lunedì 30 giugno 2014

ROOTS & WINGS

ROOTS & WINGS
Stef Burns League
- UltraTempo Records - 2014

L'ha preparata bene. L'ha preparata come è spesso consuetudine negli Stati Uniti, con un mini tour di presentazione, anzi addirittura anticipatorio, per testare dal vivo le nuove canzoni che sarebbero successivamente confluite nel suo nuovo album. Stef Burns ha deciso di giocare sul fattore sorpresa con quella prima manciata di concerti tenuti a cavallo fra la fine di aprile e gli inizi di maggio dello scorso anno. Un blitz in piena regola in alcuni piccoli locali del nostro Paese supportato dagli storici collaboratori Juan Van Emmerloot e Fabio Valdemarin e in collaborazione con la new entry Roberto Tiranti al basso e seconda voce. Una importante tappa di avvicinamento all'uscita di ROOTS & WINGS per ingannare l'attesa e apportare con la sua League di fiducia eventuali piccole migliorie ai brani in lavorazione. Quello che abbiamo fra le mani è dunque il risultato di un lavoro meticoloso in cui nulla è lasciato al caso pur non perdendo un solo grammo di tutta quella freschezza e spontaneità che si richiede ad un album di puro rock. Sì, perché il terzo album solista di Burns è il suo primo a spingere davvero sull'accelleratore, aprendo il gas senza paura quando necessario e inanellando una serie di canzoni muscolari e potenti. Più omogeneo da questo punto di vista rispetto al precedente WORLD, UNIVERSE, INFINITY il nuovo cd possiede un appeal tutto americano come dimostra l'atmosfera da grandi spazi aperti, ma anche un po' working class hero a metà strada tra Jon Bon Jovi e Bruce Springsteen, di Miracle Days senza mai rinunciare a quel gusto per la melodia che crediamo esser stata ampiamente sviluppata dall'ex chitarrista di Alice Cooper nel corso degli anni passati accanto a Vasco Rossi e al suo team di lavoro. Il rilassato e contemplativo fraseggio di Home Again, ad esempio, è la prova provata di quanto detto come del resto rivelano anche la struttura tutta della dell'energetica opener - nonché primo singolo - What Doesn't Kill Us e le armonizzazioni vocali della collaudata Something Beautiful. Protagonista assoluta, seppure mai narcisa o troppo compiaciuta di sé, è evidentemente la Stratocaster di Burns che in questa continua compenetrazione tra grinta ed emotività mette allo scoperto un'anima passionale e pura, riflesso dei due mondi in cui l'uomo che la suona si specchia costantemente, respirando il profumo della madre patria USA (le radici) e lasciandosi cullare dal caldo abbraccio dell'Italia, insospettabile terra adottiva in cui sarebbe pure sbocciato l'Amore (le ali). Tastiere orchestrate à-la Mike Moran dall'amico Alberto Rocchetti nella strumentale - unico esempio in tal senso insieme all'ottima Us, sviluppata come rock blues e chiusa in chiave prog - Sky Angel, titolare di un suono chitarristico dilatato che qui accomuna Stef Burns al miglior Brian May e all'altro asso della sei corde Jeff Beck. E se nell'oscura title track sembra di ascoltare la voce di Bruce Kulick ai tempi del controverso CARNIVAL OF SOULS e del consigliatissimo BK3 - con una chitarra che si inchina di fronte al ricordo del Jimmy Page prima maniera, in Patience sgorga spontaneo tutta l'ammirazione per i Beatles di Stef "McCartney from Benicia". C'è ancora tempo per un po' di funky, per qualche power chords e qualche altra misurata svisata, giusto per completare una prova fresca e matura, non certo rivoluzionaria, ma in linea con il carattere del suo autore che negli amanti dell'hard rock classico e in tutti coloro i quali dalla musica ricercano un suono tagliente al servizio della forma canzone guarda con ricambiata stima e simpatia. Una summa degli ultimi 40 anni di rock sulle strade del nuovo millennio quando la comunicazione si è imposta come bisogno, ma l'ascolto è diventato arte.
 
un link al seguente post è presente qui: http://www.facebook.com/stefburnsofficial

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