mercoledì 28 marzo 2012

VERBAL
Verbal
- Neverlab - 2012

È essenzialmente strumentale il debutto dei Verbal, quintetto bergamasco dedito ad un post rock variegato e articolato come nella migliore tradizione del genere. Sei episodi che non temono l'usura del tempo, variabili per forma e per durata, ma mai nella sostanza. La ripetitività ossessiva e mantrica delle uniche tre parole (Scheiße Meine Kleine) pronunciate distintamente nel platter e individuabili nella contraddittoria Kaspar Hauser delimita un percorso circolare in cui il moto perpetuo degli strumenti quasi prende vita diventando anima e corpo utili per esplorare il poliforme mondo tracciato da Isaia Invernizzi e compagni a suon di potenti pennellate math. Questa cifra stilistica affiora così con prepotenza fra le pieghe progressive di Coronado, contamina la claustrofobia di Double D Marvin, sostiene la percussività di Orwell imbevuta da una serie di interessanti campionature che hanno per protagonista lo stesso George. E si riversa in sede live. Album di suoni e atmosfere per nulla rarefatti VERBAL suona preciso e quadrato, mirando a colpire lo stomaco prima ancora che il cuore, facendosi beffe delle fantomatiche leggi di mercato universale, sempre meno in voga oggi, e rivelando un'attitudine in your face derivata dall'abitudine ormai consolidata di essere stato suonato e registrato in presa diretta. Una sospensione sonora introduce Benny Hill (Hates Sports), tour de force vibrante e dilatato la cui fine è inizio silenzioso per una elettronica Kobayashi dalle suggestioni oriental-acquatiche. Solo a questo punto prendiamo atto di come attraverso le sei tappe della band di Isaia Invernizzi e Gregorio Conti ci siano passati davanti agli occhi altrettante rappresentazioni di personaggi in qualche modo sedimentati nella memoria collettiva; alcuni certamente definiti, altri ancora in cerca di autore. Anche in questo sta la peculiarità dell'opera prima dei Verbal, in uscita martedì 3 aprile: attraverso la composizione e la rifrazione di sentimenti e sensazioni, scomponendo e riplasmando la materia sonora senza soluzione di continuità, il suono va oltre la musica, oltre la realtà. E fluisce inesorabile. È il πάντα ῥεῖ di eraclitea memoria, portato all'esasperazione da un lato e sovvertito dall'altro: se è vero come è vero che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume perché tutto scorre e si modifica, attraverso la misura matematica delle note possiamo calcolare, quantificare, codificare quanto di questo flusso inarrestabile ci investe e rende coprotagonisti, in una ricomposizione del mondo prima del mondo. Ma non si creda che alla base della musica della band lombarda siano state poste necessariamente elucubrazioni filosofiche fini a sé stesse; semplicemente si tratta di trovare una via forse non completamente originale, ma di certo personale, in grado di oltrepassare immagini di vita vissuta (o sognata) e tensioni logoranti su cui poggia l'eterna lotta tra bene e male. Alle radici dell'esistenza. 

Nessun commento:

Posta un commento