venerdì 9 novembre 2012

UNDERWATER
The Leeches
- Tre Accordi Records - 2012

C'era una volta il punk. Non quello codificato nelle pose e nei gesti dal visionario Malcom McLaren attraverso i suoi Sex Pistols. Non quello volutamente e ampiamente contaminato dei Clash. Non quello invecchiato male degli Stranglers. Non quello già tardo di Buzzcocks e UK Subs. Insomma, dall'altra parte dell'oceano Atlantico c'erano gli imprescindibili Ramones. "I portavoce degli emarginati e delle persone disturbate". Così si espresse il prestigioso New York Times a proposito della band dei quattro (che poi tra abbandoni e nuovi arrivi ne abbiamo contati fino a otto) fratelli Ramone. Il punk più innocente. E dunque sincero. Il punk meno politicizzato eppure anche più socialmente radicale e radicato nelle vite di tutti i giorni. Ebbe a dire Johnny Ramone nel 1976: "Gli inglesi si lamentavano delle file per ritirare il sussidio di dissocupazione quando i Ramones negli USA non potevano disporre nemmeno di buoni per i viveri". Il punk nudo e crudo, dei tre accordi e via. Quello too tough to die? Sì, perché ancora oggi, nonostante la prematura scomparsa di ¾ di quella band tanto seminale, nessuno ne ha dimenticato l'importanza e anzi, in migliaia son rimasti colpiti e affascinati dalla proposta capace di condensare velocità e melodia in meno di centoventi secondi. Anche qua in Italia. E oggi è, nuovamente, il turno dei Leeches. Tredici tracce in soli ventotto minuti. Da Como. Con inesausto entusiasmo e tante idee chiare su come far suonare bene anche su disco la carica e il cazzeggio espressi dal vivo. I Leeches succhiano per la verità un po' a destra, un po' a sinistra; si affidano ad un autore e produttore storico di casa Ramone come Daniel Rey, fra l'altro non al primo approccio con la musica di casa nostra, e sfornano un condensato di potenza, nientefumotuttarrosto, sempre in perfetto equilibrio tra esigenze hardcore e pulsioni pop. Senza soluzione di continuità la misfitsiana I'm Everything To Me, il singolo Piranha Boys, la ramonesiana Serious, i Dead Boys di Feelin' Alright Tonight, la damnata Down On My Knees, i Bad Religion di Vanilla Coke, gli Exploited di Stop The Clock, l'epilettico nuovo omaggio a Joey, Johnny, Dee Dee e Tommy di Nothing At All e My Life, i Real Kids di Standing On My Tomb, i Neurotic Outsiders di Too Hungry To Pray si succedono fulminanti e bombaroli, schegge impazzite affiancate dall'inattesa coverona dei Blue Öyster Cult ME-262 e dai brillanti rimandi agli Heartbreakers di Johnny Thunders presenti nella conclusiva Into The Storm. Una formula che al quarto album non stanca affatto, ma anzi pare rilanciare gli inventori del fat rock verso un songwriting a suo modo personalissimo e destinato a resistere. Certo, gli strepitosi Senzabenza di GIGIUS e DE-LUXE - HOW TO MAKE MONEY WITH PUNK ROCK sono ancora irraggiungibili, ma underwater nuove forme di vita si muovono, respirano, avanzano e tentano l'aggancio. Voraci e predatrici. Come vipere di mare.
 

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