giovedì 7 agosto 2014

TRISTI TROPICI

TRISTI TROPICI
SUS
- Technicolor Dischi - 2014

Arruolato in pianta stabile il polistrumentista Fabio Pocci il trio toscano dei SUS (misterioso acronimo che rivela un ben più diretto e "lazy" Succede Una Sega) si ripresenta con un secondo lavoro discografico dalle enormi potenzialità, coordinato da quella vecchia volpe dell'indie italico che risponde al nome di Fabio Magistrali. Variando su più registri e temi musicali, come in parte già accaduto nel precedente album di debutto IL CAVALLO DI TROIA, Alessio Dufour e compagni decidono di assemblare un dinamico guazzabuglio sonoro puntando una volta ancora sulle loro indubbie capacità esecutive che vanno di pari passo anzi, trovano proprio terreno fertile nelle composizioni liriche del fantasista Alessio Chiappelli, membro sussico ad honorem. Grazie infatti a testi poeticamente stranianti capaci di unire la verve aulica e immaginifica del conterraneo Alessandro Fiori alla lucida analisi di piccole realtà quotidiane di un disincantato De Gregori di periferia, i SUS concretizzano con disinvoltura il disco più maturo eppure ineccepibilmente estroverso della loro fin qui breve storia. TRISTI TROPICI rivela infatti un deciso passo in avanti rispetto all'esordio di ormai un lustro e mezzo fa, ampliando il loro neanche troppo malcelato orizzonte critico e mantenendo intatto il gusto per lo sberleffo che ne contraddistingue da sempre le esibizioni dal vivo. Come se ci trovassimo su un mirabolante ottovolante alla fiera di Quarrata in un Lunedì Feriale qualunque è un attimo passare dagli offici ministeriali dei Fratelli Calafuria più subdolamente dark alle orge compassate de Il Cerchio, raga cantautorale capace di mostrarci come sarebbe potuto essere oggi Bugo se non si fosse fatto volontariamente distrarre dal giro giusto anziché venir folgorato sulla via delle major da, per esempio, un Lucio Dalla d'annata. Si corre, si lotta, si sgomita per uno smartphone, dimenticandosi di tutto e tutti; non c'è futuro ne Il Campo Aspirazioni, come del resto è semplice lasciarsi assoggettare dalla massa e rinunciare alla propria sacra individualità se si Accetta Il Mistero che ci fa tutti uguali. Summa del pensiero chiappelliano è poi la splendida title track, disilluso viaggio verso il sogno latino di una terra che non c'è, adeguatamente commentata in musica dalla band che condivide gli umori chiaroscurali mai riscattati da una inazione generazionale fatta di scuse e giustificazioni. Da qui si sviluppa un lungo e continuo carosello evocativo capace di correre rapido attraverso miracoli che sarebbero piaciuti a Battiato (1984) e ingorghi di cervelli in fuga, in coda al check-in verso la libertà (Amo La Gente Che Smette) senza mai rinunciare al brivido della velocità immaginifica che il pensiero offre prima di spiaggiarsi, esausto, presso il Lungomare Vuoto Di Follonica, onirica costruzione cinematografica utile ad indicare una nuova direzione, e una comprensione in ultima analisi politica, della realtà. Fatta di opportunità e occasioni nuove, imprevedibili, rivoluzionarie. Mentre l'Italia continua a giocare a carte e a parlare di calcio nei bar...  

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