lunedì 2 luglio 2012

in concerto

30-06-2012
- AFTERHOURS live @ Villa Arconati -
Castellazzo di Bollate (MI)

Da un festival all'altro. Dopo oltre 300 km e l'ottima cornice proposta dal Summer Festival di Lucca presso il quale si è esibito solo ventiquattro ore prima l'imprescindibile Tom Petty con i suoi Heartbreakers, spetta al Festival di Villa Arconati concederci l'elegante bis in una altrettanto prestigiosa location come quella ubicata nel parco delle Groane. Al Castellazzo, immerso nella brughiera milanese, va di scena infatti una delle prime date in supporto a PADANIA, l'ultima fatica della band di Manuel Agnelli capace di rinverdire i fasti di album a loro modo fondamentali per tutto il panorama musicale italiano come HAI PAURA DEL BUIO? e QUELLO CHE NON C'È. La mai perduta compattezza sonora degli Afterhours, cementificatasi ulteriormente nei precedenti due anni di tour con una formazione a sei poliedrica e affiatata, si è riversata nelle monumentali trame trasversali del loro lavoro più socialmente politico fin qui realizzato e premiato dalle classifiche di vendita con un quantomai significativo secondo posto. Il parco della villa, allestito nel miglior modo possibile da una organizzazione pressoché impeccabile, accoglie un flusso costante di gente di tutte le età, complice la serata estiva calda, ma non afosa. Gli Afterhours, proprio come il festival, sono ormai realtà consolidata e l'apertura affidata a Metamorfosi, a tutta prima ostica e dissonante tratta proprio da PADANIA, non deve stupire. In un crescendo di violini che enfatizzano la componente teatrale del brano si innesta la voce di Agnelli mentre la cacofonia delle chitarre prenderà il sopravvento di lì a poco. In evidenza, nella schizofrenia delle distorsioni, Roberto Dell'Era al basso con l'archetto.

Senza soluzioni di continuità Terra Di Nessuno prosegue nella sua alternanza tra vuoti elettrici e pieni melodici, con l'attesa La Verità Che Ricordavo terzo estratto e prima hit della serata. A stupire in positivo è l'acustica del luogo. Dopo le delusioni sotto tale aspetto del Carroponte 2010 e all'Arena di Milano 2011, finalmente anche la capitale meneghina (o, in questo caso, il suo hinterland) gode di suoni e volumi all'altezza della band che ospita sullo stage. Il pubblico gradisce e risponde entusiasta alle scariche di adrenalina e furia rock provenienti dal palco. Senza spezzare il climax già raggiunto, in mezzo a tutto questo furore c'è spazio per la riflessione. Una volta ancora sociale; una volta ancora politica. Su un tappeto sonoro a cura di Rodrigo D'Erasmo e con i contributi minimali delle chitarre, Manuel Agnelli, inforcati gli occhiali, legge con autorevolezza e in un rimando alla tournée teatrale di inizio 2010, un passo tratto da Paolo Borsellino e l'agenda rossa, libro a cura della redazione 19luglio1992.com, da cui due concetti decisivi filtrano e vengono enunciati: "La mafia è un problema di cultura (intesa - ndr) come insieme di conoscenze che contribuiscono alla crescita della persona", ebbe a dire il magistrato palermitano ucciso in via D'Amelio. Eppure, continuò, "(...) la maggior parte di noi rispetta le leggi perché sente il dovere di rispettarle." Male Di Miele è accolta come sempre da un boato mentre il dispiegamento di ben tre Telecaster erige un muro di suono invalicabile. Sperimentazioni continue prive delle scosse elettriche di cui sopra nella lunghissima rincorsa di Costruire Per Distruggere, con Xabier Iriondo alla tromba, D'Erasmo al flauto turco e le seconde voci di Giorgio Ciccarelli, per l'occasione pure al piano, e Dell'Era.

Spreca Una Vita vive di accellerazioni improvvise e strappi chitarristici che Padania, con il suo incedere melodico, va invece a riequilibrare, cavallo di Troia per le nostre coscienze e chiarissimo esempio di canzone civile, fotografia tanto lucida quanto disincantata in questi anni '10 del nuovo millennio. Dedica "speciale" per Ci Sarà Una Bella Luce. Spigolosa, ruvida e inquieta la traccia numero sette dell'ultimo cd è una discesa concentrica e volutamente disarmonica nei dubbi e nelle incertezze dell'esistenza umana, filtrata dal paracadute del sarcasmo. Altro tuffo nel passato recente: riconoscibile fin dal primo giro di accordi Ballata Per La Mia Piccola Iena è il momento delle evoluzioni di Xabier alla Melobar mentre il dialogo tra le chitarre di Agnelli e Ciccarelli si fa serrato come i cori da stadio dei fans. È Solo Febbre ci tengono a precisare i nostri; ma è febbre eccitante che la prestazione mastodontica di Bungee Jumping fa inevitabilmente aumentare. Una volta ancora tra i momenti più coinvolgenti e partecipati nella scaletta del sestetto, questa sorta di atipica jam session organizzata è infatti sintesi di epilettiche convulsioni al limite della resistenza umana e prova di coraggio ardita e senza ritorno, che vive il proprio slancio vitale nella caduta verticale verso il basso descritta dalle liriche, inarrestabile e alla velocità della luce, in attesa del probabile schianto finale che non avverrà mai.

"Grazie, grazie mille, grazie. Grazie mille per essere venuti qua questa sera, grazie davvero. Questa mi piacerebbe che per una volta la cantaste voi, se volete"; così Manuel invita i fans a far propria la sanremese Il Paese È Reale, forse primo vero episodio di coscienza socialmente impegnata proposto dalla band, che si schiera e si espone, cercando la maggior visibilità mediatica possibile per farsi veicolare e diffondere. Si procede sempre inquieti e duri con Sulle Labbra. Dopo la pausa romantico-agrodolce di Nostro Anche Se Ci Fa Male, con tanto di dedica alla compagna ("Francy è per te questa"), Agnelli diventa il cantore sperimentale tra urla e tonalità inconsuete dell'indiavolato rock avanguardista di Io So Chi Sono (Iriondo si divide una volta ancora tra tromba e chitarra; D'Erasmo è alle percussioni) qualche istante prima di sedersi al piano per regalare una versione leggera eppure testualmente profonda de La Terra Promessa Si Scioglie Di Colpo. 22:48. Sono passati poco più di sessanta minuti dall'inizio dello spettacolo eppure il concerto potrebbe già terminare qua con ottime recensioni e reciproca soddisfazione di pubblico e addetti ai lavori vista la densità di significato riversata oltre le transenne. Ma siamo a metà dell'opera. Il rientro sul palco è accolto da applausi prolungati ricambiati dalla band. "Grazie mille davvero. Questo è probabilmente uno dei migliori concerti che abbiam fatto a Milano negli ultimi anni; e non è un caso, perché siete uno dei migliori pubblici che abbiamo avuto a Milano ultimamente. E non lo dico per dire..." I ritmi della sincopata Tutto Fa Un Po' Male sono l'ultima occasione della serata per ritornare con la memoria ad un album come NON È PER SEMPRE, a suo tempo croce e delizia per la band.

Statuario, Ciccarelli è il motore ritmico per La Vedova Bianca mentre il pubblico, composto e compatto, la puntella a tempo. Bye Bye Bombay con la sua lunga introduzione e la coda strumentale veicola la presentazione dei musicisti che nei momenti più free avevano fatto quadrato attorno alla batteria. "Grazie ragazzi, bravi, bravissimi, bravi." 23:15. Seconda discesa dal palco e seconda rentrée, questa volta temporaneamente senza drummer, ma con Agnelli al piano Yamaha e il resto della band schierato, in virtuoso accompagnamento. È l'inno Pelle a diffondersi leggero nel parco della villa. L'ingresso di Prette e il passaggio di consegne strumentali tra Agnelli e Ciccarelli permette di far quadrare tempi e ritmi di Quello Che Non C'è, tra le migliori composizioni di sempre. Per la vecchia guardia presente ecco Posso Avere Il Tuo Deserto?, con Manuel libero al microfono, pronto a svuotare il pieno dentro sé mentre il "gemello" Xabier viene toccato dal furore sacro dell'elettricità nell'aria. Terza discesa e ultimo ingresso. "Stasera questo pezzo è dedicato al nostro band assistant Andrea Samonà che dopo dieci anni di torture, sodomia e scherzetti molto sadici ha deciso di andarsene. Non si capisce perché ha deciso di andarsene adesso, dopo dieci anni... Ormai cominciava a piacergli..." spiega un ironico Manuel invitando sul palco il componente dello staff; "per rimanere in tema, ha scelto la libertà sposandosi!? Proprio non capisce un cazzo..." E via con la conclusiva Voglio Una Pelle Splendida, classico finale di cui non ci si stanca mai. Poi, come in un film neorealista, il giardino di Villa Arconati diventa luogo di incontro, palcoscenico per attori non professionisti, ma protagonisti indispensabili di una stagione altrimenti abbandonata a immobilismo e inazione. Mentre cala il buio e molti tornano alle proprie case resta una certezza: quella che in giornate come questa il sole sorge ancora.

Andrea Barbaglia '12 

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