, ma sviluppate secondo i crismi di una world music ancestrale capace di risalire l'intera Europa continentale. Così spetta all'opener Addo' Staje Tu farsi stella polare e indirizzare l'ascoltatore verso i nuovi lidi sonori mentre la centralissima Damme 'na Voce non è solo una richiesta sussurrata di amore, ma soprattutto si fa nucleo  intorno a cui l'intelletto di un artista costruisce pazientemente il suo lavoro; nuova possibilità di comunicazione verso l'esterno anche quando veicolata da quell'uomo-schermo che qui veste i panni dell'eroe virgiliano. Da questa condivisione parte il viaggio degli Epo, senza requie, alla ricerca di un comune senso da dare alla realtà, pilastro di consapevolezza, testimonianza di significatività in un territorio non semplice come quello dell'animo umano.

venerdì 12 aprile 2019

SOON - Lags

SOON
Lags
- To Lose La Track/Fuzzy Cluster Records - 2019

Sfrontati e lineari i Lags si ripresentano a distanza di quasi quattro anni dall'esordio PILOT con un secondo album non troppo distaccato dalle sferzate del suo predecessore, ma al tempo stesso per nulla ancorato ad una rigorosa procedura post hardcore riscontrabile in tanti lavori di genere. Con un approccio primordiale al limite del punk e tanto sudore speso negli anni che hanno separato la genesi dei due capitoli discografici dal quartetto laziale sui palchi medio-piccoli della provincia italiana, se da un lato l'impatto è sempre e comunque in your face è la cura dei particolari a fornire dall'altro una linfa nuova, quasi introspettiva quando non malinconica alla decina di pezzi scelti per andare a comporre il nuovo SOON. È la stratificazione psicologica delle nostre esistenze, la deriva greve e cinica del sociale in cui viviamo a farla da padrone; una realtà minore eppure sempre più diffusa e convulsa in cui frustrazioni e speranze si scontrano, si compenetrano per osmosi e alla fine si fanno narrazione di ricordi, ma mai dichiarazione di resa. Anche se la minaccia costante del fallimento aleggia sulle vite dei protagonisti e per estensione su di noi è la rabbia che cova sotto la cenere a spingere una volta ancora alla ribellione, ad elaborare un pensiero indipendente, un urgentissimo orgoglio di resistenza. Un disco a suo modo di lotta, di passione in senso lato e di tenacia in cui i ruoli sono ben definiti e i problemi esorcizzati come carburante di vita. Un disco che guarda alla ineluttabilità del fato come momento di sospensione e immediatezza: terrificante finzione, immaginifica consapevolezza.

lunedì 8 aprile 2019

1985 - Alosi

 1985
Alosi
- La Tempesta Dischi - 2019 

Per alcuni (lungimiranti?) ascoltatori Il Pan del Diavolo è stato da sempre un progetto riconducibile al solo Pietro Alessandro Alosi, allargato a duo fin dagli esordi per implementare la carica rock di un altrimenti sanguigno folk blues che in Italia aveva avuto punte di eccellenza fin dalla prima metà degli anni '70. In pausa dal sodale Gianluca Bartolo dopo una decina di anni di carriera vissuti fianco a fianco, è in questa anomala primavera italiana che Alosi abbandona la strada più consolidata e sicura, ma forse anche un poco logora e carente di stimoli, per addentrarsi in un percorso di extravaganza rock già ampiamente rintracciabile a partire dal demo d'esordio de Il Pan del Diavolo datato 2009, che solo ora puo' dare libero sfogo a pulsioni elettriche definite e sferzanti, accentuate da una trama new wave su un ordito punk. A colpire sono tanto la fluidità narrativa quanto quella sonora che crescono e soprattutto si compattano ascolto dopo ascolto, sia che ci si trovi di fronte a canzoni autobiografiche (la quasi sanremese La mia vita in tre accordi, la conclusiva Solo e vivo) sia che si venga travolti da vortici sonori elementari, ma sempre d'effetto (666, Comete). Non si può fare musica come se fosse un mestiere normale né serve qui cercare una linea direttrice a questo lavoro; basta assaporarne l'atmosfera, il sentimento sincero che valorizza un'esperienza ora messa nero su bianco con singolare trasparenza e che reclama il dovere di farsi ascoltare. Non è solo una voce, ma una intera realtà che porta i segni dell'età contemporanea anche se vagamente fuori moda. Ci vogliono occhio e orecchio; Alosi ce li ha e sa cosa vuol fare. È il suo ritorno al futuro, scritto e ritmato da un linguaggio fresco ed empatico. Rem tene, verba sequentur.