venerdì 31 dicembre 2010
martedì 28 dicembre 2010

Carl: I Pure Morning erano estremamente legati alle sonorità di quel periodo: un sacco di chitarre distorte e un produzione lo-fi influenzata pesantemente da band come Pavement, Sonic Youth e altre simili. I Clinic sono stati una sorta di reazione a quello stile; volevamo fare qualcosa di totalmente differente che significasse in qualche modo modificare la strumentazione e sperimentare con sonorità differenti. Tutto prese la piega giusta quando trovammo una vecchia tastiera Philips e la collegammo ad un amplificatore distorcendone il suono. Questo keyboard-sound del resto lo si può trovare in maniera massiccia nelle prime registrazioni dei Clinic.
Molte recensioni riguardanti il vostro ultimo album BUBBLEGUM parlano di un nuovo mood nella vostra musica; ora, siccome oggigiorno un musicista non cambia a tavolino il proprio sound, cos'è successo durante la lavorazione di questo cd?
Carl: Quando iniziammo a comporre ci fu una lunga lista di cose che volevamo o includere o escludere nel tentativo di realizzare qualcosa di differente dal passato. Il produttore John Congleton ha compiuto un buon lavoro in cabina di regia, nella registrazione e nel mixaggio; calcola che era la prima volta dai tempi di WINCHESTER CATHEDRAL che lavoravamo con un produttore esterno. È lui che ci ha incoraggiato a inserire elementi a cui normalmente non avremmo pensato, come per esempio i sontuosi arrangiamenti di archi, e il risultato è stato quello di portar a termine l'album più accessibile della nostra carriera, ispirato anche dagli ascolti di dischi easy listening come quelli di Demis Roussos e The Sandpipers.
Appunto, a volte un produttore ha gusti simili a quelli della band di cui si occupa, a volte diametralmente opposti: perché avete scelto proprio Congleton?
Carl: John ci è stato consigliato dai Shearwater, una band con cui andammo in tour negli Stati Uniti. A noi piaceva molto il sound dei loro album mentre loro ci sottolinearono quanto lui fosse molto creativo e di come fosse facile lavorarci insieme. Congleton poi suona in una band perciò sa come approcciarsi a tutto il processo di registrazione sia come musicista sia come produttore il che sicuramente è stato d'aiuto.
Carl: Abbiamo sempre cercato di rendere difficile incasellare la band in un genere predefinito e in alcuni casi questo è stata per noi un'arma a doppio taglio. Ogni album mischia stili differenti, dal punk all'easy listening, all'elettronica, ecc.. e siamo stati criticati per suonare la stessa cosa cercando da sempre di essere differenti. Credo che il nostro sia un approccio alla musica un pò più distruttivo che va per sottrazione di elementi per cui anti-art punk potrebbe essere una definizione più corretta.
Quest'anno, a inizio dicembre, avete suonato per quattro date in Italia, ma se non sbaglio questa era già la vostra seconda calata nel Belpaese. Avete notato un approccio differente alla vostra musica?
Carl: Amiamo suonare in Italia. Abbiamo sempre ricevuto una calda accoglienza e commenti molto positivi sulla nostra musica. Non parliamo poi del cibo che è eccezionale!
Come ben sai ho assistito a due dei live qui proposti e in nessuno avete suonato I'm Aware, singolo di lancio del nuovo cd: complimenti per la scelta strana e coraggiosa!
Carl: In realtà l'abbiamo suonato durante i concerti del nostro recente tour americano e proprio in quell'occasione è stato tagliato. La ragione principale è stata quella per cui volevamo che il nostro set fosse il più possibile sostenuto e che mantenesse un ritmo maggiormente veloce lungo tutta la sua durata. I'm Aware è invece un pezzo più dolce.
Parliamo ora della vostra immagine sul palco: perché le mascherine da chirurghi? Non vi manca il fatto che, per esempio, alla fine di un concerto nessuno vi riconosca specialmente quando siete all'estero?
Carl: Indossare le maschere inizialmente era da intendersi come un divertimento visivo, un tributo a band come Crime, Devo e The Residents. È stato anche un modo per distogliere il pubblico dalle identità di noi musicisti e costringerlo a concentrarsi maggiormente sulla musica.
Nessuno ci riconosce mai: l'anonimato è una cosa meravigliosa!!
E cosa ci puoi dire dei brillanti e divertenti videoclip animati realizzati fin qui per i singoli? È possibile ipotizzare in futuro un dvd che li raccolga tutti magari da allegarsi ad una deluxe edition di BUBBLEGUM?
Carl: Siamo molto soddisfatti dei video anche se non sappiamo cosa succederà in futuro. Intanto mostrano il fantastico talento di artisti come Pete Fowler (regista di I'm Aware) e Alasdair & Jock (registi di Bubblegum); al momento però non c'è in agenda la realizzazione di un'uscita in dvd anche se non sarebbe male l'idea di una video compilation più avanti.
Dieci anni di carriera e sette album realizzati: si può vivere di musica?
Carl: Penso continueremo ad andare avanti nonostante tutto, del resto...ce l'abbiamo fatta fin qui!
Andrea Barbaglia '10
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domenica 26 dicembre 2010
La cannibalistica intro Primal//Carnal degna di un horror di prima categoria è forse l'evento meno disturbante del qui presente parto della dolce Miss Chelsea. Già la copertina mette in guardia rispetto a quanto proposto da questa giovane musicista proveniente dalla West Coast: chi ha detto infatti che la California è solamente la patria del surf, del sole e del relax più disimpegnato? Mer è la risposta al contrario più chiara per la domanda appena formulata: resa inquietante dalla voce spettrale della sua interprete, in sottofondo pare di sentire e addirittura veder fluttuare, spiriti e anime in pena, tenute flebilmente a bada dalla musica scaturita dalla backing band che la Wolfe utilizza e che vede nella sorpresa Ben Chisholm alle tastiere un ottimo elemento. L'incedere doom della successiva Tracks (Tall Bodies) è leggermente mitigato dalla sua voce eterea e tuttavia sempre ultraterrena che affascina l'ascoltatore insieme alla sua immagine, lei, luciferina Tori Amos e novella Diamanda Galas di questo freddo inverno. Parimenti a Friedrichshain, Demons è il pezzo più rock a trovar spazio su questa release, ma una volta ancora la voce effettata e registrata bassa nel mix regala gli ennesimi brividi lungo la schiena mentre tentiamo di seminare i demoni che rapidi si sono posti al nostro inseguimento. Non c'è tregua: The Wasteland è un altro incubo ad occhi aperti con voci spettrali ad infestare l'altrimenti già di per sé gotica canzone. Moses è una supplica, forse una richiesta d'aiuto, ma desolatamente funebre; Pale On Pale è una drammatica descrizione di morte incombente con urla lancinanti e suoni metallici prima del silenzio definitivo. C'è spazio anche per la strumentale To The Forest, Towards The Sea prima del requiem finale di Movie Screen. Qui Chelsea ci ammonisce ripetutamente, consigliandoci quasi fosse un mantra pagano di non attraversare più quella linea di confine delle nostri menti, anche se ormai siamo consapevoli di come le immagini e l'esperienza vissuta fin qua non potranno cancellarsi mai più nella nostra anima e nella nostra psiche. Almeno fino all'arrivo dell'Apocalisse. Lasciate ogni speranza o voi che entrate.
mercoledì 22 dicembre 2010
- 316 RECORDS - 2000
martedì 21 dicembre 2010
A quattro anni dal debutto STOP TALKING e a tre dal remix album DEAD TAPES ecco tornare il duo belga dei Soldout, nuovi alfieri dell'electrofunk europeo. La scoperta del dinamico duo composto dalla scapestrata Charlotte Maison e dal casinista David Baboulis ha portato con sé la considerazione di come sia davvero possibile al giorno d'oggi aver le carte assolutamente in regola per competere a livello mondiale con chiunque anche senza stupire con effetti particolarmente speciali. La sequenza di canzoni presenti sul platter è poi talmente crossover nel suo genere indie che potrebbe appassionare tanto gli amanti dell'elettronica quanto i meno puristi tra i rockettari. Fautori di una miscela esplosiva a base di synth-pop e armati di carica punk la vocalist belga e il suo compagno di machines riescono a lanciarci nel vortice della danza con una manciata di pezzi acidi quali Build It Up/Knock It Down e Mysteries oppure semplicemente eseguendo la strumentale Midnight Express. Il singolo è The Cut, ritmatissimo e sufficiente sboccato per farsi notare fin da subito anche grazie all'affascinante voce di Charlotte che ricorda da vicino quella di Shirley Manson seppur più aggressivamente indolente. La similitudine col timbro della vocalist dei Garbage è anche più evidente in Come On (Part.1), punkettona e quasi jungle, in netto contrasto con la sua gemella Come On (Part.2), più sognante e canonica. Le linee di The Box sono assolutamente punk e non ci saremmo stupiti di ascoltarle su un qualsiasi album dei più sponsorizzati The Kills se solo il duo americano avesse deciso di pigiare il tasto dell'electro. Eppure VV e Hotel non hanno nulla da temere: i Soldout mantengono infatti un loro stile coerente e riconoscibilissimo giacché elaborato secondo i propri gusti come già nell'opener The Call. A dimostrazione di ciò valgano i remix usciti successivamente per questo e il precedente album in studio.
giovedì 16 dicembre 2010
Non si è mai stati grandi fan del trio di Bergamo da queste parti, anzi l'uscita di VERDENA, ma soprattutto quella del loro primo singolo Valvonauta nel lontano 1999 aveva lasciato pressoché indifferenti nonostante, o forse proprio a causa di, la sua continua heavy rotation sui canali musicali di allora. Ma il tempo è galantuomo e spesso ripaga con gli interessi le cocenti delusioni se non gli errori di sbaglio che possiamo subire oppure commettere. Non che l'allora attesissimo SOLO UN GRANDE SASSO (2001) prima e il già più a fuoco IL SUICIDIO DEL SAMURAI dopo (2004) siano stati ulteriori buchi nell'acqua, anzi!? Epppure è solo con REQUIEM che i fratelli Ferrari e la bassista Roberta Sammarelli sembrano aver definitivamente trovato la quadratura del cerchio e aperto una nuova, decisiva e più matura pagina all'interno del loro percorso musicale. La scelta di Muori Delay come singolo apripista ha il pregio di compattare fin dal riff iniziale rockers, alternativi, orfani del grunge e hipster della domenica intorno alla gloriosa e storica bandiera del Rock, con una semplicità raramente sentita prima. La sorpresa tuttavia è la leggerezza con cui anche i brani a tutta prima più complessi e articolati, da sempre cifra stilistica dei Nostri insieme agli arzigogolati e onirici testi di Alberto, si fanno apprezzare: su tutti è Il Gulliver ad impressionare per la scorrevolezza nonostante i pachidermici 12 minuti scarsi di durata e i preventivabili cambi di tempo ed atmosfera! Il fulmineo intro citazionistico di Rock'n'Roll della premiata ditta Page/Plant è solamente il viatico migliore per lo sfogo sonoro al quale di lì a poco i tre ragazzi, accompagnati dal già ex Fidel Fogaroli al rhodes, si abbandonano per realizzare la loro summa creativa di sempre. Senza sbagliare colpo. Mai. Si vada pure a random: Isacco Nucleare, la delicata Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne, l'inarrestabile carrarmato rock di Don Calisto, la transoceanica e ondosa Caños, la sferragliante Non Prendere L'Acme, Eugenio, il vortice stoner-grunge de Il Caos Strisciante, Angie...tutti episodi essenziali ed esaltanti, ognuno secondo le proprie peculiarità, introdotti spesso e volentieri da brevi frammenti sonori (Faro, Aha, Martin in The Sky, Opanopono). E che dire dell'ennesima cavalcata vintage di Sotto Prescrizione del Dottor Huxley? Capolavoro. Amen.
venerdì 10 dicembre 2010
mercoledì 8 dicembre 2010
- CLINIC live @ Live Forum -
Assago (MI)
In tour coi Clinic. Ammetto che fino ad una settimana fa di questa band inglese avevo forse letto il nome da qualche parte, ma non avevo mai ascoltato nulla. Eppure sono attivi da più di dieci anni e hanno nel loro carnet, oltre ad una manciata di Ep, ben sette album, l'ultimo dei quali, BUBBLEGUM, è il motivo di questa loro calata italica di inizio dicembre.
Rapido cambio di palco ed ecco entrare in scena quattro loschi figuri con mantellina guatemalteca (!!), cuffia e mascherina chirurgica: benvenuti in Clinic-a! Si parte senza dire una parola con Bubblegum, omonimo brano d'apertura del nuovo cd uscito ad ottobre e secondo singolo in programmazione, che col suo wah-wah ad opera del sempre schivo Jonathan Hartley alla chitarra, è proprio il caso di dirlo, ti si appiccica in testa e non ti lascia più. Ancora novità con Lion Tamer e la zuccherosa Milk & Honey che, per una serie di assonanze, a me nel finale fa canticchiare "vorrei cantare insieme a voi in magica armonia", inframezzate dalla più nota Memories, utile per farci iniziare a battere il piedino a tempo: buon segno! Welcome è un altro esempio di ottimo art rock del quartetto proveniente da Liverpool e introdotto dalla melodica, o dinamica che dir si voglia, suonata dal singer Ade Blackburn e marchio di fabbrica del clinic-sound.
Ciò che poi colpisce a questo punto della serata è come, a differenza dell'apparente staticità degli altri tre e soprattutto del pubblico davanti a lui, il buon Brian Campbell, pur mantenendo la posizione e senza mai distogliere lo sguardo dai presenti, continui imperterrito a ondeggiare su se stesso e a seguire col corpo le vibrazioni di ogni singolo pezzo suonato dal suo basso: grande!
Ancora due brani targati 2010: Baby e la b-side Gentle Lady non sfigurano nell'alternanza con la decisamente più datata (1998) e punkeggiante Monkey On Your Back, durante la quale Blackburn schitarra con la sua SG mentre Hartley opera in "sala tastiere", e la festante T.K.. Da VISITATIONS viene estratta la sola Harvest (Within You) con il suo incedere tribale esercitato dal quadrato drumming di Carl Turney e dalle tastierine suonate questa volta da Ade. Inutile dire che se Hartley riconquista il "buio della ribalta" e se ne ritorna nella penombra macinando accordi nervosi, Brian si dimena da par suo sul fianco destro del palco manco fossimo, due piani sopra, ad un concerto dei Subsonica, tanto per far un nome a caso. Fantastica l'onirica Distortions, priva di chitarre e così intensa da aver catturato l'attenzione degli Arcade Fire in sede live, ma che pure non sfigurerebbe nell'album dei migliori Radiohead o dei migliori Coldplay; poi ancora strepitoso art punk con la storica I.P.C. Subeditors Dictate Our Youth e nuovamente spazio all'ultimo album con Evelyn.
La tiratissima Shopping Bag, ancora DO IT!, è il preludio a Infernal Wrangler che con Orangutan si segnala come atto conclusivo di questa prima parte di live. I quattro a questo punto scendono dal palco per la (non) concordata pausa pre-bis, ma, non si sa per quale motivo, viene già diffusa la musica di fine serata!?!
Attimi di stupore tra i paganti, e forse pure dietro alle quinte, quand'ecco che i chirurghi tornano per altri tre brani: Porno, The Return Of Evil Bill e la fortunata Walking With Thee.
Soddisfatti per questo ottimo live decidiamo di fermarci per un drink, quando ecco che un energumeno in abiti civili, da sopra il palco ci lancia un amichevole "cheers!": è Brian, che smessi i panni di chirurgo guatemalteco sta smontando il palco e riponendo i suoi strumenti nelle custodie. Quattro inaspettate chiacchiere con la band al completo diventano così la promessa di seguirli nuovamente in una loro prossima tappa qui in Italy.
Where? When? Ieri erano a Roma, domani saranno a Bologna e sabato in Liguria: ehh, davvero troppo lontano, purtroppo.
Detto, fatto: due giorni dopo quando entriamo al Virgola di Sestri Levante, mentre sul palco gli Antigone stanno concludendo il loro set, veniamo accolti da un ormai familiare "Cheers!"
Visto? Promessa mantenuta!
Andrea Barbaglia '10