giovedì 23 gennaio 2014

UNO BIANCA

UNO BIANCA
Bologna Violenta
- Woodworm/Wallace Records/Dischi Bervisti - 2014
 
Torna Nicola Manzan. E lo fa con il disco più concettuale della sua carriera. Un album intriso di umori e sensazioni che non guardano semplicemente al noir, ma lo travalicano addirittura, sfociando attraverso il consueto guazzabuglio sonoro proprio dell'artista veneto nella violenza reale che contraddistinse le cronache di un passato non troppo lontano nella memoria collettiva di un'Italia da saldi di fine Prima Repubblica. Non solo il Paese, ma anche i morti sono reali come ben documenta la cruda copertina (18 Agosto 1991 - San Mauro Mare (FC): Agguato Auto Senegalesi) che accompagna questo cd; e reclamano Giustizia. Non è un retaggio degli anni di piombo. Non sono i servizi segreti deviati. Non c'entrano Gheddafi o Saddam. La banda della Uno Bianca è una cellula impazzita. È il crollo delle certezze. È la realtà distorta. È quello che non può essere e non deve accadere. È una mattanza. Gratuita e spiccia. Malata. Una sventagliata di mitra nella notte e in pieno giorno. Nevrotiche, feroci, disturbanti, di cattivo gusto, insindacabilmente fastidiose per la sconcertante drammaticità rievocata, le rumoristiche ventisei tappe di avvicinamento ai titoli di coda di quel 29 Marzo 1998 - Rimini: Suicidio Giovanni Savi che racconta vergogna e dolore straziante di un padre (classe 1926) che, ultima vittima dei killer, figli suoi, paga addirittura per loro, sono una riflessione profonda sulla follia umana e le sue dinamiche intrinseche. Sostenuto da numerose partiture classiche di archi come mai accaduto fino ad ora in studio di registrazione, lo strumentale grindcore manzaniano è scandalo per i benpensanti. Manzan è il Duchamp dell'estremo. I fratelli Savi il grimaldello che scardina le regole. E lo fanno in maniera scientificamente seriale a partire da quella prima rapina sulla A14 al casello autostradale di Pesaro che il 19 giugno 1987 segnò l'inizio dei crimini perpetrati dalla banda. Un colpo capace di fruttare al commando 1.300.000 lire, inizio di una escalation di ben altra violenza che nel corso di sette anni lascerà dietro di sé 24 omicidi e oltre 100 ferimenti. Il clamore sarà dato dall'aggravante che della "Uno Bianca" ben cinque elementi su sei si scoprirà essere poliziotti regolarmente in servizio tra la Questura di Bologna e il commissariato di Rimini. L'abominio dei servitori dello Stato contro i propri colleghi e i cittadini tutti sono il pretesto per raccontare uno spaccato sociale che di lì a poco sarebbe profondamente mutato una volta per tutte. Forse in peggio. Immersi anche noi nella cronaca di quei giorni grazie alla guida all'ascolto proposta nel booklet dell'album, il passato riaffiora in tutta la sua allucinante brutalità mescolandosi presto a rabbia e incredulità. Caduto il velo grottesco dei precedenti lavori emerge nel progetto Bologna Violenta la serietà che la Storia impone responsabilizzando il polistrumentista trevigiano nella sua ferma condanna circa l'efferatezza dei crimini narrati. Non una apologia alla criminalità organizzata, ma al contrario una preghiera per tutte le sue vittime e una denuncia - viva - a loro imperituro ricordo.
 
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